Introduzione
5
La presente tesi è divisa in due parti: scopo della prima sarà fornire un’analisi
d’insieme della repubblica islamica, analizzandone la storia contemporanea e il ruolo
ricoperto nell’ultimo secolo all’interno delle relazioni internazionali, nonché
esaminandone la struttura e la distribuzione del potere al suo interno, In particolare
verrà sottolineato come oggi l’Iran si trovi ad attraversare una fase di transizione, con
l’emergere della nuova generazione di iraniani che, non avendo né vissuto il regime
autoritario dello Scià, né condiviso il fervore rivoluzionario e il fascino della sua
guida Khomeini, si porgono molte domande, criticano, fra censura e repressione, il
regime degli ayatollah, e mettono in discussione la legittimità e la capacità effettiva
di guidare lo sviluppo del paese.
Nella seconda parte, verranno invece esaminati i rapporti economici dell’Iran con i
principali partner mondiali, presupposto essenziale per analizzare la questione che
questa tesi intende approfondire, ossia la volontà di Teheran di poter produrre
energia nucleare.
Il quesito se sia o meno legittimo che Teheran disponga di un programma nucleare
completo, e se questo abbia o meno finalità nascoste per la produzione di un proprio
arsenale nucleare, è una delle principali domande alle quali la comunità
internazionale è chiamata a rispondere. Visto il numeroso alternarsi di accordi e
smentite, fra prese di posizione e segnali di apertura, si analizzerà il percorso che, fra
tali vicissitudini, ha portato all’attuale situazione di stallo, per ipotizzare possibili
soluzioni che, soddisfacendo le pretese iraniane, possano tranquillizzare la comunità
internazionale.
Un altro aspetto su cui si cercherà di riflettere è quello relativo all’analisi del
comportamento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, se cioè esso sia
espressione dell’interesse della stessa comunità internazionale, o se invece, subendo
l’influenza di “poteri forti” anziché fornire una valutazione oggettiva, basata su
prove concrete e sull’applicazione del diritto internazionale, si sia lasciato andare a
valutazioni meramente politiche e di carattere ideologico, finendo per perdere di
vista quello che è il fine stesso delle Nazioni Unite, la difesa della pace e lo sviluppo
di tutti i paesi della comunità internazionale.
L’Iran e la del crisi nucleare fra pragmatismo politico e radicalismo religioso
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RINGRAZIAMENTI
Un particolare grazie va a Shirin Nabavì, per il suo aiuto nella stesura del mio lavoro.
Amica sincera, mi ha aiutato a conoscere la realtà iraniana ed a carpirne
contraddizioni ed ambiguità. Mostrandomi le immagini della sua terra d’origine mi
ha avvicinato ad un paese affascinante e ad un popolo con una storia ed una cultura
antica, con connotati specifici che contribuiscono a farne una realtà unica nel
contesto mediorientale.
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CAPITOLO I
LA NASCITA DELLA REPUBLICA ISLAMICA
I.1 La dinasti Pahlavi
La Persia del XX secolo si presentava come uno stato arretrato sia dal punto di
vista economico sia da quello socio-politico, soggetto alla pesante influenza delle
potenze coloniali straniere, in particolar modo a quelle di Russia ed Inghilterra,
intenzionate a sfruttare le immense ricchezze minerarie iraniane nonché a frenarne lo
sviluppo politico e commerciale considerato come una minaccia verso gli interessi
delle due potenze in Medio Oriente. Da una parte, San Pietroburgo si opponeva allo
sviluppo della Persia in quanto avrebbe costituito una minaccia sotto il profilo
commerciale e strategico, tenuto conto soprattutto delle mire espansionistiche russe
in Asia centrale, abitata da popolazioni di fede musulmana; dall’altra, Londra temeva
il rafforzamento della Persia e la sua eventuale espansione verso l’Afghanistan e il
Golfo Persico dove erano, invece, dominanti gli interessi britannici.
La pressoché nulla democratizzazione del paese, unita alla crescente insofferenza
nei confronti delle influenze straniere, trovò negli avvenimenti dell’900 il giusto
terreno di sviluppo che portò il paese verso il cambiamento attraverso l’alternarsi di
movimenti pacifici e rivoluzionari.
Nel 1905, la prima rivoluzione russa fece sentire i suoi contraccolpi politici e
psicologici anche in Iran, spronando quei ceti intellettuali che più sentivano
l’influenza del pensiero liberale e democratico europeo. Si formarono così numerose
organizzazioni rivoluzionarie e si svolsero a Teheran numerose manifestazioni di
piazza che incitavano alla democratizzazione del paese.
Nel 1906 lo Scià Mozaffar Al Din fu costretto a cedere alla pressione popolare e a
concedere la Costituzione, la cui redazione venne affidata ad un’assemblea
rappresentativa (Majlis) eletta nell’ottobre di quel anno da un corpo elettorale
selezionato sulla base del censo.
Nel 1907 a Mozaffar Al Din succedette il figlio Mohammad Ali il quale,
insofferente verso ogni limitazione del suo potere, attuò nel 1908 un colpo di stato,
L’Iran e la crisi del nucleare fra pragmatismo politico e radicalismo religioso
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facendo bombardare il palazzo del parlamento e arrestando i capi costituzionalisti. La
risposta fu un vero e proprio movimento insurrezionale, che vide scendere in campo
gruppi di fedayn
1
(volontari) e di mujaheddin
2
appoggiati dalle armate delle tribù
turche dei Bakhtiari. Lo Scià venne deposto e sostituito con il giovanissimo figlio
Ahmad, che restò sul trono dal 1909 al 1925. Venne eletto un nuovo parlamento con
la formazione di un governo costituzionale. La parentesi democratica sarebbe durata
solo fino al 1911, quando anche il nuovo parlamento sarebbe stato disperso
rigettando il paese in un clima di pesante repressione.
Nei primi anni del XX secolo altri avvenimenti influenzarono la storia iraniana. Il
31 agosto 1907 venne firmato a San Pietroburgo un trattato segreto tra Inghilterra e
Russia che prevedeva, con il pretesto di contrastare l’attivismo espansionistico della
Germania del Kaiser, la divisione della Persia in tre zone: il Nord sottoposto
all’influenza della Russia, il Sud a quella inglese, e la parte centrale all’autorità
iraniana, ma di fatto aperta all’influenza di ambedue le potenze.
Nel 1908 venne scoperto nel Kuzistan il primo pozzo petrolifero del Medio
Oriente, e l’importanza del petrolio persiano divenne tale che l’Ammiragliato
britannico, rappresentato da Winston Churchill, nel 1914 acquistò la maggioranza
delle azioni dell’Anglo-Persian Oil Company (poi divenuta AOIC, Anglo-iranian Oil
Company) che aveva rilevato i diritti di sfruttamento petrolifero di William Knox
d’Arcy
3
.
Durante la prima guerra mondiale il paese rimase inerme dinnanzi agli
avvenimenti. Le truppe turco-ottomane penetrarono in Azerbaigian ma vennero
scacciate dai Russi, che penetrati in Iran si posizionarono a Nord mentre la zona
meridionale finì sotto il controllo delle truppe inglesi.
1
Fedayyìn, o Fidayyìn, è il plurale arabo del termine fidā'ī che letteralmente significa devoto. Il
termine, ripreso dalla storia classica dell’islam, si riferisce ai seguaci ismailiti di Hassan-i Sabbah il
quale, nelle alture iraniche di Alamut, organizzò un complesso Stato teocratico che organizzava
attentati mirati a colpire più ancora che gli avversari crociati installatisi in Terra Santa, gli esponenti
del potere sunnita.
2
Mujaheddin, si traduce letteralmente dall'arabo con il termine "combattente", qualcuno che si
impegna nel jihad, o "lotta", ma viene spesso tradotto come "guerriero santo”. Con il termine
“mujaheddin del popolo” si definisce il movimento armato che combatté in Iran contro lo Scià
Muhammad Reza Pahlavi. Alleato di Bani Sadr nel conflitto esploso all’interno della giovane
repubblica islamica iraniana, tale movimento venne in seguito sterminato dal regime di Khomeini.
3
William Knox D’Arcy, magnate dell’industria mineraria, ottenne dallo Scià l’autorizzazione per
eseguire delle prospezioni petrolifere in tutto il territorio dell’Iran. In seguito ai primi ritrovamenti di
petrolio nel sud-est del paese, Knox costituì la prima società petrolifera della regione, l’Anglo-Persian
Oil Company.
La nascita della repubblica islamica
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Come risposta al controllo straniero, si organizzarono, anche sull’onda della
rivoluzione d’ottobre in Russia, nuovi movimenti rivoluzionari, e unità di guerriglieri
si misero all’opera nella provincia settentrionale del Ghilan. Nel 1918 gli inglesi
occuparono la zona petrolifera di Baku e del Mar Caspio e l’anno dopo imposero allo
Scià un trattato che di fatto trasformava la Persia in una sorta di protettorato della
Gran Bretagna. Il trattato non venne in pratica attuato grazie proprio alla rivolta
popolare, che portò alla proclamazione nell’Azerbaigian di un governo autonomista.
Gli inglesi aiutarono la repressione di questi moti liberali preparando la strada al
colpo di stato del 1921, che impose un governo autoritario, sostenuto dalla brigata
cosacca, al comando di Reza Khan
4
, che divenne ministro della guerra.
Nel 1924 Reza Khan, nominato primo ministro, attuò un nuovo colpo di mano,
assumendo tutti i poteri, deponendo dopo pochi mesi Ahmad Scià (già rifugiatosi
all’estero) e facendosi proclamare nel dicembre del 1925 nuovo Sciàinshà, con il
nome dinastico di Pahlavi. Questa fu la fine della dinastia dei Quajar.
Il potere di Reza Scià assunse subito caratteri fortemente autoritari, a imitazione del
regime di Mustafà Kemal Ataturk
5
nella vicina Turchia, modernizzò il sistema
giudiziario e la rete delle comunicazioni interne e dei trasporti, mise a punto un piano
di sviluppo economico e inaugurò un processo di occidentalizzazione della cultura e
dei costumi.
La repressione fu però assoluta, la vita politica inesistente, e l’esercito costituì il
principale pilastro del potere. Nel 1935, per volontà del monarca la Persia assunse
ufficialmente il nome di Iran.
La rapida crescita di una nuova burocrazia e il rafforzamento delle classi
dominanti, a cominciare dai grandi feudatari, portarono al proliferare del fenomeno
della corruzione.
Contro l’assolutismo e la corruzione, esplosero presto rivolte popolari, duramente
represse dallo Scià, anche grazie all’azione del partito comunista iraniano, costruitosi
4
Reza Khan Pahlavi (Sevad Kuh, Mazandaran 1877 - Johannesburg 1944), Scià di Persia (1925-
1941).
5
Mustafa Kemal (Salonicco 1881 - Istanbul 1938), generale e uomo politico turco, primo presidente
della Repubblica turca (1923-1938). Nel 1934 la Grande Assemblea nazionale, come riconoscimento
dei servigi resi alla nazione, lo chiamò Atatürk ("padre dei turchi"). Negli anni della sua presidenza
varò una serie di riforme costituzionali e sociali: nel 1922 abolì il sultanato ottomano e l'anno
seguente proclamò la repubblica, di cui egli stesso fu il presidente. La legge islamica venne
soppiantata da un nuovo codice di leggi laiche sul modello occidentale; furono introdotti l'alfabeto
latino, il calendario occidentale e si invitò la popolazione a vestirsi all'europea. L'islam cessò di essere
la religione ufficiale dello Stato.
L’Iran e la crisi del nucleare fra pragmatismo politico e radicalismo religioso
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nel 1920 nella clandestinità, e succesivamente trasformatosi in partito Tudeh, cioè
delle “masse”.
Per quanto concerne lo sfruttamento delle risorse petrolifere, il monopolio rimase
nelle mani della Anglo-Iranian Oil Company (AIOC), operante nell’interesse
esclusivo dello Scià e della Gran Bretagna.
All'inizio della seconda guerra mondiale, tanto la Germania quanto la Gran
Bretagna e l'Unione Sovietica tentarono senza successo di allearsi con l'Iran. L’Iran,
infatti, aveva un’importanza strategica nella guerra: oltre ai suoi immensi giacimenti
petroliferi, attraverso il suo territorio si potevano minacciare sia l’India
(importantissima per Gran Bretagna) sia l’Unione Sovietica, attraverso la ferrovia
transiraniana viaggiavano i rifornimenti anglo-americani a quest’ultima.
Nel 1941 le forze britanniche e sovietiche occuparono il paese per impedire che i
suoi giacimenti di petrolio cadessero in mano tedesca; lo Scià Reza Pahlavi, che
aveva simpatizzato con le potenze dell'Asse, fu costretto ad abdicare. Il figlio
Muhammad Reza Pahlavi si allontanò dai totalitarismi dell’asse impegnandosi nel
mantenere ottimi rapporti con gli Alleati. Il 29 gennaio 1942 venne firmato un
accordo tripartito tra Londra, Mosca e Teheran che garantiva la sovranità iraniana e
prometteva il ritiro delle truppe straniere sei mesi dopo la fine del conflitto; in
cambio l’Iran, doveva concedere libero transito alle truppe Alleate e rompere ogni
relazione con la Germania e l’Italia.
Tuttavia, quando una richiesta in tal senso venne avanzata dalle autorità iraniane
nel maggio 1945, tanto il governo britannico quanto quello sovietico rifiutarono di
ritirarsi prima del marzo dell'anno successivo. A metà novembre, in Azerbaigian
esplose la rivolta armata di un movimento indipendentista sorretto da Mosca.
Dopo il ritiro delle forze d'occupazione e la repressione dei moti in Azerbaigian,
l'URSS richiese l'immediata creazione di una Compagnia petrolifera iraniano-
sovietica. Le autorità iraniane replicarono nell'ottobre del 1947, annunciando il
rifiuto del piano petrolifero sovietico e l'avvio di un piano quinquennale di
sfruttamento autonomo delle risorse energetiche nazionali, finanziato in larga parte
grazie a un prestito statunitense.
Se ufficialmente non si può parlare di un effettivo coinvolgimento statunitense
prima del 1953, già prima di tale data vi furono, però, dichiarazioni di ufficiali e
diplomatici statunitensi riguardo alla necessità di un Iran “forte” capace di
salvaguardare il paese dall’ingerenza sovietica.
La nascita della repubblica islamica
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L’incoraggiamento esplicito dei sovietici per la creazione di una repubblica
indipendente in Azerbajan e soprattutto la forte presenza in territorio iraniano del
Tudeh, il partito comunista iraniano, mettevano, infatti, seriamente a rischio gli
interessi occidentali, e l’eventualità di uno spostamento del paese nella sfera di
influenza sovietica poneva quindi la priorità di trovare una figura che desse stabilità
al paese. Fu allora che Washington e Londra si rivolsero al giovane Scià perché
facesse dimettere il primo ministro Qavam nell’ottobre 1946, nel cui governo erano
entrati tre membri del Tudeh. Lo stesso partito venne dichiarato fuorilegge nel 1949,
in concomitanza con il varo di una riforma costituzionale volta a dare una parvenza
di democraticità al paese con l’introduzione del sistema parlamentare bicamerale.
Nel frattempo crebbero le tensioni connesse allo sfruttamento delle risorse petrolifere
e, durante il dibattito parlamentare relativo alla denuncia di un accordo petrolifero
firmato dopo la guerra con l’Unione Sovietica, venne deciso di evitare di dare nuove
concessioni petrolifere a imprese straniere e di rinegoziare o revocare le precedenti.
Proprio una della tante controversie tra l’Anglo-Iranian Oil Company ed il governo
iraniano, sull’ammontare delle entrate che la compagnia doveva assicurare a
quest’ultimo, fece crescere nel parlamento la convinzione, sotto la spinta
dell’opposizione nazionalista guidata dal Fronte Nazionale di Mohamed Mossadeq
6
,
che la nazionalizzazione del petrolio fosse il provvedimento più conveniente.
Durante una seduta parlamentare, Mossadeq disse di essere contrario a qualunque
concessione, sia dal punto di vista economico che politico, ad imprese straniere
incuranti degli interessi dello Stato e del popolo iraniano.
Mossadeq voleva sottrarre l’Iran alle ingerenze straniere delle due superpotenze per
trasformarlo da “Stato a sovranità limitata” in un paese completamente indipendente,
in una condizione di neutrale equidistanza, denominata “equilibrio negativo” in
contrapposizione ad un equilibrio positivo, ossia con concessioni alle due potenze.
Mossadeq, esponente della borghesia nazionale laica, divenne primo ministro
nell’aprile del 1951, con un programma di riforme democratiche e di difesa delle
risorse nazionali, sostenuto dal crescente favore delle masse popolari e della stessa
borghesia filo occidentale. Questi ratificò il 29 aprile una legge che nazionalizzava la
6
Muhammad Mossadeq, (Teheran 1880-1967), uomo politico iraniano, primo ministro dell’Iran
(1951-1953). Membro di una facoltosa famiglia, compì studi di scienze politiche e diritto in Francia e
in Svizzera.
L’Iran e la crisi del nucleare fra pragmatismo politico e radicalismo religioso
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Compagnia anglo-iraniana del petrolio, con la costituzione della NIC, National
Iranian Oil Company.
La Gran Bretagna ricorse al Consiglio di Sicurezza dell’Onu (malgrado l’AIOC
fosse formalmente una compagnia privata) e poi alla corte internazionale dell’Aja,
ma senza esito.
Sopravvenne quindi una fase di dura guerra economica scatenata dalla Gran
Bretagna che dichiarò l’embargo sul petrolio iraniano requisì i carichi navali destinati
all’Iran e congelò tutti i depositi iraniani nelle banche inglesi. Su richiesta di Londra,
il Consiglio di Sicurezza dell’Onu discusse il provvedimento di nazionalizzazione
nella primavera del 1952: si stabilì di rinviare ogni decisione in attesa del giudizio
definitivo della Corte Internazionale di giustizia.
Nello stesso periodo la posizione statunitense si volse a favore di una guerra non
dichiarata nei confronti del governo nazionalista di Teheran. L’adesione americana
era essenziale alla politica di boicottaggio economico per tagliare ogni fonte di
finanziamento all’Iran e prevenire l’assunzione da parte di Tehran di tecnici e
compagnie di servizi per il settore petrolifero negli Stati Uniti.
In realtà Washington non era mai stata indipendente dalle pressioni delle proprie
compagnie petrolifere, le quali avevano aderito immediatamente all’embargo
commerciale nella speranza di poter finalmente entrare in Iran una volta che la loro
battaglia fosse stata vinta. Fu un’offensiva fortemente voluta delle cosiddette “sette
sorelle”
7
, le quali temevano che il gesto iraniano potesse essere seguito dagli altri
paesi della zona.
Nel luglio 1952 la corte dell’Aja dichiarò la sua incompetenza nella controversia
anglo-iraniana, e il 30 agosto 1952 l'Iran respinse la proposta di mediazione
congiunta anglo-americana; ne seguì la rottura delle relazioni diplomatiche tra
Londra e Teheran (22 ottobre). Nel 1953, il Parlamento iraniano protrasse i poteri
assoluti di Mossadeq per un altro anno. Lo scontro tra il primo ministro e lo Scià
(contrario alla sua politica di intransigenza sulla questione petrolifera) emerse in tutta
la sua portata: lo Scià rimosse Mossadeq dalla carica, ma questi rifiutò di dimettersi e
i suoi seguaci diedero vita a violente manifestazioni, che spinsero lo Scià a rifugiarsi
a Roma. Nel paese, però, il fronte di Mossadeq veniva progressivamente indebolito,
da un lato dal boicottaggio petrolifero, e dall’altro da divisioni e incertezze, non
7
Venivano così definite le sette maggiori società petrolifere occidentali che estraevano il greggio in
Medio Oriente
La nascita della repubblica islamica
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ultimo il contraddittorio atteggiamento del filosovietico partito Tudeh, che non
appoggiò con la necessaria determinazione il primo ministro, in ragione della sua
politica di non allineamento.
Il 19 agosto, quattro giorni dopo la fuga dello Scià, mentre le sue statue venivano
abbattute a furor di popolo, scattò il colpo di Stato militare. Dopo tre giorni di
scontri, i lealisti monarchici, sostenuti da esercito e polizia, e con il determinante
sostegno della Cia mediante l’impegno sul campo del generale americano
Schwarzkopf
8
, ottennero il controllo di Teheran.
Mossadeq, deposto, tentò la fuga, ma venne arrestato dopo 48 ore (sarebbe poi
stato processato, condannato a tre anni e invitato al confino, dove morirà nel 1967
all’età di 86 anni). Lo Scià rientrò a Teheran e nominò come nuovo primo ministro il
generale Fazullah Zahedi, il quale scatenò una dura repressione.
Il nuovo governo del generale Zahedi ricevette un prestito americano di emergenza
che ammontava a oltre 45 milioni di dollari e, due mesi dopo l'insediamento, riprese
le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna.
Con il colpo di Stato del 1953 si concluse quindi la parentesi istituzionale del
nazionalismo iraniano: alcuni elementi come l’antiamericanismo che hanno
caratterizzato gli esiti rivoluzionari del 1978-79 nascono in tale periodo, e se
Mossadeq non fosse stato rimosso e se lo Scià non fosse stato rimesso sul trono,
probabilmente non si sarebbero generate tutte le premesse che hanno in seguito
portato alla rivoluzione islamica dell’79.
Da quel momento gli Stati Uniti furono sempre più coinvolti nella vita dell’Iran,
che cominciò a rivestire un ruolo fondamentale, insieme con Israele, nella politica
strategica della guerra fredda in Medio Oriente.
Le proteste comuni di “laici” e “religiosi” contro l’ingerenza straniera furono un
fenomeno diffuso nei paesi dell’area mediorientale: basti ricordare l’alleanza tra
Liberi Ufficiali e Fratelli Musulmani in Egitto, che portò al colpo di Stato del 1952, o
quanto successe con il golpe di Kassem in Iraq, sostenuto nel suo putsch militare del
1958 da un’anomala alleanza di sciiti, comunisti e curdi.
Tra l’esperienza araba e quella iraniana vi sono, dunque, differenze che spiegano il
loro diverso sbocco: la “crisi” del primo negli anni Settanta, nella sua sostanziale
tenuta, da un lato, e il crollo del secondo fino alla rivoluzione dell’79, dall’altro.
8
La tendenza non interventista dell’amministrazione Truman si invertì con l’elezione alla presidenza
del generale Eisenhower.