ciati dalla Commissione Europea in questi anni: Petra, Leonardo, Occupazione,
Gioventù per l’Europa, Servizio Volontario Europeo; nonché dalla diffusione di
mostre convegno e dai recenti sviluppi nell’ambito della legislazione a livello di
scuola e di Università con le proposte di riforma della formazione professionale
e dei cicli scolastici, in cui è coinvolto l’orientamento in modo diretto.
Sono tre gli aspetti su cui focalizzo il mio interesse: la condizione giovani-
le, l’orientamento professionale e la descrizione delle attività del progetto Youth-
start, che corrispondono rispettivamente alle tre parti di cui consta il mio lavoro.
Nella prima parte analizzo brevemente le trasformazioni profonde che stan-
no avvenendo nell’organizzazione del lavoro; viene poi condotta un’analisi delle
principali caratteristiche che contraddistinguono la condizione giovanile, con par-
ticolare riferimento al sistema scolastico e al mondo del lavoro in continua evolu-
zione. Sono evidenziati i bisogni di formazione delle fasce giovanili della popo-
lazione, in rapporto alla definizione di nuove figure e rinnovate competenze pro-
fessionali. E’ affrontato quindi il problema del disagio giovanile e dell’abbando-
no scolastico, in riferimento al ruolo della scuola e della formazione professiona-
le nel percorso di accompagnamento dei giovani verso le attività lavorative. Mi
occupo inoltre delle politiche a breve e lungo termine adottate dalla Comunità
Europea per quanto riguarda le fasce giovanili e il problema della disoccupazio-
ne. Viene riportato infine il caso della stato tedesco come esempio delle politiche
di alternanza scuola-lavoro in un Paese dell’Unione.
Nella seconda parte è evidenziata la necessità di ricercare delle linee di ri-
ferimento unitarie per la definizione della teoria e della pratica dell’orientamen-
to. Sono presi in considerazione gli argomenti principali della letteratura riguar-
danti l’orientamento: l’argomento è trattato inizialmente in chiave storica per
5
analizzare l’evoluzione del concetto che va di pari passo con i cambiamenti di
prospettive della psicologia e della pedagogia del lavoro e della formazione pro-
fessionale. Mi occupo solo marginalmente di orientamento scolastico anche se,
come vedremo, con la parola orientamento si fa riferimento ad un processo unita-
rio che intreccia percorsi formativi e carriere lavorative.
Segue una breve descrizione delle principali esperienze e sperimentazioni
nel campo dell’orientamento in Italia e in due stati dell’Unione Europea ritenuti
significativi e cioè la Francia e il Regno Unito.
La parte terza è una descrizione di un progetto di orientamento e formazio-
ne professionale in corso, il programma Occupazione Youthstart presso l’ente di
formazione EnAIP Veneto. Sono descritte le principali attività del progetto cer-
cando di collegarle al generale processo di rinnovamento che sta attraversando
l’EnAIP in questi anni. Vengono evidenziate le linee portanti della metodologia
educativa che funge da filo conduttore all’intera iniziativa e, più in generale, al
modo di lavorare proprio dell’ente.
L’obiettivo che mi pongo è di elaborare una valutazione in itinere delle atti-
vità del progetto alle quali ho collaborato dal punto di vista dell’osservatore.
6
PARTE PRIMA
LA CONDIZIONE GIOVANILE TRA SCUOLA E LAVORO
8
I CARATTERI DEL LAVORO
Gli anni Novanta si presentano, per il sistema economico italiano, come gli
anni dell’integrazione e partecipazione alla costruzione dell’Unione economica e
monetaria. Questa prospettiva caratterizzata da elevate potenzialità di crescita e
di sviluppo economico ed occupazionale, si è invece manifestata con i tratti della
crisi e della recessione. Solo recentemente sembrano manifestarsi segnali di in-
versione di tendenza, che però non producono aumento dei posti di lavoro
La rilevanza del problema occupazionale ha evidenziato la necessità di
particolari aggiustamenti nelle politiche dello sviluppo e contemporaneamente
nelle politiche del lavoro, dato che ormai risulta affievolita la spinta propulsiva
degli interventi degli anni Ottanta. Questi erano caratterizzati dall’emergenza del
rientro dell’inflazione e da interventi tesi a riguadagnare la governabilità del
mercato con la flessibilizzazione, la valorizzazione dei giovani, la corresponsabi-
lizzazione dei sindacati.
Oggi il mercato del lavoro si presenta con lineamenti molto diversi da quelli
degli anni Ottanta, presentando una maggiore presenza femminile, la diffusione
di posizioni lavorative atipiche e irregolari e intensi processi di deindustrializza-
zione.
Le considerazioni sulla condizione giovanile dei giovani degli anni Novanta
può essere fatta solo dopo aver considerato le caratteristiche della società in gene-
rale.
La società degli anni Novanta è una società complessa. L’idea di complessi-
tà deriva dalle considerazioni di filosofi ed epistemologi riguardo al rapporto tra i
sistemi: si può concepire il sistema come unità globale organizzata di interrela-
zioni fra elementi, azioni o individui
1
. La complessità è il concetto usato per
1
Morin E., Il metodo. Ordine, disordine, organizzazione, Milano Feltrinelli, , 1983.
9
spiegare le realtà viventi: quando aumenta il numero degli eventi le regole di fun-
zionamento dei sistemi semplici cambiano, e si articolano nuove modalità di fun-
zionamento. E’ impossibile considerare un evento da solo, slegato da tutto ciò
che gli sta intorno perché il suo comportamento è influenzato da molti altri ele-
menti che ruotano intorno ad esso.
A differenza delle società cosiddette semplici (appartenenti al passato o a
culture differenti da quella occidentale), in cui i ruoli sono codificati e fissi, nelle
società complesse la continua innovazione dei ruoli diventa un indice non di mar-
ginalità, come nelle società semplici, ma di normalità. A livello sociologico oggi il
malessere giovanile secondo alcuni autori non viene dalla mancanza di risorse o
dalla tradizionale povertà per mancanza di beni ma dall’eccesso di risorse: dalla
mancanza della capacità di progettare tenendo conto di possibili percorsi
2
.
Di questa considerazione dovremmo tener conto allorché affidiamo all’orien-
tamento scolastico e professionale la funzione di facilitatore dei percorsi personali
dei giovani sia per quanto riguarda i processi formativi che professionali.
La questione giovanile in una società complessa offre un mosaico colorato di
identità esistenziali, socio-culturali e valoriali non ricomponibile con un unico filo
interpretativo. Una chiave di lettura unica porterebbe a superficiali ed indebite ge-
neralizzazioni incapaci di cogliere i tanti modi di essere giovani oggi: il giovane
che vive in ambienti agiati costruisce visioni del mondo molto diverse da quelle
elaborate da chi vive in condizioni di povertà culturale. Inoltre gli occhiali “cogni-
tivi” del giovane lavoratore, espulso precocemente dal circuito scolastico sono
schermati in modo diverso da quelli del giovane scolarizzato in cammino verso un
titolo di istruzione superiore
3
.
2
Scanagatta S., Giovani tra progetto di quotidianità e percorsi di malessere, in A.A.V.V. (a cura di S.
Ulivieri), L’educazione e i marginali, Firenze, La Nuova Italia, 1997.
3
Frabboni F., Smarriti inquieti disimpegnati. Viaggio nel Continente-giovani: verso un capolinea di
nome “partecipazione-protagonismo” giovanile, in Frabboni, Genovesi G., Magri P., Vertecchi B. (a
cura di ), Giovani oggi tra realtà e utopia, Milano, Franco Angeli, 1994.
10
La struttura economica sta attraversando un periodo di profondi mutamenti.
Artefice di tali mutamenti risulta essere l’innovazione tecnologica che sta defi-
nendo una nuova forma di razionalità funzionale, tale da modificare il nostro si-
stema sociale: nuovi modi di trattamento, trasmissione e accesso all’informazione
e alla cultura e quindi nuovi modelli educativi. Nuova ragione e rivoluzione non
solo dei trasporti ma in tutta una gamma di comunicazioni tali da creare nuovi
tipi di relazioni sociali e di interdipendenza economica a livello mondiale. Sul
piano organizzativo del lavoro tutto ciò ha portato ad una ristrutturazione del si-
stema produttivo, basandolo su nuove gerarchie gestionali meno statiche e più
collaborative, in un gioco maggiormente interattivo e competitivo delle compe-
tenze di ciascun individuo, settore merceologico, area geografica, mercato.
I processi di globalizzazione e di localizzazione
Secondo una definizione dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione
Economica e lo Sviluppo) la globalizzazione è il processo attraverso cui mercati e
produzione nei diversi Paesi diventano sempre più dipendenti fra loro, a causa
della dinamica di scambio di beni e servizi attraverso i movimenti di capitale e di
tecnologia.
I processi di globalizzazione segnano il passaggio da un’economia di scala
ad una economia della flessibilità. L’economia di scala era basata sull’assunto
che l’aumento della produzione portasse ad una maggiore efficienza produttiva.
Questo voleva dire che quanto più si produceva tanto più bassi diventavano i co-
sti di produzione. Questo modello entra in crisi nel momento in cui le grandi im-
prese ed il loro modo di produrre divengono inadeguate di fronte alla variabilità
della domanda di mercato, che sembra mettere sempre più da parte le richieste di
prodotti standardizzati. Per risolvere questi problemi si adotta un’economia della
11
flessibilità che riesce a cambiare totalmente i criteri di gestione dell’impresa.
Questo tipo di economia risponde ai criteri fondamentali dell’efficacia e dell’effi-
cienza. Possiamo immaginare una organizzazione produttiva di beni o di servizi
che agisce in una situazione di libera concorrenza come un sistema che, stabiliti
degli obiettivi, organizza le sue risorse per raggiungere dei risultati. La coerenza
di questo sistema è collegata alla corrispondenza tra obiettivi e risultati, dove il
rapporto tra obiettivi e risultati rappresenta l’efficienza del sistema. Il rapporto
tra le risorse impegnate e gli obiettivi raggiunti rappresenta invece l’efficacia del
sistema
4
.
Le nuove tecnologie inoltre svolgono un ruolo essenziale: usate nel lavoro
permettono oggi di risolvere funzioni di controllo e regolazione dei processi pro-
duttivi; di conseguenza, la quantità di lavoro di trasformazione fisica affidata al-
l’uomo diminuisce sempre di più.
Un altro processo tipico dell’economia della flessibilità è la localizzazione.
Si tratta della modalità di decentramento delle attività produttive: la grande im-
presa appalta una serie di attività interne ad altre imprese dando vita al cosiddetto
indotto. In questo modo qualsiasi evento coinvolga la grande impresa finisce per
ripercuotersi con uguale intensità sulle imprese dell’indotto.
Le nuove formule organizzative dell’economia della flessibilità sono l’im-
presa rete e la fabbrica integrata
5
.
L’impresa rete è un sistema aperto di legami operativi nel quale si muovono
nodi produttivi tra loro autonomi e accomunati da obiettivi e risultati: l’idea del-
l’impresa rete si fa strada negli anni ‘80 quando crolla il contesto giuridico, tec-
nico e gerarchico che delinea la grande impresa di stampo taylor-fordista per la-
sciare il posto a sistemi aziendali caratterizzati da maggiore flessibilità produtti-
4
Butera F., Il castello e la rete, Milano, Franco Angeli, 1992.
5
Bonazzi G., Il tubo di cristallo. Modello giapponese e Fabbrica Integrata alla Fiat Auto, Bologna, Il
Mulino, 1993.
12
va ed organizzativa. Nell’impresa rete l’azione imprenditoriale non ricade più al-
l’interno dello spazio organizzativo, gestionale e giuridico dell’impresa, bensì
prende corpo nel contesto delle relazioni fra imprese, che costituiscono l’ambien-
te e il principio di regolazione delle dinamiche economiche ed organizzative.
Il cambiamento all’interno della fabbrica integrata riguarda invece l’orga-
nizzazione del lavoro: una vera trasformazione entra in atto non solo a partire
dall’ingresso delle innovazioni tecnologiche ma anche dal superamento dei confi-
ni burocratici ed amministrativi della struttura gerarchico-funzionale dell’impre-
sa. Il mutamento riguarda il passaggio dalla centralità delle funzioni alla centrali-
tà dei processi: la vecchia divisione amministrativa tra le diverse funzioni viene
abbandonata a favore di una organizzazione nuova che pone al centro il processo,
in cui tutte quelle funzioni vengono integrate e coordinate. Le decisioni che pri-
ma venivano prese dall’alto, ora vengono decentrate in basso, ovvero nei luoghi
più vivi della produzione con una conseguente diminuzione della catena gerarchi-
ca.
L’impresa non è più vista come un meccanismo autosufficiente ma, a causa
della rilevanza sempre maggiore dell’interscambio con l’ambiente esterno, l’im-
presa si configura sempre di più come un organismo vivente.
In sintesi le dimensioni fondamentali del nuovo modello di impresa sono:
1. la configurazione dell’impresa come rete di sistemi auto-rego-
lati;
2. la presenza di ruoli professionali basati su minime specifica-
zioni critiche;
3. la considerazione delle risorse umane quali componenti del si-
stema.
4.
13
Legge 196/97 e rinnovamento delle formule contrattuali
I processi di cambiamento organizzativo danno luogo a diversi modi di or-
ganizzazione del lavoro. Essi sono supportati da formule contrattuali di recente
introduzione come il lavoro part-time, le disposizioni per quanto riguarda la ri-
forma dell’apprendistato, il lavoro interinale, i contratti di formazione e lavoro
ed inoltre i vari tipi di contratti a termine come il lavoro a tempo determinato.
Tutte queste forme contrattuali sono state create per favorire la mobilità dei
lavoratori, per facilitare l’inserimento lavorativo dei giovani e per favorire la
flessibilità all’interno dell’azienda.
Il Parlamento ha recentemente approvato le norme in materia di promozione
dell’occupazione con la legge 24 giugno 1997, n. 196 dando in tal modo attuazio-
ne agli impegni assunti con il Patto per il lavoro del 24 settembre 1996.
L’insieme delle nuove misure delinea una strategia di medio termine. In
particolare la legge affronta tre questioni: la flessibilità del lavoro; la formazione
professionale della forza lavoro con il rilancio della valenza formativa dell’ap-
prendistato, del contratto di formazione e lavoro e la creazione di un sistema di
formazione continua; l’avvio di interventi di emergenza dell’occupazione soprat-
tutto giovanile con l’istituzione di borse lavoro e lavori di pubblica utilità.
La nuova legge 196/97 introduce per la prima volta in Italia il lavoro tem-
poraneo (detto anche lavoro interinale o in affitto) in un’ottica che richiama la le-
gislazione dei principali stati europei (come la Francia, il Belgio e la Germania).
Secondo questo tipo di contratto, per il soddisfacimento delle esigenze di
carattere temporaneo, le imprese possono ricorrere a questa particolare forma di
lavoro fondata sul rapporto fra tre soggetti: l’impresa utilizzatrice, l’impresa for-
nitrice ed il lavoratore. Il lavoratore viene assunto dall’impresa fornitrice, ma
14
presta la propria attività per un periodo di tempo determinato presso l’impresa
utilizzatrice, agendo sotto la direzione e il controllo di quest’ultima.
L’introduzione del contratto di lavoro temporaneo va vista come strumento
di politica del lavoro, idoneo ad offrire opportunità di occupazione (anche di bre-
ve durata) a coloro che si trovano ai margini del mercato del lavoro o necessita-
no di un aiuto nella fase di ingresso principalmente lavoratori giovani, in cerca di
prime esperienze lavorative.
Anche il contratto di lavoro part-time è di recente introduzione (legge
863/1984). Esso risponde alle esigenze di flessibilità dell’orario di lavoro nelle
aziende e dei lavoratori. Esso prevede la continuità dell’orario di lavoro ma con
orario ridotto. Il part-time è definito orizzontale quando si tratta di orario ridotto
durante l’intera settimana, verticale quando è previsto lavoro a tempo pieno ma
solo per alcuni giorni la settimana, ciclico quando riguarda solo determinati pe-
riodi dell’anno con orario settimanale pieno. In alcuni contratti di lavoro colletti-
vi vengono stabilite le percentuali di lavoratori part-time rispetto al numero di la-
voratori a tempo pieno, le mansioni alle quali possono essere adibiti e la distribu-
zione dell’orario.
Le nuove disposizioni della legge 196/97 mirano ad incentivare l’utilizza-
zione del part-time soprattutto come strumento di ingresso nel mondo del lavoro,
ma anche in relazione a particolari attività o imprese. Le nuove norme mirano ad
incentivare l’utilizzazione del part-time nei casi di aree territoriali ad elevata di-
soccupazione; in casi di lavoratori a tempo pieno prossimi alla pensione purché il
datore di lavoro assuma giovani in stato di disoccupazione; in casi di lavoratrici
che, per motivi familiari o altro abbiano dovuto abbandonare il loro posto di la-
voro e desiderino riprendere l’attività lavorativa; infine nei settori della salva-
guardia dell’ambiente e del territorio.
15
Si registra un rinnovato interesse nei paesi dell’Unione Europea nei con-
fronti dell’apprendistato: occorre adeguare l’attuale modello rendendolo un’espe-
rienza ricca, in cui formazione in situazione di lavoro e formazione esterna abbia-
no pari dignità e si integrino entro un progetto formativo unitario. A questo sco-
po, secondo la legge 196/97 potrà accedere all’apprendistato un numero maggiore
di giovani: l’età massima è portata a 24 anni e a 26 anni nelle aree con forte di-
soccupazione. L’apprendistato potrà essere effettuato in tutte le imprese, compre-
se quelle agricole e potrà interessare tutti i titoli di studio compresi il diploma di
scuola secondaria superiore e il diploma di laurea. Verrà arricchita la componente
formativa, valorizzando quella in situazione di lavoro e prevedendo momenti spe-
cifici di formazione esterna.
L’applicazione del nuovo apprendistato sarà graduale, si baserà più su mo-
delli e potrà contare sui risultati di sperimentazioni territoriali e settoriali.
I Contratti di formazione e lavoro (introdotti con la legge 863/84 e il loro
ambito applicativo allargato con il decreto legge 451/94), sono usati come stru-
mento per deregolamentare il mercato del lavoro. Si tratta di contratti a tempo
determinato con finalità mista: favorire l’occupazione e aumentare la formazione
professionale dei giovani in età compresa fra i 16 e i 32 anni. Essi permettono ai
datori di lavoro di evitare il ricorso alle liste di disoccupazione e di instaurare un
contratto a termine; permettono inoltre l’esonero degli oneri sociali. Solo recen-
temente sono stati istituiti organismi incaricati di promuovere la formazione e co-
finanziarne le spese a livello regionale.
6
Il contratto di formazione-lavoro è stato un importante canale di inserimen-
to al lavoro per molti giovani. Dal 1984 in poi si sono susseguite diverse modifi-
6
Fornara Orsola, Comparazione europea dei dispositivi d’inserimento professionale dei giovani, Osser-
vatorio ISFOL, n. 1-2, gennaio-aprile 1996, p.140.
16
che tendenti a promuovere l’assunzione con questa tipologia contrattuale: è stato
rivisto il sistema di incentivazione, è stata allargata la tipologia dei datori di la-
voro che possono fare ricorso al CFL, prevedendo anche le fondazioni, le asso-
ciazioni culturali e gli enti pubblici di ricerca.
Con la legge 196/97 nel mezzogiorno è stata estesa la fascia di età di giova-
ni che possono essere assunti con il CFL e sono stati previsti particolari incentivi.
Il contratto di lavoro a tempo determinato è previsto dalla legge 230 del
1962 ed è stato ulteriormente regolamentato con la legge 223/1991. Con la legge
196/97 le sanzioni per le aziende che assumono con contratti a termine vengono
semplificate. Secondo la disciplina previgente, la prosecuzione del rapporto di la-
voro oltre la scadenza pattuita comportava la trasformazione in rapporto di lavoro
a tempo indeterminato. La nuova disciplina prevede invece un margine di tempo
entro il quale il rapporto può proseguire oltre la scadenza senza incorrere nella
trasformazione a tempo indeterminato. Il datore di lavoro può così utilizzare il
contratto a termine in maniera più flessibile.
Non sempre però queste formule contrattuali vengono utilizzate come stru-
menti che garantiscono il diritto al lavoro dei cittadini e possono trasformarsi per
i giovani in strumenti di lavoro non adeguatamente retribuiti secondo le mansioni
svolte e secondo il livello di formazione impartita per quanto riguarda i contratti
di formazione lavoro e per i contratti di apprendistato. La legge 196/97 ha previ-
sto dei particolari sistemi di controllo per evitare fenomeni di questo tipo.
Cambiamento organizzativo e figure professionali
Alla luce dei cambiamenti organizzativi e dei paradigmi del sapere viene di
conseguenza ridefinito anche il concetto di professionalità. Se prima si poteva
definire come accumulazione di conoscenza ora questo non è più sufficiente:
17
l’accumulo di conoscenza e di abilità specifiche diventano delle precondizioni o
delle condizioni, se vogliamo, sufficienti ma non necessarie per avere un ruolo
sociale in una professione.
La nuova definizione del concetto di professionalità scaturisce ora da un in-
sieme di conoscenze aggiornate, di abilità flessibili
7
, disponibili al cambiamento.
In questo senso la scolarizzazione e le qualifiche professionali rilasciate da
Istituti o enti di formazione professionale diventano solamente delle precondizio-
ni per entrare nel mondo del lavoro: il titolo di studio è diminuito di valore ma è
in ogni caso vincolante, ma quello che conta è che dietro alla certificazione ci
siano delle abilità flessibili, disposte al cambiamento, alla creatività, alla disponi-
bilità di imparare ad imparare. La differenza può essere chiarita con l’esempio
della differenza tra biglietto da visita e carta bancomat: il biglietto da visita rap-
presenta solo un foglio di carta, con la carta bancomat invece è facile individuare
se c’è “qualcosa” dietro alle affermazioni
8
.
E’ ormai tendenza consolidata la diminuzione dell’occupazione nei settori
agricolo e industriale e la sua crescita sistematica nel settore terziario: quando si
parla di crescita dell’occupazione nel settore terziario si intende un fenomeno che
riguarda aree di servizi diretti sia ai consumatori finali che (servizi alle persone),
sia al sistema produttivo (servizi alle imprese). In questo mutato scenario il lavo-
ro manuale si svolgerà in condizioni diverse che nel passato e il contenuto del la-
voro in fabbrica muterà notevolmente: agli operai che sempre meno potranno es-
sere intesi in modo tradizionale, non sarà richiesta solo capacità di esecuzione
materiale del compito ma anche attività di controllo del processo stesso di fre-
quente assistite e mediate dalle tecnologie informatiche. Si parla ora di una nuova
figura di “operaio intellettuale”
9
.
7
Cfr. definizione di abilità trasversali nella Parte Terza.
8
Scanagatta S., Giornata nazionale “Orientagiovani”, Padova, 12/11/96 (note non riviste dall’autore).
9
Butera F., op. cit.
18
Si tratterà dunque sempre più frequentemente di attività lavorative basate
sulla capacità di trovare soluzioni (problem solving) e sulla capacità di trovare
nuove modalità operative improntate all’auto-organizzazione (problem setting).
Stiamo andando verso una organizzazione del lavoro in cui il lavoro manua-
le non si differenzia dalla capacità intellettuale: esso sta diventando un finto la-
voro manuale
10
. Oggi anche un operaio addetto al controllo numerico non può
avere solo la conoscenza della macchina con la quale lavora, ma deve avere sotto
controllo anche il processo globale di produzione, avere quindi anche una prepa-
razione teorica adeguata basata sulla capacità di far fronte anche ad eventuali
problemi ed imprevisti. Deve possedere quindi delle capacità trasversali che lo
aiutino a gestire il lavoro.
Ecco perché, come vedremo più avanti a proposito dell’abbandono scolasti-
co, non è pensabile che a seconda delle possibilità di occupazione un alunno ab-
bandoni la scuola senza avere acquisito le abilità fondamentali di flessibilità di
organizzazione che sono necessarie per affrontare ogni tipo di professione. L’o-
biettivo sarà quindi quello di rivitalizzare i processi di formazione in alternanza a
livello europeo in modo da garantire ai giovani scarsamente scolarizzati ed usciti
precocemente (cioè prima dei 16-18 anni) dal circuito scolastico, la possibilità di
conseguire in un canale alternativo, una qualificazione professionale di base, che
dia la possibilità sia di accumulare conoscenza che di saper innovare e affrontare
in maniera creativa il lavoro. Questo è infatti, come vedremo più avanti, uno de-
gli obiettivi fondamentali del progetto Youthstart.
L’innovazione tecnologica avanza e si configurano professionalità non più
solo orientate alla produzione, quanto piuttosto al controllo dei processi produtti-
vi. Per questo lo stesso ambito di lavoro, l’azienda stessa vengono sempre più
configurandosi come luoghi di formazione
11
. In questa ottica la strategia di orien-
10
Scanagatta S., Giovani e progetto sommerso. Inchiesta sulle tendenze culturali dei giovani anni ‘80,
Bologna, Patron, 1990.
11
Di Nubila R., Impariamo ad orientare, Rimini, Maggioli, 1990.
19