Introduzione
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 6
Videmus nunc per speculum et in aenigmate, tunc autem facie ad faciem.2
L’ascesa è scandita da sei tappe, nelle quali si possono distinguere due punti di vista:
ricerca per speculum e in speculo, cioè attraverso e nello specchio del vero, nella realtà
sensibile, nella conoscenza umana e nel suo principio e fondamento primo.
Lo specchio riassume il senso del percorso bonaventuriano, che è scandito e strutturato dal
principio dell’analogia. L’immagine è efficace perché rende bene la complessità del
rapporto analogico. Nello specchio vediamo infatti una realtà che però nello stesso tempo
non è presente nella sua concretezza ontologica; convivono insieme somiglianza e
dissomiglianza.
Il pensiero di Bonaventura, come emerge chiaramente dall’Itinerarium, è strutturato sul
rapporto analogico che lega le creature al loro Creatore. Il francescano vuole in questo
modo salvare la positività del mondo in quanto creato e amato da Dio: le cose portano
traccia e immagine del loro rapporto alla propria origine. Allo stesso tempo però vuole
salvare la trascendenza divina, negando all’ordine del creaturale ogni autonomia e ogni
possibilità della ragione umana di raggiungere Dio senza l’intervento salvifico della Grazia
divina. L’argomentazione analogica gli permette di tenere saldi questi due punti, andando a
scandagliare le successive perfezioni formali che l’uomo scopre prima nel mondo, poi
nelle proprie facoltà conoscitive e infine nel nome stesso di Dio. Bonaventura è però anche
un mistico e per lui assume primaria importanza il contatto diretto con la divinità che si
instaura nel momento estatico, nella quale si lascia alle spalle la regio dissimilitudinis e si
sperimenta a livello affettivo l’unione al divino. Su questo piano le parole umane sono
inesorabilmente manchevoli; si fa allora ricorso ad immagini, a metafore che tentano di
descrivere questa esperienza seppur in modo indiretto.
2
I Corinzi 13, 12
Introduzione
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 7
Si comprende l’importanza che analogia e metafora assumono nel pensiero di
Bonaventura, quali strumenti linguistici che strutturano il suo pensiero. Certamente tutto il
medioevo è pervaso da un profondo sentimento per la significazione indiretta e il
simbolico: l’uomo medievale si muove in una foresta di simboli e di segni, per i quali vale
il principio dell’aliud dicitur, aliud demonstratur. Come sostiene Umberto Eco, è
Tommaso d’Aquino a sancire la morte del mondo simbolico medievale3: la ragione umana
riacquista con lui tutta la sua automonia e dunque non è più necessario fondare il pensiero
su di un sistema di simboli legittimato dalle auctoritates. Parafrasando Gilson4, l’analogia
non è più universale, bensì dell’ente stesso, interna alla sua struttura.
Il pensiero di Bonaventura è dunque non tanto alternativo o opposto a quello
dell’Aquinate, ma semplicemente altro, in linea con la tradizione agostiniana in cui si
colloca. Come detto sopra, l’analogia e la metafora rappresentano due elementi strutturanti
della sua filosofia e il presente lavoro intende proporre un percorso che ne indaghi da
diversi punti di vista gli aspetti essenziali, in modo da riconoscere appieno il valore e gli
aspetti filosofici ad esse sottese.
Nel primo capitolo si cerca di fare un punto della situazione riguardante gli studi
sull’analogia e la metafora in Bonaventura. Innanzitutto se ne individuano le fonti, che
fanno riferimento certamente alla tradizione neoplatonico-agostiniana ma anche alla
Scolastica e alla ripresa dell’aristotelismo nel 1200, secolo che vede il pensatore
francescano come protagonista di primo piano. Gli studi classici hanno individuato alcuni
loci communes ormai stabilizzati riguardo al ruolo dell’analogia in Bonaventura, in
particolare riguardanti il principio di proporzione o proporzionalità che viene riconosciuto
3
Enciclopedia Einaudi, voce “Simbolo”, pp. 906-907
4
Gilson 1995, capitolo 4
Introduzione
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 8
come suo fondamento. Questi testi hanno aperto delle interessanti questioni che meritano
di essere ulteriormente approfondite. Innanzitutto è necessario cercare di capire la natura
della metafora e dell’analogia, ovvero se esse descrivano semplicemente dei processi
conoscitivi o se siano in grado di descrivere la realtà. Da qui ci si può allora interrogare
sulla proporzione o sulla sproporzione che esse instaurano tra creature e Creatore,
implicando tutta una serie di problemi filosofici di primaria importanza. Infine, resta da
giustificare quale sia la mediazione profonda che legittima metafora e analogia ad istituire
una relazione tra Dio e il mondo.
Per provare a rielaborare i nuclei dei problemi appena esposti si è ritenuto interessante
ampliare il campo di indagine. Nel secondo capitolo sono state analizzate le principali
teorie della metafora dal punto di vista della linguistica, considerando dunque in primo
luogo l’analogia e la metafora come figure del linguaggio. I punti di partenza
imprescindibili sono senz’altro la Poetica e la Retorica di Aristotele, le quali propongono
una prima importante classificazione che resterà poi per secoli come schema di base per
ogni discorso in merito. Il percorso prosegue poi attraverso la linguistica contemporanea,
specialmente la nuova retorica di Perelman, la semiotica e le riflessioni di alcuni filosofi
del linguaggio. Nel terzo capitolo ci si è invece occupati delle metafore della teoria, o,
meglio ancora, nella filosofia. Si è cercato di esaminare il modo in cui la predicazione
analogica e metaforica è stata usata e sfruttata da alcuni filosofi, assumendo quindi un
ruolo strutturante nel loro pensiero. Si è fatto riferimento a dei pensatori ritenuti
significativi proprio in base all’importanza che assumono presso di loro analogia e
metafora. Non c’è ovviamente alcuna pretesa di fornire una panoramica esaustiva, ma,
Introduzione
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 9
attraverso il loro lavoro, si è tentato di gettare nuova luce sui nodi problematici
precedentemente individuati in Bonaventura.
L’itinerario percorso permetterà infine di ritornare al maestro francescano e rielaborare
un’ipotesi sul ruolo e il valore che analogia e metafora assumono nel suo pensiero, facendo
riferimento soprattutto alle differenze che emergono in particolare nell’Itinerarium mentis
in Deum tra la conoscenza razionale umana e l’unione mistica a Dio.
L’obiettivo del lavoro è dunque di far dialogare Bonaventura sia con il suo tempo sia con il
pensiero moderno e contemporaneo al fine di verificare quale modello di ragione possa
emergere dalla predicazione analogica e metaforica: un modello che si caratterizzerà come
non classificatorio, a suo modo aperto e problematico ma senza dubbio pienamente
razionale.
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 10
1. LA METAFORA E L’ANALOGIA IN BONAVENTURA.
L’ITINERARIUM E IL COMMENTO ALLE SENTENZE
La metafora e l’analogia sono due elementi essenziali del pensiero bonaventuriano e lo
caratterizzano a diversi livelli. Anche una lettura non approfondita dei suoi testi ne rivela
subito la ricchezza del linguaggio e delle immagini, spingendoci in quella foresta di
simboli e di analogie nella quale spesso sembra di perdersi. Come riconosce Étienne
Gilson, uno tra i più importanti studiosi di Bonaventura, ci si sente spesso smarriti dall’uso
insistente di analogie sia in opere destinate all’ambito universitario, come il Commento alle
Sentenze, sia in opere di stampo mistico e destinate alla formazione spirituale del suo
ordine, come l’Itinerarium mentis in Deum. Le immagini si infittiscono senza un’apparente
logica ed è per questo che a noi lettori moderni risulta più familiare, ordinato e forse
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 11
comprensibile lo stile “sobrio e lucido” di un altro grande pensatore medievale a lui
contemporaneo, Tommaso d’Aquino1.
Gilson stesso invita però a perseverare nell’impresa per cercare di capire il significato delle
analogie e delle metafore in Bonaventura e quale ruolo assumano nel suo pensiero.
Ben lungi dall’essere un accidente o un elemento supererogatorio, il simbolismo di San
Bonaventura abbarbica le sue radici profonde al cuore stesso della sua dottrina; trova la propria
completa giustificazione razionale nei principi metafisici su cui si fonda; ed è, a sua volta,
imperiosamente richiesto da questi come il solo modo che permetta una loro applicazione al reale.2
Prima di addentrarsi nella questione, sono necessarie alcune premesse.
Innanzitutto appare evidente che le analogie e le metafore non sono usate come semplici
ornamenti o mezzi stilistici. La lettura dei testi bonaventuriani può risultare attraente per la
poesia e la bellezza delle immagini, ma certamente non è questo lo scopo dell’autore. Si
comprende infatti che esse giocano un ruolo chiave nelle sue opere, che si costruiscono
proprio su analogie, connessioni e corrispondenze anche là dove il lettore si aspetterebbe
sillogismi e definizioni3.
L’analogia, inoltre, è sicuramente connessa al tema estetico, ovvero al discorso sulla
bellezza e sulla sensibilità estetica che caratterizza gli autori medievali, immersi in un
mondo animato dai simboli e dai segni rimandanti al divino4. Il discorso però assume una
portata più ampia in Bonaventura: essa diventa uno strumento essenziale per spiegare lo
statuto ontologico delle creature, l’antropologia, la conoscenza dell’uomo e anche il livello
1
Gilson 1995, p. 191
2
Gilson 1995, p. 192
3
Gilson 1995, p. 191. Cfr. anche Corvino 1980, Bettoni 1973 e 1974b e Vanni Rovighi 1974
4
De Bruyne 1947, Eco 1997
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 12
teologico, in una parola è la legge stessa della creazione; è, secondo il titolo di un capitolo
del celebre testo di Gilson5, una “analogia universale”.
Prima di procedere è inoltre necessario ricordare alcuni tratti biografici essenziali del
pensatore francescano per poter meglio comprendere le preoccupazioni che animano le sue
opere. Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274) è sicuramente il maggior rappresentante
della tradizione francescana del XIII secolo. Dopo aver studiato alla facoltà delle Arti di
Parigi ed essersi dedicato alla teologia sotto la guida di Alessandro di Hales, diventa a sua
volta maestro e poi generale dell’ordine francescano nel 1257. La sua opera è un tentativo
di recuperare la tradizione filosofica di Agostino di Ippona, contaminandola con lo spirito
del nuovo ordine mendicante cui appartiene. Bonaventura non è solamente un mistico o un
teologo: è stato protagonista della vita culturale del suo tempo e ha saputo portare avanti
un’impostazione filosofica alternativa, in dialogo e talvolta in contrasto alla ripresa
dell’aristotelismo dominante in quegli anni. Il tema dell’analogia ci permette di cogliere la
peculiarità e l’originalità del suo pensiero filosofico, che non può essere visto come una
mera variante della tradizione agostiniana né tanto meno come una sorta di preparazione o
versione misticheggiante della sintesi tomista o come una sua radicale alternativa.6
5
Gilson 1995 cap. “Analogia universale“, pp. 191-221
6
Tra gli studiosi è sempre acceso il dibattito sui rapporti tra Bonaventura e Tommaso, soprattutto per ciò che
riguarda il loro “dialogo” con Aristotele. Nel testo di Quinn 1973 sono esposte le due diverse interpretazioni
di Gilson, che insiste sull’originalità e autonomia del pensatore francescano rispetto all’aristotelismo e alla
scolastica a lui contemporanee, e di Van Steenberghen, che invece minimizza il presunto anti-aristotelismo di
Bonaventura e lo colloca solo negli ultimi anni di vita del Santo, durante la lotta contro il cosiddetto
averroismo latino. Quinn polemizza con Gilson perché non riconosce il ruolo di Aristotele nel pensiero
bonaventuriano e ne identifica la fonte principale, se non esclusiva, in Agostino.
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 13
1.1 Analogia e proporzione: le fonti e l’analogia entis di
Tommaso
La distinzione tra proporzione e proporzionalità risale a Severino Boezio7, che tramanda
l’idea di proporzione nel suo aspetto pitagorico originario, in riferimento soprattutto alla
teoria musicale. Boezio però ha un interesse più metafisico che matematico e presta
particolare attenzione alle proporzioni fondamentali che regolano l’armonia del mondo.
Anima, corpo, fenomeni musicali e armonia cosmica sono regolati dalle stesse leggi di
proporzione matematica e l’uomo, conformato alla misura del mondo, trae piacere da ogni
manifestazione di tale rassomiglianza. Si fa così strada nel Medioevo l’idea della
modulatio, vale a dire la ripresa regolare di uno stesso principio nella variazione degli
elementi, e si afferma così il carattere musicale di tutto ciò che è multiplo nell’unità.8
Un’altra auctoritas imprescindibile per tutto il Medioevo e per Bonaventura in particolare
è Agostino d’Ippona. La sua definizione identifica la bellezza con la proporzione delle
parti.
Quid est corporis pulchritudo? Congruentia partium cum quadam coloris suavitate. 9
Riferendosi al passo del libro della Sapienza:
Omnia in mensura et numero et pondere disposuisti. 10
7
De aritmetica, II, 40, PL 63, 1145
8
De Bruyne 1947, p. 70
9
Epistula 3, CSEL 34/1, p.8; trad. it. in Eco 1997, p. 39: Che cosa è la bellezza del corpo? E’ la proporzione
delle parti accompagnata da una certa dolcezza di colorito
10
Sapienza 11, 21
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 14
Agostino ripropone l’idea, ripresa poi anche dai pensatori del XIII secolo, che Dio abbia
creato e conservi il mondo in base a principi estetico–matematici; De Bruyne11 parla a
questo proposito di estetica sapienziale. La definizione diventa un luogo comune per i
medievali, i quali, però, non si limitano a riportarla pedissequamente, ma ne cercano le
ragioni profonde. Un esempio è proprio il pensiero di Bonaventura, nel quale la
proporzione non si esprime più semplicemente in rapporti numerici, ma indica una
direzione, un segno grazie al quale risalire, per via analogica, al divino.
Un ulteriore testo di riferimento è il De Musica, sempre di Agostino, un trattato tecnico
riguardante le regole aritmetiche della composizione metrica. Nell’analisi delle variazioni
ritmiche, due movimenti sono definiti razionali quando, riferiti uno all’altro, presentano
aliquam numerosa dimensionem.12. Le durate più facilmente misurabili sono quelle
assolutamente uguali, nelle quali si manifesta la relazione primaria, più semplice e più
piacevole: l’unità. I movimenti di eguale durata sono allora matematicamente,
metafisicamente ed esteticamente superiori; gli altri realizzano invece la bellezza delle
parti di cui si compongono riducendole ad unità, attraverso proporzioni facilmente
numerabili. Nel VI libro, cui farà spesso riferimento Bonaventura, Agostino riprende le
considerazioni dei capitoli precedenti e le pone su un piano nettamente metafisico e
psicologico. Per aequalitas numerosa s’intende allora la realizzazione più perfetta della
relazione numerica, la dimensione che ordina e armonizza l’intero universo, secondo i tre
principi estetici fondamentali, ovvero l’unità (la fonte del numero), l’uguaglianza (la
bellezza del numero) e l’ordine (ciò che regola le relazioni numeriche). Il significato
profondo dell’estetica agostiniana risiede nell’idea che non ha senso parlare di bellezza di
un singolo ente, ma solo in riferimento ad un ordine, ad un rapporto, il cui principio
11
De Bruyne 1947, p. 114
12
De musica, I, 8, c. 1092
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 15
fondamentale sta nella relazione d’eguaglianza perfetta e quindi, in ultima analisi, nella
Trinità divina.13
Il Medioevo cristiano raccoglie queste suggestioni agostiniane e l’analogia diventa una
sorta di luogo comune, un tema che fa da sfondo a molti pensatori. In molti testi ricorrono i
termini analogia, proportio e proportionalitas, tanto che sembra esserci una sorta di
snervante variazione sul tema che ripropone in sostanza le stesse idee. In realtà è
necessario andare oltre le definizioni, le quali, in modo “tipicamente medievale”, fanno
ricorso ad auctoritates spesso comuni senza grandi pretese di originalità, per scovare gli
interessi, le ispirazioni e le linee di pensiero profondamente diverse che le animano. In
questo contesto è impossibile allora non parlare della dottrina dell’analogia entis in
Tommaso d’Aquino, anche per rivelarne l’evidente distanza che la divide dalla teoria
bonaventuriana.
Per Tommaso14 l’analogia di proporzione, o di attribuzione, è quella che appartiene
all’essere per il fatto che esso si dice in sensi diversi della sostanza e degli accidenti, ma i
sensi in cui si dice di questi ultimi stanno tutti in relazione ad uno, cioè precisamente a
quello in cui esso si dice della sostanza. La fonte qui è certamente Aristotele.15 L’analogia
di proporzionalità invece è quella che anche i Greci, compreso Aristotele, chiamavano
analogia, cioè identità di rapporti tra coppie di termini fra loro diversi. Tommaso oscilla
nell’assegnazione di un primato ad una delle due, anche perché dapprima interpreta
l’analogia alla luce della causa esemplare e formale, mentre nelle ultime sue opere, le
13
vedi De Bruyne 1946, p. 215
14
Cfr. Berti 1985
15
Aristotele, Metafisica IV, 2
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 16
Summae e il Commento alla Metafisica, la fonda sulla causalità efficiente, concependo
l’essere come atto.16
In sostanza l’analogia entis di Tommaso cerca risposte riguardo allo statuto ontologico
delle creature, al loro principio costitutivo che ne garantisce il rapporto con il Dio creatore,
assolutamente trascendente. L’analogia in Bonaventura sembra invece voler svelare la
legge logica e metafisica che regola la creazione nella sua relazione al Creatore. Tommaso
parla degli enti nella loro autonomia, Bonaventura del legame tra Creatore e creature.
Secondo Gilson17, per soddisfare le esigenze della logica aristotelica, l’Aquinate arriva a
separare l’analogo dall’equivoco con un’insuperabile linea di demarcazione. Egli sembra
particolarmente preoccupato di chiudere tutte le vie che conducono al panteismo e di
impedire ogni comunicazione sostanziale tra Dio e la creatura; insiste sempre più volentieri
sul significato di separazione dell’analogia piuttosto che sul suo significato unitivo.
All’analogia agostiniana che collega, annette, cerca sempre comunanze d’origine per assegnare
somiglianze di parentela, san Tommaso oppone l’analogia aristotelica che separa, distingue,
conferisce agli esseri creati una sostanzialità e una sufficienza relative, escludendoli nel medesimo
tempo definitivamente dall’essere divino.18
La tendenza fondamentale del pensatore francescano è esattamente inversa. Il suo bersaglio
polemico sono i filosofi che attribuiscono un’indipendenza ed un’autonomia eccessiva alla
creatura a scapito dell’immensità ed onnipotenza di Dio. Tommaso vuole dunque porre la
creatura nel suo essere proprio per dispensarla dal pretendere all’essere divino, mentre
16
Il problema del primato dell’attribuzione o della proporzionalità è stato oggetto di dibattito dei primi
commentatori dell’Aquinate ed è tuttora oggetto di dibattito tra gli studiosi. A favore della prima ipotesi si
sono schierati Suarez, Fabro e Mc Ierny, per la seconda invece Giovanni di S.Tommaso, Maritain e Vanni
Rovighi.
17
Gilson 1995, pp. 219-221
18
Gilson 1995, p. 220
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 17
Bonaventura inquadra la creatura nella sua assoluta dipendenza dal creatore, impedendole
così di attribuirsi una completa sufficienza e di porsi come un fine in sé. Ecco dunque la
conclusione di Gilson.
Non è dunque una analisi del contenuto stesso della loro nozione di analogia che permetterà di
comprendere il pensiero di questi due filosofi, perché, per l’uno come per l’altro, l’analogo ha in sé
nel contempo similitudine e alterità; ma lo si comprenderà in maniera più esatta osservando il
movimento con cui il loro pensiero percorre il campo di questa nozione comune, e soprattutto il
senso di questo movimento.19
Altri autori, come ad esempio Hohman20, parlano di analogia entis anche in riferimento a
Bonaventura; più precisamente vengono individuati due aspetti del problema, l’analogia
entis e l’analogia lucis. Nel primo caso si intende l’analogia dal punto di vista della
creatura, che viene ordinata all’interno di una gerarchia degli esseri; nel secondo ci si
riferisce invece all’elemento della luce, prima forma della materia. Questa lux è
onticamente fondata ed ontologicamente qualificata; non è semplice metafora, ma il
fondamento in re dell’analogia dell’essere e contemporaneamente principio di
comunicazione con Dio e con il mondo. Appare evidente il tentativo dello studioso di
avvicinare Bonaventura a Tommaso.
Söhngen21 affronta invece il problema in base alla distinzione tra analogia entis e analogia
fidei. In entrambi i casi si tratta per lui di una conoscenza per somiglianza, che ci fa
conoscere le cose non in se stesse ma come riflesse in uno specchio, richiamandosi al passo
paolino
19
Ibidem
20
Hohman 1936
21
Söhngen 1935 e 1942
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 18
Videmus nunc per speculum in enigmate tunc autem facie ad faciem nunc cognosco ex parte tunc
autem cognoscam sicut et cognitus sum 22
Lo studioso distingue però due diversi modi di ricercare la somiglianza. L’analogia entis
desume la somiglianza a Dio dal mondo dell’essere, ovvero dal basso. L’analogia fidei la
deduce invece dalla fede, cioè dall’alto. Söhngen definisce Bonaventura un classico
dell’analogia fidei, distinguendolo così da Tommaso ed inserendolo in pieno nella
tradizione agostiniana e francescana.
1.2 L’analogia universale
Nel suo studio sul lessico ed i termini chiave del pensiero bonaventuriano, Bougerol
definisce l’analogia come una relazione di comunanza tra due o più termini, fondati sulla
somiglianza di proporzione. Questo rapporto fonda dunque una denominazione comune: è
il grado intermedio tra il rapporto di univocità, che comporta una comunanza di natura, e il
rapporto d’equivocità, nel quale la comunanza non è che nominale.
Analogum est medium inter pure aequivocum et univocum.23
Questo rapporto contiene dunque convenienza e differenza, somiglianza e dissomiglianza.
Bonaventura prende in considerazione i tre tipi classici di analogia (proporzionalità,
22
I Corinzi 13, 12
23
I Sent., d. 29, a. 1, q. 2, ad 1. Cfr. Anche II Sent., d. 25, p. 2, dub. 3 e d. 35, dub. 3
1. La metafora e l’analogia in Bonaventura. L’Itinerarium e il Commento alle Sentenze
ANALOGIA E METAFORA: UN POSSIBILE PERCORSO IN BONAVENTURA 19
attribuzione e proporzione) e li applica come strumento essenziale all’interno della sua
teologia per spiegare i rapporti di somiglianza tra Dio e le creature.24
Questa sintetica analisi di Bougerol, supportata da molti rimandi testuali soprattutto al
Commento alle Sentenze e all’Itinerarium mentis in Deum, mette in gioco tutti i principali
elementi relativi all’analogia in Bonaventura che verranno qui in seguito analizzati: la
proporzione e le sue diverse classificazioni25; il rapporto di somiglianza; l’univocità e
l’equivocità; la relazione tra Dio e il mondo. Non potrà poi mancare il tema della bellezza,
che in Bonaventura sembra fondersi con quello della relazione.
L’interesse fondamentale di Bonaventura è il rapporto Creatore-creatura, che gli permette
di leggere tutto l’universo alla luce della categoria di relazione. Il punto fondamentale è
capire quale prossimità stabilisce la relazione tra i due elementi; si comprende l’urgenza di
tale questione considerando che i termini in gioco sono Dio e il creato. L’obiettivo è
garantire una comunicazione tra essi salvaguardando al contempo la trascendenza divina.
Ed in questo l’analogia si pone come alternativa all’univocità dell’essere e all’assoluta
equivocità. Bettoni26, prendendo in esame gli sviluppi della scuola francescana ed in
particolare Duns Scoto, si chiede se l’analogia e l’univocità siano davvero alternative o se
sia possibile una qualche mediazione. Nella sua prospettiva la controversia tra i due
modelli di spiegazione della relazione tra Dio e il mondo è su un piano gnoseologico e non
metafisico. Non si vuole mettere in discussione la struttura dell’essere finito ed infinito, ma
si vuol chiarire un problema della conoscenza e precisamente il fondamento e la misura
della conoscenza umana di Dio.
24
Bougerol 1969, p. 18
25
Per il tema della proporzione si rimanda al paragrafo 1.3
26
Bettoni 1953 e 1959