Capitolo 1 - Introduzione
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uello appena trascorso è stato una secolo decisivo per le
donne. E’ proprio a partire dal Novecento, infatti, che la
donna ha acquisito maggiore consapevolezza di sé, delle proprie peculiarità
rispetto agli uomini e delle proprie potenzialità al di fuori dalle mura
domestiche. Fino ad allora, infatti, la donna era unicamente considerata
quale “angelo del focolare”, e quindi chiusa nell’ambiente circoscritto della
sua famiglia, assumendo però già in questo ambito un ruolo di carattere
gestionale, che ha senz’altro contribuito, momento per momento, alla
formazione della sua volontà di partecipazione alla vita sociale. Tuttavia, se
si va ancora più indietro nel tempo, è facile accorgersi che, già prima del
XX secolo, si sono create le condizioni perché un numero sempre maggiore
di donne manifestasse un chiaro desiderio di esistere liberamente nel
mondo.
Q
Capitolo 1 - Introduzione
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Con la Rivoluzione Francese e la Rivoluzione Industriale dell'Ottocento
cominciò a cambiare la prospettiva di vita della donna, la quale poté
finalmente aspirare a divenire soggetto attivo, individuo a pieno titolo,
futura cittadina. Si parlò allora per la prima volta di emancipazione, parola-
simbolo a cui si accompagnarono lenti mutamenti strutturali (lavoro
salariato, diritti civili, diritto all'istruzione).
E’ però acclarato che lo sviluppo economico e scientifico da solo non
avrebbe significato libertà se non fosse stato accompagnato dalla presa di
coscienza femminile. Una donna nuova si presentò al XX secolo. Le donne,
così come gli uomini, poterono contare su una maggiore longevità e una
migliore salute, più alti livelli di educazione e nuovi modelli di vita
alimentati dalla moltiplicazione dei beni e dei consumi. Per le donne ciò
significò innanzitutto una trasformazione del lavoro casalingo e del regime
Capitolo 1 - Introduzione
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di maternità. Infatti, la riduzione del tempo necessario a tali attività
permetteva loro una maggiore partecipazione alla vita sociale.
Ci volle, però, ancora qualche anno perché le donne europee ottenessero i
diritti politici, la possibilità cioè di votare i propri rappresentanti presso le
Assemblee elettive e di essere elette. Il primo Paese europeo a riconoscere
il diritto di voto alle donne è stato la Finlandia, nel 1906. L’Italia, com’è
noto, ha dovuto attendere altri quarant’anni per veder riconosciuto alle
donne questo importante diritto.
La tabella nella pagina seguente ci riferisce in dettaglio in che anno
ciascuno dei 27 Paesi, ora appartenenti all’Unione Europea, ha concesso
alle donne i diritti politici e mostra un’evidente linea di frattura tra Europa
del nord ed Europa del sud.
Capitolo 1 - Introduzione
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Fonte: dati sul sito web www.arcidonna.org
PAESI UE
anno di acquisizione da parte delle
donne del diritto al voto
FINLANDIA
1906
DANIMARCA
1915
AUSTRIA
1917
GERMANIA
1917
ESTONIA
1918
IRLANDA
1918
LETTONIA
1918
LITUANIA
1918
POLONIA
1918
REGNO UNITO
1918
UNGHERIA
1918
LUSSEMBURGO
1919
PAESI BASSI
1919
SVEZIA
1919
REPUBBLICA CECA
1920
SLOVACCHIA
1920
SPAGNA
1931
FRANCIA
1944
ITALIA
1945
SLOVENIA
1945
BULGARIA
1947
MALTA
1947
BELGIO
1948
ROMANIA
1948
GRECIA
1952
CIPRO
1960
PORTOGALLO
1976
Capitolo 1 - Introduzione
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A sessant’anni dall’acquisizione dei diritti politici da parte delle donne,
l’Italia è fra i Paesi europei e mondiali con le percentuali più basse di
donne in Parlamento. Oggi si tende a considerare ormai superata la
questione dell’uguaglianza tra i sessi. Tuttavia, nonostante gli incontestabili
miglioramenti delle condizioni di vita delle donne, gli uomini continuano
ad occupare posizioni di maggiore potere in tutti i settori lavorativi. E in
particolare, è nelle istituzioni politiche che le donne rappresentano
costantemente una minoranza. Dopo le ultime elezioni (aprile 2006), nel
Parlamento italiano su 959 tra deputati e senatori, le donne sono solo 153,
cioè pari a meno del 16% del totale.
Quali sono le ragioni di una così scarsa presenza femminile nelle
istituzioni politiche italiane? E ancora, quali sono le differenze tra uomini e
donne che potrebbero implicare questo risultato? E perché non si verifica lo
Capitolo 1 - Introduzione
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stesso risultato anche nei Paesi scandinavi, dove invece la presenza delle
donne in Parlamento talvolta (è il caso della Svezia) è pari a quella degli
uomini? Quali sono, infine, le possibilità di cambiamento circa la presenza
femminile nelle istituzioni del nostro Paese?
L’intento di questa ricerca è quello di osservare i dati demografici,
economici e sociali dei 25 Paesi dell’Unione Europea (escludendo per
motivi di tempo Bulgaria e Romania), per poi interpretarli con riguardo alla
presenza delle donne in Parlamento.
Fine ultimo della ricerca è quello di costruire un modello statistico che
indichi le strade per contribuire a migliorare la situazione nel nostro Paese.
Capitolo 2 – Il problema
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Capitolo 2
Il problema
Capitolo 2 – Il problema
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2.1 LE DONNE: UNA “RISERVA PREZIOSA”
Il livello di partecipazione delle donne alla vita politica è ancora
insufficiente, soprattutto in Italia. Lo stesso Presidente Napolitano ha
sottolineato come nel nostro Paese i tempi siano maturi per vedere le donne
ai vertici delle istituzioni, spiegando che il modo per favorire la presenza
delle donne in politica “non è tanto quello di approvare norme di legge,
quanto quello di apportare modifiche nella vita democratica dei partiti, che
poi esprimono le candidature”. E anche nel suo primo discorso di fine
anno, Napolitano non ha scordato le donne, le cui “energie” e i “talenti”
sono “tra le riserve preziose su cui contare”.
Ma quando si deciderà di seguire la strada della parità effettiva tra
uomini e donne? Quando si riterrà opportuno ascoltare l’esortazione del
Capitolo 2 – Il problema
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nostro Presidente? Quando si comincerà a prendere in considerazione la
donna come membro attivo della società?
Capitolo 2 – Il problema
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2.2 LE DONNE ELETTE NEL MONDO
Se si guarda ciò che accade nel mondo, ci si può trovare di fronte a
situazioni davvero paradossali. Una su tutte è la constatazione che il Paese
con maggiore presenza femminile in Parlamento è il Rwanda con il 48,8%
di donne elette (39 su 80 eletti).
Basta osservare i dati della tabella nelle pagine seguenti per accorgersi
che molti Paesi africani e dell’America latina sono posizionati molto
meglio della maggior parte dei Paesi europei.
E, infatti, Paesi come il Costa Rica, l’Argentina, il Mozambico e il
Sud Africa sono insospettabilmente esempi da seguire per quanto riguarda
la presenza delle donne nelle Assemblee elettive nazionali.
Capitolo 2 – Il problema
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Paesi seggi disponibili donne elette percentuale delle donne in Parlamento
Rwanda 80 39 48.8%
Svezia 349 165 47.2%
Costa Rica 57 22 38.6%
Norvegia 169 64 37.7%
Danimarca 179 66 36.9%
Paesi Bassi 150 55 36.7%
Spagna 350 126 36.0%
Belgio 150 53 35.3%
Argentina 257 90 35.0%
Mozambico 250 87 34.8%
Sud Africa 400 131 32.8%
Austria 183 59 32.2%
Germania 614 195 31.8%
Burundi 118 36 30.5%
Tanzania 319 97 30.4%
Islanda 63 19 30.2%
Perù 120 35 29.2%
Macedonia 120 34 28.3%
Afghanistan 249 68 27.3%
Gambia 78 21 26.9%
Timor East 88 23 26.1%
Iraq 275 70 25.5%
Svizzera 200 50 25.0%
Australia 150 37 24.7%
Uganda 305 73 23.9%
Honduras 128 30 23.4%
Lussemburgo 60 14 23.3%
Tunisia 189 43 22.8%
Messico 500 113 22.6%
Taiwan 225 50 22.2%
Eritrea 150 33 22.0%
Pakistan 342 73 21.3%
Etiopia 546 116 21.2%
Moldova 101 21 20.8%
Canada 308 64 20.8%
Nicaragua 92 19 20.7%
Lituania 141 29 20.6%
Polonia 460 94 20.4%
Korea 687 138 20.1%
Slovacchia 150 30 20.0%
Regno Unito 646 128 19.8%
Repubblica Dominicana 178 35 19.7%
Portogallo 226 44 19.5%
Senegal 120 23 19.2%
Guinea Equatoriale 100 18 18.0%
Venezuela 167 30 18.0%
Capitolo 2 – Il problema
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Croazia 152 27 17.8%
Uzbekistan 120 21 17.5%
Italia 630 109 17.3%
Bolivia 130 22 16.9%
Panama 78 13 16.7%
Bosnia-Erzegovina 42 7 16.7%
Ecuador 100 16 16.0%
Repubblica Ceca 200 31 15.5%
Filippine 236 36 15.3%
Cile 120 18 15.0%
Sudan 450 66 14.7%
Malawi 188 27 14.4%
Cipro 56 8 14.3%
Israele 120 17 14.2%
Grecia 300 40 13.3%
Irlanda 166 22 13.3%
Korea 299 39 13.0%
Palestina 132 17 12.9%
Liberia 64 8 12.5%
Nigeria 113 14 12.4%
Slovenia 90 11 12.2%
Uruguay 99 12 12.1%
Francia 577 70 12.1%
Colombia 166 20 12.0%
Romania 332 38 11.4%
Indonesia 550 61 11.1%
Ghana 230 25 10.9%
Morocco 325 35 10.8%
Zimbabwe 150 16 10.7%
Thailandia 500 53 10.6%
Ungheria 386 41 10.6%
Kazakistan 77 8 10.4%
Mali 147 15 10.2%
Paraguay 80 8 10.0%
Malta 65 6 9.2%
Guatemala 158 14 8.9%
Camerun 180 16 8.9%
Costa d'Avorio 223 19 8.5%
Brasile 513 42 8.2%
India 543 44 8.1%
Serbia e Montenegro 126 10 7.9%
Somalia 269 21 7.8%
Albania 140 10 7.2%
Kenya 224 16 7.1%
Algeria 389 24 6.2%
Nepal 205 12 5.9%
Giordania 110 6 5.5%
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Libano 128 6 4.7%
Armenia 131 6 4.6%
Bangladesh 300 6 2.0%
Egitto 454 9 2.0%
Fonte: sito web www.quotaproject.org
L'Italia conta soltanto 109 deputate su 630 seggi disponibili, cioè il
17,3%. Al Senato la situazione è ancora peggiore: solo 44 donne su 322
eletti (13,7%). Persino l'Iraq, se si guardano queste percentuali, sta meglio
di noi con 70 donne elette su 275 seggi disponibili in Parlamento (25,5%).
Eletti Camera % Senato %
Uomini 521 82,7 278 86,3
Donne 109 17,3 44 13,7
Totale 630 100 322 100
Fonte: dati statistici sui siti web www.camera.it e www.senato.it
In concomitanza con il successo di Ségolène Royal, prima donna
candidata alla carica di Presidente della Repubblica (nelle elezioni
Capitolo 2 – Il problema
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programmate per il 22 aprile 2007) in Francia, e dopo che la Spagna di
Zapatero, con il 50% del suo Governo composto da donne, e l’elezione a
cancelliere in Germania di Angela Merkel, hanno segnato una decisa
accelerazione verso una democrazia equamente partecipata e rappresentata,
l’Italia continua a sottovalutare la questione della scarsa rappresentanza
politica femminile.
Anche oltreoceano si registra l’ascesa delle donne in politica, con
Hillary Clinton (moglie di Bill n.d.r.) che si prepara a diventare Presidente
degli Stati Uniti d’America, risultando favorita dai sondaggi.