3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Si presenta quindi di seguito il modello proposto da Piluso, Faella
e Rizzano (Faella et al., 2000; Piluso et al., 2001 ) per la valutazione della
duttilità di T-stubs a due bulloni.
3.2 Generalità e ipotesi alla base del modello
Il modello di Piluso et al. concettualmente si sviluppa osservando
che, anche in condizioni ultime, i meccanismi di collasso tipici dei T-
stubs sono legati al rapporto tra la resistenza flessionale della flangia e la
resistenza assiale dei bulloni, come si è già avuto modo di illustrare
precedentemente relativamente alle condizioni di progetto.
In particolare si ritiene che la distribuzione delle sollecitazioni
interne agente in condizioni ultime sia analoga a quella agente in
condizioni di progetto, descritta nelle sezioni precedenti..
Pertanto il modello si sviluppa sull’intuizione che, note le
sollecitazioni agenti sul modello a trave del T-stub, ed in particolare noto
il momento flettente, sia possibile calcolare le curvature corrispondenti e
da queste, attraverso opportuna integrazione, ritrovare le rotazioni e
quindi gli spostamenti del T-stub, noto il cinematismo agente
(quest’ultimo caratteristico del meccanismo di collasso).
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Figura 3. 1 – Flow chart relativo al modello di Piluso et al. per la previsione della
duttilità
Individuazione del
meccanismo di collasso
Diagramma del
momento flettente in
condizioni ultime
Diagramma delle
curvature in condizioni
ultime
Rotazioni
In
te
g
ra
z
ion
e
Spostamenti ultimi
Conoscenza
del
cinematismo
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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A questo punto è doveroso precisare le difficoltà connesse alla
previsione del comportamento ultimo di T-stubs bullonati in ragione dei
numerosi aspetti che governano il fenomeno. Si è dinanzi infatti ad un
problema tridimensionale, che sarà invece ricondotto a
monodimensionale; il problema è caratterizzato da non linearità
geometriche e meccaniche; le condizioni di collasso sono governate da
problematiche di meccanica delle fratture, complicate dagli effetti
tridimensionali e dai fenomeni di contatto.
Si comprende in sostanza che, come sempre accade nell’ambito
ingegneristico, la caratterizzazione di un modello comodo da usare
comporti necessariamente delle “rinunce” e delle semplificazioni più o
meno drastiche, e che chiaramente l’optimum si collochi a metà strada tra
semplificazioni e capacità del modello di cogliere comunque la sostanza
del fenomeno indagato.
Nello specifico, le ipotesi alla base del modello saranno le seguenti:
adozione di un modello 2D: si trascurano tutti gli effetti legati alla
tridimensionalità del problema in esame;
si trascura la non linearità geometrica;
si trascura l’influenza del taglio sul comportamento del T-stub;
le forze di contatto vengono introdotte nel modello attraverso un
approccio semplificato;
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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il collasso del materiale è approssimativamente modellato
assumendo che la condizione di rottura si realizzi al
raggiungimento della deformazione di collasso in una sezione
opportuna, ossia una fibra esterna della flangia del T-stub.
Figura 3.2 – Cinematismi al collasso dei T-stubs in funzione del meccanismo atteso
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Sotto queste ipotesi, gran parte del problema si trasforma
sostanzialmente nel prevedere la capacità di rotazione plastica di una
sezione compatta (ossia la sezione rettangolare della flangia del T-stub, di
dimensioni beff e tf).
La previsione della capacità rotazionale di una sezione compatta è
comunque un problema estremamente complicato se affrontato in
maniera rigorosa, in quanto governato da fenomeni di strizione locale
che inducono il collasso del materiale.
Ci si riconduce pertanto ad un approccio semplificato del problema
(Moen, 1996; Spangemacher 1992), riferendosi alla teoria della instabilità
plastica ed assumendo che la rottura si realizzi, come si è già specificato,
allorquando la deformazione di collasso si sviluppa presso una fibra
esterna della sezione dove è attesa la formazione di una cerniera plastica.
3.3 Legame costitutivo del materiale
La valutazione di un corretto legame costitutivo dei materiali
costituenti il T-stub è un requisito fondamentale per la modellazione del
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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comportamento dello stesso, come si avrà ampiamente modo di
dimostrare.
Il tipico legame tensione-deformazione relativo ad una prova a
trazione uniassiale condotta su una provetta in acciaio è rappresentato in
figura 3.3, dove sono ben evidenti le quattro zone caratteristiche del
legame costitutivo: ramo elastico lineare, snervamento (yield plateau),
hardening (incrudimento) con raggiungimento della tensione di picco e
softening connesso alla strizione del provino, fino a rottura dello stesso.
0
100
200
300
400
500
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4
deformazione [mm/mm]
t
en
s
io
n
e
[M
Pa
]
Figura 3.3 - Legame costitutivo sperimentale di un acciaio sottoposto a trazione
uniassiale monotona
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Banalmente, la costruzione di un simile diagramma viene
realizzata acquisendo con appropriata strumentazione le forze agenti sul
provino e le deformazioni corrispondenti ad un determinato livello di
forza.
Figura 3.4 – Provetta soggetta a trazione
monotona uniassiale, dotata di
estensimetro per la misura delle
deformazioni
Figura 3.5 – Avanzamento della prova.
Inizio della strizione nella zona
superiore della provetta
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Il passaggio dalle forze alle tensioni è chiaramente condotto
riferendo le prime all’area della sezione resistente della provetta, misurata
prima che la prova abbia inizio.
A questo punto è necessario osservare che un diagramma così
realizzato mette in risalto delle proprietà cosiddette ingegneristiche,
proprio in ragione del fatto che il calcolo delle tensioni è riferito all’area
nominale, sezione del provino misurata all’inizio della prova.
In realtà per il manifestarsi della strizione, l’area resistente offerta
dal provino si riduce, e pertanto per quanto apparentemente la forza
applicata diminuisca, in realtà le tensioni effettivamente sollecitanti il
provino aumentano.
Quando si intenda tener conto degli effetti della strizione, si è
soliti riferirsi ad un legame costitutivo sforzo “reale” - deformazione
“reale” (true stress - true strain, o comunemente indicato come legame
“naturale”), per il quale valgono le indicazioni di seguito fornite.
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Si assume che in regime di grandi spostamenti il modulo di
Poisson ν=0.5, ossia il volume del provino resti costante. Tale
assunzione porta alla scrittura delle seguenti relazioni (Davis, 1982;
Malvern, 1969; Pozzati 1980; RILEM, 1990):
( )nr εε += 1ln [3.1]
( )nnr εσσ += 1 . [3.2]
dove:
εn è la deformazione nominale della provetta, ossia quella
comunemente misurata attraverso opportuna strumentazione o
comunque fornita dal rapporto allungamento/lunghezza iniziale;
εr è la deformazione reale della provetta;
σn è la tensione nominalmente agente sulla provetta, ossia data dal
rapporto tra la forza sollecitante e la sezione retta iniziale della
provetta;
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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σr è la tensione reale agente sulla provetta, riferita all’area effettiva
sui cui agisce la forza ad un fissato livello di carico.
Si è a questo punto in grado di risalire dal legame tensione-
deformazione ingegneristico a quello reale, osservando peraltro che lo
sforzo reale varia pressoché linearmente con la deformazione reale dal
punto di massimo carico (convenzionale) alla deformazione di collasso.
Proprio con riferimento a quest’ultima quantità, per la sua
valutazione ci si riferisce generalmente alle indicazioni del RILEM
(RILEM, 1990), attraverso la relazione:
=
f
u A
A0
lnε
[3.3]
dove A0 è l’area iniziale del provino ed Af l’area al collasso, misurata al
termine della prova.
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Figura 3.6 – Provetta prossima alla rottura
Figura 3.7 – Provetta dopo la rottura
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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In figura 3.8 è riportato un confronto tra il legame costitutivo
ingegneristico e il legame costitutivo reale per un provino in acciaio. Si
noti che il legame costitutivo reale è sempre crescente, ed inoltre il ramo
che va dall’inizio della strizione alla rottura del provino è sensibilmente
lineare, così come si è già avuto modo di illustrare.
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
deformazione [mm/mm]
t
en
si
o
n
e[
MP
a]
Legame ingegneristico
Legame reale
Figura 3.8 – Confronto tra legame costitutivo reale e legame costitutivo ingegneristico
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Altro aspetto estremamente interessante è la cospicua entità della
deformazione alla frattura εu, in grado di spaziare in un range molto
esteso, addirittura fino al 139%, come dimostrato in alcuni lavori da Kato
et al. (1990) per acciai SS41.
3.4 Modello quadrilineare per il legame costitutivo del materiale
Il legame costitutivo true stress – natural strain precedentemente
discusso può essere opportunamente modellizzato in un legame
quadrilineare come quello indicato in figura 3.9.
atn E
atn E
atn E
h
u
εy εh εuεm
fy
fu
σ
ε
NATURAL STRAIN
TR
UE
ST
RE
SS
maximum load point fracture
Figura 3.9 - Legame costitutivo quadrilineare
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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Il legame proposto coglie chiaramente le quattro zone tipiche del
legame costitutivo di un acciaio attraverso le seguenti grandezze
caratteristiche:
εy, deformazione reale allo snervamento:
εh, deformazione reale di inizio incrudimento;
εm, deformazione “massima”, relativa al punto di massimo carico
del legame convenzionale;
εu, deformazione al collasso;
fy, tensione reale di snervamento;
fu, tensione ultima;
ff, tensione alla frattura del provino;
E, modulo di elasticità lineare;
Eh, modulo di elasticità incrudente;
Eu, modulo di elasticità post-strizione.
Nella trattazione sui T-stubs di Piluso et al. sarà adottato un legame
costitutivo per i materiali di tipo quadrilineare. Si riepilogano quindi i
3. DUTTILITÀ DEI T-STUBS: IL MODELLO DI PILUSO, FAELLA E RIZZANO
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passaggi necessari per modellare il legame costitutivo del materiale a
partire dai risultati di una prova monotona a trazione.
Step 1 Si trasforma il legame costitutivo ingegneristico in legame
costitutivo reale per mezzo delle relazioni precedentemente
introdotte, avendo cura di riportare la deformazione alla frattura
εu, valutata per mezzo della [3.3], e di introdurre il ramo lineare
che va dall’inizio della strizione alla frattura della provetta. In
questa fase risulteranno note le quantità εy, εh, εu, fy, ff ed E,
ottenute per lettura diretta dal legame costitutivo reale.
Step 2 Si modella il legame quadrilineare facendo variare il punto (εm,
fu) in modo che l’area sottesa dal legame quadrilineare sia pari
all’area sottesa dal legame reale (ossia stabilendo una equivalenza
energetica tra i due legami).
Stabilita tale equivalenza il legame risulta completamente
determinato, ed in particolare risulteranno noti i parametri εm, fu,
Eh ed Eu.