2
contenuto della prestazione di lavoro, e ciò avviene con un forte
appoggio da parte della contrattazione collettiva e accompagnata da
analisi dottrinali.
Tale dilatazione sta avvenendo sia sul piano quantitativo che
qualitativo. Sotto il primo profilo, si constata un ampliamento dei
compiti richiesti al lavoratore, sia dal punto di vista della
determinazione della prestazione concretamente dovuta ex contractu,
sia dal punto di vista delle prestazioni considerabili equivalenti (
anche alla stregua della contrattazione collettiva) che possono essere
richieste al lavoratore da parte del datore di lavoro, in virtù del
potere modificativo di cui all’art. 2103 del cod. civ. Questo accade
perchè la moderna organizzazione del lavoro si sviluppa attorno a
progetti flessibili e mutevoli, in grado di rispondere ai mutamenti
accelerati della domanda del mercato e in cui il lavoro è sempre meno
di gruppo e sempre meno parcellizzato. Tale situazione comporta
delle conseguenze sul piano normativo. Diviene infatti sempre più
difficile individuare l’area della prestazione dovuta, e ciò può
comportare delle complicazioni nell’individuare la linea di confine tra
mobilità interna, che si svolge all’interno dell’area del potere
direttivo del datore di lavoro, e mobilità esterna, alla quale si applica
la regola dell’equivalenza, posta dalla legge a limite dello ius
3
variandi. Inoltre un’organizzazione del lavoro talmente innovativa
rispetto al modello taylorista-fordista provoca pure delle sfasature tra
declaratorie contrattuali, generali o indicative di mestieri, e i modelli
concreti di prestazione. Tale sfasatura rende difficile, e talvolta
impossibile, all’interprete di procedere all’operazione di sussunzione
delle mansioni effettivamente svolte nelle categorie e/o qualifiche
contrattuali; operazione che costituisce il presupposto logico
necessario da cui prendere le mosse per determinare in concreto i
compiti potenzialmente esigibili nel quadro della prestazione
programmata dai contraenti.
Sotto il secondo profilo, si noti come ormai venga richiesto al
lavoratore un nuovo impegno collaborativo, all’interno di un
organizzazione più dinamica, che si manifesta sul piano di una
maggiore collaborazione e cooperazione nel lavoro, per armonizzare
il più possibile la prestazione con il dato ambientale organizzativo.
Allo stesso tempo però il lavoratore gode di una maggiore autonomia
professionale nell’esercizio della sua attività, con responsabilità
crescenti, in ordine all’individuazione e scelta non solo del “come” e
del “quando”, ma addirittura del “se” e del “dove” adempiere
all’obbligazione di lavoro.
4
Tutto ciò è frutto della globalizzazione dei mercati, della
competizione totale (caratterizzata dall’imperativo del contenimento
dei costi), dell’innovazione tecnologica-informatica, dell’introduzione
di nuovi modelli competitivi all’interno dell’organizzazione del
lavoro, e tali cambiamenti danno vita a una nuova fase, nella quale
occorre riposizionare al centro del sistema produttivo l’uomo, con le
sue conoscenze, con la sua intelligenza, poiché è solo l’uomo, in
quanto singolo, o in quanto parte di un gruppo, che può essere in
grado di governare le nuove forme della produzione flessibile. I nuovi
modelli organizzativi enfatizzano “la qualità dell’apporto umano al
processo produttivo, riconoscendo al lavoro umano la capacità di
adattamento a contesti in continua trasformazione, di risoluzione di
problemi nuovi e non previsti, di relazione con realtà complesse e di
interpretazione e di lettura di dati non standardizzati, di intervento in
situazioni critiche e di scostamento dalla normalità
1
”. Allo stesso
tempo, però, si può lamentare che tale operazione concettuale sia
destinata ad alterare lo schema tipico della subordinazione,
impegnando i singoli lavoratori al risultato finale dell’organizzazione
produttiva nel suo complesso. Tutto ciò potrebbe essere l’inizio di un
1
F. Guarriello, Trasformazioni organizzative e contratto di lavoro, Napoli, 2000,
p. 4.
5
processo di trasformazione del diritto del lavoro, che presupporrebbe
a monte una diversa configurazione della nozione di subordinazione.
Per quanto riguarda l’approccio al settore realizzato in questo
studio, è possibile individuare tre parti principali.
Nel primo capitolo si affronta la tematica dell’organizzazione
di lavoro, messa in relazione al coinvolgimento collaborativo del
prestatore di lavoro. Si esamina anche il principale potere del datore
di lavoro, e cioè il potere direttivo, la sua funzione all’interno
dell’organizzazione di lavoro e come si rapporta al concetto di
subordinazione, nonché i limiti al suo esercizio.
Il secondo capitolo si occupa dei doveri e degli obblighi del
prestatore di lavoro e i limiti connessi a tali obblighi.
Il terzo capitolo affronta la tematica della professionalità del
lavoratore, e come la percezione di essa si sia andata modificando nel
tempo. Si esamina il concetto di mansione e di qualifica, la
suddivisione in categorie dei lavoratori, e il potere del datore di
modificare la posizione del prestatore di lavoro all’interno
dell’impresa, nel rispetto dei limiti posti allo ius variandi sulla base
del concetto di equivalenza.
6
CAPITOLO PRIMO
ORGANIZZAZIONE E POTERE DIRETTIVO
SOMMARIO: 1.1. Organizzazione del lavoro e coinvolgimento collaborativo
del lavoratore. – 1.2. Organizzazione, contratto di lavoro e potere direttivo. – 1.3.
Il potere direttivo del datore e la sua funzione nell’organizzazione di lavoro. – 1.4.
Potere direttivo e subordinazione: questioni di metodo – 1.5. Casi di dissociazione
tra titolarità del rapporto e utilizzazione della prestazione. - 1.6. Fenomeno della
esternalizzazione interna. – 1.7. Potere direttivo e l’imputazione del rischio
dell’utilità o produttività del lavoro. – 1.8. I limiti legislativi e contrattuali del
potere direttivo. – 1.9. Principio di tipicità degli atti di amministrazione del
rapporto e clausole generali di correttezza e buona fede. – 1.10.
Procedimentalizzazione dei poteri del datore di lavoro.
1.1 Organizzazione del lavoro e coinvolgimento
collaborativo del lavoratore
Il contratto di lavoro subordinato rappresenta lo strumento
attraverso il quale un soggetto, il datore di lavoro, si procura la
collaborazione di un altro soggetto, il lavoratore, al fine di soddisfare
l’interesse al coordinamento o organizzazione dell’attività dello
stesso, in vista del risultato ulteriore dell’organizzazione di lavoro nel
suo complesso considerata e quindi quello della produzione. Per quel
che riguarda l’oggetto dell’obbligazione di lavoro, questa ricomprende
7
sia il comportamento dovuto sia il risultato atteso. Ciò vuol dire che il
comportamento solutorio del debitore è necessario e sufficiente a
soddisfare l’interesse del creditore, in quanto produttivo del risultato
atteso. Inoltre con riferimento al contratto di lavoro, il risultato atteso
non va identificato con il risultato materiale della prestazione, la cui
variabilità o imprevedibilità al momento della conclusione del
contratto, renderebbe indeterminato l’oggetto dell’obbligazione, bensì
nel predetto coordinamento.
2
Secondo tale costruzione, la soddisfazione dell’interesse al
coordinamento dell’attività lavorativa del singolo prestatore,
avverrebbe attraverso l’adozione di uno schema contrattuale, in base
al quale il datore è creditore rispetto al prestatore di lavoro di un
obbligazione, cioè quella di effettuare la prestazione convenuta nel
rispetto del potere direttivo, con la diligenza dovuta e con l’osservanza
dell’obbligo di fedeltà. Ed è in base a tale obbligo che il lavoratore si
impegna al coordinamento e alla cooperazione, necessari affinché il
datore possa godere di quella collaborazione che il cod. civ. menziona
nell’art. 2094
3
. Quindi, nella collaborazione viene rappresentato anche
il valore volitivo richiesto al lavoratore nell’adempimento, valore
essenziale a causa del coinvolgimento della persona dello stesso nella
prestazione
4
.
Quindi, sulla base di tale orientamento l’organizzazione del
lavoro non preesiste al contratto di lavoro ma si costituisce grazie a
2
M. Persiani, Contratto di lavoro e organizzazione, Padova, 1966, p. 264-6.
3
Art. 2094. Prestatore di lavoro subordinato.- E’ prestatore di lavoro subordinato
chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il
proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell’imprenditore.
4
U. Carabelli, Relazione, XIV congresso dell’AIDLaSS, Teramo, 30 Maggio/1
Giugno 2003, p. 6 ss.
8
questo. Anzi tale contratto può essere definito, non solo come un
contratto di scambio ma anche di organizzazione, in grado di
assicurare al datore il risultato del coordinamento e organizzazione di
lavoro nel suo complesso. Ed è proprio l’interesse a tale risultato che
costituisce il termine di riferimento dell’attività dovuta, anche se
questo rimane fuori dal rapporto di lavoro visto che non deve essere
soddisfatto solo dal singolo lavoratore.
Tale visione rappresenta però, un modello collaborativo di
adesione all’altrui programma organizzativo, che può corrispondere ad
un assetto di interessi tipico di un epoca più antica, ma non è detto che
possa valere in assoluto, soprattutto alla luce dell’evoluzione dei
rapporti di produzione, in base alla quale l’impegno di cooperazione
dovrebbe essere reciproco, dovrebbe quindi gravare su entrambe le
parti e non solo sul debitore di lavoro.
La critica più significativa a tale tesi, mette in luce
l’inadeguatezza, sia dell’identificazione del coordinamento con il
risultato tipico atteso dal creditore, visto che si tratta di un elemento
privo di autonomia, sia della pretesa di far gravare sul lavoratore il
risultato dell’organizzazione complessiva del lavoro, tenuto conto che
la singola prestazione lavorativa interessa direttamente solo una
porzione ristretta dell’organizzazione produttiva
5
. Viene inoltre
criticata l’attribuzione all’obbligo di fedeltà della funzione di
assicurare la spinta del lavoratore verso la cooperazione.
Altri autori, accostandosi alla prima tesi, individuano nella
collaborazione lo scopo specifico e tipico dell’obbligazione che grava
sul lavoratore, ma anche l’aspetto caratterizzante della causa del
contratto di lavoro subordinato, che resta comunque una causa di
5
F. Liso, La mobilità del lavoratore in azienda, Milano, 1982, p. 56-59.
9
scambio retribuzione/collaborazione
6
. Quindi, il risultato della
collaborazione, è la funzione stessa del contratto di lavoro
subordinato, senza la mediazione dell’obbligo di fedeltà. La
collaborazione è, dunque, l’obbligo principale del lavoratore, a
differenza della prima tesi, dove si ha una vera e propria esaltazione
dell’obbligo di fedeltà, grazie al quale sarà possibile realizzare il
risultato atteso dal datore, cioè, l’organizzazione del lavoro del
singolo, costituita dal contratto; mentre l’organizzazione complessiva
del lavoro è un interesse esterno che però si riflette sull’attività
dovuta
7
.
Un’ulteriore posizione è quella di chi ravvisa il fondamento
della collaborazione del lavoratore nella diligenza, di cui all’art.
2104
8
, co. 1 del cod. civ., sostenendo che, la valutazione del
comportamento del lavoratore, deve avvenire con riguardo alla
complessità dell’attività da svolgere nell’organizzazione, ed alla
possibilità di integrare in questa, il comportamento del lavoratore.
Infatti la diligenza è una specificazione dell’obbligazione lavorativa,
in quanto concorre a individuare il contenuto della prestazione di
lavoro
9
.
Sono però state opposte delle riserve a tale dottrina, sostenendo
che, in tal modo, si faccia della diligenza, non un criterio oggettivo di
6
E. Ghera, Diritto del lavoro, Bari, 2002, p. 66.
7
M. Persiani, Contratto di lavoro e organizzazione, “cit.”, p. 264-6.
8
Art. 2104. Diligenza del prestatore di lavoro.- Il prestatore di lavoro deve usare
la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse
dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del
lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali
gerarchicamente dipende.
9
F. Carinci - R. De Luca Tamajo – P. Tosi – T. Treu, Diritto del lavoro, Il
rapporto di lavoro, Torino,1998, p. 238.
10
valutazione dell’esatto adempimento, ma uno strumento di dilatazione
dell’obbligazione del lavoratore. Infatti da quest’ultimo, si
pretenderebbe, non solo la prestazione dovuta, ma anche il
coordinamento con gli altri lavoratori, dimenticandosi però, che il
coordinamento, non è un requisito intrinseco dell’adempimento ma un
suo valore aggiuntivo. La diligenza quindi, è solo un criterio per
valutare la conformità del comportamento del debitore a quello
dovuto. Infatti, la mancanza di essa, da sola, non dà luogo sempre
all’inadempimento o all’inesatto adempimento, ma può determinarlo
solo quando impedisca la produzione del risultato atteso
10
.
Un ulteriore orientamento prevede anch’esso, un trasferimento a
carico del lavoratore/debitore di una responsabilità diretta, in funzione
del perseguimento di un risultato organizzativo. Il lavoratore si dovrà
impegnare al di là del rispetto delle disposizioni erogate dal datore,
per far aderire la sua prestazione a quella porzione di organizzazione
in cui essa si colloca, anche se i rischi di tale coinvolgimento
raccomandano una notevole prudenza valutativa. Anche questa volta
quindi viene incluso nell’area del debito un atteggiamento volitivo del
lavoratore, rispetto all’obbiettivo organizzativo/produttivo
11
.
C’è inoltre da sottolineare come, nella prima costruzione, dal
contratto, nasca direttamente l’organizzazione del lavoro del singolo
prestatore, e indirettamente l’organizzazione di lavoro nel suo
complesso, e come invece, nelle tesi successive, il contratto di
organizzazione resti ai margini. C’è qua infatti, l’intento di assegnare
all’organizzazione del lavoro un valore esterno al contratto, anche se
in grado di avere su di esso un forte rilievo giuridico.
10
M. Persiani, Contratto di lavoro e organizzazione, “cit.”, p. 208 ss.
11
F. Liso, La mobilità del lavoratore in azienda, “cit.”, p. 56-59.