7
Questa regola pone delicati problemi di accertamento, e potrebbe sollecitare il lavoratore
a troncare il rapporto di lavoro appena realizzata l’invenzione, in modo da poter depositare a
proprio nome (come inventore dipendente) la domanda di brevetto. Opportunamente l’art. 26
l.inv. pone una presunzione per la quale l’invenzione si considera realizzata in pendenza del
rapporto di lavoro quando l’inventore chieda il brevetto entro un anno dalla cessazione del
rapporto di lavoro. La presunzione ammette senza dubbio la prova contraria (stranamente, in
dottrina si è spesso affermato che si tratti di presunzione assoluta); l’inventore può sempre
provare che l’invenzione è stata realizzata dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche se la
domanda di brevetto è stata depositata prima dell’anno. D’altra parte, il datore di lavoro può
provare che l’invenzione è stata realizzata durante il rapporto di lavoro, anche se la domanda di
brevetto è stata depositata oltre l’anno
1
.
2
1.1.1 La cornice legislativa e la ratio del nuovo codice.
II 4 marzo 2005 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il d.lgs.
10 febbraio 2005 n. 30 recante : nuovo Codice della proprietà industriale (e di seguito per brevità
anche « c.p.i. » o « codice »). Il nuovo codice è entrato in vigore il 19 marzo 2005, eccezioni fatta
per una serie di «disposizioni procedurali » che, ex art. 24| c.p.i., sono entrate in vigore solo
successivamente
3
. Il nuovo codice vede la luce dopo un iter legislativo durato oltre 2 anni, ed
originato precisamente dall'art. 15 della 1. 12 dicembre 2002 n. 273 recante Delega al Governo per il
riassetto delle disposizioni in materia di proprietà industriale: che, assieme all'art. 16 della stessa legge,
recante Delega al Governo per l'istituzione di sezioni di Tribunali specializzate in materia di proprietà
industriale le intellettuale (attuata già con d.lgs. 27 giugno 2003 n. 168), ha fornito la base per
quello che probabilmente è stato il maggior intervento legislativo in materia di proprietà
industriale e intellettuale degli ultimi 50 anni nel nostro Paese
4
.
1
VANZEITI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2003, 373 ss.
2
VANZEITI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2005, 379.
3
Hanno in particolare trovato applicazione soltanto « sei mesi dopo l’entrata in vigore del codice » le nuove
norme del d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 sul processo societario: che, ex art. 134, comma 1, c.p.i., governeranno i
procedimenti “indizia nelle materie previste dal nuovo codice in luogo delle norme del codice di rito sul processo
ordinario di cognizione”.
4
v. UBERTAZZI, Osservazioni preliminari sul codice della proprietà industriale, in II codice della proprietà
industriale - Atti del convegno AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, in Quaderni di AIDA n. 11, Giuffrè,
Milano, 2004, 3 ss.
8
Scopo del nuovo codice è — per usare le parole della Relazione Ministeriale — quello di
semplificare, riorganizzare in un quadro sistematico e coerente, e coordinare fra loro,
abrogando, sostituendo e ove necessario modificando, le oltre « 40 leggi e innumerevoli
provvedimenti di altro tipo » ad oggi vigenti in materia
5
.
6
5
Eccezione fatta per i diritti d'autore e connessi e le fattispecie di concorrenza sleale diverse dai segni distintivi di
fatto e dalle informazioni aziendali riservate: che, pur tradizionalmente rientrando nel diritto industriale, per una
serie di ragioni, talvolta anche di mera ripartizione ministeriale delle competenze, non sono tuttavia stati
ricompresi nel nuovo codice, e continuano dunque ad essere governati dalle relative leggi di settore, e
precisamente dalla 1. 22 aprile 1941 n. 633 e rispettivamente dagli artt. 2598 e ss. c.c.
6
L.RINALDI, I prodotti industriali e gli altri prodotti dell’ingegno dei dipendenti e dei ricercatori universitari alla
luce del nuovo codice della proprietà industriale, in Riv.dir.ind , Giuffrè, 2005, parte I, 432-433
9
1.2 Le fattispecie previste per le invenzioni di dipendenti:
invenzione di servizio, invenzione d’azienda ed equo
premio, invenzione occasionale. Evoluzione.
1.2.1 La disciplina precedente all’entrata in vigore del nuovo
codice.
In particolare, gli artt. 23 e 24 Li. (per i dipendenti privati) e l’art. 34 T.u.p.i. (per i
dipendenti pubblici)
7
distinguevano 3 diversi tipi di invenzioni, con una diversa
imputazione dei relativi diritti in capo al dipendente e rispettivamente al datore di lavoro:
i) le invenzioni c.d. «di servizio», realizzate cioè nell'adempimento di un'obbligazione
lavorativa di facere inventivo e come tali specificamente retribuite: su cui tutti i diritti
patrimoniali spetta (va)no ab origine al datore di lavoro, salvo soltanto il diritto (morale)
del dipendente inventore di esserne riconosciuto autore (artt. 23, comma 1, Li. e 34,
comma 1, parte prima, T.u.p.i.);
ii) le invenzioni c.d. «di azienda», realizzate cioè nell'adempimento di un'obbligazione
lavorativa che non prevede come oggetto specifico un facere inventivo e che non è
come tale retribuita; su cui tutti i diritti patrimoniali spettano ugualmente al datore
lavoro, salvo tuttavia il diritto del dipendente, oltre che di esserne riconosciuto autore,
altresì di ottenere dal datore di lavoro un «equo premio» determinato tenendo conto
dell’«importanza dell'invenzione» (artt. 23, comma 2, Li. e 34, comma 1, parte seconda,
T.u.p.i.);
iii) le invenzioni c.d. «occasionali», realizzate cioè (in costanza del rapporto di
lavoro ma) al di fuori dell'adempimento dell'obbligazione lavorativa e pur tuttavia
rientranti «nel campo di attività dell'azienda» o «dell'amministrazione cui l'inventore
addetto»: e su cui tutti i diritti patrimoniali spettano invece al dipendente, salvo
tuttavia il « diritto di prelazione » del datore lavoro sulla cessione o licenza, esclusiva o
non esclusiva, dell’invenzione e/o dei relativi brevetti «verso corresponsione di
prezzo o di un canone», da esercitarsi «entro tre mesi dalla ricevuta comunicazione
del conseguito brevetto» (artt. 24 e 34, T.u.p.i).
7
GALLI, Le invenzioni dei dipendenti nel progetto di codice della proprietà industriale, in 11 codice della
proprietà industriale - Atti del convegno AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, cit., 37 ss., in particolare 42-45.
10
Completavano la disciplina delle invenzioni dei dipendenti privati e pubblici
gli artt. 25 Li. e rispettivamente 34, comma 5, T.u.p.i.,: secondo cui in caso di
disaccordo fra le parti l'equo premio, il prezzo o a seconda dei casi il canone
dovevano essere determinati da «un collegio di arbitri, amichevoli compositori» (per i
dipendenti privati) o dal « Ministro competente » (per i dipendenti pubblici); ed infine
gli artt. 26 Li. e 34, comma ult., T.u.p.i.: per cui ai fini dell'applicazione degli artt. 23 e
24 Li. e rispettivamente 34, comma 1-3, T.u.p.i. si considera fatta in costanza del
rapporto di lavoro: «l'invenzione per la quale sia stato chiesto il brevetto entro un
anno da quando l'inventore ha lasciato l'azienda privata o l’amministrazione
pubblica» interessata.
8
1.2.2 Le questioni poste dalla disciplina previgente e le soluzioni
offerte dal nuovo codice.
Il nuovo codice, principalmente con i suoi artt. 64 e 65, ha sostanzialmente
confermato la disciplina previgente, pur con alcune varianti e modificazioni, in parte
dettate dalla necessità di risolvere le numerose incertezze interpretative cui questa
disciplina aveva via via dato adito nella sua applicazione pratica.
Cominciamo dalle invenzioni dei dipendenti; e cominciami dalle incertezze risolte.
Il nuovo codice ha innanzitutto eliminato, nel proprio art. 64 (che sostituisce gli
artt. 23-26 Li. ad esclusione del 24-bis, e l’art. 34 T.u.p.i.), ogni riferimento all'«azienda
privata» o all'«amministrazione pubblica », per parlare esclusivamente di «datore di
lavoro»: con ciò ponendosi come disciplina, unica e completa, di tutte le invenzioni dei
dipendenti, siano essi privati o pubblici (ad esclusione soltanto dei ricercatori
universitari, le cui invenzioni sono disciplinate dall'art. 65 c.p.i, che sostituisce appunto
l'art. 24-bis Li.). In tal modo il nuovo codice risolve le incertezze che in dottrina ancora
residuavano circa la vigenza o meno dell'art. 34 T.u.p.i. accanto agli artt. 23-24 Li.
9
. II
nuovo codice ha poi, con l'art. 64, comma 2, relativo alle invenzioni c.d. « di azienda »,
8
L.RINALDI, I prodotti industriali e gli altri prodotti dell’ingegno dei dipendenti e dei ricercatori universitari alla luce del nuovo
codice della proprietà industriale, in Riv.dir.ind , Giuffrè, 2005, parte I, 434-435
9
Nel senso della sua abrogazione implicita v. ad esempio CARTELLA, Osservazioni alle disposizioni del codice della
proprietà industriale. Alcuni profili relativi alle invenzioni, in Il codice della proprietà industriale - Atti del
convegno AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, cit., 20 ss.; cantra, ed in maniera forse più condivisibile, GALLI, op.
cit, 42-45.
11
finalmente precisato che il diritto del dipendente all'«equo premio» sorge soltanto se, e a
partire dal momento in cui, il datore di lavoro abbia conseguito il brevetto relativo
all'invenzione: in tal modo ponendo fine alla querelle (per vero più dottrinale che
giurisprudenziale) che vedeva sorgere il diritto ora detto indipendentemente dalla
brevettazione o meno dell‘invenzione. Ancora, con l'art. 77, comma 1, lett. e), il nuovo
codice ha precisato che l'eventuale dichiarazione di nullità del brevetto non ha effetto sui
«pagamenti già effettuati ai sensi degli articoli 64 e 65 a titolo di equo premio, canone o
prezzo»: in tal modo ponendo fine all'incertezza applicativa sollevata da quella parte della
dottrina che vedeva nella dichiarazione di nullità del brevetto una causa di restituzione
dell'equo premio medio tempore corrisposto a titolo di indebito oggettivo
10
.
Altro importante intervento del nuovo codice, sempre in tema di invenzioni «di
azienda», è poi dato dalla precisazione che, ai fini della determinazione dell'«equo premio»,
occorre considerare i) non soltanto l'importanza dell'invenzione; ma altresì
ii) la retribuzione percepita dal dipendente;
iii) il contributo eventualmente dato dal datore di lavoro alla realizzazione dell'invenzione;
e iv) la maggiore o minore distanza dell'invenzione rispetto alle mansioni del dipendente
(così l'art. 64, comma 2, c.p.i.): così recependo legislativamente la c.d. «formula tedesca» già
applicata dalla parte maggioritaria della nostra giurisprudenza nella determinazione
dell'equo premio ai sensi dell'art. 23, comma 2, Li.
11
.
Passando poi alle invenzioni c.d. «occasionali » da segnalare è innanzitutto
l'estensione che il nuovo art. 64, comma 3, c.p.i. pare determinare in relazione al concetto
di «campo di attività dell’azienda » rilevante ai fini del sorgere del diritto di «prelazione»
(ora « opzione » come vedremo) del datore di lavoro previsto dall’ormai abrogato art. 24
Li. Quest’ultima norma prevedeva infatti che il diritto di prelazione in capo al datore di
lavoro sorgeva se l’invenzione rientrava nel campo dell'azienda «a cui è addetto
l’inventore»: in tal modo legittimando una lettura, restrittiva della norma stessa secondo
cui, per il sorgere del diritto in questione, l'invenzione doveva appartenere allo specifico
ramo di azienda cui il dipendente era addetto al momento della creazione
10
In questo senso v. per tutti in dottrina VERCELLONE, Le invenzioni dei dipendenti, Giuffrè, Milano, 1961, 138.
11
v. MANSANI, La determinazione dell'equo premio spettante al dipendente inventore secondo la «formula
tedesca», in Contratto e Impresa,1998, 720 ss
12
dell'invenzione, e non a quelli eventualmente diversi e per quanto collegati facenti capo
allo stesso datore di lavoro
12
. L'attuale formulazione dell'art. 64, comma 8, c.p.i., che si
riferisce invece semplicemente al «campo di attività del datore di lavoro», parrebbe legit-
timare una lettura più ampia del presupposto qui considerato, e precisamente
suscettibile di estenderlo anche a quei rami di azienda diversi da quello cui il dipendente
inventore sia specificamente addetto, purché appartenenti allo stesso datore di lavoro.
Sempre in tema di invenzioni «occasionali», doverosa è stata poi anche la riqualificazione
(ex art. 64, comma 3, c.p.i.) del diritto considerato dall'art. 24 l.i. come «opzione»
anziché come «prelazione». Anche sotto il vigore dell'art. 24 l.i. d'altro canto pochi
hanno mai dubitato che il datore di lavoro avesse, sulle invenzioni «occasionali» dei suoi
dipendenti, un vero e proprio diritto di opzione ex lege, indipendente dalla volontà
dell'inventore di sfruttare o meno l'invenzione, e addirittura sussistente anche nell'ipotesi
in cui il dipendente volesse utilizzare egli direttamente, l'invenzione
13
. II nuovo codice
restringe invece per altro verso i limiti di esercizio del diritto di opzione del datore di
lavoro sulle invenzioni occasionali dei suoi dipendenti prevedendo (sempre ex art. 64
comma 3, c.p.i.) come dies ad quem per il valido esercizio di tale diritto quello dell'ultimo
giorno del terzo mese successivo alla ricevuta comunicazione dell'avvenuto «deposito
della domanda di brevetto», anziché del «conseguimento del brevetto» (previsto invece
dall'ari. 24 Li.).
È stato infine completamente riformulato, dall'art. 64; comma 4-5, c.p.i., l'art.
25 l.i. sulla determinazione, in caso di disaccordo fra le parti, dell'equo premio, del canone
o del prezzo ad opera degli «arbitri amichevoli compositori» relativamente alle invenzioni
dei dipendenti privati (art. 25, comma 1, Li.), o del «Ministro competente»
relativamente alle invenzioni dei dipendenti pubblici (art. 25, comma 2, Li.). In relazione
all'art. 25-, I comma 1, Li., peraltro, in quanto considerata norma istitutiva di i un
arbitrato rituale obbligatorio sia sull'an che sul quantum del premio, canone o prezzo, era
già intervenuta una pronuncia di illegittimità costituzionale (Corte cost., sent. n. 177 del
1977) che aveva reso meramente facoltativo l'arbitrato da essa previsto, e reciprocamente
12
Per quest'impostazione v. per tutti in dottrina VANZETTI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè,
Milano, 2003, 378.
13
In questo senso v. per tutti ancora VERCELLONE, op. cit., 158.
13
sancito il diritto di ciascuna delle parti di rivolgersi, in alternativa, all'autorità giudiziaria
ordinaria. Mentre è sopravissuto fino ai giorni nostri il ricorso obbligatorio al «Ministro
competente» previsto dall'art. 25, comma 2, Li., e ciò nonostante i dubbi di illegittimità
costituzionale che anche in relazione questa norma la nostra dottrina aveva da più parti
espresso. Al fine di superare questi impasse, il nuovo codice (art. 64, comma 5, c.p.i.) ha
riservato, in relazione alle invenzioni dei dipendenti sia privati che pubblici:
i) la competenza a decidere sul quantum debeatur ad un unico collegio di arbitratori » (anziché
«di arbitri»), che «procede con equo apprezzamento» ex art. 1349 c.c., e tuttavia secondo le
norme del codice di rito sull'arbitrato rituale (artt. 806 ss.) «in quanto compatibili»; e
impugnazione dell'arbitraggio per manifesta iniquità o erroneità ai sensi dell'art. 1349,
comma 1,
ii) la competenza a decidere sull'an debeatur, come pure sul antum debeatur in caso di c.c.,
all’autorità giudiziaria ordinaria.
Da più parti sono stati tuttavia già avanzati dubbi circa la legittimità costituzionale
anche di questo sistema; come pure a la sua coerenza sistematica interna. Così a tacer
d
!
altro non e che la qualificazione dei membri del collegio in questione come «arbitratori»,
che tuttavia decidono secondo le norme del codice di procedura civile sull'arbitrato
rituale, sia sufficiente a sottrarre la procedura in questione dall'accusa di essere in realtà
un arbitrato rituale, e dunque non obbligatorio ma facoltativo (esattamente come quello
previsto dall'abrogato art. 25, comma 1, c.c.); mentre per altro verso non si capisce come
possa il «collegio di arbitratori» decidere «secondo equo apprezzamento» ai sensi dell'art.
1349, comma 1, c.c., laddove l'art. 808, comma 2, c.p.c. vieta decisioni secondo equità
14
.
Del tutto innovativo è invece senz'altro lo spostamento, ex art. 134, comma 3,
c.p.i., della competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria a decidere le controversie in
materia di invenzioni di dipendenti e ricercatori universitari dal giudice del lavoro con il
procedimento degli artt. 409 ss. c.p.c. alle neo istituite sezioni di Tribunale specializzate in
materia di proprietà industriale e intellettuale con il procedimento societario del d.lgs. n. 5
del 2003.
14
v. BARBUTO, Le invenzioni dei dipendenti. Questioni processuali, in II codice della proprietà industriale - Atti
del convegno AIPPI di Milano del 5 febbraio 2004, cit., 53 ss.