4
Il colore emerge allora come elemento mediatore tra realtà materiale e realtà
psichica. Dall’ambito antropologico a quello terapeutico, dal collettivo
all’individuale, dalla dimensione evolutiva a quella psicodinamica, il colore
diviene elemento fondamentale per concepire le nuove frontiere della
comunicazione umana. Il colore con la sua emozionalità affonda le radici nei
luoghi del mondo e apre le porte alla comunicazione non verbale e a quella non
ancora verbalizzata.
Questo lavoro è, dunque, un'analisi del colore come veicolo di significati ed
emozioni, e di come il suo ingresso nella comunicazione abbia portato a
modificare la funzione dello stesso mezzo televisivo. Si è ritenuto importante
ricordare gli aspetti fisico-percettivi della fisiologia della visione del colore, per
poi toccare gli aspetti antropologico-culturali e storici del ruolo dell’elemento
cromatico. Vi sono infatti delle corrispondenze cromatiche che, dall’antichità,
sono rimaste intatte fino ai giorni nostri; lo studio delle stesse ha consentito alle
moderne teorie della psicologia del colore di confermarne il ruolo dello stesso
nella vita del singolo e di tutta la comunità.
Il percorso del presente lavoro prevede infine un approfondimento delle
teorie alla base del marketing, e quindi la funzione dell’aspetto cromatico nella
comunicazione pubblicitaria; la valenza che il suo utilizzo ha avuto nella
comunicazione televisiva, e di quanto questa abbia inciso nel contesto sociale di
riferimento.
Infine prendendo come ambito di studio e approfondimento il sito web di
“Un Posto al Sole” il presente lavoro ha tentato di dimostrare, con la speranza di
essere riuscito nella finalità, di quanto il passaggio dal bianco e nero al colore
5
abbia condizionato il modo di comunicare attraverso il medium, generando un
parallelismo tra la logica pubblicitaria e quella televisiva.
La presentazione dello studio si articola in cinque capitoli. Le recenti
scoperte in neurobiologia ad opera di Semir Zeky (2003) sul ruolo del cervello
visivo e su come viene percepito, rappresentano l’argomento del primo capitolo,
in cui vengono anche riportate le principali teorie (tricromatiche e
quadricromatiche) che chiariscono come si formano i vari pigmenti. Ancora
attraverso l’analisi di due tra i più importanti test psicologici: Lüscher e
Roaschach si sottolineano le valenze che i colori assumono all’interno della
speculazione psicologica. Il secondo capitolo è invece dedicato al passaggio
dell’uso del colore da strumento comunicativo naturale a simbolico di “marchio”
inteso come identificativo sia nella comunicazione commerciale attraverso la
confezione dei prodotti (il packaging) sia in quella televisiva.
Nel terzo capitolo è stato invece approfondito l’uso del colore dal punto di
vista semiotico in relazione ai concetti di icona indice e simbolo. In base a questo
approccio ed utilizzando il quadrato di Greimas, è stato esaminato il significato
che il colore assume nella pubblicità e nei programmi televisivi.
Più avanti, nel quarto capitolo, attraverso le teorie sociologiche degli anni
‘80 si è tracciato il ruolo della televisione come parametro di riferimento sociale e
come, il passaggio dal bianco e nero al colore, abbia condizionato la percezione
del medium televisivo da evocatore di realtà a produttore di una realtà parallela,
propria del medium.
E per finire l’ultima parte è dedicata all’analisi del sito web di Un Posto al
Sole. Nel quinto ed ultimo capitolo infatti, attraverso una analisi parallela dei due
6
impianti lavorativi si riesce a confermare una similitudine tra le strategie
comunicative adoperate dai grafici del sito (e di conseguenza anche del
programma) e quelle impiegate dai pubblicitari, il che rende il programma
televisivo simile ad un prodotto.
7
CAPITOLO I
Il colore
8
1.1 Il colore come luce
Nel 1704 Newton scoprì che un fascio di luce bianca, passando attraverso un
prisma, si scomponeva in sette diverse bande colorate, generando in tal modo lo
spettro cromatico composto dai colori rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola.
A seguito di tale osservazione stabilì che la luce non è una entità omogenea, bensì
composta da entità più semplici, singole radiazioni monocromatiche ad ognuna
delle quali corrisponde uno specifico angolo di rifrazione. Newton inoltre, per
validare la sua ipotesi mise un secondo prisma in successione al primo e vide che
questo generava luce bianca, che altro non era che la somma di tutti i colori
dell’arcobaleno
1
.
La luce che l’occhio umano riesce a percepire è in realtà solo una limitata
parte di quello che viene comunemente chiamato spettro delle radiazioni
elettromagnetiche, in cui sono identificate tutte le possibili variazioni delle onde
elettromagnetiche che si estendono dalle onde radio ai raggi cosmici.
La definizione della luce data dalla fisica è radiazione di energia. Le
radiazioni di energia sono vibrazioni elettromagnetiche, composte da un flusso di
particelle, i fotoni, generate dall’alternanza di campi elettrici e campi magnetici di
breve durata. I fotoni, che possono essere di natura artificiale e non (lampadina,
candela, sole), hanno la stessa capacità di propagazione ma a seconda della fonte
da cui si propagano, ne varia la quantità prodotta. Infatti Una lampadina da 100
watt, emette cento miliardi di miliardi di fotoni al secondo mentre una lampada da
1
Dato che l'angolo di rifrazione non è uguale per tutte le lunghezze d'onda ed è tanto più elevato
quanto minore è la lunghezza d'onda stessa, dalla parte opposta del prisma apparirà una
successione di raggi luminosi il cui colore passa dal violetto al rosso.
9
300 watt ne emette il triplo. I fotoni (dal greco phòs= luce di cui il genitivo photòs
sta a significare della luce) rappresentano quindi l’unità dell’energia
elettromagnetica che noi siamo in grado di percepire come luce solo entro certi
limiti di soglia (Bretagna: 2000)
Per distinguere la propagazione nello spazio dei vari tipi di onde, la fisica
ricorre a particolari parametri: lunghezza d’onda, frequenza e ampiezza (figura
1.1). La lunghezza d'onda (λ) è la distanza fra i due punti di ampiezza massima di
due onde successive. La frequenza (ν) é il numero di oscillazioni complete che si
susseguono in un certo punto dello spazio in un secondo.
La frequenza è strettamente legata alla lunghezza d’onda, poiché il rapporto
tra queste due grandezze determina la velocità di propagazione della luce
2
(Bretagna: 2000). Inoltre la lunghezza d’onda è il parametro più utilizzato per
differenziare l’energia luminosa dalle altre radiazioni elettromagnetiche. Infatti se
si prendono in esame le onde radio si nota come esse avranno un valore di
lunghezza d’onda molto elevato, tanto da essere espressa, usualmente, in metri od
anche in Km (Bretagna: 2000), mentre le radiazioni luminose avranno una
lunghezza d’onda che viene espressa in nanometri (Bretagna: 2000: 4).
Figura 1.1 Lunghezza d’onda, Frequenza, Ampiezza (Philips :2000:2)
2
λ x ν = velocità di prop.azione = 300.000 km/sec
10
Come già accennato in precedenza, lo spettro delle radiazioni
elettromagnetiche comprende lunghezze d’onda che vanno da chilometri a
nanometri, ma soltanto una piccola regione di esso può essere percepita
dall’occhio umano. Infatti possono essere definite luce quelle radiazioni d'energia
che si situano nell'ambito tra 400 e 700 nm, invece al di sotto dei 400nm si situa
l’ultavioletto, detto luce nera, invisibile all’occhio umano. Sopra i 700nm si situa,
invece, l’infrarosso che viene avvertito come forma di calore.
L’occhio umano infatti, è in grado di stabilire le differenze che intercorrono
tra i vari colori (nei limiti sopra indicati) poiché ad ogni colore corrisponde una
determinata lunghezza d’onda. Avremo così, ad esempio, che una radiazione con
λ di 500nm corrisponderà alla percezione della luce di colore verde acqua mentre
una radiazione con λ pari a 740nm sarà percepita come colore rosso.
A seguito di esperimenti effettuati su un gran numero di persone è
stato possibile rappresentare graficamente (figura 1.2 ) la sensibilità
spettrale relativa dell'occhio umano. La sensibilità dell'occhio alla
radiazione giallo verde è stata considerata come pari al 100% ed a questa
lunghezza d'onda corrisponde un fattore di sensibilità visiva uguale ad uno.
La sensibilità a tutte le altre lunghezze d'onda può essere espressa in
rapporto a questa sensibilità massima. Così, ad esempio, il fattore di
sensibilità dell'occhio per la radiazione di colore arancio (corrispondente ad
una lunghezza d'onda di 600 nm) è di 0,63.(Philips: 2000: 3)
11
Fig. 1.2 Spettro elettromagnetico della luce visibile (Philips 2000: 3)
Dato che, ad ogni lunghezza d’onda corrisponde una determinata frequenza ed
anche una certa carica energetica, si può affermare che la differenza tra i vari
colori è determinata dal differente quantitativo di energia che ogni colore
possiede. Difficilmente i colori sono riconoscibili sotto forma di radiazioni
3
, di
solito sono identificabili come superfici colorate, la cui illuminazione è dovuta a
una speciale consonanza tra l’energia della radiazione illuminante e quella della
struttura della materia illuminata (Luzzatto, Pompas 2001 : 12)
L’interazione tra luce e materia consente la formazione di quello che noi
chiamiamo colore (inteso nel senso più generale del termine). Infatti la luce è
energia elettromagnetica visibile solamente nel momento in cui si imbatte in un
una qualsiasi materia. La luce è quindi un’energia resa visibile dal suo differente
modo di essere nuovamente emessa dopo aver interagito con la materia.
(Bretagna: 2000: 4)
3
Questo accade in pochi fenomeni come in quello dell’arcobaleno
12
Questo meccanismo avviene grazie alla interazione degli atomi, che
compongono la struttura molecolare della materia, e la luce. La materia infatti è in
grado di assorbire parte della luce che la colpisce, mentre quella che non viene
assorbita si riflette prendendo il nome di luce residua, un concetto che era già
stato ipotizzato da Newton (1700) nella sua teoria del colore. Ad esempio un
oggetto apparirà di colore verde poiché assorbirà tutte le radiazioni cromatiche
della luce tranne quelle corrispondenti al colore verde che vengono riflesse.
Appare chiaro, dunque, che gli oggetti di colore nero e bianco
rispettivamente assorbono e riflettono tutte le radiazioni elettromagnetiche (dello
spettro visibile) per determinare il loro colore. Gli oggetti trasparenti appaiono tali
poiché le radiazioni che assorbono si situano o nell’infrarosso o nell’ultravioletto
che, come detto in precedenza, si trovano in una regione dello spettro non
percepibile dall’occhio umano.
La cromatura trasparente si ha quando un colore assorbe una parte
dell’illuminazione che lo colpisce e trasmette la luce residua. Un esempio di
colore trasparente è dato dagli acquerelli. Per percepire un colore acquerellato è
necessario posizionare quest’ultimo o davanti una sorgente di luce bianca oppure
su uno sfondo bianco poiché questa tipologia di colore, non essendo riflettente,
necessita (per essere percepito dall’occhio umano) di una superficie o di sfondo
colorato (Küppers)
4
.
4
Al contrario i colori che vengono definiti da Küppers coprenti della materia riflettono essi stessi
direttamente i raggi di luce che non vengono assorbiti. Questa tipologia di colore, a differenza di
quelli acquerellati, non necessita di uno sfondo o illuminazione per essere percepito, poiché essi
conservano la cromatura indipendentemente dalla superficie su cui sono applicati. Un’esempio di
tali colori è dato dai colori ad olio, definiti gouache. Esistono anche livelli intermedi di cromatura
che si situano tra l’acquerellato e il coprente. Se si ipotizza un continuum, i cui estremi sono
rappresentati, da un lato dai colori acquerellati e dall’estremo opposto dai colori coprenti, avremo
una serie di colori intermedi che avranno caratteristiche miste, come ad esempio il colore Pantone.
13
Il meccanismo della luce riflessa avviene attraverso l’interazione tra
elettrone e fotone. Ogni elettrone possiede una certa energia che, in condizioni di
equilibrio, lo fa ruotare intorno al nucleo atomico secondo una ben determinata
orbita (Bretagna: 2000: 5) (l’atomo, in queste condizioni, si trova in uno stato
detto fondamentale
5
). Quando l’elettrone entra in contatto con l’energia radiante,
ovvero con i fotoni, questo, avendo acquisito una determinata carica energetica,
sarà in grado di ruotare secondo un’orbita dal contenuto energetico più elevato
6
.
Dopo poche frazioni di secondo, però l’atomo e gli elettroni tenderanno a
ritornare allo stato energetico iniziale, cedendo all’esterno l’energia acquisita sotto
forma di luce riflessa la cui lunghezza d’onda rientrerà nello spettro delle
radiazioni elettromagnetiche compreso tra 400 e 700nm, rendendola percepibile
all’occhio umano. Dunque qualsiasi percezione cromatica è il prodotto
dell’interazione della luce con la materia dalla quale essa viene assorbita,
riflessa o diffusa ( Itten 2004 : 58).
L’interazione luce-materia dipende anche dal grado di energia che una
determinata sorgente luminosa produce sulla materia che illumina. La sorgente
luminosa prodotta da una lampadina o dal sole, viene definita sorgente primaria.
Ogni sorgente primaria, come detto, produrrà un determinato quantitativo di
fotoni. Il fascio di energia prende il nome di spettro di emissione della sorgente
primaria, che, se viene sovrapposto o sommato con lo spettro di assorbimento del
mezzo (sorgente primaria o secondaria, in quanto rielabora l’energia radiante) con
il quale interagisce, produce lo spettro di remissione relativo che è all’origine
della percezione del colore (Itten 2004: 58). Lo spettro di riemissione relativo
5
Per stato fondamentale si intende uno stadio caratterizzato dal minore contenuto energetico
possibile
6
Si parla in questo caso di atomo allo stato eccitato
14
ovvero quella parte di luce che non viene trattenuta dalla materia ma che viene ri-
emessa, consente di comprendere perché un determinato colore in condizioni di
diversa illuminazione, (come ad esempio se illuminato artificialmente o con luce
naturale) sia percepito dall’occhio umano in maniera differente. Due colori,
infatti, possono essere percepiti come identici in un ambiente illuminato
artificialmente e apparire con cromatura differente se si cambia illuminazione.
Questo fenomeno prende il nome di Metamerismo e dipende dal fatto che il
baricentro degli spettri di riemissione coincida nonostante la loro differente
composizione. Come sottolinea Itten (2004) il concetto di Metamerismo può
essere spiegato prendendo come esempio la luce naturale che, nell’arco della
giornata, assume svariate gradazioni cromatiche (dal roseo dell’alba al blu notte).
Tuttavia la luce del sole è costante e le mutazioni di colore sono dovute sia
all’assorbimento dell’atmosfera, che possiede la caratteristica di diffondere
maggiormente le lunghezze d’onda minori dello spettro (quelle che fanno
riferimento alla sezione blu-viola dello spettro elettromagnetico), sia in relazione
alla diversa inclinazione e distanza con la quale i raggi solari giungono sulla terra.
Si parlerà allora di colore-luce, se ci si riferisce alla luce bianca in relazione alla
composizione spettrale, come ad esempio la luce solare; mentre si parlerà di luce-
colore in caso di luce che procura sensazioni di tipo cromatico, come ad esempio
la luce del fuoco o quella prodotta da una lucciola.
Sulla base di queste considerazione è utile a questo punto capire come,
l’uomo nel corso della storia ha studiato il colore.
15
1.2 le principali teorie
Le teorie sul colore hanno una lunga tradizione che affonda le sue radici fin
nell’antichissimo pensiero egizio, che considerava i colori come segni dei pianeti,
degli elementi e delle forze che governano la natura.
Il mito cosmologico egiziano descrive come i colori erano stati
separati dal corpo divino nell’atto della creazione ed erano stati
assegnati ad ogni popolo, ad ogni animale, pianta o minerale, per
contrassegnarne la particolarità, divenendo dei segni indicatori
dell’essenza delle cose e non della loro apparenza ( Luzzatto, Pompas
2001:22).
In realtà l’indagine sui colori ha visto alternarsi posizioni che toccavano, a
seconda del contesto storico, sponde prettamente scientifiche ad altre più
specificatamente religiose. Empedocle ad esempio, associava ai quattro elementi,
che nella sua teoria costituivano l’universo (acqua, fuoco, terra e aria), quattro
colori: giallo, rosso, bianco e nero, dai quali scaturivano tutte le possibili varietà
cromatiche. Democrito fondatore dell’atomismo, considerava i colori solamente
un’opinione poiché essi si basano esclusivamente sulla combinazione di vuoto e
di atomi che compongono la materia. Egli infatti sosteneva che gli atomi lisci
costituiscono corpi bianchi, e permeabili alla luce; mentre quelli ruvidi e irregolari
formano corpi neri che sono, a differenza dei primi, impermeabili alla luce.
Inoltre, secondo il filosofo, la percezione del colore giallo è data da una
mescolanza di atomi e di vuoti.
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Molti sono stati i filosofi e gli scienziati del passato che hanno trattato
l’indagine cromatica e vari sono stati i loro contributi. Infatti alcuni si sono
interessati alla natura fisica del colore mentre altri alla sua percezione da parte
della mente umana. Ma è con Newton che lo studio sui colori acquisì notevole
importanza. Lo scienziato inglese infatti, inserì il fenomeno della luce e del colore
nell’alveo della risistemazione scientifica dell’universo culturale (Itten 2004:
136), cercando di coniugare il mondo vivente e quello della materia inanimata.
Newton considerò la luce come un corpo materiale composto da particelle che
esercitano vibrazioni nell’etere di varie profondità e grandezze […] di cui la più
grande origina una sensazione di colore rosso, la più piccola o la più corta di un
intenso violetto, e quelle intermedie di colori intermedi. (Itten 2004: 24), Su
queste basi conoscitive lo scienziato di Woolsthorpe ipotizzò l’unione delle
estremità che compongono lo spettro cromatico in un cerchio composto da sette
colori (indaco, blu, verde, giallo, arancione, rosso, violaceo) scelti in base a
coincidenze con il suono. Scrive Newton (Ottica, quesito 14):
non potrebbe essere che l’armonia e la discordanza dei colori derivi
dalle proporzioni delle vibrazioni propagate attraverso le fibre dei
nervi ottici al cervello, così come l’armonia e la discordanza dei suoni
sorgono dalle vibrazioni dell’aria? (Park 1998: 127).
In contrasto con la teoria di Newton, nel 1810, uscì un libro dal titolo
“Teoria dei colori” nel quale W. Goethe (1749) sostiene che, per studiare i colori,
è necessario focalizzare l’attenzione su come essi siano azioni e passioni delle
luce e non analisi della luce in sé.
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Goethe pone al centro della sua teoria il concetto di semplicità della luce,
confutando quello che centocinquanta anni prima aveva teorizzato Newton.
Goethe sostiene che: se la luce fosse composta e il prisma la scomponesse,
guardandovi attraverso si dovrebbero vedere colori e invece si vede bianco e i
colori appaiono solo sull’orlo degli oggetti ( Di Renzo 1998: 73). A conferma
della sua ipotesi osservò che la rotazione di un disco contenente i colori spettrali
evidenziati da Newton (nelle quantità enunciate dallo scienziato inglese)
produceva una percezione di colore grigio chiaro (e non bianco come sosteneva
Newton). La riuscita dell’esperimento rendeva palese la poca affidabilità della
teoria newtoniana ma allo stesso tempo la confermava. Infatti entrambe le teorie
(di Goethe e Newton) erano corrette, l’unica differenza era dovuta a differenti
concetti riguardanti la produzione del colore: la sintesi additiva e quella
sottrattiva
7
.
Dalla contrapposizione netta che l’opera di Goethe ha nei confronti della
teoria di Newton, si evince come tale impostazione sia la contrapposizione ad un
modo di concepire l’esperienza Secondo il filosofo tedesco per vedere i colori non
basta la sola luce bensì anche il suo opposto: l’oscurità.. Il colore dunque è un
valore d’ombra che nasce dalla tensione tra la luce e l’oscurità e non dalla loro
mescolanza (Di Renzo 1998).
7
Si considera sintesi additiva la proiezione dei colori fondamentali (red=rosso, green=verde,
blue=blu) poiché se si addizionano, in varie percentuali, un colore fondamentale all'altro si otterrà
una cromatura simile alla luce bianca; I colori derivati sono: rosso+blu= magenta; rosso+verde=
giallo; verde+blu= Cyan. Nella sintesi sottrattiva, invece, i colori mescolati sottraggono la luce
fino ad ottenere il colore nero (esattamente il contrario della sintesi additiva).
I colori che derivano dai primari sono chiamati secondari: cyan+giallo= verde; giallo+magenta=
rosso; magenta+cyan= blu; al centro si otterrà un colore marrone scuro detto nero di selezione.
Non potendo raggiungere un punto di nero profondo con i tre colori primari nella stampa a colori
viene aggiunto il nero (black) puro per dare maggiore rilievo e profondità alle immagini.