evidenziando l’importanza di questa definizione non solo ai fini teorici, ma anche ai fini
pratici, infatti è basandosi su questa caratterizzazione che la comunità europea eroga i
fondi da destinare allo sviluppo delle pmi. La comunità europea ritiene di fondamentale
importanza la crescita di questo settore, questo si spiega dai numeri rappresentanti la realtà
delle pmi in Europa; l’importanza delle pmi nella comunità europea è stata riconosciuta
attraverso l’adozione dalla carta per le piccole e medie imprese redatta dalla comunità
europea e di cui si fornisce una sintesi nel corso del primo capitolo.
La carta è particolarmente importante perché delinea i principi, le politiche e le linee
strategiche che i governi, le regioni e le istituzioni dovrebbero seguire per sostenere la
crescita e lo sviluppo delle pmi.
Si dedicherà,inoltre, un paragrafo all’artigianato nell’unione europea, questo settore verrà
trattato con particolare attenzione nel corso dell’intero elaborato, sia perché un buon
numero di pmi sono imprese artigiane, sia per l’importanza rivestita dal made in Italy che
in molti casi è artigianato,e anche perché le proposte per migliorare la competitività
esposte nel terzo capitolo, pur adattandosi a diverse tipologie di pmi, sono frutto del lavoro
di organizzazioni artigiane.
Nel secondo capitolo, dopo aver espresso l’importanza delle regioni a livello europeo, e
dopo aver delineato lo scenario economico internazionale e nazionale, si passerà allo
studio di Basilicata e Lazio, prima analizzando la congiuntura economica regionale e poi
andando più nel dettaglio a vedere quali sono i problemi delle pmi lucane e laziali, il tutto
verrà supportato da dati emersi attraverso indagini di Unioncamere e di Federlazio. Si
parlerà dell’artigianato nelle due regioni. Verranno trattati, inoltre alcuni elementi peculiari
e positivi delle imprese: per il Lazio ci sarà un paragrafo dedicato all’innovazione delle
imprese laziali, particolarmente avanti rispetto al resto del paese; per la Basilicata, si
parlerà di un fenomeno curioso che interessa la regione: l’alta percentuale di imprese
femminili. Dopo una breve conclusione in cui si cercherà sinteticamente di fare il punto
della situazione si passerà al terzo capitolo.
Nel terzo capitolo, a fronte dello studio e dell’analisi di Lazio e Basilicata, si delineeranno
con maggiore precisioni i problemi e le cause della perduta competitività, fino a giungere
al documento, precedentemente menzionato: “Documento sulla competitività, sviluppo e
Mezzogiorno di CNA, Confartigianato e Casartigiani”. Si analizzerà questo documento
nelle varie parti di cui è composto, supportando alle parole in esso contenute vari dati che
tenteranno di mostrare l’efficacia del documento di CNA. Ci sarà una sintetica nota
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riguardante il decreto sulla competitività approvato nel marzo scorso anche a fronte del
documento analizzato.
Nell’ultima parte dell’elaborato, oltre a dare una visione globale e conclusiva del lavoro
svolto, intendo definire quale secondo me è l’elemento indispensabile per aumentare la
competitività, non solo delle piccole e medie imprese, ma anche delle grandi:
l’innovazione.
5
Capitolo 1
Definizione di pmi e presentazione dello scenario europeo per le pmi.
1.1 Che cosa sono le pmi?
1.1.1 Storia di un concetto di difficile definizione
Le piccole e medie imprese rappresentano oggi più del 95% delle imprese, generano una
larga parte dei nuovi posti di lavoro nelle economie dei paesi europei, fornendo il 60-70%
dell’occupazione nelle economie dei paesi dell’OCSE.
Sono le più sensibili ai cambiamenti del contesto economico: risentono di un eccessiva
burocrazia, ma sono dinamiche nel rispondere alle nuove esigenze del mercato e sono
considerate promotrici dello sviluppo sociale e regionale delle realtà in cui operano.
Bastano questi pochi elementi per capire quanto è articolato e complesso l’universo delle
pmi e di conseguenza quanto sia ardua ma indispensabile una loro definizione.
Per definire le piccole e medie imprese sono stati usati nel corso degli anni vari criteri di
classificazione che hanno portato a tre diversi approcci concettuali, distinguiamo:
1)L’approccio quantitativo, che si basa su dati numerici quali il numero dei dipendenti
dell’impresa, il suo fatturato e il totale di bilancio;
Segue la tabella 1 con contributi di alcuni autori che seguono quest’approccio:
Tabella 1: Definizioni quantitative di pmi
AUTORE/DATA DEFINIZIONE
Pepe (1984) Da 10 a 100 addetti
Bracker, Keats, Pearson (1988) < 100 addetti
Taranto (1990) ξ < 250 addetti
ξ 25 mln capitale netto investito
Owen (1992) < 300 addetti
Hughes, Storey (1994) Da 1 a 500 addetti
Storey (1994) Da 10 a 99 addetti
2) L’approccio qualitativo che invece propone una classificazione in merito ad aspetti
proprietari, organizzativi e gestionali che riguardano gli aspetti qualificanti delle pmi;
Segue la tabella 2 con contributi di autori che seguono l’approccio qualitativo:
6
Tabella 2: Definizioni quantitative di pmi
AUTORE/DATA DEFINIZIONE
Committee for Economic Development (1947) ξ La direzione è indipendente
ξ Il capitale è fornito e detenuto da un solo
individuo o un piccolo gruppo.
ξ L’area in cui si svolgono i processi
d’impresa, è locale.
ξ La dimensione delle imprese locali è
limitata.
Cattaneo (1963) Scarsa capacità di economica sopravvivenza al
mutare di date condizioni di mercato.
Marchini (1987) ξ Coincidenza proprietà e controllo
ξ Compagine familiare
Reid, Jacobsen, Anderson (1993) ξ Proprietari\manager
ξ Max profitto
OCSE (2000) Imprese non consociate e indipendenti che
Assumono un numero limitato di dipendenti
3)L’approccio misto in cui rientrano quelle definizioni che tengono conto sia di parametri
quantitativi che qualitativi. Segue relativa tabella 3 con le definizioni quali-quantitative
Tabella 3: Definizioni quali-quantitative di pmi
AUTORE/DATA DEFINIZIONE
Kelley, Lawyer (1955) ξ <100 addetti
ξ Proprietà autonoma e gestione di negozi al
dettaglio
ξ Lavoratori e venditori locali
Robinson, Pearce, Vozikis, Mescon (1984) ξ < 50 addetti ,< 3 mln di dollari di fatturato
annuo
ξ Indipendente nella proprietà e nella
gestione.
Boldizzoni (1985) ξ Figura del proprietario/ manager
ξ Configurazione strutturale semplice
ξ Idea imprenditoriale limitata
ξ Da 20 a 150 addetti
North et al. (1992) ξ Indipendente
ξ < 100 addetti
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1.1.2 Definizione della commissione europea di pmi.
Arriviamo infine alla definizione di pmi data dalla Commissione Europea ed in vigore fino
al 31\12\2004 , presentata nella tabella 4:
Tabella 4: Definizione europea di pmi in vigore fino al 31\12\04
PARAMETRI DI
IDENTIFICAZIONE DELLE
PMI
ATTIVITA’ ESTRATTIVE E
MANIFATTURIERE
FORNITURA DI SERVIZI
PI MI PI MI
DIPENDENTI
Meno di (numero)
50 250 20 95
FATTURATO
Non superiore a (mln di euro)
7 40 2,7 15
TOTALE DI BILANCIO
Non superiore a (mln di euro)
5 27 1,9 10,1
INDIPENDENZA DA
IMPRESE PARTECIPANTI
Il capitale sociale o i diritti di voto non devono essere detenuti per il
25% o più da un’impresa, o congiuntamente da più imprese, non
conformi alle definizioni di piccola e di media impresa, secondo il caso.
Il 6 maggio 2003, la Commissione ha adottato una nuova definizione delle microimprese,
delle piccole e delle medie imprese (PMI) che sostituisce la definizione precedente.
Essa mantiene le varie classi, prevedendo però un aumento sostanziale dei tetti finanziari
(volume d'affari e totale di bilancio), risultante dall'inflazione e dalla crescita della
produttività osservate dal 1996, data della definizione comunitaria di pmi.
L’importanza di una definizione univoca da parte della Commissione europea e dovuta al
fatto che “varie disposizioni consentono di riservare solo alle imprese aventi le
caratteristiche di vere PMI (e quindi senza il potere economico dei grandi gruppi) il
beneficio di accedere ai meccanismi nazionali e ai programmi europei di sostegno alle
PMI. L'aggiornamento della definizione di PMI agevolerà la crescita, l'attività
imprenditoriale, gli investimenti e l'innovazione. Essa favorirà anche la cooperazione e i
raggruppamenti di imprese indipendenti (clusters).”
1
In tabella 5 i nuovi parametri in vigore dal 01\01\2005:
1
Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, testo
integrale dell'atto (2003/361/CE) [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.05.2003].
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Tabella 5: Definizione europea di pmi in vigore dal 01\01\2005
PARAMETRI
D’IDENTIFICAZIONE
DELLE PMI
PI MI MICROIMPRESE
DIPENDENTI
Meno di (numero)
49 249 10
VOLUME D’AFFARI
Non superiore a (mln di €)
10 50 2
TOTALE DI BILANCIO
Non superiore a (mln di €)
10 43 2
La definizione di PMI distingue inoltre tre tipi di imprese (impresa autonoma, impresa
partner, impresa collegata) a seconda del tipo di relazione in cui si trovano rispetto ad altre
imprese in termini di partecipazione al capitale, diritti di voto o di esercitare un influsso
dominante.
1.1.3 Impresa autonoma, collegata, partner.
Impresa autonoma
Si tratta della situazione più ricorrente, ovvero di tutte le imprese che non appartengono a
nessuno degli altri due tipi di imprese (partner o collegate). Un'impresa si definisce
autonoma se:
ξ Non possiede partecipazioni del 25% o più in un'altra impresa;
ξ Non è detenuta direttamente al 25% o più da un'impresa o da un organismo
pubblico, oppure congiuntamente da più imprese collegate o organismi pubblici, a
parte talune eccezioni;
ξ Non elabora conti consolidati e non è ripresa nei conti di un'impresa che elabora
conti consolidati e quindi non è un'impresa collegata.
Un'impresa può comunque essere considerata autonoma, anche se la soglia del 25% è
raggiunta o superata, se si è in presenza delle seguenti categorie di investitori (a patto che
questi ultimi non siano collegati con l'impresa richiedente):
ξ Società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio, persone fisiche o
gruppi di persone fisiche che svolgono regolarmente un'attività di investimento in
capitale di rischio ("business angels"), che investono fondi propri in imprese non
quotate in borsa, a patto che il totale degli investimenti di tali "business angels" in
una stessa impresa non superi 1 250 000 euro;
ξ Università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
ξ Investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale;
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ξ amministrazioni locali autonome aventi un bilancio annuo inferiore a 10 milioni di
euro e aventi meno di 5000 abitanti. (cfr. Definizione, articolo 3, paragrafo 2,
secondo comma).
Impresa partner
Si tratta di imprese che intrattengono relazioni di partenariato finanziario significative con
altre imprese, senza che l'una eserciti un controllo effettivo diretto o indiretto sull'altra. Si
definiscono "partner" le imprese che non sono autonome, ma che non sono nemmeno
collegate fra loro. Un'impresa è definita "partner" di un'altra impresa se:
ξ Possiede una partecipazione compresa tra il 25% e meno del 50% in tale impresa;
ξ L’altra impresa detiene una partecipazione compresa tra il 25% e meno del 50%
nell'impresa richiedente;
ξ L’impresa richiedente non elabora conti consolidati che riprendono l'altra impresa e
non è ripresa tramite consolidamento nei conti di tale impresa o di un'impresa ad
essa collegata.
Impresa collegata
Le imprese collegate fanno economicamente parte di un gruppo che controlla direttamente
o indirettamente la maggioranza del capitale o dei diritti di voto (anche grazie ad accordi o,
in taluni casi, tramite persone fisiche azionisti), oppure ha la capacità di esercitare un
influsso dominante su un'impresa. Si tratta quindi di casi meno frequenti e che si
distinguono di solito in modo molto chiaro dai due tipi precedenti. Per evitare alle imprese
difficoltà di interpretazione la Commissione europea ha definito questo tipo di imprese
riprendendo, se esse sono adatte all'oggetto della definizione, le condizioni indicate
all'articolo 1 della direttiva 83/349/CEE del Consiglio sui conti consolidati, che si applica
da vari anni. Di solito un'impresa sa subito di essere "collegata, poiché è già tenuta a titolo
di tale direttiva ad elaborare conti consolidati, oppure è ripresa tramite consolidamento nei
conti di un'impresa che è tenuta ad elaborare conti consolidati.
2
Possiamo vedere gia dalla definizione di PMI quanto l’Unione Europea sia attenta ed
impegnata a sostenere questo importante settore; settore che nella Carta europea per le
piccole imprese redatta a Lisbona e che approfondiremo nei successivi paragrafi, è stato
definito spina dorsale dell’economia europea, fonte primaria di posti di lavoro e principale
2
Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, testo
integrale dell'atto (2003/361/CE) [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.05.2003].
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