11
L’art. 135 TUB rappresenta il canale di collegamento
attraverso il quale le fattispecie dei reati societari entrano a far parte
integrante dello statuto penale delle banche, previsto dal titolo VIII del
testo unico del 1993. L'art. 135 sostituisce l'art. 35 del d.lgs. n. 481
del 1992 che, a sua volta, era subentrato all'art. 92 della legge
bancaria. L'art. 92 svolgeva una duplice funzione: per un verso,
rendere applicabili anche alle banche non costituite in forma societaria
le norme penali proprie degli esponenti societari; per l'altro, ridefinire
(integrare, sostituire, in tutto o in parte, aggiungere, secondo le diverse
opinioni espresse dalla dottrina) i soggetti cui applicare le norme di
diritto penale societario contenute nel codice civile e richiamate dal
Testo Unico.
La prima funzione è destinata a esaurire la propria efficacia
nel momento della trasformazione in società per azioni delle residue
banche pubbliche.
L’art. 35 d.lgs. 481/1992 recepiva la II Direttiva di
coordinamento bancario: nella direzione, indicata dalla normativa
comunitaria, dell’attuazione della c.d. “despecializzazione
istituzionale”
(1)
. Despecializzazione nel senso di superamento delle
(1)
PIETRAFORTE A., Commento all’art. 135, in Commentario al testo unico delle leggi in
12
distinzioni di statuto tra soggetti operatori (enti pubblici in senso
stretto, istituti di diritto pubblico, società private in mano pubblica,
società private di tutti i tipi, aziende individuali) oggi tutti
riconducibili, almeno ai fini dell’applicazione della disciplina penale
delle società, a una stessa figura. L’art. 135 TUB dispone l’estensione
delle disposizioni contenute nei capi I, II e V del Codice Civile nei
confronti dei soggetti che svolgono “funzioni di amministrazione,
direzione e controllo presso banche, anche se non costituite in forma
societaria”.
Con il 135 TUB i soggetti destinatari dei precetti penali
risultanti dal combinato disposto degli articoli 2621 c.c. e seguenti
non sono più quelli che rivestono una qualifica soggettiva formale in
sé considerata (dirigenti, commissari, liquidatori, membri degli organi
di sorveglianza), com'era nella legge bancaria, bensì coloro che, per la
posizione difatti rivestita, “svolgono funzioni di amministrazione,
direzione e controllo”.
L'art. 135, quindi, opera come una sorta di “commutatore”
che converte nel presupposto soggettivo dei reati propri, cui la stessa
norma fa riferimento, una situazione che corrisponde solo di fatto
materia bancaria e creditizia, Padova, CEDAM, 1994, 669 ss.
13
all'esercizio dei poteri dei soggetti effettivamente titolari dei poteri di
amministrazione, direzione e controllo. Sarebbe, però, illusorio
pensare che il criterio funzionale di commutazione renda semplice ed
agevole l'individuazione del soggetto responsabile. In tale prospettiva,
una felice ricostruzione del problema suggerisce che la classificazione
si svolga in senso “verticale” ed “orizzontale”. Per quel che concerne
la qualificazione in senso verticale, l'art. 135 TUB, distinguendo le
funzioni dirigenziali da quelle di amministrazione, ha colmato la
lacuna che caratterizzava l'art. 92. Questa norma citava soltanto i
dirigenti e, secondo l'orientamento prevalente, andava interpretata nel
senso indicato dall'art. 39 legge bancaria, comma 1 θ, e, quindi, con
riferimento agli amministratori delegati, ai gerenti, ai direttori generali
e centrali, ai capi servizio, ai direttori delle filiali.
Non mancavano, tuttavia, interpretazioni discordi in senso
restrittivo ovvero estensivo. Il generico riferimento alle funzioni di
amministrazione, invece, consente di ricomprendere tra i soggetti
attivi i membri del consiglio di amministrazione, nonché di quegli
organi aventi diversa denominazione negli enti pubblici economici,
che esercitano i corrispondenti poteri gestori. La stessa genericità del
riferimento alle funzioni di amministrazione potrebbe dilatare verso il
14
basso senza limitazioni la categoria, ma simile inconveniente può
essere evitato mediante il “criterio sistematico e tradizionale” e la
distinzione tra funzioni di amministrazione, alle quali si riferisce
testualmente l'art. 35 l.b., e le funzioni amministrative che sono ben
altra cosa, e che non rientrano nella previsione normativa.
La più puntuale indicazione delle norme da applicare
all'attività bancaria ha superato la cosiddetta questione del rinvio, nella
sua tradizionale configurazione; la ridefinizione in chiave funzionale
delle qualifiche soggettive, tuttavia, ripropone lo stesso problema sotto
una nuova prospettiva. Con il TUB i soggetti che rispondono dei reati
societari sono individuati mediante il criterio funzionale; nel codice
civile, invece, i soggetti attivi degli stessi reati sono ancora individuati
in base alla titolarità delle cariche societarie. Occorre, quindi,
verificare, con riferimento alle diverse tipologie di illecito applicabili
agli esponenti bancari, la corrispondenza tra “la nuova indicazione dei
soggetti attivi” e “le qualifiche formali” delle disposizioni
codicistiche. Si tratta, cioè, di individuare “eventuali limitazioni” e
“possibili estensioni”: qualora i soggetti indicati nella singola
fattispecie di riferimento siano diversi a questi si aggiungeranno, in
campo bancario, coloro che svolgono funzioni di amministrazione,
15
direzione e controllo. L'orientamento prevalente
(2)
fa leva sul ruolo
che la qualifica soggettiva assume nel reato proprio. L'attenzione
allora si deve necessariamente rivolgere al raffronto fra qualifica e
condotta tipica, in funzione del rapporto tra tutela dell'interesse e reato
proprio.
Occorre a questo punto precisare il significato delle funzioni
esplicitamente menzionate dalla disposizione:
a) amministrazione: la nozione di funzione di
amministrazione consente di ricomprendere non solo
l’amministratore di fatto, ma anche l’amministratore occulto, nonchè
tutti i soggetti che contribuiscono alla gestione.
b) direzione: mentre il codice civile riserva tale funzione ai
direttori generali (art. 2396 c.c.), cioè a coloro che hanno una funzione
direttiva nei confronti di tutti i settori dell’azienda, nell’economia
dell’art. 135 TUB il riferimento a questa tipologia di funzioni è, come
detto, estremamente ampio. Generalmente nell’ambito della banca la
posizione funzionale del direttore generale è caratterizzata dalla
preposizione all’intera direzione generale, nel senso che tutti gli uffici
(2)
ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, leggi complementari, I, I reati societari, bancari,
di lavoro e previdenza, XI ed., Milano, Giuffrè, 1999, 62.
16
nei quali questa si articola sono alle sue dipendenze. Compiti di
direzione potrebbero, però, essere affidati anche a soggetti altri
rispetto al direttore generale.
Degno di nota è come già ai tempi della vigenza dell’art. 92
l.b., che invece prevedeva la qualifica formale di dirigenti, la nozione
penalistica di direzione generale era determinata con riguardo non
tanto alla denominazione formale, quanto alla specifica natura dei
poteri esercitati. L’estrema ampiezza del nuovo criterio funzionale
adottato dagli artt. 135 e ss. TUB ha indotto un vasto settore della
dottrina a ritenere la disposizione inficiata da un pesante difetto di
determinatezza. Parte della dottrina
(3)
, invece, adduce la funzione
integrativa e non sostitutiva della norma per la quale le qualifiche
contemplate dall’ art. 135 TUB si aggiungerebbero a quelle precisate
nel Codice Civile; in tale prospettiva è possibile ricavare, in via
interpretativa, una delimitazione del concetto di funzioni di direzione
ai soli direttori generali.
L’abbandono del criterio formale legittima invece
l’interrogativo circa l’eventuale equiparazione dei soggetti di diritto
che non hanno ancora o non hanno affatto assunto le funzioni inerenti
(3)
ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, op. cit., 63
17
alla carica. La risposta è positiva se si accoglie la tesi secondo quale
l’accettazione della carica equivale ad assunzione dei poteri ed attività
correlate. Si può però obiettare a riguardo che questo espresso
accoglimento del paradigma sostanziale contenuto nell’art. 135 TUB
preclude una simile soluzione di estensione a soggetti che non
possiedono la qualifica richiesta dalla disposizione.
c) controllo: l’attuale formula legislativa segna il passaggio
dalla nozione di vigilanza, attribuzione tipica della figura dei sindaci,
a una nozione fondata sulla dimensione sostanziale più che sulla
qualifica attribuita. Cosicchè oggi la categoria potrebbe estendersi fino
a ricomprendere anche altri soggetti: ad esempio gli ispettorati
dipendenti dalle banche, deputati a controllare l’ operato delle stesse; o
addirittura quegli organismi di controllo interno, istituiti per operare
ispezioni periodiche sull’operato dei dipendenti; o ancora i soggetti
che operano un controllo esterno, in particolare le società di revisione
e certificazione; ciò alla luce del mero dato letterale, dal momento che
l’art. 135 prevede il controllo presso banche e non nelle banche,
quindi non sembra richiedere un rapporto di internità o dipendenza.
Il problema del rapporto tra lo statuto penale della p.a. e lo
statuto penale delle società non era collegato all' art. 92 legge
18
bancaria. La dottrina
(4)
, tuttavia, per l'evidente ed incontestabile
omogeneità delle materie in discussione, ha quasi sempre affrontato il
problema delle qualifiche degli operatori bancari nel contesto in
esame. Oggi la questione si è risolta a favore della tesi privatistica.
Persistono, tuttavia, “sacche” di attività bancaria che comportano
l'esercizio di una funzione pubblica o di un pubblico servizio: in questi
casi continuano ad essere applicabili sia i reati societari sia i reati che
tutelano la pubblica amministrazione.
(4)
SGUBBI F., “Aspetti problematici dell’art. 92 della legge bancaria” , BBTC, 1974, 52 ss.
19
Capitolo I
I reati di abusivismo
(l. 7 marzo 1938 n. 141; art. 31 d.lgs. 14 dicembre
1992, n. 481; d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385; art.10 TUB; art. 11 TUB; art. 14
TUB; art. 130 TUB; art. 131 TUB; art. 132 TUB)
1.1. Introduzione
Per una serie di attività la legge prescrive il previo
intervento di una autorizzazione o concessione da parte degli
organismi pubblici di controllo (Consiglio dei ministri, Comitato
interministeriale per il credito e il risparmio, Ministro del tesoro,
Ministro delle poste e telecomunicazioni, Ministro dell’industria e
commercio, Ufficio italiano dei cambi, CONSOB, ISVAP, Banca
d’Italia, Garante per la radiodiffusione e l’editoria, ecc.). Qualora
l’attività venga svolta malgrado la carenza dell’autorizzazione
seguono, a seconda dei casi, sanzioni penali per delitto e
contravvenzione ovvero sanzioni amministrative.
20
La legge bancaria del 1936 prevedeva una semplice
ammenda per “chiunque svolga l’attività prevista dall’art. 1 per la
raccolta del risparmio tra il pubblico sotto ogni forma senza aver
ottenuto l’autorizzazione dell’ ispettorato (Banca d’ Italia)” (art. 96
legge 7 marzo 1938 n. 141). Tale disposizione suscitava numerose
critiche sia per la tenuità della sanzione sia per l’oscurità del testo
legislativo
(1)
. Si evidenziava l’incongruenza del richiamo all’ art. 1
della stessa legge bancaria, il quale facendo riferimento alla nozione
di attività bancaria come raccolta del risparmio ed esercizio del credito
pareva in netto contrasto con la fattispecie incriminatrice, che
prevedeva esclusivamente la “ raccolta del risparmio tra il pubblico
sotto ogni forma”, ma nulla diceva circa la necessità che il risparmio
raccolto fosse collegato ad una vera e propria funzione creditizia
(2)
.
Estremo interesse
(3)
riveste la modifica all’art. 9 l.b.
apportata dall’ art. 31 d.lgs. 14 dicembre 1992, n. 481 dal titolo
“Attuazione della direttiva CEE n. 646/89, relativa al coordinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
(1)
RUTA G., “Configurabilità dell’abusiva raccolte del risparmio tra il pubblico” , BBTC, I,
1964, 54.
(2)
CRESPI A., “Attività bancaria e raccolta di risparmio non autorizzata” , BBTC, 1960, 487.
(3)
D’AGOSTINO P., “Le nuove disposizioni penali in materia di reati bancari” , RTDPE, 1993,
299.
21
riguardanti l’accesso alle attività degli enti creditizi ed il suo esercizio
e recante modifica alla direttiva CEE n. 780/77”. Tale disposizione,
anticipando l’entrata in vigore del nuovo testo unico, ha introdotto
numerose e importanti novità rispetto alla situazione previgente.
In primo luogo l’art. 31 ha dettato due distinte previsioni: il
primo comma ha stabilito che “chiunque svolge l’attività bancaria
senza averne ottenuto l’ autorizzazione è punito con la reclusione da
sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a venti
milioni”. Di conseguenza la semplice raccolta del risparmio viene
autonomamente sanzionata, seppur a livello contravvenzionale,
mentre l’ipotesi delittuosa viene riservata ai veri e propri fenomeni di
abusivismo bancario, nei quali, accanto alla raccolta di denaro, vi è
l’erogazione del credito mediante tipici negozi c.d. attivi.
Con il successivo testo unico della legge bancaria (d.lgs. 1
settembre 1993 n. 385) si è finalmente creato un coordinamento tra le
diverse disposizioni normative succedutesi nel tempo, per cercare di
creare ordine in quella che è stata definita una vera e propria
“alluvione di leggi”
(4)
.
(4)
MINERVINI G., “Il controllo del mercato finanziario. L’alluvione delle leggi” , in Giur.
Comm., I, 5, 1992.
22
Numerosi sono i dubbi sulle novità introdotte e sui rapporti
con la precedente norma, resta comunque il merito di aver definito
compiutamente le fattispecie incriminatrici relative all’abusivo
esercizio dell’ attività bancaria, nonchè i rapporti con l’attività
finanziaria abusiva.
Con le nuove disposizioni viene riconfermata la precedente
dicotomia tra esercizio del credito e raccolta del risparmio, mentre la
modifica formale riguardante il rinvio espresso alla norma (art. 11
TUB), che definisce la raccolta del risparmio, rinvio previsto anche
per l’esercizio abusivo dell’attività bancaria, definisce in termini di
novità quest’ultima fattispecie. Infatti il reato di “Abusiva attività
bancaria” non si incentra più, come in passato, sul momento
autorizzatorio bensì sulla violazione dell’art. 11, che detta le modalità
della raccolta legittima di risparmio tra il pubblico a cui deve
accompagnarsi l’ esercizio del credito.
Il T.U. prevede tre reati di abusivismo
(5)
: nella presente
trattazione particolare importanza rivestono i primi due, l'art. 130
TUB che sanziona la raccolta abusiva del risparmio e l'art. 131 TUB
(5)
CAPRIGLIONE F., Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia,
Padova, CEDAM, 1994, 664 ss.
23
che reprime l'esercizio abusivo dell'attività bancaria. L'art.
132, che punisce l’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione
finanziaria presso il pubblico (art. 132, comma 1), ovvero, in
prevalenza privato (art. 132, comma 2°, che verrà descritto solo ai fini
di una completezza trattativa.
Le locuzioni “raccolta abusiva del risparmio” ed “abusivo
esercizio dell'attività bancaria” designano l'esercizio, senza
l'autorizzazione prescritta dall'art. 10 TUB, delle attività riservate alle
banche e cioè alle imprese autorizzate dalla Banca d'Italia.
Art. 10. Attività bancaria
“1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito
costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa.
2. L'esercizio dell'attività bancaria è riservato alle banche.
3. Le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività
finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o
strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.”