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struttura capillare è a sua volta circondata dalla capsula di Bowman,
destinata a raccogliere il materiale filtrato dal glomerulo. La capsula di
Bowman si continua direttamente nel tubulo, una formazione
canalicolare estremamente complessa, nella quale si distinguono un
tubulo prossimale, un’ansa di Henle, suddivisa in un tratto discendente
ed in uno ascendente, un tubulo distale ed un dotto collettore renale
(Martini, 2002) (Fig. 1).
Fig. 1 ─ Struttura anatomica del nefrone.
Con il meccanismo di filtrazione glomerulare, riassorbimento e
secrezione tubulare, il rene controlla la formazione dell’urina, grazie alla
quale non solo vengono escreti i prodotti di scarto del metabolismo
(urea, creatinina, acido urico), ma si determina il controllo omeostatico
dell’acqua, che regola sia l’osmolarità intorno ai 300mOsM, sia la
volemia (volume del sangue) e la pressione del sangue.
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In particolare, il riassorbimento dell’acqua, che si sviluppa lungo il
dotto collettore renale, è mediato dalla presenza di proteine canale per
l’acqua. Scoperte nel 1992 dal premio Nobel Peter Agre, tali proteine,
largamente distribuite in tutti i regni viventi, compreso quello batterico,
delle piante e degli animali, prendono il nome di acquaporine.
La struttura molecolare delle acquaporine è rappresentata dal
classico “modello a clessidra”. Le acquaporine sono costituite da 6
domini transmembrana; i segmenti transmembrana sono uniti da 5 anse
di connessione, con le terminazioni NH
2
- e COOH-terminali
citoplasmatiche. In particolare, le anse B ed E (Fig. 2) possiedono due
motivi amminoacidici costituiti da Asparagina, Prolina ed Alanina: esse
ripiegano all’interno del canale per formare il poro acquoso a livello
delle due sequenze conservate.
Ciascuna metà, NH
2
- e COOH-terminale della proteina, ha sequenza
sostanzialmente omologa ed asimmetrica rispetto all’altra.
Le acquaporine si assemblano nella membrana plasmatica in
forma tetramerica. Molti studi suggeriscono che l’organizzazione
tetramerica sia importante per il passaggio dell’acqua, tuttavia, ogni
monomero costituisce una unità funzionale (Agre, 2000).
Fig. 2─ Struttura molecolare dell’aquaporina.
- 9 -
1.2 REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELLA
AQP2: IL RUOLO DELLA VASOPRESSINA
L’acqua viene riassorbita nei primi segmenti del tubulo renale del
nefrone per diffusione passiva, attraverso i pori della membrana.
Tuttavia, è nel dotto collettore renale che viene normalizzata la
concentrazione finale delle urine, per la presenza, nelle cellule principali
del dotto collettore renale, del canale per l’acqua AQP2, la cui
espressione è regolata dalla vasopressina.
La vasopressina è un ormone peptidico costituito da 9
amminoacidi (Cys-Tyr-Phe-Gln-Asn-Cys-Pro-Arg-Gly), secreto dai
nuclei sopraottici e paraventricolari dell’ipotalamo.
Il rilascio della vasopressina, indotto da un incremento
dell’osmolarità plasmatica, o da una riduzione del volume del sangue
circolante, induce il riassorbimento dell’acqua grazie alla traslocazione
delle vescicole contenenti l’acquaporina 2 sulla membrana apicale:
questo meccanismo è conosciuto come “shuttle di membrana” (Fig. 3).
In assenza di vasopressina, infatti, la permeabilità all’acqua nel dotto
collettore renale è bassa e l’acquaporina 2 è localizzata in vescicole
intracellulari.
La stimolazione mediata dalla vasopressina, invece, incrementa di
5-6 volte la permeabilità della membrana all’acqua ed è dovuta alla
redistribuzione dell’AQP2 verso la membrana apicale (Nishimoto et al.,
1999).
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Fig. 3 ─ Meccanismo d’azione della vasopressina sulla traslocazione
dell’AQP2.
La vasopressina lega sulla membrana basolaterale il suo recettore, V2,
una proteina integrale di 370 amminoacidi, del peso di 40kDa. Il
recettore V2 appartiene alla famiglia dei recettori accoppiati alle proteine
G eterotrimeriche (GPCR G-protein coupled receptor).
Le proteine G sono costituite da 3 subunità, una α, una β ed una γ.
L’attivazione del recettore V2 media il distacco della subunità α dalla
proteina Gs, che, dopo essersi legata al GTP, stimola l’adenilato ciclasi,
enzima capace di catalizzare la formazione di AMPc da ATP.
L’incremento dei livelli citoplasmatici di AMPc porta all’attivazione di
diverse proteine tra cui la PKA, una proteina multimerica, costituita da 2
subunità catalitiche e 2 regolatrici.
Quando l’AMPc lega le subunità regolatrici della PKA, queste si
dissociano da quelle catalitiche con conseguente attivazione della stessa
proteina (Valenti et al., 2005).
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La PKA attiva fosforila molte proteine cellulari, tra cui l’AQP2,
che trasloca verso la membrana apicale, incrementando la permeabilità
della membrana all’acqua. E’ nota, infatti, la presenza di un sito di
consenso per la PKA nell’AQP2, in corrispondenza della Ser-256
presente nel dominio COOH-terminale della proteina (Procino et al.,
2003).
In condizioni basali, l’AQP2 presente nelle vescicole
citoplasmatiche è in parte fosforilata, tuttavia, questo evento, in assenza
di stimolazione ormonale, non è sufficiente per la sua traslocazione sulla
membrana apicale. E’ stato dimostrato recentemente che la
localizzazione apicale della AQP2 avviene quando almeno tre dei
monomeri costituenti il tetrametro di AQP2 sono fosforilati in
corrispondenza del residuo di serina in posizione 256 (Kamsteed JCB,
2000).
La fosforilazione dell’AQP2 nel rene non incrementa la
permeabilità del canale all’acqua ma è determinante nel processo di
regolazione del traffico vescicolare verso la membrana. La fosforilazione
dell’AQP2 regolata dalla PKA non è, tuttavia, l’unico responsabile della
traslocazione del canale verso la membrana apicale delle cellule
principali (Procino et al., 2003).
Il processo è, infatti, ben più complesso ed a determinare la
traslocazione dell’AQP2, intervengono altri meccanismi che
coinvolgono altre proteine (Valenti et al. 2005).
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1.3 DINAMICHE DEL CITOSCHELETRO NELLA
TRASLOCAZIONE DELL’AQP2: IL RUOLO
DELLE PROTEINE G–MONOMERICHE
Il citoscheletro è una complessa rete tridimensionale di proteine
che si estende dal nucleo fino alla superficie interna della membrana
citoplasmatica; esso stabilizza la posizione degli organuli,
controllandone il movimento, fornisce il sostegno meccanico alla cellula,
determinandone la forma, e favorisce il trasporto delle molecole (Fig. 4).
Il citoscheletro interviene nel controllo del metabolismo cellulare; la sua
funzione diviene ancora più esplicita nelle cellule renali, in cui le
modificazioni del volume cellulare sono maggiormente evidenti e
frequenti.
Fig. 4─ La struttura del citoscheletro.
Il citoscheletro è costituito da tre componenti: i microtubuli, i
filamenti intermedi e i filamenti di actina.
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I microtubuli sono proteine a forma di tubo cavo, formati da
subunità della proteina tubulina. I filamenti intermedi sono costituiti da
subunità fibrose, associate fianco a fianco per creare una struttura a
cordone.
L’actina è una proteina globulare a basso peso molecolare,
presente in forma monomerica (G-actina solubile), in condizioni di bassa
forza ionica, pH basico e a basse concentrazioni di Ca
2+
e di ATP. Con
l’aumento delle concentrazioni di ioni metallici, quali il Mg
2+
ed il K
+
,
l’actina globulare (G-actina), tende a polimerizzare in lunghi filamenti
(F-actina), costituiti da due file di unità globulari avvolte tra loro ad
elica. I filamenti di actina si intrecciano e si ramificano costituendo una
fitta rete sul lato citoplasmatico della membrana cellulare, che prende il
nome di corteccia cellulare.
In condizioni fisiologiche il citoscheletro di actina costituisce delle
strutture filamentose dette “fibre da stress”, che possono estendersi tra
due punti focali, o tra un punto focale ed i filamenti intermedi, e che
permettono alla cellula di esercitare una forza di trazione sulla matrice
extracellulare. Variazioni dell’osmolarità dell’ambiente extracellulare,
determinano alterazioni del volume e della forma cellulare; l’actina,
attraverso la formazione di differenti strutture citoscheletriche, partecipa
attivamente al processo di regolazione della forma e del volume
cellulare, in risposta a stimoli esterni ed a variazioni della composizione
ionica dello spazio intra ed extracellulare.
Il rimodellamento del citoscheletro partecipa a diversi processi
cellulari: in particolare, la depolimerizzazione dell’F-actina corticale è
considerata un evento importante per facilitare il processo di esocitosi
(Agre, 1999). La regolazione dello stato di polimerizzazione del
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citoscheletro di actina è mediata da specifiche proteine G monomeriche
della famiglia Rho (Nagata and Inagaki, 2005). Esse comprendono
RhoA, Rac e Cdc42, del peso molecolare di 20-30KDa, presenti in due
diversi stati, uno associato al GTP, l’altro al GDP. Quando le proteine
sono legate al GTP, esse sono attive, quindi capaci di interagire con i
loro effettori a valle. Le proteine della famiglia Rho partecipano alla
regolazione del meccanismo di traslocazione delle vescicole del pathway
esocitico, attraverso la modulazione dello stato di polimerizzazione del
citoscheletro di actina. RhoA media la formazione delle “fibre da stress”,
Rac quella dei lamellipodi e Cdc42 quella dei filopodi (Fig. 5). RhoA
attiva il suo effettore a valle Rho Chinasi (ROCK), che, se overespressa,
stimola la formazione delle “fibre da stress” (Maekawa et al., 1999).
Fig. 5 ─ Le proteine della famiglia Rho e la loro azione nella
regolazione del citoscheletro di actina.
Rho chinasi attiva la proteina LIMK (LIM-chinasi) la quale,
mediante fosforilazione, determina l’inattivazione di Cofilin, coinvolta
nella regolazione del citoscheletro di actina. LIMK, fosforilando Cofilin
in Ser-3, ne inibisce così l’attività, inducendo un aumento del processo di
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polimerizzazione del citoscheletro di actina. La fosforilazione stabilizza
il citoscheletro di actina, stimolando la formazione delle caratteristiche
protrusioni di membrana; la riattivazione di Cofilin è determinata dalla
defosforilazione ad opera delle proteine fosfatasi SSH (slingshot) (Endo
et al., 2003).
L’attività delle proteine G monomeriche è controllata da diverse
proteine:
– GEP (GDP/GTP exchange protein), che determina la
stabilizzazione della forma attiva delle Rho, legate al GTP;
– GAP (GTPase activating protein), che induce l’idrolisi del
GTP legato alle proteine della famiglia Rho, favorendo
l’inattivazione delle proteine;
– GDI (GDP dissociation inhibitor), che inibisce la
dissociazione del GDP.
Quando le proteine G monomeriche vengono attivate dal legame con il
GTP, esse traslocano dal citosol verso frazioni di membrana, dove
interagiscono con altri target molecolari coinvolti nella regolazione del
citoscheletro di actina.
Quando la vasopressina lega il suo recettore V2 sulla membrana
basolaterale, l’incremento di AMPc stimola l’attivazione della PKA;
quest’ultima fosforila diversi substrati fra cui la stessa RhoA, in
corrispondenza della Ser-188.