VI
delle principali leve strategiche adottate che rappresentano l’anello
di congiunzione tra le imprese e l’utenza.
Infine, nell’ultimo capitolo, è stato svolto il caso Centro Servizi
Ambiente S.p.A. con l’obiettivo di osservare l’attività dell’impresa e
capire come le Amministrazioni del Valdarno e del Casentino
affrontano la “questione dei rifiuti”.
La presente proposta di studio, pur concentrando prevalentemente
la propria attenzione nell’analisi tecnica dei servizi, cerca di cogliere
anche gli aspetti sociali, politici ed economici della problematica
della gestione dei rifiuti.
Capitolo Primo
Obiettivi e caratteristiche dei servizi di igiene urbana
1.1. La logistica nelle imprese di servizi di igiene urbana e la
reverse logistics
Logistica è oggi un termine di moda e se vogliamo ricercare la sua
definizione etimologica troviamo nei dizionari diverse definizioni di
essa, dal greco «arte di computare» al più vicino a noi «sezione
dell’arte militare che provvede a garantire l’efficienza di tutto
l’apparato bellico» e per estensione nelle grandi imprese «funzione
aziendale che provvede all’approvvigionamento ed alla distribuzione
fisica dei materiali, delle scorte, dei prodotti finiti»
1
.
Nel 1998 il C.L.M. (Council of Logistics Management) definisce la
logistica come: “quella parte della supply chain che programma,
gestisce e controlla in maniera efficiente ed efficace il flusso di beni
e servizi e delle relative informazioni dal punto di origine al punto del
consumo con l’obiettivo di soddisfare le richieste del cliente”.
L’AILOG (l’Associazione Italiana di Logistica) per logistica intende:
“l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che
governano nell’azienda i flussi dei materiali dall’acquisto delle
materie prime presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai
clienti ed al servizio post-vendita”.
1
MASUTTI ANNA, “I servizi di logistica. Aspetti operativi e giuridici”, Giappichelli, Torino, 1999,
pag. 36.
Capitolo Primo
2
Inoltre a caratteri generali la logistica può essere intesa come:
«l’insieme delle attività svolte per ottenere il prodotto che serve, nel
luogo dove serve, al momento in cui serve, con i costi proporzionati
al grado di servizio richiesto; è quindi un’attività di servizio, sia
all’interno che da e verso l’esterno della azienda in cui si opera, sia
che questa svolga attività produttiva o attività commerciale
distributiva»
2
.
Queste definizioni fra le più recenti suggerite o proposte da enti
ufficiali e organizzazioni specialistiche, indicano l’essenza della
logistica, un termine entrato da pochi decenni nel linguaggio
aziendale gestionale.
Un termine non sempre usato a proposito, e che spesso indica
attività svolte nell’azienda che coprono differenti settori, dagli
acquisti alla programmazione della produzione, dalla gestione dei
magazzini ai trasporti ed alla distribuzione fisica ed a volte
comprendendo solo due o tre delle attività citate, senza
coordinamento con gli altri settori aziendali.
La logistica presenta delle divergenze anche nelle sue
caratteristiche applicative le quali possono essere suddivise in varie
forme:
- logistica integrata, gestione dell’intero flusso dei materiali
movimentati dall’azienda sia in entrata che in uscita, ed investe
pressoché tutte le funzioni aziendali;
- logistica parzialmente integrata, soprintende solamente alcune fasi
del ciclo approvvigionamento, produzione, distribuzione;
- logistica bipartita, la logistica aziendale viene ripartita tra sede
centrale e sedi periferiche;
2
VIGNATI GIANFRANCO, “Manuale di logistica”, Hoepli, Milano, 2006, pagg. 1-2.
Capitolo Primo
3
- logistica distributiva, si occupa solamente dell’intero processo di
distribuzione;
- logistica manifatturiera, si occupa dell’ambito produttivo;
- logistica frazionata, le decisioni vengono frazionate fra i vari uffici
delle diverse aree operative aziendali.
È normale accostare il termine della logistica alle imprese
manifatturiere che per loro natura hanno dei prodotti come output ed
attraverso sistemi più o meno sofisticati devono attentamente
gestire l’intero processo dei materiali, da materie prime o
semilavorati a prodotto finito.
Risulta più difficile immaginare in termini logistici un’impresa di
servizi che a confronto ad imprese manifatturiere presenta notevoli
differenze organizzative e gestionali. L’erogazione di servizi spesso
si presenta come un’attività intangibile e quindi con una gestione
delle risorse totalmente diversa rispetto ad un’impresa che deve
gestire un processo produttivo.
Volendo analizzare le imprese di servizi di igiene urbana sotto
l’aspetto logistico, si può notare come in alcune fasi della loro attività
abbiano benefici dalla funzione logistica, come nella gestione del
parco veicolare, delle attrezzature, del personale e dei materiali
necessari allo svolgimento dell’attività.
Vi è un ruolo innovativo e strategico, quello esercitato dalla reverse
logistics (logistica di ritorno), nel quale è possibile riscontrare a
caratteri generali una parte dell’attività delle imprese di igiene
urbana.
Per reverse logistics si intende «il processo di trasferimento delle
merci dai rispettivi siti di destinazione finale, loro tipici, ad altro
Capitolo Primo
4
luogo, allo scopo di catturare il valore altrimenti non disponibile,
ovvero per lo smaltimento vero e proprio dei prodotti»
3
.
TABELLA 1.1 – Le fasi della logistica di ritorno
Fonte: Quaderni d’Europa, IRES Piemonte
Come vedremo nei prossimi paragrafi, le attività delle imprese di
servizi di igiene urbana sono molteplici. Nella tabella 1.1 è possibile
notare come l’attività di tali imprese rappresenta le prime fasi della
logistica di ritorno, quelle del recupero e della selezione dei
materiali. «Col termine logistica, nel contesto dell’igiene urbana, si
vuole intendere tutto il complesso mondo dei processi che
interessano i rifiuti»
4
.
3
Definizione del Reverse Logistics Executive Council (RLEC): www.rlec.org .
4
FORTE ENNIO, Atti del seminario “Logistica economica dell’igiene urbana: problemi e
prospettive per la Regione Campania”, tenuto il 13 gennaio 2003 presso l’Università degli Studi
Capitolo Primo
5
Con l’ottica della logistica di ritorno, alla società ed in particolare al
settore dell’industriale, viene richiesto a monte di dare avvio ad un
circolo virtuoso comunemente definito come «La regola delle 4R:
Reuse, Recycle, Reduce, Recover»
5
, in modo da minimizzare gli
impatti ambientali. Riduzione all’origine della produzione di rifiuti
(sviluppo di tecnologie pulite, design e immissione sul mercato di
prodotti scarsamente incidenti sulla quantità e sulla nocività dei
rifiuti, sviluppo di tecniche appropriate di eliminazione di sostanze
pericolose dai rifiuti); Riutilizzo del prodotto più volte, in modo da
diminuire il bisogno di nuovo; Riciclo del materiale che non serve più
al suo scopo per sottoporlo a processi di lavorazione al fine di
produrre nuovi materiali; Recupero dei rifiuti non riutilizzabili e non
riciclabili, da utilizzare per produrre energia elettrica o per produrre,
come materia seconda, oggetti completamente diversi da quelli di
partenza. Il tutto svolto attraverso una logica di sistema e non
attraverso scelte indipendenti.
«La chiave di volta del nuovo sistema di gestione integrata dei rifiuti
è quella del superamento dell’economia dei rifiuti basata sulla
tecnologia prevalente dello smaltimento in discarica, per avviare una
nuova economia basata sulla “prevenzione” (con relativa
innovazione di processo e di prodotto), sul recupero, riutilizzo e
riciclo e sulle relative tecnologie»
6
.
di Napoli “Federico II”, Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali ( versione on-line
consultabile all’indirizzo web: www.logisticaeconomica.unina.it ), pagg. 3-4.
5
MANISERA ROSARIO, “La logistica venosa e l’impegno delle aziende per l’ambiente”, articolo
pubblicato su “il Giornale della logistica” – Novembre 2003 ( versione on-line consultabile
all’indirizzo web: www.jmac.it/news/articoli/La-logistica-venosa.pdf ), pagg. 24-29.
6
Aa.Vv., “La normativa italiana sui rifiuti”, Giuffrè, Milano, 2002, pagg. 1-2.
Capitolo Primo
6
In sostanza viene richiesto un diverso atteggiamento rispetto al
rifiuto, non più visto come qualcosa di cui disfarsi (smaltimento in
discarica), ma come una risorsa da gestire in relazione alla
possibilità di estrarre da esso materiali riutilizzabili ed energia (rifiuto
come risorsa). Una visione simile permette di attuare una gestione
integrata dei rifiuti, ovvero considerando globalmente il bilancio
ecologico, economico e sociale, e quindi prestando attenzione al
territorio sia in senso naturalistico che economico e politico.
Si vuol far passare l’idea che più i rifiuti vengono considerati una
risorsa più si risparmia nello smaltirli. Significa prestare attenzione al
ciclo di vita del rifiuto, e vedere nella discarica solo l’ultimo anello; il
ciclo di vita del rifiuto smaltito in discarica avrà come contro partita
più emissioni inquinanti, più sprechi energetici e più ingombro, al
contrario, il ciclo virtuoso del riciclaggio ammette dei risvolti
altamente positivi.
Attuare una gestione integrata significa anche essere pienamente
consapevoli che l’incremento della raccolta differenziata e del
riutilizzo rappresentino veramente una forma fortissima di tutela
dell’ambiente e del territorio.
La problematica inerente alla gestione dei rifiuti ha trovato un primo
approccio organico nel D.lgs. n. 22/97 conosciuto come “Decreto
Ronchi”, che definisce, in un testo coordinato, le regole per l’attività
di gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata.
Il decreto, successivamente modificato ed integrato, recepisce le
indicazioni provenienti dalla legislazione europea in materia di
gestione dei rifiuti (direttive 91/156/CEE, 91/689CE e 94/62CE)
ribadendo in primo luogo il principio secondo cui “chi inquina paga”.
Capitolo Primo
7
Sempre secondo la normativa vigente il riutilizzo, il riciclo ed il
recupero dei rifiuti rappresentano i nodi centrali in materia di
gestione dei rifiuti.
«Il nucleo fondamentale di questa filosofia è quello di uscire dalle
logiche delle “gestioni di emergenza” per affrontare la materia in
modo organico e sistematico nell’ottica del cosiddetto “ciclo
integrato del rifiuto” che implica una gestione dello stesso in tutte le
sue fasi, dalla produzione al recupero/smaltimento attraverso
un’attenta analisi e valutazione che prevede una visione solistica del
problema»
7
.
1.2. La normativa italiana sui rifiuti
Allo stato attuale la normativa sui rifiuti risulta essere molto
specifica, ben dettagliata in ogni sua parte e soprattutto con
l’obiettivo di favorire una gestione integrata dei rifiuti.
Il quadro normativo vigente è definito sulla base dei principi cardine
contenuti nelle direttive europee recepite.
Le disposizioni di legge sui rifiuti le troviamo suddivise in:
- normativa comunitaria
- normativa nazionale
- normativa regionale
Non è l’obiettivo di questo lavoro quello di analizzare
approfonditamente gli aspetti legislativi, ma è doveroso fare ricorso
ai principali punti del quadro normativo in modo da rappresentare il
progresso ottenuto in termini di gestione dei rifiuti nel corso degli
anni.
7
Aa.Vv., “I quaderni della formazione ambientale – Rifiuti”, APAT, Roma, 2006, pag. 13.
Capitolo Primo
8
1.2.1. L’evoluzione del quadro normativo
A conferma del progresso raggiunto nel corso degli anni nel campo
della gestione dei rifiuti, è interessante ripercorrere sinteticamente
l’evoluzione del quadro normativo.
Il primo tentativo di regolare organicamente nel nostro ordinamento
il settore dei rifiuti è stato effettuato dalla legge 20 marzo 1941, n.
366.
«Prima di tale disciplina esistevano solo norme di carattere
sanitario, piuttosto generiche, contenute nel testo unico delle leggi
sanitarie e nel relativo regolamento d’esecuzione, oppure nei
regolamenti locali di polizia urbana che, come previsto dall’articolo
109 del regolamento d’esecuzione della legge comunale e
provinciale del 1911, dovevano dettare regole, fra l’altro, per la
nettezza dell’abitato e dei cortili interni delle case, per lo sgombero
delle immondizie e della neve dalle vie e da altri luoghi pubblici,
ecc»
8
.
La legge n. 366/1941 qualifica i servizi di raccolta, trasporto e
smaltimento dei rifiuti solidi urbani di interesse pubblico, “seppure ai
soli limitati fini della tutela dell’igiene, dell’economia e del decoro”, e
rende obbligatoria per i comuni l’assunzione diretta, con diritto di
privativa, dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti
delle aree pubbliche o ad uso pubblico, classificati rifiuti esterni, e di
quelli dei fabbricati a qualunque uso adibiti, definiti rifiuti interni. Tale
legge estende, con la riforma del testo unico del 1931 sulla finanza
8
PANASSIDI GIUSEPPE, “La gestione dei rifiuti. Moduli organizzativi, regolamenti comunali,
tariffe, sanzioni. II edizione”, Giuffrè, Milano, 1999, (pagg. 1-2).
Capitolo Primo
9
locale, a tutti i cittadini l’obbligo di pagare la tassa prevista per il
servizio.
La disciplina del 1941 è rimasta in vigore fino al 1982, nonostante
che l’avanzare della società industriale, l’aumento della popolazione
e dei consumi l’avessero da qualche tempo resa del tutto
inadeguata a risolvere le problematiche connesse alla gestione dei
rifiuti.
Proprio l’inadeguatezza della normativa contenuta nella legge n.
366/1941 ha spinto alcune Regioni ad affrontare il problema e ad
emanare una propria legislazione sui rifiuti ispirata alle direttive
comunitarie degli anni ’70.
Il d.P.R. n. 915/1982 segna la prima decisiva svolta della politica
della gestione dei rifiuti da parte del legislatore italiano. Emanato in
forza della legge delega 9 febbraio 1982, n. 42, il decreto n.
915/1982 dà attuazione contemporaneamente a tre direttive della
Comunità economica europea: la 75/442 sui rifiuti, la 76/403 del 6
aprile 1976, e la 78/319 del 20 marzo 1978, sullo smaltimento dei
rifiuti tossici e nocivi. Il decreto conformandosi alle suddette direttive
comunitarie persegue finalità sia di carattere ecologico ed igienico-
sanitario che economico, nel difficile tentativo di contemperare le
esigenze indotte dallo sviluppo socio economico con i problemi
ambientali. Tale decreto introduce il principio “chi inquina paga”,
secondo cui la parte dei costi non coperta dalla valorizzazione dei
rifiuti deve essere sostenuta da chi inquina.
Il decreto, per il perseguimento delle suddette finalità introduce
alcuni principi fondamentali che si possono così sintetizzare;
programmazione pubblica (per la disciplina delle attività di
smaltimento dei rifiuti); autorizzazioni (agli enti ed imprese che
effettuano smaltimento rifiuti e che gestiscono discariche); riduzione
Capitolo Primo
10
dei rifiuti (attraverso l’utilizzo di materiale riutilizzabile); riduzione dei
costi dei rifiuti (attraverso la diminuzione quantitativa e la
razionalizzazione della gestione).
Al decreto n. 915/1982 si sono aggiunti negli anni ulteriori interventi
normativi, che si sono resi necessari per fronteggiare situazioni di
emergenza e che hanno introdotto disposizioni di modifica e di
integrazione dello stesso decreto n. 915 privi di un raccordo
sistematico e puntuale e non sempre coerenti con la normativa
europea. In particolare, al testo base del 1982, si sono aggiunte la
legge 29 ottobre 1987 n. 441, la legge 9 novembre 1988 n. 475, la
legge n. 45/1989, la legge 22 febbraio 1994 n. 146, la legge 28
dicembre1995 n. 549.
Con le normative d’urgenza successive al d.P.R. n. 915/1982 sono
state introdotte nuove regole in termini di gestione di rifiuti (nuovo
procedimento per l’approvazione dei progetti per la realizzazione di
impianti di smaltimento, termini per la messa in regola di impianti già
esistenti, attivazione delle raccolte differenziate, ecc), ma si è
andata a creare una stratificazione di disposizioni legislative prive di
un necessario raccordo sistematico.
L’incertezza legislativa e la complessità delle procedure
amministrative sono state correttamente indicate tra le cause
principali del mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione
della produzione dei rifiuti e del flusso dei rifiuti destinati allo
smaltimento, fissati dalla normativa comunitaria e recepiti dal
legislatore italiano con il d.P.R. n. 915/1982.
A questo proposito il Parlamento ha delegato il Governo ad
adeguare la disciplina del settore alle direttive europee sui rifiuti
(pericolosi e non), sugli imballaggi e sui rifiuti degli imballaggi.
Capitolo Primo
11
1.2.2. Il Decreto Ronchi
In attuazione delle deleghe conferite al Governo con le leggi n.
52/1996 e n. 146/1994, è stato emanato il decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22, contenente le nuove regole per la gestione dei
rifiuti, poi integrato e corretto con il decreto legislativo 8 novembre
1997, n. 389.
Quest’ultimo decreto è stato emanato per superare i problemi
interpretativi e le difficoltà applicative del primo decreto Ronchi e
soprattutto i rilievi formulati dalla Commissione dell’Unione europea
con nota 29 settembre 1997 n. 64/65.
La riforma ridefinisce tutto il quadro normativo vigente in materia di
gestione dei rifiuti sulla base dei principi cardine contenuti nelle
direttive europee recepite.
Numerose e rilevanti sono le novità introdotte. Il problema rifiuti è
affrontato con una nuova logica, sostituendo al concetto di
smaltimento quello più ampio di gestione, che comprende i momenti
della raccolta, trasporto e recupero, oltre a quello dello smaltimento
finale. Inoltre, nell’ambito della gestione dei rifiuti, assumono un
ruolo centrale le misure per la prevenzione e riduzione della
produzione e della nocività dei rifiuti, da realizzare mediante
l’impiego di tecnologie pulite, che permettono un risparmio di risorse
naturali, e con l’introduzione di strumenti economici e gestionali che
consentano di garantire un uso più razionale delle risorse.
La nuova normativa attribuisce un ruolo determinante ai fini di una
corretta gestione dei rifiuti, al recupero e, fra le varie forme di
recupero, soprattutto al riutilizzo e riciclaggio, e poi al recupero di
materia prima e di energia da rifiuti preselezionati e pretrattati.
È possibile notare attraverso una breve analisi della normativa,
come negli anni ’90 ci sia stata un’evoluzione nella gestione dei
Capitolo Primo
12
rifiuti, e come attraverso l’attuazione del Decreto Ronchi si sia voluto
attivare un circolo virtuoso appartenente ad una logistica di ritorno
del rifiuto.
Altri punti qualificanti del Decreto Ronchi, che ha come principio
cardine quello dell’elevata protezione dell’ambiente, sono:
- raccolta differenziata;
- tariffa per la gestione dei rifiuti, in modo da stimolare
comportamenti corretti da parte dei produttori e dei consumatori e di
incentivarli alla raccolta differenziata;
- servizio di smaltimento, effettuato secondo ambiti territoriali ottimali
(ATO), modellati su base provinciali;
- imballaggi, i quali rappresentano una componente rilevante dei
rifiuti, sono affrontati in modo organico con la previsione di un
sistema di prevenzione nella fabbricazione e di responsabilizzazione
dei produttori e degli utilizzatori.
1.2.3. La normativa vigente: il D.lgs. n. 152 del 3 aprile 2006
A partire dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (recante “Norme in materia
ambientale”), la normativa nazionale sui rifiuti subisce una profonda
trasformazione parallelamente a quanto accade, sempre in forza
dello stesso provvedimento, per la normativa relativa a: valutazione
di impatto ambientale, difesa del suolo e delle acque, bonifica dei siti
inquinati, tutela dell’aria, risarcimento del danno ambientale.
Il nuovo provvedimento, emanato in attuazione della legge 15
dicembre 2004, n. 308 (recante “Delega al governo per il riordino, il
coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia
ambientale”), riformula infatti l’intera legislazione interna
Capitolo Primo
13
sull’ambiente e sancisce sul piano della disciplina dei rifiuti
l’espressa abrogazione del “Decreto Ronchi”.
Ne consegue che molte leggi e decreti vengono di fatto abrogati e
sostituiti dalle nuove disposizioni.
La nuova riforma viene accolta con diverse critiche da parte degli
operatori del settore per le modalità con le quali è stata coniata e
soprattutto per le modifiche apportate, le quali vanno a
scompaginare una realtà che aveva impiegato non poca fatica a
mettere in pratica le disposizioni del D.lgs. 22/1997.
Il nuovo decreto definisce 318 articoli suddivisi in 6 grandi capitoli.
Parte prima: disposizioni comuni.
Parte seconda: procedure per la valutazione ambientale strategica
(VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per le
autorizzazione ambientale integrata (IPPC).
Parte terza: norme in materia di difesa del suolo e lotta alla
desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di
gestione delle risorse idriche.
Parte quarta: norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei
siti inquinati (artt. 177-266).
Parte quinta: norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle
emissioni in atmosfera.
Parte sesta: norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni
all’ambiente.
Le diverse parti ricalcano le disposizioni legislative precedenti
mantenendo in molti casi l’impianto normativo esistente ma
apportando alcune modifiche.
Il Ministero dell’Ambiente, con il D.lgs. 152/2006, integrando in
un’unica normativa disposizioni precedenti, ha voluto fornire un