2
Sono varie le tesi proposte dalla dottrina
4
: dall’inammissibilità del riconoscimento in
virtù della presunzione di paternità
5
alla inoperatività di quest’ultima alla luce del
riconoscimento effettuato dalla madre
6
.
In realtà, la soluzione alla questione è da ricercare sulla base dei principi
dell’ordinamento. Si scontrano qui, invero, da una parte il c.d. favor legitimitatis e dall’altra il
c.d. favor veritatis, ed entrambi si intrecciano con il principio di autoresponsabilità dei
genitori. Nella scelta circa la prevalenza dell’uno o dell’altro principio occorrerà
sicuramente tener presente il valore costituzionale di pari dignità dei familiari, in cui è
compreso il principio di eguaglianza, morale e giuridica, dei coniugi
7
; ma il parametro di
riferimento decisivo non potrà che essere l’interesse prevalente del figlio, oggetto di una
tutela necessariamente più intensa rispetto all’interesse dei genitori o dei coniugi, sulla base
dei valori pregnanti dell’ordinamento.
La questione che si intende affrontare concerne la situazione di disparità che
sembrerebbe prospettarsi fra uomo e donna con riguardo al riconoscimento dei figli
adulterini.
4
Per un’analisi delle varie teorie proposte dalle dottrina, v. A. DEANGELI, Madre coniugata e
riconoscimento del figlio naturale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1995, p. 1425 ss.
5
A. VIOLANTE, I rapporti di filiazione e le azioni di stato, Napoli, Jovene 1983
6
S. ARENA, Da una recente, importante sentenza della Corte di cassazione, un’ulteriore apporto per
definire l’annosa questione riguardante il riconoscimento della prole naturale da parte della donna
coniugata, in Stato civ. it., 1993, p. 803 ss.
7
Art. 29 comma 2 Cost.
3
LO STATO DI FIGLIO NATURALE
1) Acquisto dello stato tramite riconoscimento
Il concetto di filiazione fa riferimento al c.d. rapporto verticale della famiglia, che trae
origine, prevalentemente, da un rapporto generativo diretto.
La filiazione naturale si realizza all’esterno di un rapporto di matrimonio ed occorre che
lo stato biologico di figlio sia individuato attraverso l’istituto del riconoscimento
8
ovvero
mediante accertamento giudiziale della paternità o della maternità
9
; presupposto è che il
figlio sia riconoscibile.
Lo stato di filiazione non viene a costituirsi al momento stesso del riconoscimento o
della sentenza di accertamento, ma preesiste ad esso: tale momento si configura come
meramente accertativo e dichiarativo, volto alla constatazione di una situazione
preesistente. I suoi effetti, perciò, retroagiscono fino alla nascita del figlio; sempre che non
si tratti di effetti per loro natura non retroattivi (es. acquisto del cognome).
L’atto di riconoscimento è dunque uno dei mezzi di acquisizione dello stato di figlio
naturale: ha la funzione di rendere certo, nei confronti di chi lo pone in essere, il rapporto
di filiazione con una data persona. La dichiarazione di riconoscimento si riferisce ad un
fatto passato, la procreazione, il quale costituisce l’interesse giuridico in funzione del quale
l’ordinamento predispone determinati effetti. Essi sono individuati dal legislatore e non
possono essere limitati dall’autonomia negoziale
10
; in particolare, tra questi assume rilevanza
l’assunzione degli obblighi di mantenimento, istruzione e educazione
11
.
Si tratta di un atto unilaterale: i genitori possono porlo in essere congiuntamente ovvero
separatamente ed in momenti diversi. A norma dell’art. 258 c.c., i suoi effetti sono limitati
alla sfera giuridica del genitore che lo realizza, salve diverse previsioni di legge. Infatti,
l’eventuale indicazione circa l’identità dell’altro genitore biologico riprodotta dall’ufficiale
dello stato civile sul registro dello stato civile costituisce un reato e va eliminata; tale
indicazione non produce peraltro alcun effetto.
Dalla prevalente dottrina, il riconoscimento è considerato atto di natura negoziale e
precisamente un negozio giuridico di mero accertamento
12
. In realtà, quale mera
dichiarazione di scienza (si noti che il momento della conoscenza pare infatti prevalere sul
8
Art. 250 c.c.
9
Artt. 269 ss. c.c.
10
Art. 257 c.c.
11
Art. 30 comma 1 Cost.
12
P. UBALDI, Il riconoscimento del figlio naturale, in G. COLLURA - L. LENTI - M. MANTOVANI (a
cura di), Filiazione, Trattato di diritto di famiglia diretto da P. ZATTI, II, Milano, Giuffrè 2002, p. 282
ss.
4
momento della volontà)
13
, esso sembra piuttosto da qualificarsi come atto giuridico in
senso stretto. E ciò quantunque il legislatore vi colleghi la possibilità di taluni vizi della
volontà: la stessa impugnabilità per violenza
14
, con esclusione dell’errore e del dolo, si
giustifica proprio in funzione della tutela della libertà di determinazione all’atto, i cui effetti
sono invece indisponibili. Si tratta quindi di un atto puro, che non ammette clausole
accessorie ed effetti atipici. Le stesse previsioni normative, che richiedono l’assenso del
figlio ultrasedicenne al proprio riconoscimento
15
ed il consenso dell’altro genitore che già
abbia riconosciuto il figlio minore
16
, appaiono pienamente compatibili con la natura
ricognitiva dell’atto: una condizione sospensiva può infatti rendere inefficace un atto anche
in fattispecie diverse da quelle negoziali
17
.
Il riconoscimento è un atto personalissimo, in quanto non ammette rappresentanza.
Può essere posto in essere soltanto attraverso forme determinate, che debbono considerarsi
tipiche; tuttavia il loro contenuto non è rigidamente predeterminato
18
. È peraltro richiesto
che emerga chiaramente la volontà di accertare il rapporto di filiazione. L’irrevocabilità
19
,
basata sul principio di autoresponsabilità, non ne fa venir meno il carattere spontaneo e
discrezionale
20
.
La discrezionalità che caratterizza l’atto del riconoscimento trova un limite sostanziale
nella necessità che il suo contenuto sia veritiero: l’art. 495 c.p. infatti sanziona penalmente,
con reclusione fino a tre anni, la falsa attestazione sull’altrui identità a un pubblico ufficiale.
Ne conseguirebbe che lo stato di figlio biologico è presupposto sufficiente e necessario per
l’esperimento di uno dei mezzi diretti a far acquisire lo stato di figlio naturale. In realtà,
13
F. CARIMINI, Il riconoscimento dei figli naturali, in
http://www.dirittoefamiglia.it/Docs/Giuridici/Dottrina/carim/riconoscimento.htm
14
art. 265 c.c.
15
art. 250 comma 2 c.c.
16
art. 250 comma 3 c.c.
17
F. CARIMINI, ibidem
18
Normalmente è effettuato recandosi dinanzi allo Stato civile e dichiarando di essere genitore del
neonato, ma può avvenire anche attraverso atto notarile o testamento; nel caso in cui il testamento fosse
invalido, il riconoscimento è comunque considerato valido.
19
Art. 256 c.c.
20
Si tratta di un atto discrezionale, non esistendo alcun obbligo del genitore a riconoscere. In realtà, la
Convenzione di Bruxelles del 1962 prevedrebbe un accertamento automatico della filiazione naturale per
la sola madre, ma un difetto nella procedura di ratifica fa sì che tale convenzione non operi nel nostro
ordinamento (P. UBALDI, o.l.c.); e comunque i successivi interventi in materia da parte del legislatore
negano esplicitamente tale automatismo, che comporterebbe un’evidente disparità di trattamento fra i
genitori. Bisogna però rilevare come pure la Convenzione europea sui diritti dell’uomo del 1950 preveda,
all’art.8, un analogo accertamento automatico della maternità: ciò potrebbe comportare il rischio d’una
dichiarazione d’illegittimità costituzionale, sulla base dell’art. 10 Cost., di tutta la disciplina sul
riconoscimento materno (G. BONILINI e G. CATTANEO, Il diritto di famiglia, III, Filiazione e
adozione, Torino, UTET 1998, p. 137). Ad ogni modo, su un piano extragiuridico, ciascun genitore
biologico dovrebbe essere spinto da un principio di autocoscienza ad assumere la propria responsabilità
genitoriale nei confronti del figlio, effettuando il riconoscimento.
5
l’annotazione del riconoscimento in calce all’atto di nascita
21
conferisce carattere di
assolutezza allo stato di figlio naturale, nel senso che tale qualificazione assume valore di
certezza formale, a prescindere dalla verità naturale dello status filiationis. Solamente il
giudice competente avrà il potere di verificare e se del caso di eliminare questa
qualificazione, ove contrastata; ed eventualmente si renderà applicabile al sedicente genitore
la pena di cui all’art. 495 c.p.
La discrezionalità dell’atto di riconoscimento risulta ulteriormente in parte
compromessa dall’istituto dell’accertamento giudiziale della genitorialità
22
, imprescrittibile
riguardo al figlio. E altrettanto può dirsi con riferimento alla dichiarazione dello stato di
adottabilità del minore non riconosciuto
23
.
L’atto di riconoscimento deve avvenire nell’interesse del figlio. Il punto centrale di tutta
la disciplina, infatti, non può che essere l’interesse del figlio: questo istituto è, in un’ottica
costituzionale, preordinato a dare attuazione all’art. 30, comma 3 Cost., in modo da
assicurare alla prole nata fuori dal matrimonio “ogni tutela giuridica e sociale”.
Il figlio naturale, qualora non riconosciuto, godrebbe di ben poche delle tutele
apprestate dall’ordinamento rispetto ai rapporti col proprio genitore naturale. Ciò comporta
la presunzione semplice dell’esistenza di un interesse del minore al riconoscimento: tanto
sotto il profilo morale quanto sotto il profilo giuridico, circa i diritti all’istruzione,
all’educazione e al mantenimento, che a tale atto conseguono ex lege
24
. In tal senso si è
espressa la Corte di cassazione nella sentenza 29 novembre 1998 n°12018
25
. Peraltro, si
tratta di una presunzione che può essere superata dimostrando l’esistenza di seri e specifici
motivi che evidenzino la contrarietà del riconoscimento all'indicato interesse del minore.
Dunque, occorre sempre che questi sia ascoltato nei giudizi di ricorso contro il rifiuto del
consenso al riconoscimento previsti dal comma 4 dell’art. 250 c.c., ed il suo consenso è
necessario se egli abbia già compiuto i sedici anni (comma 2).
Qualora sia dimostrato l’interesse del minore a non essere riconosciuto, esso può venire
a collidere con il contrario diritto del genitore a riconoscere il proprio figlio biologico. Si
tratta d’un diritto che trova fondamento nei principi di base dell’ordinamento, il quale
tende a garantire l’effettività delle posizioni familiari
26
: il favor veritatis in ambito familiare
può riscontrarsi in più norme di legge. Tale diritto è anzitutto assicurato dallo stesso art.
21
Art. 439 ord.st.civ.
22
Artt. 269 ss. c.c.
23
Art. 8 l.ad.
24
Art. 30 comma 1 Cost.
25
In Fam. e dir., 1999, p. 184
26
P. UBALDI, Il riconoscimento del figlio naturale, cit., p. 287
6
250 c.c., con l’importante esclusione, però, dal lato attivo, dei genitori infrasedicenni; dal
lato passivo, si dice che il consenso al riconoscimento non possa essere rifiutato ove esso
sia rispondente all’interesse del figlio. Sembra dunque chiaro l’esito del bilanciamento dei
due interessi. Un diritto del genitore a riconoscere si può rinvenire anche nell’art. 11
comma 2 l.ad.: la procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore non
riconosciuto può essere sospesa per l’intervento di chi, affermando di essere genitore
naturale, richieda un termine per effettuare il riconoscimento.
Dall’analisi della normativa di rango primario appare chiaro che l’interesse del minore a
non essere riconosciuto è sempre preponderante su quello del genitore a riconoscere.
Occorre chiedersi però se il diritto a riconoscere sussista ove manchi qualsiasi interesse del
minore ad essere riconosciuto, ma nel contempo non sia riscontrato il preponderante
interesse a non essere riconosciuto. La risposta si trova nell’art. 30 comma 1 Cost., il quale
prevede che i genitori abbiano non solo il dovere ma pure il diritto di «mantenere, istruire e
educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio»
27
. Se tale diritto ha rilevanza
costituzionale, il suo pieno esercizio può essere negato solo ove si contrapponga ad un
interesse preponderante, ma mai nel caso di una mera mancanza di interesse dal lato
passivo. Come già affermato, il riconoscimento è istituto preordinato a dare concreta
attuazione all’art. 30 Cost.
Di quest’avviso è anche la Corte di cassazione, come si evince dalla sentenza 3 aprile
2003 n°5115
28
. Anche se il minore non riceverà alcun vantaggio dal riconoscimento, non è
possibile sacrificare il diritto del genitore a svolgere il proprio ruolo di padre o di madre; a
meno che ci si trovi «in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ravvisare la
probabilità di una forte compromissione dello sviluppo psicofisico del minore». Il
riconoscimento da parte del secondo genitore, si pone come misura ed elemento di
definizione dell’interesse del bambino, atteso il suo diritto ad identificarsi come figlio di una
madre e di un padre e ad assumere in tal modo una precisa e completa identità.
La legittimazione attiva all’atto del riconoscimento spetta a ciascuno dei genitori
biologici, purché non sussistano impedimenti. Permane nell’ordinamento il divieto di
riconoscere la prole incestuosa
29
;di certo invece non costituisce più un impedimento, come
fu in passato, lo stato di coniugio di uno dei genitori con persona diversa dall’altro.
Precludono il riconoscimento il provvedimento di adottabilità e quello di affidamento
27
Cfr. Cass., 22 febbraio 2000, n°1990, in Rep. foro i., 2000, c. 1134
28
In Fam. e dir., 2003, p. 445
29
Art. 251 c.c. V., comunque, le osservazioni di F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti
personali. Artt. 315-319, in Il codice civile. Commentario diretto da P. SCHLESINGER, Milano, Giuffrè
1996, p. 243 ss.