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l’autore a me più caro e al quale, con semplicità, voglio dedicare questo mio
lavoro.
Ho provato anche ad aprire uno spiraglio sul viaggio moderno al femminile,
sull’audacia di queste giovani nostre antenate borghesi, e certo già privilegiate,
che sono state capaci di infrangere gli schemi della società del tempo modificando
l’ immagine consueta della donna che in casa, stoica, aspettava l’eroe tornare, in
quella che comincia a muovere i primi passi nel mondo per confrontarsi e aprire il
proprio orizzonte mentale, lasciando le tracce di uno sguardo femminile
“sull’altrove”.
La mia ricerca tenta infine di dare qualche ulteriore elemento di riflessione
sull’interminabile diatriba tra la figura del viaggiatore e quella del turista.
Chi sono? Come nasce questa difformità? E’ un ‘invenzione o una realtà?
Cercare di rispondere a queste domande, come seguendo un filo di Arianna, il
percorso si inerpica nel tentativo di tentare di capire come il viaggio di piacere si
sia nel tempo tramutato da bisogno intellettivo alla ricerca di un piacere legato al
corpo, tramutandosi, con le trasformazioni sociali, da viaggio di conoscenza a
vacanza legata alle ferie, aprendo nelle società più industrializzate la conquista del
tempo libero anche per le classi popolari.
Il tempo libero, che rappresenta un fattore determinante per le dinamiche del
viaggio di piacere, allargandosi con le conquiste sindacali ad un numero sempre
maggiore di individui farà confluire questa riflessione sull’intreccio tra viaggio e
consumo.
5
Rammenta Tiziano Terzani di come il governo cinese, per favorire il turismo,
abbia introdotto la luce al neon per illuminare il Potala, il palazzo Tempio del
Dalai Lama affermando che «il neon uccide gli dei e con loro muore sempre di
più l’identità Tibetana»
1
.
Nel Potala bisognava entrare con la penombra per scoprire nelle luci tremolanti
delle lampade al burro, l’atmosfera che il neon ha irrimediabilmente cancellato.
L’industria economica del turismo a questo punto è in grado di offrire viaggi per
ogni tipo di portafoglio e mentalità e in questa logica si moltiplicano le grandi
quantità di esseri umani che visitano un paese “proteggendosi” all’interno di
strutture create ad arte per evitare il contatto con la realtà circostante.
Molti, è accertato, scelgono liberamente questi spazi murati dove, nello stesso
tempo superbi e timorosi, si godono la vacanza evitando con la realtà circostante
contatti che possano in qualche modo indurre a riflessioni turbative della loro
ricerca di quiete.
Passano così dal Messico alla Thailandia rinchiusi in villaggi tutti uguali dove la
cultura locale viene loro offerta da spettacoli “organizzati” e i sapori del luogo
vengono edulcorati per non scioccare i loro palati, preferendo anche in luoghi
lontani la cucina del proprio paese d’origine: così facendo svanisce la possibilità
di incontrare culture odori, paesaggi, colori, sguardi.
_________________________
(1) T. Terzani, Un indovino mi disse, Tea, Milano, 1998, p. 32.
6
«Gli italiani – osserva Franco La Cecla - sono cresciuti con una dose di
disprezzo nei confronti del turismo e dei turisti: i “crucchi” che calavano dalla
Germania e dall’Austria per raggiungere i laghi, gli americani dagli orrendi
calzoncini e scarpe da trekking sulla stazza “pesante”, i francesi con la puzza sotto
il naso e via dicendo (…). Sono considerati il non plus ultra del cattivo gusto al
pari di polli da spennare, fin quando gli italiani stessi sono diventati turisti e
hanno dimenticato con quanto disprezzo guardavano quelli con la macchina
fotografica a tracolla»
2
.
La Cecla, in questa critica, osserva che gli italiani all’estero sono il prototipo tipo
del turista che avevano tanto disprezzato, vestono tutti in modo scomodo e
“firmato”, si lamentano che a casa stavano meglio e cercano, dalla Patagonia a
Katmandu, di frequentare le pizzerie di tutto il mondo.
Aggiungo a questo, avendolo notato personalmente, che oggi senza difficoltà è
possibile distinguere un conterraneo all’estero per l’uso spasmodico dell’ormai
intramontabile cellulare sempre acceso e dalla sua voce squillante mentre parla
con qualcuno. Non basta spostarsi fisicamente in un luogo per viaggiare.
E’ necessario l’incontro con “l’altro”, il confronto con le culture “altre”.
_________________________
(2) F. La Cecla, (prefazione di ), Turismo: supponendo che sia una cosa divertente, O. Löfgren,
Storia delle vacanze, B. Mondadori, Milano, 2001, p. XV.
7
Il viaggio si realizza, a mio parere, nel senso più pieno solo se rappresenta un
ponte capace di unire uomini diversi di questa terra.
E’ un vero viaggio quello che sonda le frequenze dell’anima di chi lo compie
aprendogli nuovi orizzonti, demolendo i confini delle sue percezioni, inoltrandosi
contemporaneamente in un “altro” viaggio che è la conoscenza di se stessi.
Un amico di Terzani, in viaggio con lui su una nave diretta a Kompong Som gli
chiese: «Viaggiare ha senso solo se si torna con qualche risposta nella valigia.
Tu che hai viaggiato tanto, l’hai trovata?»
3
.
Nella seconda parte del mio lavoro ho sviluppato una ricerca su quali sono oggi le
riviste che scrivono di viaggi in Italia e, nello specifico, quali le manifestazioni
legate al viaggio e le librerie specializzate nel milanese.
Un’ultima parte è dedicata all’incontro con due viaggiatrici milanesi poco note
che ringrazio attraverso queste righe per la loro gentilezza e disponibilità.
Diverse per età ed esperienze, la loro resta una testimonianza unica sul modo di
viaggiare in questo secolo.
Raccogliere le loro informazioni prima che le persone scompaiono portandosi via
per sempre la loro personale e ricchissima “biblioteca”, mi è sembrata cosa utile
alla comprensione di questo tema.
La serie delle interviste si conclude con Eugenio Turri, docente, geografo e
viaggiatore, che con gentilezza ha messo a disposizione la sua vasta conoscenza
______________________________
(3) T. Terzani, Un indovino mi disse, Tea, Milano, 1998, p. 280.
8
offrendomi il suo punto di vista.
In ultimo, dopo tanto scrivere di viaggi e viaggiatori, ho voluto concludere questo
mio lavoro con il diario del mio primo viaggio.
Si tratta di un viaggio da me effettuato in Madagascar con il quale, grazie alle
scoperte fatte, è penetrato nel mio animo questo “bacillo”, inaugurando una
stagione di viaggi e ricerche che spero non si concluderà mai.
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Gli uomini non hanno visto granchè del mondo andando lenti,
figuriamoci se vedranno di più andando veloci!
( John Ruskin)
Capitolo primo
Geografia e Viaggio
1.1 – Un’idea del viaggio
La parola viaggiare indica il trasferirsi da un luogo all’altro, girando paesi o
luoghi diversi dal proprio con soste o permanenze più o meno lunghe allo scopo di
conoscere, istruirsi, divertirsi, consolidare rapporti. Può anche sottolineare l’aver
fatto esperienza nel corso della vita “da giovane ha viaggiato molto”,
abbandonarsi ad una fervida immaginazione e, nel gergo dei drogati, l’evasione
raggiunta con gli stupefacenti¹. Così il Devoto.
Il più specifico dizionario geografico Le mots de la Géographie propone una
definizione più articolata:
Déplacement, en principe avec retour, sport naturel du géographe. «Voir est une science.
Il y a des gens qui ne savt pas voir, et qui voyagent avec autant d’intelligence
________________________
(1) Così in Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Il dizionario della lingua italiana, Firenze, Le
Monnier, 1995, voce «viaggiare».
10
qu’un crustacé » (J.Verne, Les Enfants du capitain Grant). Le voyage implique un
échange, le trajet une trajection, un «voyage interiéur qui (double) en nous le voyage
géographique [...] le vrai voyage, comme introjection d’un ‘dehors’dt de celui dont on a
l’habitude, implique un changement total d’alimentation. Un engloutissement du pays
visité, dans sa faune, et sa flore et dans sa culture» (I. Calvino, Sous le soleil jaguar).
Les gens du voyage: les nomades, notamment les Gitans. L’ensemble des voyages forme
le tourisme. Voyagiste: marchand de voyages (angl: tour operator); le voyage a des sens
plus profonds dans certaines sociétés, où il est initiation a la dimension du monde, exil
momentané, apprentissage,acquisition d’expérience, rite de passage; on en revient, tel le
fils prodigue,«grand homme», ou homme «fait» (V. Bigman). «Le voyage de mille lieues
commence par un pas» (Lao-tseu, Tao-tö king). Méme en nos contrées, il est censé
«former la jeunesse», et le service militaire a (avait) de ces vertus-là poue des populations
rurales sasaniéres. Mais le voyage ne sert à rien si l’on s’emporte avec soi, rappelle
Montaigne d’aprés Socrate. «Les voyages donnent une trés grande étendue à l’esprit»
(Montesquieu, causes qui peuvent affecter les esprits); mais: «a beau mentir qui vient de
loin»...Á l’opposé, sentences populaires: «il n’a jamais bougé du coin de son feu», «il a
bien vu du pays par le trou d’une bouteille» (C. Duneton). Le voyage a ses fatigues, et ses
limites: «l’une passe riche et sot heureusement sa vie/L’autre, plus souffreteux qu’un
pauvre qui mendie/S’acquiert en voyageant un scavoir malheureux» (J. Du Bellay, Les
Regrets). Le voyage est un genre littéraire classique. Montaigne, Sthendal, et d’autres ont
su voyager, notamment en italie, et nous le dire. «Je voyageais non pour aller qualque part
mais pour marcher. Je voyageais pour le plaisir de voyager. L’important c’est de bouger»
(R.L. Stevenson, Voyage avec un áne dans les Cévennes). Il prend aussi la forme de
voyages intérieurs et de voyages fabuleux, ceux-ci servant ceux-la: Gordon Pym, Moby
Dick, Pantagruel, l’Odyssée, Gulliver. On voyage à l’isle de France (Bernardin de Saint-
Pierre), au bout de la nuit (Céline), autor de sa chambre (X. De Maistre), autor du monde
( La Pérouse, Cook), au Congo (Gide), aux Pyrénées (Taine), en France ( Arthur Young),
11
en Amérique (Chateaubriand), en Orient (Nerval), en Espagne (Théophile Gautier), au
centre de la Terre (Jules Verne), en Icarie (Cabet) - les utopistes voyagent beaucoup - ou
comme Monsieur Périchon (E. Labiche). L. Sterne conseille de «connaitre quelque chose
de son pays avant d’aller au large» (Tristram Shandy VII, 2). «Je sais une tristesse à
l’odeur d’ananas/Qui vaut mieux qu’un bonheur ignorant des voyages» (J. Supervielle,
Débercadéres)
2
.
L’uomo, fin dalle più lontane epoche storiche, si è spostato sul territorio per le
ragioni più diverse: dalla ricerca di un luogo migliore e sicuro per proteggersi, di
nuove terre da coltivare, all’esplorazione di vie commerciali e nuove terre da
dominare, pellegrinaggi, viaggi di conoscenza e di piacere destinati alle
classi privilegiate, fino a divenire, nell’epoca attuale, sulla scia delle conquiste
sindacali del tempo libero, un movimento di massa. Nella nostra storia culturale il
viaggio rappresenta una potente metafora di cambiamenti e di rinnovamento.
_____________________________
2) Così in R. Brunet, R.Ferras, H. Théry, Le mots de la Géographie. Dictionnaire Critique,
Troisiénne édition, Montpellier, Reclus-Maison de la géographie, Paris, Jouve, 1996, voce
«voyage». "Spostamento, in teoria con ritorno (medesima origine di voie= via), sport naturale del
geografo”. Vedere è una scienza, ci sono persone che non sanno vedere e che viaggiano con tanta
intelligenza quanta quella di un crostaceo” (J. Verne, I figli del capitano Grant). Il viaggio
implica uno scambio, il tragitto, una transazione, un “viaggio interiore che (raddoppia) in noi il
viaggio geografico (…), il viaggio reale, come introiezione di un “esterno” diverso da quello al
quale siamo abituati, implica un cambiamento totale di alimentazione, un’assimilazione del paese
visitato, della sua fauna e flora e della sua cultura.” ( I. Calvino, Sotto il sole del giaguaro). La
gente del viaggio: i nomadi, in particolare i gitani. L’insieme dei viaggi forma il turismo. Agente
di viaggio: commerciante di viaggi (ing. tour operator); approverebbe Jules Laforgue: “Niente,
non avranno saputo niente. Nonostante questo se ne vanno senza aver nemmeno visitato il loro
pianeta”. Il viaggio si è banalizzato nei paesi sviluppati, ma la sua durata media si è accorciata di
molto. Il viaggio ha dei sensi più profondi in determinate società, dove esso è iniziazione alla
dimensione del mondo, esilio momentaneo, apprendistato, acquisizione di esperienza, rito di
passaggio; se ne ritorna, come il figliol prodigo, “uomo grande” (V. Bigman). “Il viaggio in mille
luoghi comincia con un passo ( Lao Tseu, Tao tö king, LXIV). Anche nei nostri paesi si suppone
di “formare la gioventù” e il servizio militare ha (aveva) quelle virtù per alcune popolazioni rurali
casalinghe. Ma il viaggio non serve a niente se ci si spazientisce con se stessi.
12
Da Gilgamesh (2300 a.C.), primo viaggiatore del mito sumerico, di cui la
tradizione ci abbia lasciato testimonianza scritta, fino a Chatwin e Kerouac, scorre
un ponte che unisce richiami letterari e d’avventura che materializzano nel
viaggio il bisogno d’incontro, sfida, conoscenza, ritrovamento di se stessi e di
senso, da sempre presenti nell’animo umano. I grandi protagonisti di viaggi,
storici o leggendari, come Ulisse, Marco Polo, i cavalieri e i pellegrini medievali,
Colombo e gli altri navigatori, simboleggiano l’antico mito dell’eroe, ribelle e
tormentato, spinto al superamento dell’ordinario, della monotonia, di ciò che è
noto, per conquistare piena consapevolezza di sé e del mondo circostante. Mentre
viaggiatori dell’antichità si spostavano di luogo in luogo per afferrare le forze che
controllavano la sorte degli umani o per necessità, l’uomo contemporaneo viaggia
come manifestazione della libertà, come fuga dal quotidiano. Gli antichi vedevano
nel viaggio un momento di sofferenza o di castigo, come accade per Ulisse
costretto a partire non per sua scelta ma per diretta volontà degli Dei, mentre
Gilgamesh sfida il buio dell’ignoto, ossia gli ordini imposti dagli dei passando
attraverso prove difficili, come passaggi obbligati di un viaggio, per giungere alla
sapienza e alla luce. Niente di tutto questo nell’età contemporanea
_____________________________
Riprende Montaigne secondo Socrate. “Il viaggio dà una grande estensione allo spirito”.
All’opposto un detto popolare “ha visto molto del paese dal buco di una bottiglia” (C. Duneton).
Il viaggio ha le sue fatiche e i suoi limiti “uno che vive felicemente la sua vita da ricco è
stupido/l’altro, più sofferente di un povero che mendica/acquisisce viaggiando un sapere
fortunato” (J. Du Bellay- Les Regrets). Il viaggio è un genere letterario classico. Montaigne,
Stendhal e altri hanno saputo viaggiare, in particolare in Italia, e raccontarcelo. “Viaggiavo non per
andare da qualche parte ma per camminare. Viaggiavo per il piacere di viaggiare. L’importante è
muoversi” (R. L. Stevenson, Viaggio con un asino nelle Cevennes). Prende anche la forma di
viaggio interiore e di viaggio fantastico: Gordon Pym, Moby Dick, Pantagruele, l’Odissea,
Gulliver. Si viaggia nell’Isle de France (Bernardin de Saint-Pierre), fino al termine della notte
(Céline), intorno alla propria camera (X. De Maistre), intorno al mondo (La Pérouse, Cook),
13
dove si viaggia invece per il bisogno di “evasione” dalla vita di tutti i giorni.Il
viaggio contiene un valore iniziatico: il senso dell’avventura, dell’ignoto, del
rischio e del fantastico insieme alla capacità di conoscere i propri limiti e sapersi
gestire in situazioni critiche ed ignote; già il termine travel evoca il travail o
travaglio, vale a dire “un viaggio pieno di difficoltà”.
Come spiega Franco Ferrarotti, in uno studio sui significati del viaggio, travaglio
e travagliato richiamano il latino volgare tripaliare, vale a dire “torturare”
mediante il tripalium, strumento di tortura formato da tre pali tenuti insieme (tres
o tria e palus) e non fa specie che il travelling si ricolleghi al tedesco trippen, da
cui si ricava trip, o “viaggio”, ma trippen sta a significare anche, come il medio
olandese trappen, “incespicare”, “scivolare”, “mancare lo scalino”.
La parola viaggio rimanda al tardo latino viaticum, che comporta un’idea di
difficoltà, se non altro perché indica le “provviste”, gli approvvigionamenti per un
viaggio che s’immagina difficile e non privo di sorprese negative.
Non a caso, nel linguaggio della liturgia, il viatico si intende come mezzo che,
come l’estrema unzione, accompagna il fedele al viaggio finale che è appunto il
viaggio senza ritorno, ossia la morte
3
.
_____________________
in Congo (Gide), nei Pirenei (Taine), in Francia (Arthur Young), in America (Chateaubriand), in
Oriente (Nerval), in Spagna (Théophile Gautier), al centro della terra (J. Verne), in Icarie (Cabet),
gli utopisti viaggiano molto-oppure come Monsieur Périchon (E. Labiche). L. Sterne consiglia di
“conoscere qualcosa del proprio paese prima di prendere il largo” (T. Shandy, VII, 2). “Conoscevo
una tristezza dall’odore di ananas che è meglio di una felicità ignorante i viaggi” (J. Supervieille-
Débarcadéres).
(3) F. Ferrarotti, Il viaggio come metafora, «Lo Spettacolo. Rassegna economica e sociale degli
spettacoli e delle attività artistiche e culturali», N. 2, Aprile/Giugno 1998, p. 115.
14
La vita dell’uomo è da sempre legata al movimento, come nel mondo animale,
dove da sempre, uccelli migratori e pesci intraprendono lunghi viaggi
che segnano varie tappe della loro esistenza. Il movimento è all’origine della vita,
lo stesso universo e la terra sono in moto perpetuo.
Come ha evidenziato Bruce Chatwin: «Forse dovremmo concedere alla natura
umana un’istintiva voglia di spostarsi, un impulso al movimento nel senso più
ampio. L’atto stesso del viaggiare contribuisce a ottenere una sensazione di
benessere fisico e mentale, mentre la monotonia della stasi prolungata o del lavoro
fisso tesse nel cervello delle trame che generano prostrazione e un senso di
inadeguatezza personale. In molti casi quella che gli etologi hanno designato
come “aggressività” è semplicemente una risposta stizzosa alle frustrazioni
derivanti dall’essere confinato in un dato ambiente »
4
.
Chatwin è certo che l’esigenza principale dell’uomo è il movimento, e questo
principio sembra riconosciuto da studi sull’evoluzione umana, dove tra l’altro, si
sostiene che la camminata eretta ha reso possibile lo sviluppo della mano e quindi
la manipolazione di utensili, portando la nostra specie ad un ampliamento del
cervello, elevandosi dal mondo animale. E prosegue: «si aggiunga che ogni
neonato umano manifesta il suo desiderio istintivo di moto. Spesso i bambini
strillano soltanto perché non sopportano di starsene sdraiati immobili, mentre
avviene raramente di sentir piangere un bambino in una carovana di nomadi »
5
.
_________________
(4) B. Chatwin, Che ci faccio qui?, Milano, il Mulino, 1990, p. 271.
(5) Ibidem, p. 27.
15
Il viaggio, di conseguenza, non può essere inteso solo come spostamento nello
spazio ma «un viaggio si inserisce nello spazio, nel tempo e nella gerarchia
sociale»
6
.
Ogni impressione è definibile soltanto mettendo in rapporto questi tre assi e
poiché lo spazio, come fa notare Claude Lévy-Strauss, di per sé possiede tre
dimensioni, ne occorrerebbero almeno cinque per farsi del viaggio un idea
adeguata: «sull’asse della gerarchia sociale va esplicitato anche il rapporto
uomo-donna; tale rapporto si esprime sia in relazione all’ambiente sociale di
provenienza sia al nuovo ambiente entro il quale si inserisce il viaggiatore o la
viaggiatrice»
7
.
__________________________
(6) M. Quaini, L. Rossi Da Erodoto a Isabelle Eberhardt, «I Viaggi di Erodoto», Anno 9, N. 27
settembre/dicembre 1995, Milano, B. Mondadori, p. 68.
(7) Ibidem p.73.
16
1.2 – Agli albori del viaggio di piacere
Ci volle un secolo affinché viaggiare per il solo gusto di dilettarsi in qualcosa di
piacevole divenisse un’opportunità raggiungibile da un maggior numero di
persone; dal Grand Tour al turismo di massa la pratica del viaggio si è estesa
diventando, nel tempo, accessibile anche alle classi sociali che all’inizio ne erano
escluse.
Chi sono quindi coloro che compiono i viaggi, quali esigenze li spingono a
varcare la porta di casa e come si è modificato il viaggio di piacere con il
trascorrere del tempo?
Fabio Gambaro spiega che «i tratti che connotano il moderno turista si ritrovano
già nei primi viaggiatori romantici: desiderio di libertà, fascino della lontananza,
fruizione estetica del paesaggio, attitudine elusivamente emotiva di fronte alle
realtà sconosciute, motivazioni al viaggio di origine letteraria, individualismo,
spirito di emulazione nei confronti dei grandi esploratori proiettati in un’aurea
eroica»
1
.
_____________________________
(1) F. Gambaro, I viaggi di carta, V. Spinazzola ( a cura di) « Pubblico. Rassegna annuale di fatti
letterari», Rizzoli, Milano, 1987, p. 70.
17
Per capire, dunque, l’attuale propensione al viaggiare Sandro Fusina suggerisce
l’analisi del passaggio dal viaggio di esplorazione ottocentesco al viaggio
turistico, fenomeno che ha caratterizzato la pratica del viaggio del ‘900.
L’autore individua alcuni elementi per avvicinarsi ad una definizione di
“turismo”, tra i quali il Grand Tour settecentesco, che ne costituisce solo un
aspetto definendolo una « peregrinazione da corte a corte, da salotto a salotto »
2
;
il fenomeno, commenta, è contemporaneo alla rivoluzione industriale e, fa notare,
è proprio in Inghilterra che il turismo ha avuto la sua prima precoce struttura; la
scoperta del vapore e la rivoluzione dei mezzi di trasporto, che hanno avuto tanta
parte sul modo di viaggiare e la sua diffusione, sono altri fenomeni che hanno
contribuito alla nascita del turismo moderno, così come anche la rivoluzione
francese, con la sua eredità di propositi di libertà, è implicata in questo nuovo
fenomeno, ma sono, questi, tutti aspetti di un fenomeno complesso.
Fusina trova nel “godimento del paesaggio”, un aspetto particolare del turismo, di
origine indubbiamente letteraria: ne è riprova l’immagine, presente in tutte le
antologie romantiche, della riproduzione del quadro di Caspar David Friedrich,
dove due gentiluomini e una donna si sporgono pericolosamente da una scogliera
contemplando il mare del Nord.
___________________________
(2) S. Fusina, Il Turismo come letteratura,V. Spinazzola (a cura di), «Pubblico. Rassegna annuale
di fatti letterari», 1978, pp. 71 e 72.