Ci si è avvalsi anche delle pubblicazioni di Angelo Agostini, direttore di Problemi
dell’informazione, Wolfgang Acthner, corrispondente di varie testate statunitensi e docente
universitario in Italia, Giovanni Bechelloni, Rodolfo Brancoli, Vittorio Roidi, Vittorio
Zucconi e altri ancora.
È stata molto utile la lettura della rivista Problemi dell’infomazione dall’anno 1985 in poi.
Determinante l’analisi degli articoli di Fabrizio Gatti per L’Espresso, da ottobre 2005 a
ottobre 2007.
Si sono inoltre consultati i siti internet di Repubblica e Corriere della sera, dell’Associazione
Articolo 21, del Barbiere della sera, di Reporters sans frontières, di meltingpot e molti altri.
È stata interessante la visione Omnibus (La7) e di un filmato di France24 sull’immigrazione a
Lampedusa.
3
CAPITOLO UNO
1.1 Per una definizione di giornalismo investigativo
È generalmente considerato investigativo quel giornalismo che determina una trasformazione
della realtà, che denuncia ed entra in conflitto con politica e istituzioni.
Si tratta di una categoria che richiede impegno maggiore rispetto alla cronaca. Se si pensa che
superficialità e fretta caratterizzano oggi il lavoro dei redattori, è facile capire perché questo
genere che necessita di tempi lunghi, di profondo impegno e di analisi sia meno frequente.
Il professionista realizzando un’investigazione, non si limita a cercare e raccogliere
informazioni, ma si cala nel ruolo del detective: non si accontenta delle fonti ufficiali, né si
ferma alle apparenze, ma scava, indaga, scopre, interpreta, verifica e approfondisce notizie
originali, offrendo risultati inediti. Il suo è un lungo lavoro, costa tempo, fatica e denaro,
travalica l’immediatezza della cronaca: per questo sono poche le redazioni disposte ad
impegnare i dipendenti in certe dispendiose imprese.
Non tutti i giornalisti sono pronti a rischiare: è un incarico scomodo, che costringe a mettersi
contro qualcuno, che porta spesso a querele e cause civili o a ritorsioni. Non sono pochi gli
‘investigatori’ che hanno pagato con la vita il loro lavoro.
È inoltre un impiego che non tutti sanno assolvere a dovere: «purtroppo il giornalismo
investigativo ha in Italia scarse tradizioni. Da soli i giornalisti scoprono ben poco,
preferiscono cavarsela con le interviste»
1
.
Il giornalismo investigativo nasce dal cronista che ha il coraggio di mettersi in gioco, di non
dipendere dalle autorità, di non aspettare seduto e ubbidiente la velina del giorno, ma di
rischiare in prima persona, di andare sul posto, di essere parte attiva della notizia, perché lui
c’era. Scrive perché ha visto, non perchè qualcuno gli ha riferito. È ovvio che il lavoro di
questo valoroso professionista porta più facilmente a mettersi contro le autorità piuttosto che
ad amicarsi il Pubblico Ministero di turno.
Rodolfo Brancoli ne Il risveglio del guardiano riporta una frase significativa di Dan Rather, il
quale sostiene che il redattore non deve sforzasi di piacere: «se fai il tuo lavoro
coscienziosamente dovrai porre domande impopolari, e riferire di storie di cui molta gente
non vuole sentir parlare… Nel giornalismo d’oggi si parla troppo di popolarità e troppo poco
di dovere»
2
.
1
P. Ottone, L’Europeo, n. 20, 21 maggio 1993
2
R. Brancoli, Il risveglio del guardiano, Garzanti, Roma 1994, p. 36
4
Chi indaga, in Italia, lo fa da solo, anche se questa è un’operazione tipicamente di squadra:
l’ideale è quello di una molteplicità di punti di vista e di professionalità tesa a restituire
un’immagine il più ricca e fedele possibile.
Ma se trenta, quaranta anni fa le redazioni erano di quattrocento o cinquecento persone, oggi,
nella maggior parte dei casi, non si arriva neanche alla metà: «è rimasto solo il Corriere con
trecento persone»
3
ricorda Paolo Gambescia. Di conseguenza è già un lusso per il giornale
impegnare un unico dipendente nell’investigazione.
Chi lavora da free lance e compie inchieste in modo autonomo difficilmente trova chi le
compra. Il percorso che consente di vedere pubblicata l’investigazione sul giornale è lungo e
tortuoso, si può supporre che molti lavori d’indagine restino inediti.
La denuncia a mezzo stampa
4
«racchiude al suo interno i germi del mutamento»
5
, può di
modificare lo scenario sociale. Il giornalista si fa portavoce di una popolazione, arriva dove al
cittadino non è concesso per svelare i meccanismi viziosi della sfera politica e istituzionale.
«Tradizionalmente, il giornalismo italiano ha tratto la sua principale legittimazione dalla
funzione di collateralismo al sistema politico»
6
, ma l’investigazione non si deve limitare
all’ambito governativo, deve scavare nel sociale e nella sfera pubblica.
1.2 Tra Inghilterra e Stati Uniti
La nascita di questa forma di giornalismo è fissata al 1721, quando venne pubblicato sul
London Journal il primo rapporto completo di una commissione parlamentare d’inchiesta
insediatasi per discutere uno scandalo economico.
Nasce quindi in Inghilterra, ma la madre patria è per tradizione l’America.
Per la storia e l’evoluzione degli Stati Uniti il giornalismo investigativo è stato determinante,
«quel Paese non sarebbe così com’è […] se non ci fossero stati quei giornalisti che in vario
modo hanno contribuito a far sterzare quella società in certe direzioni invece che in altre»
7
. In
questa nazione il giornalismo è degno di esser definito Quarto Potere. A livello teorico il
giornale dovrebbe essere strumento di controllo di tutti i Paesi democratici, spesso non è così.
3
P. Gambescia, Prima e dopo gli anni Settanta, in F. Sidoti, Giornalismo investigativo, Koinè nuove edizioni,
Roma 2003, p.154
4
Con il termine “stampa” intendiamo il complesso delle pubblicazioni giornalistiche in ogni loro declinazione:
cartacea, televisiva, radiofonica, telematica.
5
C. Sorrentino, Cambio di rotta, Liguori, Napoli 1999
6
Ibidem
7
F. Sidoti, Definizioni e problemi del giornalismo investigativo in F. Sidoti, Giornalismo investigativo, Koinè
nuove edizioni, Roma 2003, p. 29
5
In Italia è evidente un’enorme incoerenza dal momento in cui Silvio Berlusconi, attuale leader
dell’opposizione nonché ex presidente del consiglio, è proprietario di una notevole fetta
dell’editoria nazionale e di tre canali televisivi.
Giorgio Bocca scrisse su L’Europeo: «i giornali non chiedono più le inchieste, hanno capito
che […] sono pericolose, che in un modo o nell’altro si lede sempre qualche interesse
economico…»
8
.
1.3 Investigazione o inchiesta
Si parla spesso di inchiesta e di investigazione sovrapponendo i due termini. È noto che
investigare fa parte dell’inchiesta.
Il termine inchiesta è mutuato dal lessico giudiziario e rivela la volontà di andare oltre le fonti
ordinarie. Il lavoro è generalmente costituito da una serie di pezzi in cui si fondono fatti e
commenti. È un’indagine che mira a scoprire verità nascoste.
Tendenzialmente questo genere è affidato a professionisti con ampia esperienza in tutti i
settori del giornalismo, alle grandi firme.
È infatti considerato uno dei «generi nobili»
9
del mestiere giornalistico. La sua nobiltà
dipende anche dal rischio a cui va incontro il giornalista, mettendosi in gioco con opinioni e
giudizi.
Alberto Papuzzi
10
distingue tra inchiesta investigativa, tesa ad accertare vicende controverse
come casi giudiziari e scandali politici, che ha per oggetto un fatto preciso e concreto (es.
Watergate) e inchiesta conoscitiva, che informa sulla società e sulla cultura del tempo in cui
viviamo. Quest’ultima ha avuto un grande successo negli anni ’50 del ‘900, ma ha visto il
declino a partire dal decennio successivo perché troppo onerosa.
È necessario definire due tipologie di investigazione: la prima, che vuole chiarire avvenimenti
controversi, far luce su vicende relative alla giustizia, è opera del giornalista che studia
l’attività delle istituzioni, dei magistrati e delle forze dell’ordine.
La seconda appartiene alle autorità: per velocizzare e migliorare il loro lavoro usano tecniche
tipiche del giornalismo, come l’intervista. Spesso si avvalgono dell’aiuto dello stesso
redattore, partendo dal suo lavoro.
8
G. Bocca in L’Europeo, n. 20, 21 maggio 1993
9
C. Sorrentino, (a cura di), Narrare il quotidiano. Il giornalismo italiano tra locale e globale, Mediascape
edizioni, Firenze 2005, p. 17
10
A. Papuzzi, Manuale del giornalista: tecniche e regole di un mestiere, Donizelli, Roma 1993
6
In un sistema democratico ben funzionante non dovrebbero esserci sovrapposizioni tra i ruoli
dei giornalisti e quelli dei magistrati, dovrebbe anzi nascere una sinergia tra le parti, che possa
portare ad una collaborazione là dove è possibile. Ma raramente accade.
Il più delle volte il reporter dipende totalmente dalle fonti ufficiali, non ha un ruolo attivo
nell’indagine: non c’è investigazione giornalistica. «E dire che, già da qualche tempo […]
nelle cancellerie dei Tribunali e delle Corti del nostro Paese, ove gli atti giudiziari sono
pubblici e dunque legittimamente acquisibili, si rinvengono […] rilevanti ed interessanti
spunti investigativi»
11
.
È invece frequente una situazione di tensione fra magistratura e informazione. Sul finire degli
anni Sessanta, in Italia e nel mondo, si assiste al risveglio della funzione critica interna al
mondo dell’informazione, quando «i giornalisti incalzavano una magistratura che […]
lasciava molto a desiderare nel suo atteggiamento verso i potenti»
12
.
Infine, Carlo Sorrentino ha individuato due modelli di denuncia tipici del giornalismo
italiano. Il primo era usato soprattutto negli anni Settanta dalla stampa alternativa, che assume
il «punto di vista di classe, quello dei più deboli»
13
, il secondo è più «borghese»
14
, meno
rivoluzionario, tipico dei settimanali d’attualità e adottato poi da Repubblica.
11
M. Russo, L’investigazione giornalistica e l’investigazione penale, in F. Sidoti, (a cura di), Giornalismo
investigativo, Koinè nuove edizioni, Roma 2003, p. 112
12
T. De Zulueta, La crisi internazionale del giornalismo investigativo, in F. Sidoti, (a cura di), Giornalismo
investigativo, Koinè nuove edizioni, Roma 2003, p. 119
13
C. Sorrentino, Cambio di rotta, Liguori, Napoli 1999
14
ibidem
7
1.4 Gli effetti dell’indagine
Una volta pubblicata l’inchiesta è necessario assicurarle una certa risonanza: deve arrivare
nelle case di tutti, perché il suo scopo è quello di far conoscere la realtà sociale a chi in essa
vive. È auspicabile che abbia ricadute pratiche sull’oggetto trattato.
In questo l’Italia è molto diversa dagli Stati Uniti.
Si pensi al «caso del ministro della giustizia americano, una donna, che per il solo fatto di non
aver pagato i contributi alla sua colf ha dovuto rassegnare le dimissioni»
15
. È subito chiaro
quanto sia rigorosa l’etica pubblica statunitense. La medesima scoperta ad opera di un
giornale italiano, concernente un ministro italico, non avrebbe avuto lo stesso esito.
Questo spunto deve far riflettere sugli effetti del giornalismo investigativo nel nostro Paese:
quando i giornali arrivano ad importanti risultati, nella maggior parte dei casi questi sono
ignorati e non hanno ricadute sulla sfera politica e sociale.
Prendiamo ad esempio l’inchiesta di Fabrizio Gatti per L’Espresso del settembre 2006 Io
schiavo in Puglia. Il giornalista denuncia gravissime violazioni della Costituzione e dei diritti
umani: migliaia di extracomunitari con o senza permesso di soggiorno vengono sfruttati nelle
campagne pugliesi, costretti a lavorare senza sosta sotto il sole cocente, senz’acqua e senza
cibo. Il più delle volte non ricevono neanche il compenso giornaliero. «Alloggiano in tuguri
pericolanti, dove nemmeno i cani randagi vanno più a dormire. Senza acqua, né luce, né
igiene»
16
.
Dopo la comparsa dell’inchiesta «governo, opposizione, sindacati, amministratori locali
dichiarano che la schiavitù nell’agricoltura pugliese sarà debellata»
17
.
Nel luglio 2007 L’Espresso pubblica Schiavi per sempre: Gatti è tornato sul posto. Nulla è
cambiato, nessuna promessa è stata mantenuta.
E l’italiano medio non si stupisce che nulla venga attuato per modificare una situazione così
grave, perché si è in lui sviluppata una gran capacità di sopportazione. Eventi che in altre
nazioni scatenerebbero forti reazioni da parte della popolazione informata, in Italia trovano
solo rassegnazione e indifferenza. Non reagire di fronte ad una palese e dichiarata violazione
della legge è normale e accettabile.
15
G. M. Bellu, Le frustrazioni del giornalismo investigativo, in F. Sidoti (a cura di), Giornalismo investigativo,
Koinè nuove edizioni, Roma 2003, p. 97
16
F. Gatti, Io schiavo in Puglia, in L’Espresso, a. LII, 7 settembre 2006
17
idem, Schiavi per sempre, in L’Espresso, a. LIII, , 12 luglio 2007
8
Tra i professionisti dell’informazione c’è «frustrazione, di senso d’impotenza»
18
, sentimenti
dati dalla «consapevolezza di quanto sia difficile suscitare indignazione»
19
.
Come può esistere un giornalismo investigativo senza un «forte senso dell’impegno civile»
20
?
Fare giornalismo investigativo significa «tentare di dare un contributo alla ricostruzione di un
sistema di valori civili»
21
.
1.5 Il giornalismo e la politica
«Il giornalismo italiano è fortemente legato alla politica»
22
. La causa va ricondotta alla tardiva
alfabetizzazione della popolazione locale e al ritardo con cui si è costituito un solido sistema
economico. Solo la ristretta cerchia dei più abbienti leggeva i giornali.
Questa profonda unione nuoce alla libertà di stampa: i quotidiani diventano canali di
trasmissione di messaggi della classe politica. L’informazione è sempre meno indipendente e
sempre più condizionata dagli assetti proprietari. La crescente concentrazione si oppone alla
realizzazione di una stampa libera, «i grandi giornali appartengono a un pugno di grandi
aziende che si aiutano tra loro»
23
. Una stampa economicamente dipendente corre il rischio di
perdere la libertà dei contenuti. È, infatti, opinione diffusa che nel nostro Paese non esista una
stampa veramente libera: «i proprietari dei quotidiani italiani, sia che fossero un partito
politico o un gruppo industriale, sono sempre stati maggiormente preoccupati di proteggere i
propri interessi che di vendere un “prodotto d’informazione”»
24
.
È tendenzialmente assente l’idea di giornalismo come servizio pubblico, finalizzato ad aiutare
il cittadino nella scelta politica.
I quotidiani si assomigliano sempre di più, le prime pagine sono spesso uguali tra loro, le
notizie vengono selezionate in modo pressoché identico da tutte le testate. Questo fa si che
solo una piccolissima porzione di fatti diventi notizia. Tutto il resto non verrà mai a galla: non
c’è più il pluralismo dell’informazione, c’è solo omologazione.
18
G. M. Bellu, Le frustrazioni del giornalismo investigativo, in F. Sidoti (a cura di), Giornalismo investigativo,
Koinè nuove edizioni, Roma 2003, pp. 93-100
19
ibidem
20
ibidem
21
ibidem
22
C. Sorrentino, Tutto fa notizia, Carocci, Roma 2007, p.31
23
G. Bocca in L’Europeo, n. 20, 21 maggio 1993
24
W. M. Achtner, Penne, antenne e Quarto Potere, Per un giornalismo al servizio della democrazia,
Baldini&Castoldi, Milano 1996, p.17
9