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trasmissione dei messaggi agli studi sociali che da sempre hanno approfondito il
comportamento degli attori che si incontrano, si relazionano e si definiscono nella
società.
Infine, il caso concreto della Compagnia Trasporti Laziali (Co.Tra.L. S.p.A.),
operante nel mercato del trasporto pubblico locale nel Lazio, con i rilievi storici,
normativi e, soprattutto comunicativi tenta di dare un quadro complesso ma unitario
delle dinamiche organizzative nella società contemporanea.
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CAPITOLO I
IDENTITÀ E STILI DI CONSUMO
NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA
1.1 Moderno e postmoderno
Se si considera il contesto culturale tipico delle società industriali avanzate, è da
rilevare in primo luogo, come è noto, il passaggio dalla cultura moderna a quella
cosiddetta post- o tardo-moderna, passaggio carico di implicazioni a livello di valori,
comportamenti e atteggiamenti assunti dagli individui nelle società.
In tale passaggio un ruolo principale è stato svolto dalla comunicazione. Il
fenomeno comunicativo assume infatti dimensioni amplissime, includendo una vasta
serie di tecniche volte a far sì che un messaggio raggiunga determinati effetti.
L’obiettivo principale è far giungere messaggi a un pubblico, il più delle volte
prestabilito (il target di riferimento).
In Cultura moderna e comunicazione di massa Carlo Mongardini e Donatella
Pacelli evidenziano chiaramente la linea che collega la cultura moderna con lo sviluppo
dei mezzi di comunicazione di massa. Quella parte della nostra vita e della realtà che
passa attraverso il teleschermo e in generale le comunicazioni di massa, col suo
alimentare un mondo iperreale, contribuisce anche a costruire una nuova cultura più
generalizzata, più uniforme nel suo appiattimento, più astratta e più circoscritta nel
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presente nel suo sforzo di contenere e di rappresentare la realtà. Questa cultura si
interseca e si sovrappone a quella che in ogni società nasce dai processi di interazione
della vita quotidiana, e la altera profondamente, per esempio rendendo molto più labili i
confini fra la realtà e l’immaginazione, alle quali viene associato un medesimo
investimento emotivo.
Nel moderno Mongardini ravvisa più che una cultura di massa la presenza di
fenomeni di massa: “La massa è la destinataria dei grandi mezzi di comunicazione che
inviano messaggi non selettivi rivolti ad audience vaste e composite”. Però accanto ai
fenomeni di massa rimane l’individuo, con la sua parcellizzazione nel lavoro e negli altri
contesti sociali. Il moderno ha mantenuto questa doppia essenza dell’individuo: da una
parte riconosciuto e vezzeggiato come personalità sui generis, e dall’altra come
partecipante di fenomeni sociali di massa di varia natura (per esempio, oltre la TV,
all’interno di rappresentazioni sportive o ludiche come lo stadio o il teatro). Lo scopo
dei fenomeni di massa è stato proprio quello di mantenere quel collante sociale che in
altre epoche veniva costruito sulla tradizione (nelle società arcaiche), sulla religione
(nelle società non ancora secolarizzate), o sulla appartenenza a determinati e ben
distanziati strati sociali (nello stato dei ceti o “standestaat”).
A questo stadio di evoluzione si inserisce il passaggio dal moderno al postmoderno,
così come viene denominato dalla sociologia contemporanea. Si tratta di un passaggio
ancora in atto ma di cui è possibile già delineare alcune caratteristiche.
Il punto focale del passaggio dal moderno al postmoderno è il tramonto della
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razionalità strumentale. L’epoca moderna è stata costruita con l’avvento di quel processo
di razionalizzazione che aveva portato all’accantonamento di tutti quei valori che non
erano più supportati dalla ragione umana. Il significato principale dell’illuminismo è
stato il risveglio dell’uomo da tutte quelle credenze e superstizioni che ne rallentavano
lo sviluppo, in termini non solo economici ma anche sociali e culturali, e, tramite la
tecnica, l’applicazione scientifica delle nuove conoscenze. Con il celebre cogito ergo
sum, Cartesio conferiva una giustificazione filosofica a quel processo di
secolarizzazione e di neutralizzazione di tutte le componenti della società che non si
basavano su elementi logici e razionali. È noto come questo processo filosofico portò
all’evoluzione dello stato, che è diventato estraneo alle valenze religiose e tradizionali
della società. Come è stato notato, l’illuminismo “non vuole fare a meno della religione,
dello strumento sociale rappresentato dalla credenza in valori assoluti validi per tutti”
ma sostituisce la rivelazione con la ragione.
Parlare quindi di modernità e delle sue caratteristiche, è possibile solo se si volge lo
sguardo al progetto illuministico così come emerse nel XVIII secolo. Tale progetto
aveva come fine la conoscenza e la trasformazione della realtà, attraverso la costruzione
di una scienza obiettiva, di una morale e un diritto universali ed autonomi, in vista
dell'emancipazione umana e dell'arricchimento della vita.
L’unità di misura e lo strumento per realizzare questo progetto è la ragione, organo
di verità e strumento di progresso. La ragione assume così una doppia funzione, critica e
normativa: critica in quanto è di fronte al "tribunale della ragione" che si devono
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presentare tradizioni, dogmi e filosofie affinché ne venga esaminata la legittimità, la
fondatezza, l'utilità; normativa in quanto è la stessa ragione che deve definire i criteri e
le norme in base alle quali indirizzare la vita dell'uomo, diminuire le sofferenze degli
individui e raggiungere la maggior felicità possibile per il genere umano.
La prima fase del progetto passa quindi attraverso la lotta contro il pregiudizio, la
superstizione, il fanatismo, contro tutte quelle forze che hanno impedito il libero e
critico uso della ragione. Si attaccano la tradizione, l'autorità, il potere politico, i
privilegi, le religioni "positive" (fissate in dogmi), le metafisiche. L'Illuminismo si
presenta, allora, come movimento fortemente laico, antimetafisico ed antisistematico.
La ragione illuministica vuole essere una ragione non astratta, ma una forza che
penetra nell'esperienza, che crede nella realizzazione dell'uomo mediante un sapere vero
e utile. Da ciò l'esaltazione della scienza e delle sue capacità di trasformazione della
realtà.
Dunque, il tratto caratterizzante dell’illuminismo era la convinzione che il mondo
potesse essere compreso, ordinato e quindi controllato razionalmente se si fossero
raggiunte delle descrizioni e rappresentazioni corrette. Ciò derivava dal convincimento
che esistesse un’unica modalità corretta di rappresentazione del mondo, quella proposta
dalle scienze e dalla matematica.
Di conseguenza, il paradigma utilitaristico diviene il termine di riferimento per la
crescita della società, il progresso sociale viene consegnato alla ragione e al calcolo. Lo
sviluppo naturale di questa tendenza è il dare prevalenza alla organizzazione e alle
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dinamiche economiche nello sviluppo delle nazioni moderne.
Il primo tratto caratterizzante del capitalismo è il suo essere orientato alla crescita.
Soltanto la crescita, infatti, è in grado di garantire i profitti e l'accumulazione di capitale.
Questo comporta che il capitalismo operi per espandere la produzione,
indipendentemente dalle conseguenze di ordine sociale, politico, ecologico.
Fu il sociologo tedesco Max Weber a sostenere che la razionalità illuministica era
il trionfo di una razionalità strumentale, la cui affermazione non portava con sé la
realizzazione concreta della libertà universale, quanto la creazione di una "gabbia
d'acciaio" di razionalità burocratica che, invece di liberare, costringeva gli uomini in una
nuova schiavitù. Weber intendeva dire che al centro della modernità vi era una
concezione del sapere di tipo tecnico-strumentale, di un sapere cioè finalizzato al
raggiungimento di uno scopo: ciò che era importante, in un mondo ritenuto calcolabile e
controllabile, era sempre più il modo, il mezzo, il "come" raggiungere un certo scopo più
che lo scopo stesso. Alla fine lo scopo veniva a coincidere con il potenziamento della
stessa strumentazione, della sua efficacia: nel tentativo di rendere sempre più potenti i
mezzi per ottenere qualcosa, lo scopo originario veniva lasciato sullo sfondo e sostituito
dall'autonomia degli strumenti.
Centro e soggetto di tale realtà è l'uomo, che con i suoi sforzi, i suoi errori ed i suoi
successi diventa l'autore o coautore dell'universo storico: non si ricercano più un Dio o
una Provvidenza quali responsabili dell'ordine degli eventi; la storia non è più
considerata un processo necessario, assicurato metafisicamente nei suoi presupposti ed
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esiti. La storia è, invece, un ordine problematico che può essere affrontato solo dalle
energie congiunte degli individui e dagli strumenti che la ragione e la scienza mettono a
disposizione.
L'Illuminismo si fa portatore, quindi, di un atteggiamento di fiducia nei confronti
della storia, vista come processo graduale di incivilimento, di progresso e realizzazione
della libertà dell'uomo.
Il mondo moderno ha posto le sue basi su queste idee e su queste dottrine
filosofiche, polarizzando nella società la caratteristica razionale dell’essere umano.
A un certo punto, però, il moderno respingendo del tutto le esigenze e i bisogni non
razionali dell’individuo sembra aver riportato la storia al punto di partenza: le istanze
irrazionali, emozionali e istintive rientrano dalla finestra del mondo privato, una volta
che la società le ha scacciate dalla porta.
Fatta eccezione per lo sviluppo della tecnica e la massimizzazione del benessere
economico, la politica, che ha da tempo sottratto ogni rilievo al bene comune, ha
tralasciato le altre sfere del sociale che sembrano vivere, oggi, in situazioni di estremo
disagio, consistenti in un lento ma costante rintanarsi nella sfera privata (o meglio
dall’erosione dei valori pubblici a vantaggio di quelli privati).
Gran parte del lavoro di Inglehart tende a dimostrare l’ipotesi che il sistema delle
credenze delle popolazioni negli stati subisce dei mutamenti che hanno importanti
conseguenze economiche, politiche e sociali. In una prima fase si ha un forte indice di
correlazione (vicino allo 0,74) tra la crescita economica e il benessere soggettivo;