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re l’organo esecutivo. Esempio tipico di questa forma di governo
viene offerto dagli Stati Uniti in cui il Congresso ed il Presidente
(Capo dello Stato e capo dell’esecutivo) vengono eletti separatamente
e per periodi di durata diversi. Questo comporta una netta indipenden-
za tra i due organi, tale da non consentire al Presidente di sciogliere le
Camere, né al parlamento stesso di revocare il Presidente se non in
casi particolari previsti dalla carta costituzionale.
L’inconveniente in cui rischia di imbattersi questa forma di governo
è dato dalla possibilità, piuttosto frequente, che il corpo elettorale
esprima una scelta politica diversa nell’elezione di un organo rispetto
all’elezione dell’altro. In questo caso infatti l’attività di governo può
andare incontro a numerose difficoltà pratiche fino alla totale paralisi
dei lavori.
Siffatto modello presidenziale è presente soprattutto negli Stati del
continente americano. In Europa invece prevale il secondo modello:
quello parlamentare.
Si tratta di una forma di governo che certamente ignora
l’inconveniente di cui sopra, ma lo fa attraverso un meccanismo
complesso che talvolta può condizionare e paralizzare l’attività del
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governo più di quanto accada con la forma presidenziale. Tale mecca-
nismo consiste nel rapporto di fiducia.
Nel modello paralamentare infatti il corpo elettorale designa i
singoli componenti del parlamento in base ad un proprio indirizzo
politico che è quello espresso dalla maggioranza. La compagine di
governo sarà poi espressione della stessa maggioranza parlamentare.
Ma, perché questa uniformità di indirizzo politico venga in essere e si
conservi per un certo periodo di tempo il parlamento, deve riconoscere
la fiducia al governo attraverso un voto espresso che il governo stesso
chiederà in fase di insediamento.
I governi parlamentari inoltre si caratterizzano, rispetto a quelli
presidenziali, per un diverso ruolo del Capo dello Stato. Infatti mentre
per i governi presidenziali si può affermare, per grandi linee, che il
Capo dello Stato è anche capo dell’esecutivo e che viene eletto dai
cittadini con modalità e durata in carica del tutto indipendenti (di qui il
pericolo che i due organi, esecutivo e legislativo, siano espressione di
due maggioranze diverse) rispetto all’assemblea parlamentare, vice-
versa per i governi di tipo parlamentare la figura del Capo dello Stato
risulta formalmente estranea al rapporto di fiducia che lega il Governo
al Parlamento, ed assume una veste di controllore imparziale delle
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vicende che durante la legislatura possono incrinare tale rapporto di
fiducia. Egli infatti è tenuto a garantire la stabilità e la continuità del
sistema.
Tuttavia, come vedremo in seguito, il Presidente della Repubblica,
nei momenti di particolare fragilità della maggioranza parlamentare,
può assumere in concreto un notevole potere discrezionale che rasenta
quel vero e proprio potere di indirizzo politico che la maggioranza, in
tali momenti, stenta ad esprimere.
Prima di avvicinarci al rapporto di fiducia così come presentato
dalla Costituzione italiana, è bene accennare a come tale rapporto si
inserisce in una forma di governo molto vicina a noi sia per cultura
giuridica e costituzionale, sia per le proposte di cambiamento della
nostra Carta fondamentale ispirate proprio a questo modello di gover-
no. Si tratta del c.d. governo semi-presidenziale applicato attualmente
nella repubblica francese. Come è facilmente intuibile esso presenta
una commistione tra caratteristiche tipiche del governo parlamentare e
caratteristiche di quello presidenziale. Innanzitutto, come per quello
parlamentare, il governo è legato al parlamento da un rapporto di
fiducia che, se revocata, costringe il governo alle dimissioni.
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In secondo luogo il presidente della Repubblica, e capo
dell’esecutivo, è eletto direttamente dal popolo come nei governi
presidenziali.
L’esperienza italiana, che giunge fino ai giorni nostri, ha conosciuto
e conosce una forma di governo parlamentare. Quando, a seguito del
referendum del 1946, si è passati dalla forma monarchica a quella
repubblicana, si è rimasti in un quadro comunque parlamentare seppu-
re mutato per molti altri aspetti. La monarchia parlamentare, infatti,
come fa notare Paladin, presenta notevoli analogie con la repubblica
parlamentare. In entrambe infatti è presente un Capo dello Stato, Re o
Presidente della Repubblica, con poteri neutri rispetto al parlamento e
al governo, e con la principale funzione di vigilare ed intervenire in
tutte le vicende che minacciano la stabilità del rapporto di fiducia
1
.
Tuttavia altri autori, in particolare Marco Olivetti
2
, non mancano di
far notare come il referendum del 1946 abbia drasticamente rotto con
il passato (specialmente con il governo fascista che aveva svuotato il
parlamento delle sue prerogative) introducendo una nuova forma di
Stato, quella repubblicana appunto, che, nell’apparente continuità
formale del rapporto di fiducia tra parlamento e governo, presentava la
1
L. Paladin, Diritto Costituzionale, Cedam 1998.
2
M. Olivetti, La questione di fiducia nel sistema parlamentare italiano, Giuffrè 1996.
10
ulteriore qualificazione di “democrazia rappresentativa”. Ciò vuol
dire, in sostanza, che da quella data in poi il diritto di voto è attribuito
a tutti i cittadini senza distinzione di sesso (suffragio universale) i
quali prendono le decisioni politiche attraverso loro rappresentanti, e
che ogni decisione ed ogni attività seguono la regola maggioritaria.
3
Infatti nella democrazia rappresentativa i cittadini eleggono diretta-
mente un organo con funzioni legislativo-rappresentative, da cui
emana poi il vertice dell’apparato burocratico statale o, accanto
all’organo legislativo-rappresentativo, lo stesso vertice dell’apparato
burocratico (governo presidenziale).
4
3
D’Atena, Il principio democratico nel sistema dei principi costituzionali, in Boll. Inf. Cost. parl.
1994.
4
G.U. Rescigno, Costituzione, forma di governo e mutamento istituzionale, in Arch. Dir. Cost. n.3
1992.
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ATTENUAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE
DEI POTERI:
In base al principio della separazione dei poteri (elaborato soprat-
tutto da Montesquieu), a cui si ispirano le moderne costituzioni, il
funzionamento dell’ingranaggio statale è incentrato nella reciproca
indipendenza tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Solo così
il potere sovrano viene adeguatamente diviso, bilanciato e controllato.
Ebbene l’esperienza storica ha dimostrato come fosse impossibile
applicare una separazione rigida tra i poteri: in particolare la nostra
forma di governo parlamentare, in cui legislativo ed esecutivo sono
legati tra loro dal rapporto di fiducia, appare come uno dei più spiccati
esempi di superamento del principio della separazione dei poteri.
Con l’istituto del rapporto fiduciario, infatti, come vedremo più
avanti, il Governo si assume la responsabilità politica di fronte ad un
parlamento che può in ogni momento, ed in base a valutazioni di
natura strettamente politica (quindi discrezionali), revocargli esplici-
tamente la fiducia o impedirgli di fatto l’adozione dei principali atti di
indirizzo politico. Quando questo succede il Governo si troverà
costretto (si vedrà poi quando vi è obbligato giuridicamente e quando
no) a presentare le dimissioni.
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Questa connotazione del rapporto di fiducia, che così come esposta
farebbe pensare ad una vera e propria “dipendenza” del governo
rispetto all’organo legislativo, va tuttavia integrata da ulteriori sfaccet-
tature che, pur non restituendo alla separazione dei poteri la sua piena
effettività, ne consentono la sopravvivenza in alcuni aspetti fondamen-
tali della vita pubblica al punto tale da indurre alcuni autori come
Galizia
5
a parlare di vera e propria “parità tra Governo e Parlamento”.
Per prima cosa, infatti, va ricordato che la magistratura possiede un
suo organo di autogoverno (il Consiglio superiore della magistratura)
che incarna concretamente ed effettivamente la sua indipendenza dagli
altri poteri dello Stato. In secondo luogo va anche ricordato come le
Forze armate di difesa dipendano unicamente dal Governo, così come
pure indipendente dal Parlamento è l’apparato burocratico ammini-
strativo.
Per quanto riguarda più strettamente il Governo va notato che esso,
come si vedrà, conserva il proprio indirizzo politico di fronte ad ogni
pressione od intralcio che possano derivargli dal diverso indirizzo del
parlamento. Il Governo infatti, pur dovendosi dimettere in caso di voto
di sfiducia, non è mai condizionato, nelle scelte politiche, dagli
orientamenti del Parlamento. Quest’ultimo, cioè, può solo confermare
5
M. Galizia, Le crisi di Gabinetto, in Enciclopedia del diritto Giuffrè 1986.
13
o revocare il rapporto di fiducia, ma non può mai sostituirsi
all’Esecutivo nel compimento dei suoi atti di indirizzo.
D’altronde lo stesso Governo possiede uno strumento di verifica del
rapporto di fiducia, vale a dire la questione di fiducia, del tutto corri-
spondente a quello messo a disposizione del Parlamento, vale a dire la
mozione di sfiducia.
Queste ed altre considerazioni che vedremo più avanti fanno sì che il
principio della separazione dei poteri non risulti poi così anacronisti-
co, ma conservi ancora le fondamentali implicazioni dei rapporti tra
poteri dello Stato.
Per finire va considerata una più attuale ed empirica manifestazione
del principio in questione rilevata da Rescigno nella pluralità dei
partiti. Nel corso della storia della nostra Repubblica, infatti, è stata
soprattutto la presenza di svariati partiti a garantire la necessaria
frammentazione del potere. Questi infatti si impadroniscono, alternan-
dosi, del potere politico senza che nessuno di essi prevalga del tutto
sugli altri. In sostanza, quindi, quella che originariamente era conside-
rata come suddivisione del potere tra più organi indipendenti e separa-
ti, è stata in più momenti concretizzata nella varietà di un quadro
politico costituita dalla presenza di più partiti: non solo nello scenario
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parlamentare, ma nella stessa compagine di Governo dal momento che
essa stessa è inevitabilmente espressione di una coalizione di partiti
(c.d. governo di coalizione). Oggi, tuttavia, questo potere dei partiti si
è andato in parte attenuando per una serie di circostanze che non
potrebbero essere adeguatamente analizzate in questa sede, ma che
hanno a che fare con la caduta del muro di Berlino (che ha in gran
parte eliminato alcune contrapposizioni tra capitalismo ed anticapitali-
smo); con il nuovo sistema elettorale che punta maggiormente ad una
idea di coalizioni bipolari; con l’accrescimento della legislazione e
degli organi sovranazionali e in particolare quelli dell’Unione Europe-
a.
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Gli argomenti trattati in questo primo capitolo sono tratte dai seguenti testi di diritto pubblico e
costituzionale:
T. Martines, Diritto Costituzionale, Giuffrè 1998;
G.U. Rescigno, Corso di diritto pubblico 1999-2000 , Zanichelli;
L. Paladin, Diritto costituzionale, Cedam 1998;
G. Amato – A. Barbera, L’organizzazione costituzionale, Il Mulino 1997;
F. Cuocolo: Istituzioni di diritto pubblico Giuffrè 1996;
Crisafulli – Paladin, Commentario breve alla Costituzione, Giuffrè 1990.