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consapevolezza raggiunta, non vengono più considerati come il substrato
passivo sul quale si svolgono le attività antropiche, ma come sistemi
caratterizzati da complessi e delicati equilibri. La contaminazione di suolo e
sottosuolo è un problema che, pur avendo forte carattere di puntualità, va
affrontato tenendo in considerazione l’elevato numero di interazioni che il
sistema suolo-sottosuolo presenta con gli altri comparti ambientali, con gli
ecosistemi, con le catene alimentari ed, in sintesi, con l’uomo.
Tuttavia, date le strette interazioni con il suolo, anche la falda sotterranea
risulta essere un comparto ambientale potenzialmente a rischio.
Con riferimento al suolo ed alle risorse idriche sotterranee, è importante
distinguere il concetto di rischio di inquinamento da quello sanitario
ambientale.
Il rischio di inquinamento delle risorse esprime la probabilità che si verifichi
un degrado della qualità delle stesse, a seguito del concretizzarsi di una
situazione di pericolo per un sito con determinate caratteristiche di
vulnerabilità.
Il rischio sanitario ambientale permette, invece, la quantificazione del danno
tossicologico prodotto all’uomo e/o all’ambiente per l’effetto della presenza di
una sorgente inquinante, i cui rilasci possono giungere, attraverso vie di
migrazione diverse, ad un soggetto recettore potenzialmente esposto. La
valutazione di rischio sanitario ambientale presuppone, pertanto, la definizione
quantitativa del sistema relazionale “sorgente - percorsi - bersagli”; questa
metodologia permette di individuare le vie di migrazione attive in base alla
specifica contaminazione del sito e, di conseguenza, permette una corretta
definizione del modello concettuale del sito.
Inoltre, questa procedura è un supporto determinante per la scelta e
l’orientamento del tipo e delle caratteristiche dell’eventuale progetto di
bonifica da realizzare.
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In Italia un criterio nazionale di analisi relativa di rischio non è ancora stato
ufficializzato dall’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e dei servizi
Tecnici), quindi, diverse regioni si sono adattate, proponendone la propria
versione.
È a partire da queste considerazioni che è stato realizzato il Lavoro di Tesi qui
presentato, svolto durante il periodo di Tirocinio della scrivente, della durata
di ben. 8 mesi consecutivi, presso l’ARPAM, Agenzia Regionale per la
Protezione Ambientale della Regione Marche.
Il Lavoro di Tesi sviluppato ha specificatamente riguardato l’elaborazione e
l’implementazione di una Proposta possibile di Criterio di Analisi Relativa del
Rischio dei siti contaminati, ai fini dell’individuazione dell’ordine di priorità
d’intervento, con espresso riferimento alla realtà regionale marchigiana.
La Proposta di Criterio di Analisi Relativa del Rischio presentata è stata
sviluppata, principalmente, prendendo come riferimenti il criterio statunitense
HRS proposto dall’EPA e lo “Studio sulla valutazione comparata del rischio da
siti inquinati” proposto dall’ARPAM, Dipartimento di Ancona.
Una volta definiti la struttura e gli algoritmi di calcolo di tale Proposta di
Analisi Relativa del Rischio, la stessa è stata implementata su foglio
elettronico tramite il software Microsoft Excel® e, grazie alle informazioni
messe a disposizione dal Servizio Rifiuti/Suolo del Dipartimento Provinciale di
Ancona dell’ARPAM, relative ad alcune realtà di siti contaminati della Regione
Marche, è stato possibile applicare la suddetta Proposta di Criterio di Analisi
Relativa del Rischio a casi reali di studio.
I siti presi in considerazione sono 7 e presentano caratteristiche differenti
dovute: alla tipologia dell’attività ivi svolta, al livello della contaminazione
presente ed al contesto ambientale circostante; la selezione è stata operata in
modo da ottenere uno scenario il più eterogeneo possibile e riuscire a
descrivere alcune delle diverse realtà regionali.
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Il presente Lavoro di Tesi si articola in 6 Capitoli contenenti:
• la trattazione generale della problematica dei siti contaminati, con
particolare attenzione alla sua dimensione a livello nazionale (Cap. 1);
• l’inquadramento normativo nazionale sulla problematica in oggetto (Cap.
2);
• la descrizione dei criteri di definizione della qualità dei suoli, con
particolare attenzione ai criteri di analisi del rischio relativa (Cap. 3);
• l’elaborazione del modello concettuale della Proposta di Analisi Relativa
di Rischio dettagliatamente presentato e descritto e l’ implementazione
dello stesso su foglio elettronico, tramite il software Microsoft Excel®
(Cap. 4 e Cap. 5);
• i risultati dell’applicazione a casi reali della Proposta di Analisi Relativa
di Rischio e l’analisi critica dei risultati conseguiti (Cap. 6).
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CAP. 1 - LA PROBLEMATICA DEI SITI
CONTAMINATI
La caratterizzazione e il recupero dei siti contaminati sono problematiche
tanto complesse quanto estese, sia a livello europeo che a livello nazionale; per
questo motivo, l’identificazione, la caratterizzazione ed il recupero di aree
contaminate costituiscono, oggi, un tema ambientale di prioritaria importanza.
La problematica dei terreni contaminati è strettamente legata allo sviluppo dei
paesi industrializzati e risale alla fine degli anni settanta, quando si
manifestarono numerosi casi di grave inquinamento, derivati essenzialmente da
accumuli di rifiuti chimici e da sversamenti di reflui pericolosi, nel suolo, nel
sottosuolo e nei corpi idrici; inoltre, le attività di recupero di aree
precedentemente occupate da industrie (siderurgiche, petrolchimiche, ...) che
risultavano spesso contaminate, hanno richiesto interventi di bonifica prima di
un loro possibile utilizzo.
Trovare una soluzione a questo problema risulta fondamentale perché, oltre a
rappresentare un grave pericolo per l’ambiente, esso costituisce un danno
economico, soprattutto in quei paesi dove il territorio rappresenta una risorsa
limitata.
L’Italia è uno di questi paesi, con un alta percentuale di territorio montuoso e
un’elevata densità di abitanti nelle pianure. Proprio in queste ultime si
rinvengono i maggiori siti degradati e/o contaminati (Misiti A., 2000).
1.1 – DEFINIZIONE DI SITO CONTAMINATO
Nell’affrontare il problema dei siti contaminati, la prima questione che si
incontra è trovare una definizione univoca di “terreno o sito inquinato”.
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A livello europeo, infatti, non esiste una definizione concordemente accettata
e quelle adottate dai diversi Stati membri non sono pienamente omogenee l’un
l’altra.
Di seguito vengono riportate, a titolo di esempio, le definizioni proposte dal
Ministero dell’Ambiente italiano sull’argomento, nei due principali testi
legislativi di riferimento, fino ai giorni d’oggi.
Nel D.M. Ambiente 16/05/89, all. A, i SITI CONTAMINATI sono descritti
come: “… aree potenzialmente contaminate a causa del contatto, accidentale o
continuativo, con le attività e sostanze legate ai cicli di produzione di rifiuti
potenzialmente tossici e nocivi”.
Il D.M. Ambiente 25/10/99 n. 471/99, nell’Art. 2, riporta invece le seguenti
definizioni:
a) “SITO: area o porzione del territorio, geograficamente definita e
delimitata, intesa nelle diverse matrici ambientali e comprensiva delle
eventuali strutture edilizie ed impiantistiche presenti;
b) SITO INQUINATO: sito che presenta livelli di contaminazione o
alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del sottosuolo o delle
acque superficiali o delle acque sotterranee tali da determinare un pericolo
per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito ...;
c) SITO POTENZIALMENTE INQUINATO: sito nel quale, a causa di
specifiche attività antropiche pregresse o in atto, sussiste la possibilità
che nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque superficiali o nelle acque
sotterranee siano presenti sostanze contaminanti in concentrazioni tali da
determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o
costruito”.
Visti i recenti sviluppi della normativa a livello nazionale, è necessario citare le
nuove definizioni in vigore con il D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante "Norme
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in materia ambientale", Parte Quarta, Titolo V-Bonifica di siti contaminati,
art. 240:
a) “SITO: l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e
determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, sottosuolo ed
acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e
impiantistiche presenti;
b) CONCENTRAZIONI SOGLIA DI CONTAMINAZIONE (CSC): i livelli di
contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra
dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito
specifica …;
c) CONCENTRAZIONI SOGLIA DI RISCHIO (CSR): i livelli di
contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con
l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica…, il cui
superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di
concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il
sito;
d) SITO POTENZIALMENTE CONTAMINATO: un sito nel quale uno o più
valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici
ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di
contaminazione (CSC), in attesa di espletare le operazioni di
caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito
specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di
contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio (CSR);
e) SITO CONTAMINATO: un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia
di rischio (CSR), …, risultano superati.”
In generale, si osserva che l’approccio normativo, almeno fino al predetto
recente D. Lgs. n. 152/2006, alla definizione di sito contaminato o
potenzialmente tale presenta dei limiti; queste definizioni, come quelle
adottate da altri paesi non rendono, infatti, compiutamente evidenti le strette
ed assai delicate interconnessioni ambientali che hanno luogo in un sito
contaminato. Volendo trattare la problematica secondo un’ottica che si
potrebbe definire “ecosistemica ed integrata” è corretto proporre la seguente
definizione di sito contaminato (de Fraja Frangipane E. et al., 1994): “in linea
di principio, perché un’area possa ritenersi contaminata, o più correttamente
potenzialmente tale, occorre che si realizzi la compresenza di tre condizioni:
• una sorgente (o fonte ) di contaminazione;
• una o più vie (o percorsi) di effettiva migrazione, attraverso le quali, cioè,
le sostanze inquinanti possano diffondersi nell’ambiente;
• alcuni bersagli (o ricettori) viventi e non, intercettati dai percorsi di
migrazione e dunque minacciati dalla diffusione dei contaminati.”
Per comprendere meglio questi concetti può essere d’aiuto la Fig. 1.1.
Fig. 1.1 – Un tipico esempio di area potenzialmente contaminata: la
discarica incontrollata (de Fraja Frangipane E. et al., 1994)
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