Capitolo 1 Introduzione
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Per l’analisi di tali problematiche è opportuno un approccio multidisciplinare,
che non si limiti a rispondere ad un’immediata necessità di messa in sicurezza, ma che
si ponga come scopo uno studio approfondito e complessivo di questi sistemi fluviali.
E’ dunque necessaria un’indagine che prenda in considerazione anche fattori di tipo
naturalistico, biologico, economico e sociale. E’ proprio in questo contesto che si
inserisce la figura dell’ingegnere ambientale. Tale specializzazione è stata pensata come
ponte tra lo studioso di fenomeni naturali e le scienze ingegneristiche pure. A differenza
del passato dove spesso queste figure lavoravano per comparti stagni, quasi
contendendosi il campo a scapito del buon inserimento dell’opera nel territorio, oggi
sono riunite nella stessa persona. Le tradizionali attività quali, ad esempio, la protezione
da eventi di piena, la stabilità degli argini o ancora la salvaguardia dei tratti interessati
da opere d’attraversamento, devono fare i conti con la necessità di una corretta
programmazione dei lavori nel rispetto dell’ambiente. Tutto ciò al fine di ripristinare le
condizioni naturali perdute ed, eventualmente, incrementarne la biodiversità e la
capacità autodepurativa, rispettando i vincoli di sicurezza ed integrando le necessarie
opere di difesa (Klaassen et al., 2002).
Attualmente tuttavia non si può di certo dire che queste pratiche di ingegneria
nel rispetto dell’ambiente siano insite nelle sistemazioni fluviali che, in genere nel
passato, sono state caratterizzate da una marcata componente artificiale con finalità
soprattutto di risparmio economico. Non si tratta solo di opere di difesa idraulica o
utilizzo del suolo, ma anche di opere finalizzate al mero utilizzo dell’acqua (deviazioni,
dighe o traverse) o allo sfruttamento delle vie d’acqua (Figura 1.1). In questo modo
l’uomo interagisce continuamente con i processi naturali, modificandoli,
consapevolmente o no, in funzione delle proprie esigenze. In tale contesto, l’errore più
frequente è di valutare la situazione a breve termine, considerando solo un immediato
guadagno a fronte magari di una considerevole perdita futura. L’obiettivo al quale
tendere è, in quest’ottica, uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni dell’attuale
generazione senza compromettere il soddisfacimento dei bisogni di quelle future
(sviluppo sostenibile - Rapporto Brundtland, 1987).
Figura 1.1 - La più grande diga al mondo: The Three Gorges. Comporterà (fine 2009)
l’utilizzo di 78.000 m
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di cemento armato per sbarrare lo Yangtze River e controllare un bacino
idrico di 1 milione di km
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caratterizzato da una portata annua media di 451 bilioni di m
3
Capitolo 1 Introduzione
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1.1 PERCHÉ STUDIARE LE RETI INTRECCIATE?
E’ sufficiente osservare il globo terrestre dall’alto, per rendersi conto di quante
regioni siano meravigliosamente scolpite da sistemi fluviali, caratterizzati da un
andamento pluricursale. Queste cinture alluvionali, braiding nella letteratura
anglosassone, si nascondono spesso in zone antropicamente povere, in quanto la
presenza dell’uomo, con i suoi interventi, vincola e riduce l’ampio spazio di cui queste
necessitano per ridisegnare i loro approssimati contorni (Figura 1.2).
Con questo inglesismo, braiding, si definisce una delle forme più affascinanti
che un fiume possa assumere. Tale configurazione è contraddistinta dalla presenza di
numerosi canali che interagiscono tra loro in modo dinamico tramite il ripetersi di
processi elementari, capaci di incidere figure geometricamente simili sia a piccola che a
larga scala (Sapozhnikov et al., 1998). Il risultato di questa interazione è un susseguirsi
di nodi (confluenze e biforcazioni) presenti sulle piane alluvionali a diverse scale, dai
piccoli sistemi sviluppatosi nelle vallate glaciali come il Rio Ridanna (Alto Adige, Italia
settentrionale); fino ai sistemi fluviali più vasti al mondo come il Brahmaputra che
nasce in Tibet, scorre in India ed in Bangladesh e sfocia nel golfo del Bengala assieme
al Gange. Murray & Paola (1994) definirono un sistema a braiding come “the
fundamental instability of laterally unconstrained free-surface flow over cohesionless
beds”. Con questa definizione non si riesce a celare, anzi appare evidente, quanto
l’uomo sia lontano da una completa conoscenza di questi complessi ecosistemi; un
tempo esso li osservava dall’esterno, li vedeva grandiosi ed intricati e li rispettava
considerandosi parte e non amministratore. Ben presto però ci si rese conto che questi
sistemi offrivano una quantità di risorse ben superiore a quelle strettamente necessarie
per vivere. E’ in questo frangente che nell’uomo nasce il desiderio di sfruttare
maggiormente queste fonti d’acqua per migliorare le proprie condizioni di vita; non si
accontenta più di partecipare agli eventi naturali ma li vuole dominare, controllare.
Tale volontà di dominare si è espressa tramite un binomio costituito dallo
sfruttamento delle risorse da una parte e la necessità di difesa dall’altra dovuto
all’inevitabile avvicinamento ai corpi idrici spesso fonte di pericoli. Le opere
ingegneristiche che danno fisicità a tale binomio, hanno avuto quasi sempre forte
impatto sui sistemi fluviali e gli equilibri che gravitano intorno ad essi, coinvolgendo sia
aspetti di macroscala che di microscala. Purtroppo è un dato di fatto che queste
forzature limitano la singolare evoluzione morfologica degli alvei.
La risposta del fiume a tali vincoli deve essere prevista ed è, quindi, necessario
approfondire la conoscenza dei meccanismi che la regolano, al fine di un’oggettiva
valutazione dei costi benefici dell’intervento; in sostanza: è vantaggioso o meno, per
l’uomo e il sistema naturale stesso? E’ proprio questo uno dei compiti della
morfodinamica fluviale. Erede di raffinate leggi dall’idraulica, ma pur sempre
Capitolo 1 Introduzione
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relativamente moderna, questa scienza, studia essenzialmente l’evoluzione delle forme
che determinano l’assetto altimetrico e planimetrico degli alvei fluviali, a conseguenza
di perturbazioni esterne od intrinseche al sistema. Tramite l’impiego di modelli
matematici riesce dunque ad investigare sulle forme ricorrenti che raggiungono un loro
equilibrio e cerca di prevederne la dinamica di formazione ed evoluzione nel tempo.
In aggiunta, le numerose lacune presenti ancor oggi nella letteratura specifica di
riferimento, imputabili in parte alla particolarità delle reti a braiding, rendono ancor più
necessario uno studio delle relazioni tra le caratteristiche morfometriche della rete ed i
parametri idraulici che le governano. Queste lacune si manifestano soprattutto negli
attuali modelli di previsione morfodinamica, i quali possono garantire previsioni
efficienti solo nel breve termine dell’ordine dell’anno ma necessitano di un complesso
processo di taratura caso per caso. Nonostante questo, le attuali tendenze dell’ingegneria
fluviale, che sempre più utilizzano modelli matematici per indirizzare le proprie scelte,
sono volte all’approfondimento delle caratteristiche dei corsi d’acqua e delle loro
dinamiche, per una migliore pianificazione degli interventi atti sia a garantire la
sicurezza idraulica, sia, in alcuni casi, a ripristinare le condizioni naturali laddove
pesantemente compromesse. Questo tangibile degrado ambientale di cui l’uomo si è
macchiato in quest’ultimo secolo è diretta conseguenza di un uso improprio delle
tecnologie sviluppatesi più velocemente delle tecniche di ingegneria naturalistica
preposte appunto al mantenimento degli ecosistemi bersagliati dalle sue opere.
A tale proposito è utile ricordare che i più importanti documenti redatti a livello
internazionale hanno considerato “una tecnologia ecocompatibile” come argine della
degradazione ambientale. Sia nella Conferenza di Stoccolma delle Nazioni unite
sull’ambiente (5-16 giugno 1972) che in quella di Rio (3-14 giugno 1992) si considera
obiettivo primario l’internazionalizzazione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche
in quanto è necessaria una stretta partnership tra tutti i Paesi. Per di più, recentemente
(22 dicembre 2003), è stata recepita dagli Stati Membri una nuova normativa europea
(2000/60/CE) in materia d’acqua che obbliga gli stessi a prevenire ulteriori forme di
deterioramento dei corpi idrici, migliorando e rinaturalizzando gli ecosistemi acquatici e
terrestri che dipendono dalla presenza d’acqua. L’obiettivo è quello di raggiungere un
buono stato delle acque superficiali entro il 2015, avendo come riferimento parametri ed
indicatori, per la prima volta non solo chimico-fisici, ma anche biologici e
idromorfologici atti a preservare ed integrare la funzionalità ecologica del corso
d’acqua. In questo contesto, per la prima volta, si sono sentite le necessità di interventi
pratici atti per esempio al ripristino e al reinsediamento di fitocenosi stabili,
all’eliminazione o riduzione degli ostacoli fisici nelle sezioni più critiche e addirittura,
al recupero di aree di esondazione anche tramite la riapertura di vecchi canali secondari.
E’ dunque chiara la volontà dell’attuale impianto legislativo di incentivare nuove
prospettive gestionali che mirino a dare più spazio ai sistemi fluviali sostenendo un
Capitolo 1 Introduzione
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ritorno allo stato naturale dei canali, sinonimo spesso di braiding.
Connesso a questo, studi recenti hanno evidenziato l’importanza della
vegetazione ripariale, ma anche interna all’alveo attivo, nei processi fluviali e nella
determinazione della morfologia; le interazioni tra flusso, vegetazione, trasporto dei
sedimenti, morfologia fluviale, espansione e contrazione del sistema fiume-piana
rappresenta perciò uno dei nuovi principali argomenti di interesse scientifico, accanto
alla necessità di una maggiore comprensione dei processi, se esistono, che governano
equilibrio, stabilità ed evoluzione soprattutto degli alvei intrecciati.
In campo scientifico è ormai d’opinione comune che queste reti costituiscono un
importante fattore di sostegno della biodiversità. Questo soprattutto perché gli intrecci
che le caratterizzano ripartiscono il flusso in molteplici canali di dimensioni diverse,
creando svariate condizioni idrauliche e fisiche ottimali per lo sviluppo di un mosaico
di habitat di diverse età. Inoltre anche i normali eventi di espansione e contrazione del
corso d’acqua (flow pulse, flood pulse), sono di fondamentale importanza per il
mantenimento di questo insieme di ecotoni. Mosley (1982), per esempio, ha osservato
come, in seguito ad un aumento di portata, alcuni canali di una rete diventano più larghi,
profondi e spesso convergano in un singolo grande alveo, mentre altri nuovi rami
caratterizzati da proprietà simili ai canali poco più formati, si aggiungono alla rete.
Questo processo ha delle importanti ripercussioni ecologiche in quanto, per esempio,
l’area totale delle zone adatte alla deposizione dei salmonidi rimangono costanti a
fronte di rilevanti escursioni di portata.
E’ chiaro come, in questo contesto, gli alvei a braiding, rappresentano degli
entusiasmanti laboratori di ricerca naturali adatti allo studio di complessi processi di
formazione di ecotoni utili da preservare e proteggere, nel ambito di un più ampio e
sostenibile sviluppo ambientale.
Figura 1.2 - Esempio di fiume a braiding: il Tagliamento
Capitolo 1 Introduzione
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1.2 IL PRESENTE LAVORO
Tempi scala dei singoli fenomeni confrontabili tra loro. Grande disponibilità di
sedimenti. Tendenza del canale ad erodere localmente. Impreviste ricomparse di canali
ormai secchi. Avulsioni di canali nel pieno della loro attività. Questo ritmo rapido ed
avvincente, è sinonimo del naturale evolvere di un alveo a braiding. “Rivers are the
authors of their own geometry” scriveva Gary Parker in una sua presentazione del 2004.
“In ogni momento” si potrebbe aggiungere, poiché in realtà questi canali migrano e
cambiano le loro geometrie indipendentemente da fenomeni intensi; erodono le sponde
e arricchiscono i depositi con processi deboli ma prolungati nel tempo. Sono spesso più
importanti questi fenomeni di erosione determinati dal campo di moto insistente, che le
onde di piena che appiattiscono e spazzano via molte forme presenti nella fascia
alluvionale. Questa si può dire sia la peculiarità predominante delle reti a braiding.
Il presente lavoro di tesi si inserisce in un ampio progetto di caratterizzazione
morfodinamica delle reti fluviali e dei processi che ne governano la dinamica. Nello
specifico è stato monitorato un alveo pluricursale con l’obiettivo principale di
descrivere i singoli parametri macroscopici di una rete intrecciata al variare della
portata.
Gran parte dello studio pertanto sarà dedicato al monitoraggio in automatico di
una rete a braiding al fine di riconoscere ed analizzare le principali peculiarità
morfometriche della stessa. In particolare si è installata una postazione fissa per il
telerilevamento di un tratto significativo del più grande fiume intrecciato italiano: il
Tagliamento.
Questo progetto vede il Tagliamento come obiettivo culminante di diversi anni
di ricerca, sia di campo che di laboratorio, sulle reti intrecciate. Nel corso del lavoro
verranno presentate le motivazioni che hanno permesso di identificare due tratti
significativi della rete su cui concentrare le risorse: non è stato complicato trovare una
zona libera da interventi antropici in questa asta fluviale famosa in Europa per la sua
naturale dinamicità e complessità morfologica.
Nella prima parte verranno approfondite tecniche fotogrammetriche che
permetteranno di ottenere delle ortofotocarte partendo dalle numerose riprese oblique
della rete. Su tali immagini rettificate saranno sviluppate procedure di riconoscimento
dei canali mediante un analisi spettrale della componente principale. In ultimo si
procederà ad una rielaborazione spaziale tramite filtri geometrici ed alla classificazione
finale in due classi: acqua e non acqua.
Verrà più volte ribadito come le indagini in proximal sensing, acquisizioni di
immagini da postazioni fisse a terra, hanno contribuito a ridurre i tempi ed il numero di
persone richiesto per la collezione di informazioni proprie della rete. Ciononostante, in
parallelo a questa prima fase dei lavori, si è sentita la necessità di effettuare campagne
Capitolo 1 Introduzione
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di misura capaci di definire un database il più completo possibile delle grandezze
caratteristiche di un braiding. Misure locali di velocità, campionature granulometriche,
rilievi topografici, analisi dei profili longitudinali dei canali e materializzazione dei
talweg saranno dunque le principali attività che occuperanno in alveo il team di ricerca
di Trento.
Nella seconda parte del lavoro convergeranno tutti i risultati del monitoraggio
fotogrammetrico e quelli relativi ai vari rilievi in campo. Verranno digitalizzate le
ortofotocarte prodotte grazie al set di target definiti sulla piana e si analizzeranno
minuziosamente per via grafica alcune peculiarità della rete, quali: il grado di
inondazione, la complessità del sistema vista come combinazione dell’indice di braiding
e sinuosità dei canali, l’evoluzione della linea di costa e la larghezza caratteristica della
fascia alluvionale definita con diversi criteri.
La descrizione delle tipologie di misure effettuate sull’alveo intrecciato (cap. 4),
della strategia di monitoraggio automatico (cap. 5) ed i risultati emersi dalla loro analisi
(cap. 6) sono stati affiancati ad una raccolta, elaborazione ed analisi della
documentazione fotografica sulla zona di studio relativa all’ultimo decennio (par. 6.2).
Le misure dei parametri idraulici e topografici hanno consentito di evidenziare
alcuni elementi ricorrenti che emergono nell’analisi della configurazione
morfodinamica della rete. Si è osservato, per esempio, come l’area dei canali bagnati
aumenti velocemente a discapito delle zone bagnate da acque ferme in funzione del
livello idrico, ma anche come questa perdita di zone idraulicamente calme, sia
compensata da un aumento altrettanto vistoso della linea di costa.
Infine si è verificata l’applicabilità delle procedure automatiche di
riconoscimento mediante un codice di calcolo implementato allo scopo di estrapolare
dalle ortofoto classificate alcune grandezze geometriche significative.