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Guignol,
la marionetta lionese cui Oscar Méténier si ispirò
per dare un nome al suo teatro.
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nella sua opera. Il luogo di fondazione ideale per il suo teatro, Méténier
lo trovò nella piccola sala, situata in Impasse Chaptal, del Théâtre
Salon, un teatro dalla brevissima esistenza ( il 1896 fu sia il suo anno
di fondazione che di chiusura) il cui principale merito è quello di aver
messo a disposizione, con la propria scomparsa, una sede adeguata per
il ben più longevo Grand Guignol
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che risiederà in quello che era allora
il più piccolo edificio teatrale di Parigi per tutti i suoi 65 anni di
attività.
Il nome scelto per il nuovo teatro era un riferimento esplicito ad una
marionetta, che si chiamava appunto Guignol, ed era stata ideata
attorno al 1808 da Laurent Mourguet (1769-1844), un ex-operaio
lionese trasformatosi in burattinaio, che proprio grazie al successo
della sua creatura ottenne fama e ricchezza. Il personaggio incarnato da
Guignol è quello di un canut, ossia di un operaio specializzato
dell’industria serica di Lione, categoria di lavoratori famosi per la
combattività con cui facevano valere i loro diritti. Il carattere della
marionetta rispecchiava in pieno questa attitudine battagliera, e lo fece
divenire ben presto un feroce fustigatore dei costumi, critico
implacabile dei ricchi e dei potenti, attitudine che lo mise spesso in
urto con le autorità. E proprio le censure di cui era vittima ispirarono
1
Furono i fondatori del Théâtre Salon a trasformare in teatro un immobile che sino
ad allora era stato utilizzato per altri scopi (tra gli altri come cappella e come studio
di pittura), risparmiando così a Méténier i costi di una ristrutturazione.
5
Méténier, e lo spinsero a richiamarsi allo spirito irriverente del
burattino, ed alla sua scomoda sincerità, al momento di imporre un
nome al teatro, che nelle sue intenzioni avrebbe ripreso il ruolo critico
di Guignol, ma da una prospettiva più moderna e smaliziata.
Il Grand Guignol si mise subito in luce sia per le tematiche forti
affrontate, fu il primo teatro a trattare apertamente di prostituzione, sia
per l'uso disinvolto delle parlate argotiche e gergali per rendere più
realistiche le rappresentazioni dell'ambiente malavitoso. Ma oltre a
queste, un'altra peculiarità ha reso famoso il teatro trasformando il suo
nome in quello di un genere teatrale a se stante, e consegnandolo alla
storia ed all'uso comune come sinonimo di orrore e sanguinosità: la
rappresentazione del delitto in tutta la sua efferatezza con ampio
utilizzo di quelli che oggi diremmo effetti speciali e che
comprendevano copiose quantità di sangue, finto o di origine animale,
interiora di pecora e tutta una serie di spaventosi oggetti di tortura e di
morte (mannaie, bisturi, rasoi, acidi, veleni dei più vari, coltelli, mazze,
fruste, kris malesi, persino una sala operatoria perfettamente attrezzata
e la ghigliottina). Scopo dichiarato di questa infinita panoplia di armi
terribili e del loro spietato utilizzo era quello di suscitare nel pubblico
sentimenti di terrore, di orrore e di raccapriccio, di scuotere i nervi
dell'uditorio sino al parossismo della paura e al puro panico, riuscendo
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quasi sempre egregiamente in questa nobile missione. Infatti la storia
del Grand Guignol è la storia di un grande successo economico e di
pubblico, se certo non sempre di critica. Generazioni di parigini hanno
varcato la soglia del teatro di Impasse Chaptal alla ricerca della loro
periodica dose di adrenalina ed ammiccamenti erotici
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, e centinaia di
autori hanno scritto opere per soddisfare la sete di terrore del pubblico.
Se la maggior parte di questi autori ci è nota solo per una o due pièces,
alcuni sono stati sicuramente molto più prolifici ed hanno dato un
grande contributo allo sviluppo del genere ed al suo successo. Tra
questi, oltre al già citato Méténier, che fu ad un tempo fondatore, primo
direttore, e primo autore del Grand Guignol, occorre ricordare André
de Lorde,"il Principe del Terrore", autore di molti dei più grandi
successi di questo teatro ed in qualche modo suo uomo-simbolo più
celebre, Alfred Binet, più celebre come uomo di scienza che come
drammaturgo ma la cui attività, perlopiù in collaborazione con De
Lorde, è stata essenziale per conferire al Teatro del Orrore uno stigma
di scientificità nella rappresentazione del Male che si annida
nell’animo umano.
In ultimo merita una citazione anche Eddy Ghilain l' ultimo autore del
Grand Guignol che, nel corso degli anni '50 e primissimi '60, tentò di
2
Per una lettura del Grand Guignol in chiave di teatro erotico vedi Agnès Pierron,
Le Grand Guignol , Ed. Laffont , Parigi, 1995.
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rivitalizzare un genere ormai esausto, e purtroppo superato sia dalla
cronaca che dalla storia nella sua attività di generatore di orrori per
eccellenza, accentuando la componente erotica nelle pièces che egli
stesso scriveva ed interpretava, unico esempio noto di autore-attore
nella storia del teatro di Impasse Chaptal. Purtroppo i suoi sforzi
furono vani ed il Grand Guignol chiuse i battenti, per mancanza di
pubblico, nel 1962. Se il teatro aveva fatto il suo tempo fu purtroppo
un forte pregiudizio sul suo valore culturale a impedire per molti anni
che almeno il genere fosse oggetto di una riflessione critica organica, e
solo recentemente ci si è iniziati ad interessare ad esso. Con questo
scritto non intendo certo colmare la lacuna di un opera che tratti
ampiamente ed in modo esaustivo un argomento così ampio e poco
esplorato come il Grand Guignol, ma mi propongo semplicemente, e
con la pochezza dei miei mezzi, di illustrarne alcuni aspetti specifici,
utili forse per una migliore comprensione del genere e del successo
che ebbe nella sua epoca.
All’interno del genere Grand Guignol si possono individuare diversi
filoni, quasi dei sottogeneri, che riflettevano l’epoca in cui vennero
scritti e soprattutto le paure che attanagliavano la società di quei tempi.
Ad esempio il cosiddetto “pericolo giallo” fa la sua comparsa in
palcoscenico nel 1904, con “La dernière torture” di André de Lorde e
8
E. Morel, pièce ambientata a Pechino durante la rivolta dei Boxer
(luglio 1900), quando il ricordo e l’emozione causata da quei terribili
avvenimenti sono ancora ben vivi nella mente del pubblico, per
riapparire più e più volte nel corso degli anni sotto le spoglie di
crudelissimi e raffinati torturatori orientali.
Una menzione a parte meritano poi le opere di ambiente malavitoso,
messe in scena dal Grand Guignol coerentemente con i proponimenti
del suo fondatore (e grande esperto del milieu criminale parigino),
Oscar Méténier, che fu autore di diverse di queste pièces, al fine di
svolgere quella funzione di critica sociale, movente nobile cui si
ascriveva la decisione stessa di fondare un teatro
3
.
Un excursus tra i vari sottogeneri grandguignoleschi potrebbe
continuare citando le rievocazioni, di personaggi storici, come il
marchese De Sade
4
o Rasputin
5
, o degli orrori delle guerre, o di molto
altro ancora.
Ma, a mio parere c’è un filone in particolare che si impone
all’attenzione più di altri, quello della cosiddetta “pièce médicale”.
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Vedi “Les idées de Guignol”, articolo firmato “Guignol”, ma da attribuirsi allo
stesso Méténier, in Grand Guignol n°1, 8 gennaio 1898, citato da Agnés Pierron in
“Le Grand Guignol”, Edizioni Robert Laffont, Parigi 1995.
4
"Le marquis De Sade" di C. Méré (1921)
5
"La dernière nuit de Raspoutine" di A.P. Antoine (1924)
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Questo termine si usava, già all’epoca, per indicare tutte quelle opere
che avevano per protagonisti medici, o che erano ambientate in qualche
istituzione sanitaria (ospedali, sanatori, manicomi e case di cura).
Per meglio comprendere questo genere teatrale occorre fare però
alcune considerazioni preliminari.
La fine del XIX e l’inizio del XX secolo furono un’epoca di grandi
scoperte e di sviluppo delle conoscenze scientifiche. In particolare la
scienza medica sembrava sulla soglia di scoperte straordinarie,
diremmo quasi risolutive, nell’ambito dei meccanismi che regolano la
vita e la morte, forse anche sul punto di svelarne il mistero
6
.
La maggior parte degli scienziati, nei vari campi di ricerca proclamava
la necessità di diffondere una nuova mentalità, un nuovo spirito
progressista e scientifico, al fine di affrancare l’uomo dalle pastoie di
millenarie superstizioni e condurlo verso il futuro.
In questa opera di diffusione del verbo scientifico la classe medica
svolgeva una sorta di apostolato laico, il medico era in qualche modo
lo scienziato che operava nella società.
I dottori a causa del loro lavoro erano chiamati ad operare nei più
disparati ambiti sociali portando con sé, talvolta persino nelle più
remote condotte di campagna, nuove norme igieniche, profilassi, cure,
6
Per un discorso più generale sulle convinzioni e le aspettative riguardo alla scienza
nella seconda metà del XIX secolo, vedi E. J. Hobsbawm, "The age of Capital. 1848-
1875", Weidenfeld and Nicolson (1975), capitolo XIV.
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ma soprattutto un diverso approccio al mondo una nuova fiducia nel
progresso e nella scienza; tutto ciò presso strati della popolazione fino
ad allora esclusi da ogni sviluppo.
Questa nobile opera di incivilimento aveva però un lato oscuro. Infatti
se il medico appariva più che mai vicino a possedere il segreto della
vita e della morte, proprio questa vicinanza alle prerogative di Dio lo
rendeva anche una figura inquietante, quasi una moderna riedizione del
negromante, che traeva dai cadaveri il proprio sapere.
Così medici folli e luminari affetti da monomania iniziarono a
dedicarsi alacremente a tentativi di rivitalizzazione di cadaveri, a
dissezioni di esseri umani viventi, e via via macellando;tutto ciò,
beninteso, sulle tavole del palcoscenico.
In sostanza lo spettatore del Grand Guignol era invitato ad interrogarsi
su cosa sarebbe potuto accadere, se la scienza medica si fosse volta al
male, oppure se fosse stata guidata dalla follia.
Se, come accadeva a volte all’epoca, uno scienziato faceva
dichiarazioni di fede esclusiva nella scienza e riconosceva come unico
imperativo morale la ricerca del sapere, quali garanzie c’erano che il
suo operato non travalicasse i limiti imposti dalla convivenza umana?
E questi limiti non erano già forse troppo ampi nell’esercizio di una
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professione, come quella medica , che spesso impone pratiche estreme
e, talvolta oscure per i profani, per ottenere la guarigione del paziente?
Inoltre, quale considerazione etica potrà fermare la mano dello
scienziato, o del medico, dal compiere qualche atrocità se da essa si
aspetta di trarre un beneficio per la sua arte o per l’umanità, o anche,
semplicemente un po’ di conoscenza in più? Ed inoltre, se la follia
dovesse colpire la mente di chi è così addentro ai misteri della natura,
quali orrori potrebbe ispirargli?
Molte opere del Grand Guignol si sono occupate di rispondere a questi
interrogativi; ma oltre a questi, un altro aspetto, più banale magari, ma
forse proprio per questo anche più inquietante, è stato oggetto di
creazione drammaturgica, talvolta con conseguenze anche nel mondo
reale.
Se infatti è vero che il distacco emotivo è necessario per esercitare la
professione medica, questo unito alla lunga familiarità col dolore altrui
può trasformarsi in indifferenza, disinteresse ed incuria
Giovani internisti desiderosi di mettersi in luce e fare carriera lasciano
soffrire e magari morire poveri pazienti per non irritare i loro superiori
con qualche eccesso di zelo, o per non mettersi nei guai violando
qualche sciocco regolamento interno. Medici preoccupati più del loro
guadagno che della vita dei malati
12
Il primo manifesto del Grand Guignol,
alla sua apertura nel 1897.
(Si noti nell’illustrazione il riferimento ancora evidente
al teatro delle marionette).
13
. Medici preoccupati più del loro guadagno che della vita dei malati. E
non ultime istituzioni sanitarie rigide ed autoritarie che sfruttano i
poveri affidati loro dalla pubblica assistenza per far esercitare gli
studenti, o magari per fare da illustrazione vivente alle teorie di qualche
illustre cattedratico, badando sempre bene però a non farli guarire per
non perdere qualche “caso” interessante.
Questi, ed altri scenari simili, evocati in alcuni drammi hanno
provocato spesso violente reazioni nell’opinione pubblica, talvolta
provvedimenti governativi e, sempre, l’indignazione e le proteste dei
sanitari.
Tali opere venivano intese dai loro autori come parte di vere e proprie
campagne moralizzatrici, riaffermando la vocazione di un teatro che,
fin nella scelta, quale nume tutelare, di Guignol
7
, marionetta lionese
simbolo per eccellenza di insubordinazione civile, si volle sempre
teatro di denuncia.
Nelle prossime pagine mi propongo di illustrare, attraverso l’analisi di
alcune “pièces médicales” i diversi aspetti di questa particolare
tipologia di testi.
7
Vedi nota 3
14
Le opere che intendo analizzare sono:
ξ "Le Chirurgien de service" di J. Gravier e A. Lebert (1905)
ξ "Une Leçon à la Salpetrière" di A. de Lorde (1908)
ξ " L’Horrible Expérience " di A. de Lorde e A. Binet (1909)
ξ "Dichotomie" di A. Mouezy e G. Jubin (1911)
ξ "Le Laboratoire des Hallucinations" di A. de Lorde (1916)
ξ "Vers l' Au-dela" di C. Hellem e P. D'Estoc (1922)
ξ "Le Baiser de sang " di J. Aragny e F. Neilson (1929).
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Capitolo 1
"Le Chirurgien de service" di J. Gravier
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e A. Lebert
Ecco una breve sintesi della trama: nella sala di guardia di un ospedale
parigino, gli internisti stanno passando una allegra nottata. Arriva la
bella Hélène amante di Randoin che è di guardia. Improvvisamente
giunge un’ambulanza con una giovane donna che deve essere operata
d'urgenza. Nessun chirurgo è presente in ospedale e l'unico che
potrebbe operarla è proprio Randoin. Hélène lo esorta ad agire, ma il
giovane non intende farlo senza un'autorizzazione superiore, che gli
viene negata dal direttore. Il tardivo sopraggiungere del chirurgo di
servizio è inutile. La paziente muore, mentre Hélène fugge
scandalizzata.
Questo dramma è esemplare degli intenti di denuncia del Grand
Guignol
9
e rappresenta anche una delle iniziative di maggiore efficacia
8
Johannès Gravier, dopo questo brillante esordio drammatico, ha scritto per il Grand
Guignol soprattutto commedie: “Le rouge est mis” (1906), “La suicidette” (1907),
“La fée déçue” (1911).
9
D'ora in poi mi riferirò al nome Grand Guignol con l'uso delle sole iniziali G.G.
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nel promuovere un reale cambiamento, tra quelle intraprese dal teatro
di Impasse Chaptal.
La trama prende spunto dalla realtà ospedaliera dell'epoca e in
particolare da una disposizione del regolamento sanitario parigino che
stabiliva che gli internisti, cioè quei medici neolaureati che svolgono
un periodo di praticantato all'interno di un ospedale, non potessero
eseguire interventi chirurgici senza la supervisione di un chirurgo
responsabile, il chirurgo di servizio del titolo, cui era affidato durante i
turni di notte o i festivi il compito di intervenire su tutti i pazienti gravi
ricoverati d'urgenza o sui degenti le cui condizioni si fossero
improvvisamente aggravate.
Una norma questa dettata dal saggio intendimento di tutelare i pazienti
dal rischio di essere sottoposti ad interventi non necessari o di
rimanere vittima dell'inesperienza di medici non ancora abilitati ad
esercitare, che avrebbero potuto sbagliare sia nell'ordinare un
operazione sia nell'eseguirla.
Norme simili esistono tuttora e limitano chiaramente ciò che è lecito od
illecito fare agli internisti senza particolare supervisione.
Ma se lo spirito della regola era ineccepibile, la sua applicazione si
scontrava con alcune gravi inadeguatezze del sistema sanitario.