2
La prima e la seconda parte sono interamente sviluppate in funzione della terza, che tratta
esclusivamente e in maniera maggiormente approfondita il Concerto per Violino e Orchestra di William
Walton, il lavoro a cui è stato rivolto il principale interesse da parte di chi scrive.
In appendice vengono infine presentate alcune dichiarazioni inedite, raccolte durante il lavoro di ricerca
e di stesura della tesi, rilasciate da noti esecutori e compositori, in merito ad alcuni dei concerti trattati,
con particolare riferimento a quello di Walton. Si ritiene questo un contributo prezioso, che va ad
arricchire e completare una riflessione avviata all’interno della dissertazione, sull’aspetto prettamente
esecutivo ed interpretativo della musica per violino dei compositori britannici della prima metà del
Novecento.
* Concerto in Re mag. Op.74 (1899), ultimo concerto per violino e orchestra del XIX sec. in Inghilterra.
3
IL CONCERTO PER VIOLINO E ORCHESTRA
Nell’avviare un’indagine di carattere prettamente musicologico sul Concerto per Violino e Orchestra in
Inghilterra tra il 1900 e il 1940, appare utile far precedere alcune osservazioni sul profilo di questa forma
musicale in Europa tra il XIX e il XX secolo, così da poterne valutare, in un’ottica comparativa, i diversi
stili nazionali che la caratterizzano e le diverse intenzioni compositive che la regolano
1
.
Il periodo classico, tra fine Settecento e primo Ottocento, fu una fase d’intensi cambiamenti. Il Concerto
per Violino venne regolato in base ai principi della forma sonata, che gradualmente andò a sostituire la
forma barocca del ritornello, la presenza del rondò come terzo movimento e la doppia esposizione si
affermarono definitivamente. Le cadenze furono regolarizzate e l’uso del continuo andò scomparendo;
l’accompagnamento orchestrale si presentava solitamente in stile omofonico, prevedendo una tessitura
più leggera, soprattutto nelle sezioni del solo.
Le melodie del violino divennero maggiormente cantabili e la scrittura nei registri acuti dello strumento
fu incrementata, questo perché il perfezionarsi della tecnica continuava a mostrare nuove possibilità per
la pratica strumentale. Infine con l’apparire dal 1780 dell’arco moderno, ad opera di Francois Tourte, si
rivolse particolare attenzione alla purezza del suono e alla realizzazione di un suono sostenuto; inoltre,
con l’introduzione di una nuova tipologia di mentoniera, venne fortemente avvantaggiata l’abilità della
mano sinistra, favorendo così una scrittura più complessa.
Dalla seconda metà del XIX secolo, sulla base di espressioni e idiomi tipicamente romantici, furono
apportati alla forma del concerto ulteriori cambiamenti. La forma del ritornello fu definitivamente
abbandonata a favore della forma sonata e della forma ciclica, con una notevole espansione formale del
primo movimento, specialmente nelle code finali; fu abbandonato anche l’uso della doppia esposizione.
Il secondo movimento lento, inizialmente legato al finale e concepito come sua introduzione, divenne in
seguito un movimento autonomo. Il finale, incorporando elementi nazionali, poteva servirsi di melodie e
ritmi di danze popolari e presentarsi talvolta in forma di scherzo. Le cadenze erano ormai parte
integrante della forma concerto e spesso erano gli stessi compositori a dedicarsi alla scrittura di queste.
La sezione del solo, che sempre più si andava caratterizzando virtuosisticamente, spesso accompagnava
1
Arnaldo Bonaventura Storia del violino, dei violinisti e della musica per violino, Ed.Lampi di Stampa;
Robin Stowell The Cambridge Companion to the Violin, Cambridge University Press;
Mark Katz The Violin: A Research and Information Guide, Routledge;
Michael Thomas Roeder A history of the concerto Amadeus Press
4
il tutti orchestrale; le possibilità liriche del violino erano enfatizzate. Durante il primo periodo romantico
gli interventi orchestrali vennero ridotti al minimo, mentre dalla seconda metà del secolo fu favorito un
utilizzo sinfonico dell’orchestra. La scrittura, che preferiva l’impiego di tonalità minori, prevedeva la
presenza di cromatismi e modulazioni a toni lontani attraverso disegni ritmici sempre più complessi e
l’uso frequente di sincopati e di cambiamenti di tempo. La tecnica violinistica si andò ulteriormente
perfezionando con l’utilizzo di effetti come gli armonici, i falsi armonici, il pizzicato della mano sinistra e
attraverso colpi d’arco quali lo spiccato, il ricochet e il picchettato.
L’ampio repertorio di concerti per violino e orchestra del secolo XIX è costituito dai lavori di tre diversi
gruppi di compositori. Il primo di questi è rappresentato da quei musicisti fortemente legati alla forma
tradizionale del periodo classico, che vede nei concerti per violino di Louis Spohr (1784‐1859) e Felix
Mendelssohn (1809‐1847) la massima espressione. In particolare il Concerto per Violino e Orchestra in
Mi minore, Op. 74 di Mendelssohn, composto tra il 1838 e il 1844, sicuramente una delle opere più
affascinanti dell’intero repertorio violinistico, incarna attraverso la cantabilità e la purezza dei suoi temi,
e attraverso l’energia e il virtuosismo della scrittura solistica, il sentire emozionale dell’artista romantico.
Il compositore tedesco, seppur legato alla forma in tre tempi del concerto classico, introduce l’idea di
unità richiedendo un’esecuzione senza pausa tra un movimento e l’altro, tendendo così ad una forma
ciclica.
Il secondo gruppo è rappresentato da compositori‐violinisti come Niccolò Paganini (1784‐1840), Charles
de Beriot (1802‐1870), Henryk Wieniawski (1835‐1880), Henry Vieuxtemps (1828‐1901), la cui scrittura
appare totalmente al servizio del virtuosismo solistico, come massima espressione delle possibilità
tecniche del violino.
La seconda metà del XIX secolo fu un periodo storicamente caratterizzato da numerosi cambiamenti
politici e sociali e con l’affermazione e la crescita del principio di nazionalità, nacquero le scuole musicali
nazionali. Il terzo gruppo di compositori a scrivere concerti per violino è costituito da alcuni esponenti di
queste scuole, come: Pyotr Il’yich Tchaikovsky (1840‐1893), Antonin Dvorak (1841‐1904), Robert
Schumann (1810‐1856), Edouard Lalo (1823‐1892), Joseph Joachim (1831‐1907), Johannes Brahms
(1833‐1897) Max Bruch (1834‐1920), Camille Saint Saens (1835‐1921), tutti ispirati dalla cultura musicale
del proprio paese. Ad esempio il concerto di Tchaikovsky, scritto nel 1878, uno dei primi concerti russi
per violino, deve il suo carattere fortemente nazionale non solo alla presenza come terzo movimento di
una danza russa chiamata Trepak, ma anche alla presenza di temi e melodie della tradizione popolare.
Tchaikovsky dedicò il concerto a Leopold Auer, uno dei maggiori didatti di violino del XX secolo. La
5
pratica di dedicare un concerto per violino ad un particolare esecutore, diverrà un’abitudine diffusa nel
corso del Novecento, come avremo modo di vedere in seguito.
Dello stesso anno,1878,il concerto per violino in Re maggiore op. 77 di Johannes Brahms, tra i concerti
più rappresentativi dell’epoca romantica; in tre tempi, dedicato a Joseph Joachim, fu definito da
Wieniawski “in suonabile” e Pablo de Sarasate si rifiutò di suonarlo. La scrittura per lo strumento solista
è tecnicamente complessa e prevede l’uso frequente di doppie corde, rapidi passaggi di scale e arpeggi,
numerose variazioni ritmiche.
Dopo aver brevemente ricostruito l’evoluzione del concerto per violino e orchestra tra Settecento e
Ottocento, vogliamo ora considerarne gli sviluppi e i cambiamenti nel corso del XX secolo, presentando
realtà, di questa forma, contemporanee a quella britannica, oggetto del nostro studio.
Il Novecento fu, per la scrittura musicale, un periodo d’intensi mutamenti linguistici, stilistici e formali
sia nella composizione sinfonica che in quella strumentale.
Uno dei primi concerti per violino del XX secolo è il neo‐romantico Concerto in Re minore op. 47 di Jean
Sibelius (1865‐1957), composto nel 1903 e rivisitato nel 1905. Virtuosismo e melodie dalle atmosfere
nordiche si bilanciano “…in una scrittura orchestrale importante e in una solistica abbagliante.”
1
Nel
primo movimento, un Allegro in forma sonata, la sezione di sviluppo viene sostituita da una cadenza
estesa che inizia sopra un rullo di timpani, al posto della classica figurazione di arpeggio presente nei
concerti del XVIII secolo. Il secondo movimento, un adagio in forma di romanza, si apre con la sola
orchestra, che introduce la melodia cantabile e drammatica del violino, accompagnata nella prima parte
dalle dissonanze degli ottoni.
L’ultimo movimento, in forma di rondò, si struttura su un tema dal chiaro disegno ritmico annunciato dai
timpani e dagli archi scuri, che il solista svilupperà in maniera virtuosistica con variazioni di doppie
corde, ottave spezzate, armonici, trilli.
Altri concerti definibili neo‐romantici sono il Concerto in La minore, op. 82 di Alexander Glazunov (1865‐
1932), scritto nel 1904 in uno stile brillante e organizzato in una struttura unitaria che collega tra loro i
tre movimenti e la cadenza; il concerto op. 33 del danese Carl Nielsen (1865‐1931) del 1911 e il Concerto
in Re maggiore, op. 35 di Erich Wolfgang Korngold (1897‐1957), composto nel 1945, dedicato ad Alma
Mahler ed eseguito per la prima volta nel 1947 da Jascha Heifetz.
Il neo‐romantico Concerto in La maggiore, op. 101 di Max Reger (1873‐1915) composto nel 1908, con “..
il suo linguaggio fortemente cromatico, estese significativamente i limiti della tonalità”, influenzando il
1
J.Herbage The Concerto, Ralph Hill
6
compositore Arnold Schoenberg (1874‐1951) e la Seconda Scuola Viennese,costituitasi a Vienna, tra il
1903 e il 1925, intorno ad un gruppo di compositori guidati da Arnold Schoenberg e dai suoi allievi
Anton Webern (1883‐1945) e Alban Berg (1885‐1935). Partendo da una scrittura musicale post‐
romantica, per un espressionismo cromatico atonale, la Seconda Scuola Viennese approdò alla tecnica
seriale dodecafonica di Schoenberg.Il Concerto per Violino, op. 36 di Arnold Schoenberg del 1936, fu
scritto in America durante il suo esilio “volontario” dalla Germania nazista. Schoenberg scrisse del suo
lavoro “Sono felice di aggiungere al repertorio un altro lavoro ineseguibile”. Il concerto, in cui è
applicata la tecnica dodecafonica, è nella forma tradizionale dei tre movimenti e la scrittura violinistica è
fortemente complessa, tanto che un celebre violinista dell’epoca disse al compositore: “ Dovrai
attendere un violinista con sei dita per eseguirlo” e Schoenberg rispose “ Non posso aspettare.”. Ebbe la
sua prima esecuzione del Concerto il 6 dicembre 1940 con Louis Krasner al violino e la Philadelphia
Orchestra diretta da Leopold Stokowski.
Fu il violinista Louis Krasner a commissionare il Concerto per Violino e Orchestra di Alban Berg del 1935.
In quegli anni Berg stava lavorando alla sua Lulu e fu la morte di una sua intima amica, Manon Gropius,
la figlia di Alma Mahler e Walter Gropius, a convincerlo a lavorare al Concerto, dandogli il carattere di un
Requiem, dedicandolo “Alla memoria di un angelo”.
Il concerto è costituito di due parti, ognuna delle quali è divisa in due sezioni che “formano un’unità
emozionale”
1
.
La prima parte, la più statica tra le due, si apre con un Andante sognante in forma sonata, con un
arpeggio delle quattro corde vuote del violino, Sol‐Re‐La‐Mi, seguito da un Allegretto, un movimento di
danza con due trii, il primo un walzer e il secondo un landler, una danza popolare della Carinzia.
La seconda parte, che contrasta violentemente con la prima, si apre con un Allegro “che si conclude con
un climax di effetto terrificante”, seguito poi da un Adagio calmo basato sul corale “Es ist genug” di J.S.
Bach. La scrittura di Berg utilizza la tecnica dodecafonica e l’uso seriale delle scale cromatiche,
favorendo un trattamento articolato e complesso degli interventi orchestrali, in opposizione o a
sostegno del solista, che sperimenta elementi di virtuosismo come ottave, armonici, arpeggi su quattro
corde, pizzicato della mano sinistra.
Il Concerto per Violino in Re maggiore di Igor Stravinsky, che fu scritto nel 1931 per il violinista Samuel
Dushkin, viene considerato uno dei massimi esempi dello stile neo‐classico. Lo stile, sviluppatosi tra le
1
M.Carner The Concerto, Ralph Hill
7
due Guerre Mondiali, è caratterizzato da un ritorno a strutture tematiche bilanciate e chiaramente
percettibili, che utilizzano la tonalità e la modalità per riprodurre il sistema tonale del concerto di stile
barocco o della prima scuola viennese di Mozart e Haydn.
I titoli dei movimenti Toccata, Aria, Capriccio, stanno ad indicare un chiaro intento da parte del
compositore, di recupero dello stile concertato tipicamente barocco.
Stravinsky stesso sottolineerà le affinità tra il finale del suo concerto e il Concerto per due violini di
J.S.Bach, il suo concerto per violino preferito, in particolare: “…nel duetto del solista con un violino
dell’orchestra”. L’orchestrazione del Concerto è in stile cameristico e non in stile sinfonico, come la
maggior parte dei concerti del XIX secolo e non sono previste cadenze, non essendo Stravinsky
interessato all’aspetto virtuosistico strumentale, “ Il virtuosismo fine a se stesso occupa una piccola
parte nel mio Concerto e credo che le difficoltà tecniche del brano siano relativamente modeste”.
Composto in Svizzera nel 1939 , durante l’esilio dalla Germania nazista, Paul Hindemith scrisse il suo
Concerto per violino e orchestra, espressione di un momento di agitazione per lo scoppio della Seconda
Guerra Mondiale.
Nel 1939 in Svizzera, anche un altro compositore lavorava ad un concerto per violino, Samuel Barber
(1910‐1981). Il suo Concerto per Violino op. 14 è in tre tempi: il primo movimento Allegro, si apre con un
solo cantabile del violino, senza alcun accompagnamento orchestrale; tutto il movimento sembra avere
più il carattere di una sonata che di un concerto. Nel secondo movimento l’introduzione di un oboe solo
anticipa l’intervento del tema rapsodico del violino, per poi riapparire nuovamente a chiusura di
movimento. Il Presto in moto finale è il movimento del virtuosismo solistico.
Ancora del 1939 è il Concerto per Violino in La minore di Ernest Bloch (1880‐1959), dedicato a Joseph
Szigeti.
In Italia la letteratura violinistica si era arricchita del Concerto per violino in Re maggiore, op. 35 di
Ferruccio Busoni (1866‐1924), scritto nel 1899, e del Concerto Gregoriano per violino e orchestra del
1921 di Ottorino Respighi (1879‐1936), la cui struttura portante si basa sull’introduzione del violino a
frammenti tematici di musiche antiche.
Il Novecento fu per l’Europa Orientale e la Russia un momento di riconoscimento d’identità e di assoluta
capacità compositiva in ambito strumentale.
L’ungherese Bela Bartok (1881‐1945) scrisse due concerti per violino. Il Concerto No. 1, composto tra il
1907 e il 1908, dedicato alla violinista Stefi Geyer, fu pubblicato postumo nel 1956. Il concerto è
strutturato in due movimenti, Andante sostenuto e Allegro giocoso.
8
Il Concerto No. 2, composto tra il 1937 e il 1938, dedicato al violinista ungherese Zoltan Szekely, è scritto
sullo stile del verbunkos, una danza e un genere musicale ungherese del XVII secolo. Il concerto è in tre
tempi, Allegro, Andante, Allegro. Il primo movimento Allegro non troppo, è in forma sonata nella
tonalità di Si minore; il secondo movimento, Andante tranquillo, è nella forma di tema e sei variazioni
nella tonalità di Sol maggiore. L’ultimo movimento, Allegro molto, in forma sonata e forma ciclica,
presenta varianti del materiale del movimento di apertura.
Il polacco Karol Szymanowski (1882‐1937), compose il Concerto per Violino No. 1, op. 35 nel 1916, e il
Concerto per violino op. 61 nel 1933. Mentre il Concerto No. 1 fu scritto nella fase impressionistica, il
Concerto No. 2 è ispirato dalle musiche popolari della regione polacca Tatra.
Compositori come Sergei Prokofiev (1891‐1953), Aram Khachaturian (1903‐1978), Dmitri Shostakovich
(1906‐1975) contribuirono con i loro lavori, alla costituzione di un più ampio repertorio di concerti per
violino in Russia.
Il Concerto No. 1 in Re maggiore, op. 19 di Prokofiev, scritto tra il 1916 e il 1917, è in tre tempi
Andantino, Scherzo, Moderato, in forma ciclica e con l’utilizzo di un’orchestrazione ridotta. Il Concerto
No. 2 in Sol minore op. 63, composto da Prokofiev nel 1935, in tre tempi Allegro, Andante, Allegro si
apre con una semplice melodia tratta dal repertorio popolare della musica russa, che verrà trattata nei
primi due movimenti. Il finale sviluppa un tema di rondò echeggiante di atmosfere ispaniche. Prokofiev
scrisse “ Il numero di posti in cui ho scritto questo Concerto mostra il tipo di vita nomade che sono
costretto a fare. Il tema principale del primo movimento fu scritto a Parigi, il tema del secondo
movimento a Voronezh (Russia), l’orchestrazione fu terminata a Baku e la premiere fu data a Madrid”.
Khachaturian compose il Concerto per Violino in Re minore op. 46 nel 1945, scrisse: “ quando nel 1940
iniziai a concepire il Concerto per Violino, la mia testa era piena dei suoni del violino di Oistrakh”, a cui
poi dedicò il lavoro. Il Concerto è caratterizzato nei suoi tre tempi ‐Allegro con fermezza, Andante
sostenuto e Allegro vivace‐ dall’alternanza di tipici elementi russi come la presenza di figurazioni
particolarmente ritmiche e di disegni melodici d’intensa carica emozionale ed espressiva.
Dedicati a David Oistrakh sono anche i due Concerti per Violino di Dmitri Shostakovich.
Il Concerto No. 1 in La minore, op. 77, composto tra il 1947 e il 1948, è in quattro movimenti ‐Nocturne,
Scherzo, Passacaglia, Burlesque ‐ con la presenza di una cadenza a collegamento degli ultimi due tempi;
è previsto l’impiego di una grande orchestra.
Il Concerto No. 2 in Do diesis minore, op. 129, l’ultimo dei Concerti di Shostakovich, scritto nel 1967, è
strutturato in tre movimenti, Moderato, in forma sonata, Adagio, suddiviso in tre parti con una cadenza
centrale e l’Allegro finale in forma di rondò.
9
La forma del Concerto per violino e orchestra è stata dunque diversamente concepita e definita nel
corso dei secoli; la letteratura violinistica è oggi una chiara testimonianza di questa continua e
complessa trasformazione. Sicuramente una trasformazione determinata da più complessi fattori,
come la nascita della liuteria moderna, il perfezionarsi della tecnica strumentale, la diffusione di
determinate correnti stilistiche e compositive, l’affermarsi del virtuosismo e della figura del solista, la
diffusione del concerto pubblico, la dedica del concerto ad un particolare esecutore o compositore.
Questo breve compendio storico del Concerto per Violino in epoca classica, romantica e moderna,
crediamo possa favorire, nel corso della dissertazione, l’individuazione di quegli elementi di affinità e
somiglianza o al contrario di originalità e singolarità che caratterizzano e distinguono i concerti per
violino dei compositori britannici del Novecento, dai concerti dei loro contemporanei.
In conclusione riportiamo la cronologia degli anni di composizione dei concerti che verranno trattati
(evidenziati in neretto) e di quelli sopra citati, utile a definirne con maggior chiarezza l’ordine temporale.
10
1844 Mendelssohn
1878 Tchakovisky, Brahms
1899 Stanford , Busoni
1904 Glazunov
1905 Sibelius
1908 Bartok, Reger
1910 Elgar
1911 Nielsen
1912 Coleridge‐Taylor
1916 Delius, Szymanowski
1917 Prokofiev
1921 Respighi
1925 Vaughan Williams
1930 Somervell
1931 Stravinsky
1933 Szymanowski
1935 Berg, Prokofiev
1936 Schoenberg
1938 Bax, Bartok
1939 Walton, Britten, Hindemith, Barber, Bloch
1945 Khachaturian
1948 Shostakovich
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PARTE I
12
INTRODUZIONE
L’introduzione alla parte prima propone, partendo dalle riflessioni di un pensatore tedesco del primo
Novecento, un quadro storico musicale dell’Inghilterra tra Settecento e Ottocento, utile a definire le
realtà culturali di una nazione e le tendenze artistiche di compositori britannici che precedono quelli da
noi trattati in questa dissertazione.
Nel 1914 lo scrittore e saggista tedesco Oskar Adolf Hermann Schmitz, pubblica a Monaco “Das Land
Ohne Music” (il paese senza musica), testo in cui viene polemicamente sostenuta l’incapacità artistico
musicale dei compositori inglesi e più in generale l’incapacità della Gran Bretagna tutta, dopo Henry
Purcell, a contribuire significativamente alla cultura musicale europea. Nei primi decenni del
Novecento, il Regno Unito sarà così frequentemente soprannominato da critici e studiosi della restante
Europa, forti delle loro numerose e vive identità musicali nazionali, come “ il paese senza musica”.
Nel voler comprendere a pieno le conclusioni dell’analisi critica di Schmitz e le ragioni della diffusione
dell’espressione “paese senza musica”, dobbiamo ricercare negli eventi storico musicali le cause
dell’“assenza” di musica in Gran Bretagna tra Settecento e Ottocento.
L’evoluzione sociale ed estetica della musica in Gran Bretagna durante il XVIII secolo, risulta fortemente
influenzata dalla presenza, per oltre quarantacinque anni, del tedesco Georg Friedrich Händel, giunto in
Inghilterra nel 1710, “il cui melodramma Rinaldo, rappresentato a Londra l’anno successivo, introdusse
stabilmente la moda dell’opera italiana.”
1
Diversi studiosi sostengono l’ipotesi secondo cui l’evoluzione
naturale della musica britannica sia stata alterata, se non bloccata, dopo la morte di Purcell nel 1695,
dalla presenza di Händel, “ E’ ozioso speculare su quello che avrebbe potuto essere il futuro della musica
inglese senza l’influsso di Händel. Certamente il genio di Purcell non ebbe continuatori immediati, ma la
sua musica fu ammirata da molti e avrebbero potuto produrre splendidi frutti se le fosse stato
consentito di svilupparsi liberamente.”.
2
Parallelamente al melodramma italiano di Händel, si andava
contrapponendo durante la prima metà del Settecento la Ballad Opera o semi‐opera, un nuovo genere
teatrale comico, composto di canto e recitazione, la cui prima produzione fu la Beggar’s Opera, su
libretto di John Gay e musiche ispirate alle melodie popolari dell’epoca.
1
Edward Lockspeiser Dizionario della Musica e dei Musicisti UTET pp.391
2
ibidem
13
La diffusione e la popolarità delle ballads opera, la formazione di un gusto per l’elemento folklorico, con
la conseguente formazione di un vasto repertorio quasi esclusivamente vocale di songs e di glees, la
mancanza di figure nazionali capaci di contribuire al rinnovamento di un’identità musicale caratterizzata
da un forte riferimento a Purcell, sembrano determinare, dalla seconda metà del Settecento, un
graduale declino della musica colta, operistica e strumentale, in Inghilterra.
La presenza inoltre di numerosi musicisti stranieri in terra britannica, come Francesco Geminiani e Johan
Christian Bach nel Settecento, Muzio Clementi e Felix Mendelssohn nell’Ottocento, oscurò
notevolmente il modesto lavoro dei pochi compositori inglesi, tra cui William Shield, Charles Dibdin e
William Boyce, rendendoli abitanti di un “paese senza musica”.
Questo periodo di difficoltà, di incapacità, di reale crisi culturale musicale fu gradualmente superato a
partire dal 1837, l’anno d’inizio dell’epoca vittoriana, quando attraverso il contributo di numerosi
compositori britannici, come John Field (inventore della forma pianistica del notturno), William
Sterndale Bennett (ricordato per la sua opera The Bohemian Girl del 1843) e Arthur Sullivan (autore
delle famose operette Savoy Operas), si venne a determinare la lenta formazione di una nuova identità
musicale nazionale. Hubert Parry (attivo nel campo della musica corale) e Sir Charles Stanford, di cui
analizzeremo in seguito il Concerto per Violino e Orchestra, furono tra i protagonisti del “Rinascimento”
musicale inglese, avvenuto nel tardo periodo vittoriano, gli ultimi decenni dell’Ottocento, quando “Lo
sviluppo delle istituzioni democratiche esercitò un grande influsso sull’attività musicale, dapprima in una
sfera mondana e poi sulle tendenze e sullo stile dei compositori che posero fine a quel periodo tanto
povero di creazioni musicali originali”.
1
.
Nel 1878 furono fondate organizzazioni concertistiche, come la “People’s Concert Society”, che si
andarono ad affiancare a quelle sorte nel Settecento, con lo scopo di rendere accessibile l’ascolto della
musica classica a tutte le classi sociali, ponendo così fine all’elitaria fruizione della musica colta in
Inghilterra, favorendo tuttavia la diffusione della musica di compositori stranieri, spesso presi a modello
da quelli britannici. Poco attento alle tendenze contemporanee sarà Sir Edward Elgar, “indubbiamente il
compositore di questo periodo in cui si esprime appieno lo spirito nazionale.”
2
che, come Charles
Stanford e Frederick Delius, l’ultimo tra i compositori della generazione del “Rinascimento”, tratteremo
in maniera estesa nei prossimi capitoli.
1
ivi, pp.392
2
ibidem
14
Il “Rinascimento” musicale inglese, termine per la prima volta usato nel settembre del 1882 dal
giornalista musicale Joseph Bennett del Daily Telegraph
1
, rappresenterà un momento di capacità
artistica di incredibile vigore, che permetterà alla Gran Bretagna di proporre al resto d’Europa un nuovo
stile nazionale e di affermarsi così come una realtà musicale attiva e produttiva.
Dopo aver brevemente ricordato i fatti storico musicali in Gran Bretagna nel periodo tra Purcell ed Elgar,
vogliamo tornare ora a considerare il testo di Schmitz e in particolare l’espressione “il paese senza
musica”, della cui diffusione ci eravamo proposti di comprenderne le motivazioni e le ragioni. La Gran
Bretagna vive il suo momento di crisi culturale e musicale durante il secolo XVIII, quando, come abbiamo
avuto modo di ricordare, la mancanza di compositori nazionali in grado di colmare il vuoto artistico
lasciato da Henry Purcell, la nascita di un genere popolare come quello delle ballads opera e la presenza
in terra britannica di alcuni tra i più apprezzati musicisti stranieri dell’epoca, determinarono l’assenza di
uno stile musicale nazionale, il declino della musica strumentale e operistica e l’emergere di un’esigenza
costante, in particolare da parte dell’Inghilterra, di guardare a modelli e realtà musicali da “importare”
come la Germania, la Francia e l’Italia.
“Il paese senza musica” appare così una definizione inappropriata per la Gran Bretagna d’epoca
vittoriana, che al contrario seppe dar vita ad una rinnovata identità musicale nazionale e determinò
quella fase della musica britannica, che prese il nome di “Rinascimento” inglese, di cui Sullivan, Stanford
e Parry furono gli artefici.
La tesi di Schmitz, secondo cui dopo la morte di Purcell la Gran Bretagna non sia più stata in grado di
evolversi musicalmente, sembra non voler tener conto o non comprendere, essendo stata scritta nel
1914 quando ancora non si era realizzato appieno, il fenomeno del “Rinascimento” musicale inglese. Le
ragioni dell’utilizzo dell’espressione “il paese senza musica”, estesa alla realtà musicale britannica di fine
ottocento, sembrano radicate così in un atteggiamento, da parte di alcuni critici e studiosi tedeschi, di
aperta polemica anti‐inglese, ispirata da una forte componente nazionalista, incapace di riconoscere
l’originalità e l’artistica autenticità dei nuovi compositori britannici. Lo studio del Concerto per Violino in
Inghilterra tra il 1900 e il 1940, sarà anticipato da alcune considerazioni sull’ultimo dei concerti britannici
per violino del secolo XIX, quello di Charles Stanford del 1899.
1
Merion Hughes The English Musical Renaissance and the Press 1850‐1914: Watchmen of Music, Ashgate 2002
15
CHARLES VILLIERS STANFORD
Nato a Dublino il 30 settembre del 1852, unico figlio di John James Stanford, avvocato e musicista non
professionista, Charles venne avviato allo studio del violino, del piano e dell’organo ed introdotto a
quello della composizione dai più affermati musicisti irlandesi del tempo: Robert Stewart, Joseph
Robinson e Michael Quarry.
Dal 1862 si dedicò allo studio della composizione a Londra, con Arthur O’Leary, nel 1870 vinse una borsa
di studio al Queen’s College di Cambridge, che lasciò nel 1873 per il Trinity College, dove fu nominato
organista ufficiale e direttore della Cambridge University Music Society. Su consiglio del celebre
violinista e compositore Joachim, con cui Stanford era entrato in contatto a Dublino nel 1860, si
perfezionò tra il 1874 e il 1876 in Germania con Friedrich Kiel; rientrato in Inghilterra, concluse i suoi
studi accademici a Oxford nel 1883.
Lo stesso anno divenne professore di composizione e di direzione d’orchestra presso il Royal College of
Music di Londra, tra i suoi allievi Frank Bridge, Coleridge‐Taylor e Vaughan Williams; dal 1888 insegnò
presso l’Università di Cambridge.
Stanford si era in quegli anni affermato come una tra le figure più capaci della generazione dei
compositori del “Rinascimento” musicale inglese, producendo una vasta serie di lavori per coro e
orchestra per i festival provinciali, come i due oratori The Three Holy Children (1885) e Eden (1891), il
Requiem (1897), lo Stabat Mater (1907) l’ouverture corale Ave atque vale (1909), le Songs of the Sea
(1904) e le Songs of the Fleet (1910) .
Delle sette sinfonie che compose tra il 1876 e il 1911, la Terza, detta “Irish”, fu quella che ebbe maggior
successo all’estero, favorendo così l’affermazione di una rinnovata cultura musicale britannica
all’interno dello scenario europeo di fine Ottocento. Il definitivo riconoscimento del valore artistico della
musica di Stanford, avvenne nel Gennaio del 1899, quando, su invito del violinista Joachim e del pianista
Hans von Bulow, il compositore irlandese tenne a Berlino un concerto dedicato esclusivamente ad
alcune delle sue opere, come la Festival Overture Queen of the Seas, la Sinfonia No.4 in Fa maggiore
Op.31 e la Suite per Violino e Orchestra Op.32, scritta per l’occasione berlinese e dedicata a Joseph
Joachim. Stanford “come appare chiaro dalle sue lettere e dai suoi scritti, credeva che il riconoscimento
internazionale si sarebbe ottenuto solo attraverso le forme più universali della sinfonia, del concerto, del
quartetto e dell’opera”.
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. Tuttavia non mancherà di denunciare il rifiuto, da parte dell’editoria
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Jeremy Dibble The New Groove of Music and Musicians pp.280