3
scissione si caricò di nuovi significati, estendendosi ai personaggi, ai nuclei
famigliari, allo spazio concreto – diviso in continui processi di dilatazione e
contrazione, e nei due mondi opposti di città e campagna - , allo spazio astratto
formato dai microcosmi del bene e del male - alla base degli scontri fra i
personaggi positivi e i villains - , al tempo, ai temi trattati e infine alla struttura
narrativa. In Casa Desolata il binario narrativo, fondato sulle voci del narratore
impersonale (maschera dello stesso autore) e di Esther Summerson - che è altresì
protagonista dell’opera - permette a Dickens di presentare percorsi distinti: il
romance nel caso della narratrice ed il novel, attraverso l’analisi critica del
contesto urbano effettuata dalla voce maschile. La dicotomia si ripresenta nel
Mistero di Edwin Drood: qui la frammentazione narrativa consente all’autore di
scindere l’opera in due sezioni vale a dire lo spazio dominato dal villain John
Jasper, ove vi è una chiara influenza del teatro sul testo, e il mondo del romance,
in cui i personaggi positivi combattono contro la figura malefica del musicista.
Dalla lettura di entrambi trae origine l’idea di questa analisi che intende
trattare del Dickens diviso e, quindi, di tutte le forme di scissione presenti in Casa
Desolata e nel Mistero di Edwin Drood, prestando particolare attenzione ai
momenti di convergenza delle due opere e alla diversa evoluzione di tale tematica,
in considerazione del percorso intimo maturato dall’autore, prima di giungere al
suo ultimo e grande romanzo.
4
1.1 novel e romance
La scissione è di certo protagonista in Casa Desolata, ove il binario narrativo
si fonda sul continuo frammentarsi della prospettiva in una duplicità di voci, ben
distinte per sesso, attitudini e scopi. Nell’opera si alternano, infatti, le voci di un
narratore impersonale e di Esther Summerson, che si sdoppia nel suo ruolo di
narratrice e protagonista dell’opera.
L’uso del tempo verbale e dello spazio, i temi, lo stile dei narratori sono
diversi. La doppia prospettiva permette all’autore di presentare percorsi narrativi
differenti che si ricollegano a due distinte tipologie di romanzo: il novel nel caso
del narratore e il romance per la narrazione di Esther.
La distinzione tra novel e romance era ben chiara alla cultura vittoriana. Nel
1842 lo scozzese George Moir
2
distinse nell’ambito del romanzo queste due
classi. Egli definì il novel come un romanzo in cui gli avvenimenti sono adattati al
normale corso degli eventi umani, dello stato moderno e della società, e il
romance come l’interesse della narrativa verso il meraviglioso e gli incidenti
inconsueti. Quest’ultimo offre quindi alternative diverse alla rappresentazione
fedele della vita quotidiana e del dato sociale ed utilizza un io narrante assai più
problematico.
Ricorrendo al doppio binario narrativo, Dickens è molto abile nell’impiegare
entrambe le forme in Casa Desolata. Quest’ambizioso progetto s’intende già nella
prefazione dell’opera, dove l’autore afferma d’aver indugiato di proposito sul lato
romantico delle esperienze famigliari e allo stesso tempo difende la veridicità
delle proprie critiche al sistema giudiziario inglese:
But as it is wholesome that the parsimonious public should know
what has been doing, and still is doing, in this connection, I mention
here that everything set forth in these pages concerning the Court of
Chancery is substantially true, and within the truth.
3
2
George Moir pubblica il saggio Modern Romance and Novel nell’Enciclopedia Britannica del 1842.
“Il romance dell’epoca vittoriana non si presenta come un genere compatto e ben definito, ma piuttosto come un
ventaglio di risposte narrative alla supremazia del novel; il romance rifiuta la centralità del novel, il valore << sociale >>
dato alla rappresentazione fedele e veritiera (truthful) della vita quotidiana, il controllo etico affidato alla voce del
narratore onnisciente”. In: Storia della letteratura inglese dal Romanticismo all’età contemporanea, a cura di Bertinetti
Paolo, Einaudi, Torino 2000, pp.114-5
3
Dickens Charles, Bleak House, Penguin Classics, London 2003, p.5
5
Fradin suggerisce, che la frammentazione narrativa del romanzo sostenga la
dialettica fra self e society
4
attraverso la percezione soggettiva di Esther e l’analisi
oggettiva ed ironica del quadro sociale effettuata dal narratore.
Si consideri inoltre quanto affermato da Shelston riguardo agli effetti ottenuti
da Dickens ricorrendo alla doppia narrazione :
The effect is a subtle one – the novel gains stability from the
progressive unravelling of Esther’s story, while leaving Dickens free
to expatiate on various examples of social abuse in the manner of his
earlier picaresque method. The evils which he attacks, ranging from
slum-dwelling to misguided philanthropy and including every form of
exploitation, are indeed related to the main plot, but the fact that the
novel is deliberately compartmentalised in this way allows Dickens to
extend his social criticism without limitation.
5
Nel romanzo il narratore parla in terza persona, è onnisciente ed utilizza il
tempo verbale presente. Lo stile è sarcastico, aggressivo, chiaramente mascolino.
Difficile è capire a chi corrisponda questa voce. Si può ipotizzare che
rappresenti la maschera stessa dell’artista e cittadino Dickens nel suo proposito di
denuncia del sistema, in linea con la tradizione didattico-realistica del romanzo
vittoriano. La voce maschile si riallaccia, infatti, alla tradizione del novel nella sua
missione civile, nella volontà di mostrare la complessità di una società in ascesa
che coniuga al progresso politico, economico, scientifico, la precarietà e
debolezza dei ceti più poveri distribuiti nella città sovrappopolata.
6
Secondo
Speirs, vi era tanto in quel mondo vittoriano risultante dalla rivoluzione
industriale, che era intriso di ciò che Dickens concepiva in termini di “negazione
4
Fradin Joseph, Will and Society in Bleak House, in Critical Essays on Charles Dickens’ Bleak House, Ed. Elliot L.
Gilbert, Boston 1989, G.K. Hall Co, p.41
5
Shelston Alan, University of Manchester, Charles Dickens. Tratto dal sito web: http://www.lang.nagoya-
u.ac.jp/~matsuoka/CD-Shelston.html
6
Tra i commentatori del primo vittorianesimo, George Richardson Porter mette in guardia il lettore da un incauto
ottimismo rispetto ai progressi industriali della sua generazione: “Dobbiamo ammettere – egli scriveva – che il
moltiplicarsi delle esigenze, della miseria e della criminalità – le condizioni di vita della popolazione urbana ammassata
in cortili e locali malsani e senza fognature, le fabbriche stracolme di bambini malnutriti, e le nostre prigioni (numerose
quasi quanto le fabbriche) zeppe di affezionati del crimine – è fin troppo triste e chiaro attestato che da noi non tutto è
come dovrebbe essere per quanto riguarda gli aspetti più importanti del progresso sociale”. Tratto da La temperie
Vittoriana di Jerome Hamilton Buckley, in: Il Vittorianesimo, a cura di Franco Marucci, il Mulino, Bologna 1991, p.84
6
della vita”, vale a dire indigenza, brutalità, squallore morale e fisico, ma peggio
ancora ipocrisia, falsità, simulazione e pretenziosità, specialmente da parte di chi
aggravava la povertà altrui per accumulare la propria ricchezza. Di qui la volontà
dell’autore di concepire il romanzo come uno strumento che “si erge contro la
forza degradante e ottundente dei falsi valori, radicati e diffusi, che si trovano alla
base di tali brutture”.
7
Il narratore descrive tutto ciò che accade con realismo e sguardo disincantato.
La scrittura realistica non è però da intendersi come resa fotografica della realtà.
Non mancano, infatti, elaborazioni fantastiche sul piano descrittivo.
Un esempio è dato dall’incipit dell’opera:
As much mud in the streets, as if the waters had but newly retired
from the face of the earth, and it would not be wonderful to meet a
Megalosaurus, forty feet long or so, waddling like an elephantine
lizard up Holborn Hill.
8
Il realismo del narratore consiste piuttosto nella sua capacità d’individuare
con lucidità i mali della società. È spesso cinico, ironico, non lascia spazio ad
inutili indugi nella sua missione di violenta condanna del degrado urbano e delle
ipocrisie del “bel mondo” dell’epoca.
La stessa scelta del tempo presente permette al narratore di guidare il lettore
attraverso l’analisi del degrado urbano, coinvolgendolo nello smascheramento
delle illusioni positiviste sul miglioramento continuo dell’umanità, relegandolo in
uno spazio d’incertezza, teatro di continuo sopruso dei più forti nei confronti dei
più deboli e dove non vi è posto per il lieto fine.
Il tempo presente è aperto alle vicende drammatiche che si consumeranno, non
vi è alcuna garanzia di sopravvivenza per i personaggi, tutto può accadere. È
anche il tempo della suspense, che cattura l’interesse del lettore, esortandolo ad
una più profonda partecipazione nei confronti del dramma sociale. È significativo
in tal senso evidenziare, che in alcuni passi del romanzo il narratore abbandoni
l’impersonalità narrativa, per unirsi ad un noi: una pluralità di persone esortate a
considerare la necessità d’intervenire contro i mali che opprimono la società.
7
Speirs J. Dalla poesia al Romanzo. Contenuto in: Il Vittorianesimo, op.cit, p. 226
8
Dickens Charles, op.cit., p.13
7
Come suggerisce Eagleton, questo è il caso della morte del povero orfano Jo:
While Jo falters in the privacy of prayer, the audience is addressed
in formal pubblic terms. The author abolishes the distance of fiction,
takes up direct address, interrupts illusion with a kind of awkwardness
that is itself an expression of outrage, emphatically insistent:
Dead, your Majesty. Dead, my lords and gentlemen. Dead, Right
Reverends of every order. Dead, men and women, born with Heavenly
compassion in your hearts. And dying thus around us, every day
(Ch.47).
9
Nel trattare con particolar enfasi il dramma di alcuni personaggi, egli
dimostra un forte desiderio di comunicare con il lettore: per catturarne l’attenzione
ricorre ad un ritmo incalzante ed inoltre utilizza proposizioni interrogative ed
esclamative, che spingono alla riflessione.
Queste parole toccanti, tratte ancora una volta dalla storia di solitudine e
abbandono di Jo, ne costituiscono un esempio:
It must be a strange state to be like Jo! To shuffle through the
streets, unfamiliar with the shapes, and in utter darkness as to the
meaning, of those mysterious symbols, so abundant over the shops,
and at the corners of streets, and on the doors, and in the windows! To
see people read, and to see people write, and to see the postmen
deliver letters, and not, to have the least idea of all that language- to
be, to every scrap of it, stone blind and dumb! It must be very
puzzling to see the good company going to the churches on Sundays,
with their books in their hands, and to think (for perhaps Jo does
think, at odd times) what does it mean, and if it means anything to
anybody, how comes it that it means nothing to me? To be hustled,
and jostled, and move on; and really to feel that it would appear to be
perfectly true that I have no business, here, or there or anywhere; and
yet to be perplexed by the consideration that I am here somehow, too,
and everybody overlooked me until I became the creature that I am! It
must be a strange state, not merely to be hold that I am scarcely
human (as in the case of my offering myself for a witness), but to feel
it of my own knowledge all my life! To see the horses, dogs, and
9
Eagleton Terry, Introduction, in Bleak House, op.cit., p. xxxiiii
8
cattle, go by me, and to know that in ignorance I belong to them, and
not superior beings in my shape, whose delicacy I offend!
10
Il tono confidenziale ed ironico è sicuramente un’arma usata dal narratore per
accattivarsi la simpatia del lettore e spingerlo ad uniformarsi con le sue vedute. Le
battute geniali e allo stesso tempo sprezzanti conquistano la fiducia ed instaurano
una certa familiarità fra chi scrive e chi legge. Si osservi, infatti, che il narratore
nelle sue istanze di denuncia si rivolge ad un pubblico contemporaneo, che può
direttamente collegare figure e spazi descritti alle immagini ben note della propria
esperienza. Si ritiene, inoltre, che alcuni personaggi di Casa Desolata siano la
caricatura di persone realmente esistite ed anche quest’aspetto concorre a creare
nella fantasia del lettore divertenti associazioni.
11
Vediamo come egli ironizzi sul sistema politico inglese, con particolare
riferimento alla classe conservatrice dei Tory:
This stupendous national calamity, however, was averted by Lord
Coodle’s making the timely discovery, that if in the heat of debate he
had said that he scorned and despised the whole ignoble career of Sir
Thomas Doodle, he had merely meant to say that party differences
should never induce him to withhold from it the tribute of his warmest
admiration; while it as opportunely turned out, on the other hand, that
Sir Thomas Doodle, had in his own bosom expressly booked Lord
Coodle to go down to posterity as the mirror of virtue and honour.
Still England has been some weeks in the dismal strait of having no
pilot (as was well observed by Sir Leicester Dedlock) to weather the
storm; and the marvellous part of the matter is, that England has not
appeared to care very much about it, but has gone on eating and
drinking and marrying and giving in marriage, as the old world did in
the days before the flood.
12
10
Dickens Charles, op.cit., pp.257-8
11
Si ritiene che Harold Skimpole sia la sottile caricatura del poeta e saggista Leigh Hunt. Mrs Jellyby è stata
riconosciuta come Caroline Chisholm (riformista sociale che visse e lavorò in Inghilterra ed Australia). Lawrence
Boythorn è basato sul poeta e saggista Walter Savage Landor (amico di Dickens), mentre Hortense su Mrs Manning
(donna giustiziata assieme al marito nel 1849 perché colpevole d'omicidio). Bucket sembra esser modellato
sull’Ispettore Charles Field della Metropolitan Police. Infine la figura di Jo s’ispira in parte all’analfabeta spazzino
quattordicenne George Ruby, comparso su di un’intervista nel Examiner (1850).
12
Idem, p.638
9
Spesso la voce maschile fornisce particolari descrittivi elencati
sommariamente. Un esempio è l’incipit dell’opera:
LONDON. Michaelmas term lately over [...]. Implacable November
weather. [...] Dogs, undistinguishable in mire. Horses, scarcely better;
splashed to their very blinkers. [...] Fog everywhere;
13
Lo stesso avviene quando Nemo viene trovato morto:
Beadle goes into various shops and parlours, examining the
inhabitants. [...] Policeman seen to smile to potboy. Public loses
interest, and undergoes reaction. Taunts the beadle, in shrill youthful
voices [...]. Policeman at last finds it necessary to support the law
[...].
14
Citando Nabokov, si potrebbe allora dire che questi passi hanno “il tono del
taccuino di uno scrittore, di appunti annotati per essere, in parte, sviluppati in un
secondo tempo”.
15
È la stessa tecnica utilizzata dai giornalisti, che spesso
ricorrono ad espressioni appena abbozzate per riportare con sinteticità ed efficacia
le ultime notizie. Vi è anche un “rudimentale pizzico di flusso di coscienza”
16
che
consiste nell’annotazione sconnessa di pensieri fuggitivi.
La narrazione di Esther è invece tipica del romance, utilizza una visione
fantastica, decontestualizzata della realtà, dando ampio spazio ai sentimenti. Non
si concentra sugli aspetti crudi e amari della società, ma sul mondo interiore dei
personaggi, sull’evoluzione dei loro rapporti. Racconta in prima persona la
propria esperienza utilizzando il tempo verbale passato.
Questo perché, come ci comunica lei stessa, sono trascorsi sette anni dal corso
degli eventi alla stesura della sua narrazione. L’uso del tempo passato suggerisce
quindi il lieto fine, poiché il fatto stesso di scrivere la propria storia, implica il suo
13
Dickens Charles, op.cit., p.13
14
Idem, p173
15
Nabokov Vladimir, Lezioni di Letteratura, Garzanti, Milano 1982, p. 156
16
Ibidem
10
esserci, e quindi il superamento già avvenuto delle difficoltà che saranno poi
ripercorse dal romanzo.
Esther non racconta con indifferenza gli eventi, anzi da’ voce ai propri
sentimenti, utilizzando una prospettiva sicuramente soggettiva e trasferendo negli
ambienti descritti le proprie emozioni. Ripercorre le varie fasi della vita,
presentando una lettura spesso romantica della realtà con tono umile e mite.
La sua fantasia si scontra in più casi con il realismo aggressivo del narratore.
Un esempio sono le diverse descrizioni di Londra. La voce maschile evidenzia
il degrado urbano, mentre Esther dimostra tutta la propria ingenuità nella scoperta
di un mondo diverso dalla campagna, che addirittura l’affascina:
I admired the long successions and varieties of streets, the quantity
of people already going to and fro, the number of vehicles passing and
repassing, the busy preparations in the setting forth of shop windows
and the sweeping out of shops, and the extraordinary creatures in rags,
secretly groping among the swept-out rubbish for pins and other
refuse.
17
Ben diversa è la visione del narratore. Egli osserva la città con sguardo
disincantato:
Foot passengers, jostling one another’s umbrellas, in a general
infection of ill-temper, and losing their foot-hold at streets-corners,
where tens of thousands of other foot passengers have been slipping
and sliding since the day broke (if the day ever broke), adding new
deposits to the crust upon crust of mud, sticking at those points
tenaciously to the pavement, and accumulating at compound
interest.
18
Il racconto di Esther è inoltre evolutivo. Inizia parlando della propria infanzia
infelice, passando poi alla fase dell’adolescenza e all’età adulta sino a raggiungere
nell’ultimo capitolo il suo presente. Ciò è tipico del Bildungsroman ottocentesco
che presenta il processo di crescita del protagonista, riordinando i dati della sua
17
Dickens Charles, op.cit., p.66
18
Idem, p.13
11
esperienza, secondo un intreccio il cui sviluppo porterà al superamento degli
ostacoli e alla conseguente acquisizione di una maturità, risolvendosi in un lieto
fine.
Il tempo narrativo quindi si differenzia nei due progetti. La voce maschile
racconta gli eventi che si svolgono nel suo presente. Apre il romanzo nel
novembre di un autunno ottocentesco, segue lo sviluppo della storia per almeno
cinque anni, e completa la propria narrazione descrivendo l’ambiente aristocratico
di Chesney Wold in un futuro non meglio precisato.
La narrazione di Esther abbraccia tutto il periodo che va dalla nascita all’età
adulta: la triste infanzia trascorsa con la madrina a Windsor fino all’età di
quattordici, l’adolescenza felice vissuta a Reading presso Greenleaf sino ai
vent'anni, momento in cui farà la sua prima comparsa a Londra ed entrerà in
contatto con la causa Jarndyce contro Jarndyce. Gli eventi descritti da qui in poi
porteranno all’incrociarsi di entrambe le narrazioni nel proseguo del romanzo,
sino al finale di Esther che proietterà la storia nel futuro, a sette anni di distanza
dalla chiusura della causa legale.
La doppia narrazione presente nell’opera sfocia in un doppio finale (solo nel
caso di Esther si avrà il lieto fine) ma trova armonia all’interno della struttura
romanzesca, capace di ordinare e mettere in relazione le due prospettive. Il nodo
centrale che unisce le narrazioni è costituito dalla causa Jarndyce contro
Jarndyce, attorno alla quale ruotano le vicende dei vari protagonisti. Tutte le
storie dell’opera sono solo delle apparenti divagazioni, essendo in realtà connesse
al tema principale del mal funzionamento della giustizia alla corte del Lord
Cancelliere.
Consideriamo quanto affermato da John Forster sull’intreccio dell’opera:
(…) will it be found that event leads more closely to event, or that
the separate incidents have been planned with a more studied
consideration of the bearing they are severally to have on the general
result. Nothing is introduced at random, everything tends to the
catastrophe, the various lines of the plot converge and fit to its centre,
and to the larger interest all the rest is irresistibly drawn. The heart of
the story is Chancery suit. On this the plot hinges; and on incidents
12
connected with it, trivial or important, the passion and suffering turn
exclusively.
19
Altri critici concordano con Forster, tra cui Chorley, che apprezza l’abilità
con cui l’autore riesce a collegare ogni singolo episodio e personaggio al nucleo
centrale dell’opera. Così scrive nella sua recensione di Casa Desolata:
Not a point is missed, not a person left without part or share in the
gradual disclosure, not a pin dropped that is not be picked up for help
or for harm to somebody.
20
Non vi sono quindi punti sospesi, tutto ha un preciso fine e senso che sarà
svelato nel corso dello sviluppo narrativo. I personaggi inizialmente citati dal
narratore o introdotti con descrizioni sommarie e apparentemente influenti
nell’evoluzione della storia, ricompariranno poi nella narrazione di Esther.
Citando Nabokov: “Ogni personaggio ha un suo attributo, una sorta d’ombra
colorata che compare ogni volta che appare la persona”.
21
Un lettore attento
quindi non potrà che riconoscerlo attraverso i tratti tipici che lo caratterizzano,
rendendolo inconfondibile. L’importanza data dal narratore e da Esther alla
descrizione dei personaggi sarà diversa, ma il riconoscimento degli stessi ambienti
e protagonisti in entrambe le narrazioni consentirà al lettore di unire le varie parti
dell’intreccio.
Un aspetto che differenzia notevolmente le due narrazioni è dunque il diverso
approccio ai personaggi, e questo riflette le caratteristiche stesse dei narratori.
Da una parte Esther indugia a lungo sul lato caratteriale ed intimo di uomini e
donne incontrati nel suo percorso di maturazione, come le è richiesto dal compito
assegnatole nell’opera di trasmettere il lato sentimentale, familiare dell’intreccio.
Dall’altra il narratore ne presenta descrizioni per lo più brevi, in cui riassume
le informazioni essenziali alla comprensione dello sviluppo narrativo:
19
Forster John, The life of Charles Dickens, Book seventh: Continent Revisited (1852-6), part one: Bleak House and
Hard Times.
20
Chorley Henry Fothergill, Bleak House, The Athenaeum, 1853, p.160. Tratto dal saggio Differing Opinions:
Contemporary Reviews of Bleak House, contenuto nel sito web:
http://cai.ucdavis.edu/waters-sites/bleak_house_reviews/web_page_3.htm
21
Nabokov Vladimir, op.cit., p.104
13
Characters are portrayed as one might register a stranger fleetingly
encountered on a street corner, caught in a single posture or
mannerism or reduced to one or two vivid but superficial features. It is
a typically urban mode of perception, characteristic of a culture in
which we all live in the interstices of each other’s life.
(...) Characters seem to be either nothing but their appearances, in
which case they have the unfathomablity of a piece of furniture; or
they give off the sense of concealing some secrets hinterland behind
these appearances, one that is tantalisingly inaccessible.
22
Spesso indica con ironia, talvolta fredda ed aggressiva, le caratteristiche dei
vari personaggi. Non si immedesima in essi, tentando una comprensione profonda
del loro agire, bensì mantiene piuttosto una lucida distanza. Molti personaggi sono
presentati dal narratore attraverso l’articolo indeterminativo, a dimostrazione della
barriera esistente fra chi racconta e questi “attori”, che interagiscono come piccoli
atomi di una realtà sociale e giudiziaria ben più vasta.
Sarà Esther a dar loro un nome ed un’identità precisa nel corso del romanzo.
Un caso è quello di Mr Gridley, ridotto dal narratore alla semplice espressione “un
altro litigante rovinato che si presenta regolarmente dallo Shropshire”, laddove
Esther dà spazio alla sua storia e lo fornisce di parole e possibilità di comunicare.
La narratrice indaga, infatti, con sensibilità tipicamente femminile il vissuto
dei protagonisti, cercando di spiegarne e talvolta giustificarne la personalità,
mentre il narratore si ferma alla superficie, presentandoli con sintetico realismo.
Non si deve infatti dimenticare che Esther, scrivendo di avvenimenti vissuti da
diretta protagonista, abbia sviluppato nei confronti di molti personaggi un legame
affettivo inesistente nel caso del narratore, giacché voce esterna ai fatti.
Si può qui considerare, a titolo esemplificativo, il diverso approccio esercitato
dal narratore e da Esther nei confronti dell’anziana Miss Flite.
La voce maschile riduce il ruolo della donna a brevi e freddi passaggi, di cui la
seguente descrizione è un valido esempio:
Standing on a seat at the side of the hall, the better to peer into the
curtained sanctuary, is a little mad old woman in a squeezed bonnet,
who is always expecting some incomprehensible judgement to be
22
Eagleton, op. cit., p.viii