diverse da quelle delle cosiddette società "familiari". I gruppi societari, curano
spesso attività molto ampie - talvolta anche eterogenee -, che si sviluppano in
un mercato dinamico, e che quindi richiedono che lo strumento societario si
adegui continuamente alle molteplici esigenze presenti nelle attività esercitate.
Le motivazioni che portano al mantenimento di imprese attraverso tali strutture
soddisfano necessità diverse quali, ad esempio, la separazione delle diverse
attività esercitate, oppure, all'interno della medesima attività, la separazione per
aree geografiche, per tipologie di prodotti, o la separazione delle diverse fasi del
ciclo produttivo, solo per citarne alcune.
La situazione, seppure lentamente, pare comunque destinata ad evolversi nel
senso di un aumento del numero delle imprese che andranno a confrontarsi sul
mercato mobiliare, e ciò sia a seguito dei processi di privatizzazione di grandi
imprese e gruppi a partecipazione statale che, in dipendenza della quantità
sempre maggiore di risorse liquide, con la perdita di interesse dell’impiego a
reddito fisso, si vanno convogliando verso l’investimento azionario.
In questo quadro, i trasferimenti di proprietà delle partecipazioni sociali,
possono rispondere a finalità diverse che vanno dal riassetto delle proprietà
all’interno della famiglia dell’imprenditore-socio alle operazioni di ristrutturazione
di grandi imprese o di gruppi societari ed ancora al semplice impiego-realizzo di
piccolo risparmio.
Le partecipazioni e la loro circolazione assumono dunque nel mondo
economico un ruolo fondamentale, poiché esse rappresentano il tratto d'unione
tra le persone fisiche e le attività imprenditoriali esercitate attraverso società. Le
partecipazioni societarie hanno una funzione di sintesi: sia nel consentire il
controllo, la gestione e la circolazione dei beni e delle aziende che esse
rappresentano, sia nel godimento di tali beni inteso come capacità di far affluire
gli utili prodotti dall’impresa ai propri soci.
Questo ruolo di primo piano ed anche le varie conformazioni sopra accennate si
rispecchiano nell'ambito del diritto tributario, dove si disciplinano i tributi
applicabili ed i rapporti giuridici inerenti alle fattispecie che hanno come oggetto
redditi scaturenti dalle partecipazioni stesse.
6
1.2 Genesi e ratio.
Il D.Lgs. 12 dicembre 2003 n. 344 “Riforma dell’imposizione sul redito delle
società” ha introdotto l’innovativo regime della “participation exemption” che
prevede l’esenzione totale da imposizione delle plusvalenze realizzate
mediante la cessione di partecipazioni che possiedono determinati requisiti.
Le finalità perseguite mediante attraverso l’introduzione del regime della
“participation exemption” nel nostro ordinamento sono enunciate già nella
Legge Delega per la Riforma fiscale nonché nella Relazione governativa di
accompagnamento allo schema di decreto legislativo. Sono richiamati in
particolare i seguenti obiettivi:
• armonizzare il nostro ordinamento con quello degli altri stati europei allo
scopo di accrescerne la competitività e favorire sia la costituzione di
società holding in Italia sia il “rimpatrio” di strutture societarie localizzate
in stati dove il regime di esenzione è una realtà consolidata da anni: si
legge nella Relazione governativa che tale istituto “dovrebbe produrre,
tra l’altro, un sistematico «rientro» di tutte quelle società estere (holding
olandesi, lussemburghesi, etc.) costituite al solo fine di fruire del regime
di esenzione sulle plusvalenze ivi previsto”. In modo coerente con l’art. 4,
comma 1 della Legge Delega si legge che l’obiettivo delle Riforma fiscale
è quello di “incrementare la competitività del sistema produttivo,
adottando un modello fiscale omogeneo a quelli più efficienti in essere
nei Paesi membri dell’Unione europea”;
• incentivare il passaggio di aziende e di rami d’azienda attraverso la
cessione delle partecipazioni societarie che le rappresentano, in
alternativa alla cessione diretta delle aziende stesse (la quale tra l’altro,
viene disincentivata attraverso l’abrogazione del regime sostitutivo ad
aliquota agevolata);
• evitare un fenomeno di doppia imposizione economica; la plusvalenza
realizzata dalla cessione della partecipazione è astrattamente
rappresentata da utili già conseguiti o conseguibili in futuro dalla società
partecipata e che pertanto sono già stati assoggettati a imposizione in
capo alla stessa (o lo saranno in futuro).
7
Per dare attuazione a tali obiettivi il comma 1 dell’articolo 4 della stessa Legge
Delega indica quali “criteri direttivi”:
• Alla lettera c) l’esenzione delle plusvalenze realizzate relativamente a
partecipazioni in società con o senza personalità giuridica, residenti o
non residenti, al verificarsi delle condizioni richiamate dalla stessa
norma;
• Alla lettera e) l’indeducibilità delle minusvalenze iscritte e la simmetrica
indeducibilità di quelle realizzate relativamente a partecipazioni che si
qualificano per l’esenzione, nonché l’indeducibilità dei costi direttamente
connessi con la cessione di tali partecipazioni.
Il regime della “participation exemption” introdotto dalla Riforma fiscale è
strettamente connesso al nuovo regime di esclusione dei dividendi. “La
detassazione delle plusvalenze da realizzo di partecipazioni costituisce il logico
corollario del nuovo regime di tassazione dei dividendi, che sono parzialmente
esclusi da imposizione, siano essi di fonte nazionale oppure estera”. Infatti
l’esenzione delle plusvalenze e l’esclusione dei dividendi derivano entrambi da
uno dei principi che hanno ispirato la Riforma fiscale e cioè la tassazione del
reddito in capo al soggetto che lo ha realmente prodotto (in tale caso la società
partecipata) con conseguente neutralità fiscale di tutte le successive
manifestazioni reddituali connesse, quali la distribuzione di dividendi o il
realizzo di plus minusvalenze. Trova quindi attuazione il principio desumibile
dalla Relazione governativa secondo cui “la determinazione del prelievo va
baricentrata sulla situazione oggettiva dell’impresa e non su quella soggettiva
del socio”. Come già osservato, tanto il dividendo distribuito quanto la
plusvalenza realizzata derivano da utili conseguiti, o conseguibili in futuro, che
hanno già scontato, o che sconteranno, le imposte in capo alla società che li ha
conseguiti. Prevedere un’imposizione sul dividendo o della plusvalenza
comporterebbe un fenomeno di doppia imposizione economica.
I principi guida enunciati nella Legge Delega sono stati recepiti dai seguenti
articoli del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir):
• articolo 87 disciplina del regime della “participation
exemption” ;
8
• articolo 101, comma 1 indeducibilità delle minusvalenze da
cessione di partecipazioni qualificate per l’esenzione e indeducibilità di
tutte le svalutazioni operate;
• articolo 109, comma 5 trattamento tributario dei costi relativi alle
partecipazioni.
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1.3 Il regime vigente.
La disciplina della “participation exemption” è contenuta nell’articolo 87 del
nuovo Tuir rubricato “PLUSVALENZE ESENTI”. Il comma 1 di tale norma
dispone che “non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto
esenti le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’articolo 86, commi
1,2 e 3 relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti
indicati nell’articolo 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse
equiparati, e nell’articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i
seguenti requisiti:
a) ininterrotto possesso dal primo giorno del diciottesimo giorno precedente
quello dell’avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o
quote acquisite in data più recente;
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo
bilancio chiuso durante il periodo di possesso;
c) residenza fiscale della società partecipate in uno Stato o territorio diverso
da quelli a regime fiscale privilegiato […];
d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale
secondo la definizione dell’articolo 55 […].
In presenza dei requisiti richiesti dal comma 1 dell’articolo 87 la plusvalenza
realizzate beneficia di un’esenzione del 91 per cento, e dell’84 per cento a
decorrere dal 2007.
Come specificato nella Relazione di accompagnamento al decreto di attuazione
della Riforma fiscale, la “participation exemption” si applica solo se la
partecipazione ceduta soddisfa tutte le condizioni richieste dall’articolo 87 del
Tuir. Si sottolinea che tale regime di esenzione non è facoltativo. Come è stato
precisato dalla Circolare n. 36/E “in presenza dei presupposti indicati dal
legislatore, il regime della participation exemption deve essere
obbligatoriamente applicato, anche con riferimento al trattamento di eventuali
minusvalenze”. Tale precisazione è importante. Infatti il regime della
“participation exemption” comporta l’irrilevanza fiscale del componente
reddituale che emerge dalla cessione di partecipazioni che soddisfano i requisiti
richiesti dall’articolo 87 del Tuir. Pertanto attraverso la cessione della
partecipazione si realizza alternativamente una plusvalenza esente (ai sensi
10
della stessa norma) oppure una minusvalenza indeducibile (ex articolo 101 del
Tuir). La disapplicazione della “participation exemption” potrebbe quindi
risultare conveniente se e nella misura in cui la cessione della partecipazione
fosse realizzata in perdita.
Si segnala inoltre che l’articolo 3, comma 2 del D.Lgs. 344/2003 ha abrogato gli
articoli da 1 a 6 del D.Lgs. 358/1997, abolendo così il regime di imposizione
sostitutiva per le operazioni realizzate successivamente al 31 dicembre 2003 il
quale prevedeva l’applicazione di un’imposta con aliquota agevolata del 19%
alle plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni di controllo o
di collegamento ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile, a condizione che
fossero iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie degli ultimi tre bilanci.
A partire dal 1° gennaio del 2004 (data di entrata in vigore del nuovo Tuir) la
cessione di una partecipazione che non si qualifica per il regime della
“participation exemption” origina alternativamente:
− una plusvalenza tassata in base al regime ordinario ex articolo 86 del
Tuir (con eventuale possibilità di rateizzazione ai sensi del comma 4
dello stesso articolo);
− un ricavo imponibile ex articolo 85 del Tuir;
− una minusvalenza o una perdita deducibile x articolo 101, comma 1 del
Tuir.
Per effetto delle nuove disposizioni il componente di reddito che emerge dalla
cessione di una partecipazione esclusa dalla “participation exemption” è quindi
tassato in base all’aliquota IRES vigente.
11
1.4 Gli effetti.
Nel presente paragrafo vengono analizzati gli effetti derivanti dal regime di
esenzione in ordine:
− alla deducibilità delle minusvalenze derivanti dalla cessione delle
partecipazioni;
− alla deducibilità delle svalutazioni delle stesse.
Parallelamente al regime di esenzione illustrato è prevista l’indeducibilità delle
minusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni interessate dal
regime di “participation exemption”. La norma di riferimento è contenuta nel
comma 1 del nuovo articolo 101 del Tuir. Questa disposizione, infatti, sancisce
la deducibilità delle (sole) minusvalenze realizzate per i beni diversi da quelli
indicati nell’articolo 87 (ovvero le partecipazioni che possiedono i requisiti per
l’esenzione). In caso di cessione, quindi, il raccordo tra conto economico e
dichiarazione dei redditi dovrò essere effettuato attraverso una ”variazione in
aumento” pari alla minusvalenze realizzata. Il D.L. 203/2005 ha spezzato la
correlazione tra esenzione (parziale) delle plusvalenze e indicibilità delle
minusvalenze. Le prima spetta solo decorsi diciotto mesi interi di possesso, la
seconda scatta già dopo dodici mesi interi.
Per le partecipazioni che possiedono i requisiti per l’esenzione non sarà
possibile spesare fiscalmente componenti negativi neanche per effetto della
minor valutazione.
A tale riguardo l’articolo 9, comma 4, dedicato alla valutazione dei titoli, prevede
che la possibilità di dedurre svalutazioni (articolo 92, comma 5)si applica solo
nell’ambito della valutazione dei titoli obbligazionari (indicati nell’articolo 85,
comma 1, lettera e).
12
1.5 Il regime transitorio.
Un problema piuttosto delicato riguarda l’entrata in vigore del nuovo regime e la
disciplina relativa al regime transitorio in merito alla classificazione delle
partecipazioni e degli strumenti finanziari che, in caso di cessione, consentono
di realizzare l’esenzione ai fini IRES.
In tale contesto, l’articolo 4, intitolato “disposizioni transitorie ed entrata in
vigore” regola:
− la classificazione delle partecipazioni già possedute prima dell’entrata in
vigore del decreto (articolo 4, comma 1, lettera g);
− la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni
già possedute (articolo 4, comma 1, lettera c);
− la corrispondente deducibilità delle svalutazioni delle partecipazioni già
possedute;
− il raccordo con le disposizioni previste dal D.L. 24 settembre 2002, n.
209.
Per quanto riguarda le partecipazioni già possedute alla data del 1° gennaio
2004, è previsto che (articolo 4, comma 1, lettera g):
− la classificazione tra le “immobilizzazioni finanziarie” delle azioni o quote
deve sussistere nel bilancio relativo al secondo periodo di imposta
precedente a quello in cui si applicano per la prima volta le nuove
disposizioni del Tuir (in tal senso, ai fini dell’applicazione dell’esenzione
la partecipazione ceduta dovrebbe essere stata classificata tra le
“immobilizzazioni” nel bilancio relativo all’esercizio 2002);
− per le azioni e le quote acquisite nel corso del 2003 (periodo d’imposta
precedente a quello di entrata in vigore delle nuove disposizioni), il
requisito della classificazione è soddisfatto previa classificazione delle
stesse tra le immobilizzazioni finanziarie nel relativo bilancio.
L’articolo 4, comma 1, lettera c del D.Lgs. di attuazione alla riforma prevede
l’esclusione dal regime di esenzione per le plusvalenze realizzate entro il
secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003
(2005 per le società con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare ) fino a
concorrenza delle svalutazioni dedotte nello stesso periodo d’imposta in corso
al 31 dicembre 2003 e nel precedente.
13
Ad esempio nell’ipotesi in cui nell’esercizio 2002 o nell’esercizio 2003 una
partecipazione in carico per 1.000 sia stata svalutata a 990 e questa
svalutazione sia stata dedotta potremmo avere queste situazioni:
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 990: non vi
sono né plusvalenze né minusvalenze né civilistiche né fiscali;
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 1.000: la
plusvalenza di 10 è tassabile in quanto corrispondente alla minusvalenza
dedotta nel biennio precedente;
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 982: la
minusvalenza pari a 8 rientra nel nuovo regime di indeducibilità;
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 1.005: la
plusvalenza di 15 risulta eccedente per la parte che eccede le
minusvalenze già dedotte, quindi su 5, mentre è tassata sulla restante
parte pari a 10.
La lettera d) dell’articolo 4 del D.Lgs. prevede, in modo corrispondente, che le
svalutazioni riprese a tassazione nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre
2003 e nel precedente sono deducibili se realizzate entro il secondo periodo
d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003.
Ad esempio nell’ipostesi in cui al 31 dicembre 2002 o al 31 dicembre 2003 una
partecipazione in carico per 1.000 sia stata svalutata a 990 e tale svalutazione
non sia stata dedotta , si potranno avere queste diverso situazioni:
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 990: in tale
ipotesi non vi sono plusvalenze o minusvalenze civilistiche ma si potrà
operare una variazione in diminuzione pari a 10;
− nell’esercizio 2004 o 2005 la partecipazione viene ceduta a 982: la
minusvalenza di 8 rientra nel nuovo regime di indeducibilità mentre la
minusvalenza di 10 comporta il recupero della svalutazione non dedotta
in precedenza.
Il D.L. 24 settembre 2002, n. 209 prevede che (articolo 1, comma 1, lettera b),
ai fini fiscali, alcune svalutazioni delle partecipazioni che costituiscono
partecipazioni finanziarie sono deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui
sono state iscritte e nei quattro successivi.
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Ai fini di coordinare tale disposizione con le nuove norme relative all’esenzione
delle plusvalenze l’articolo 4, comma 1, lettera p prevede che:
− continua ad applicarsi la disciplina prevista dall’articolo 1 , comma 1,
lettera b del D.L. 209/2002;
− ai fini dell’applicazione delle lettere c) e d) dello stesso articolo, le
svalutazioni si considerano interamente dedotte al 31 dicembre 2003.
Un primo aspetto riguarda le svalutazioni già imputate, il cui regime non è stato
modificato con la riforma fiscale e per le quali continua ad applicarsi quanto
previsto dal D.L. 209/2002.
Un secondo aspetto riguarda l’applicazione del regime transitorio, che illustro
con un esempio.
Supponiamo che una partecipazione in carico per 1.000 sia stata svalutata a
900 e tale svalutazione sia deducibile in cinque esercizi. In data 15 luglio 2004
la partecipazione viene ceduta a 1.100. in questo caso:
− la svalutazione operata si considera interamente dedotta, quindi a norma
dell’articolo 4, comma 1, lettera c), la quota di plusvalenza
corrispondente (e pari a 100), è tassata;
− la parte di plusvalenza che beneficia dell’esenzione è pari a 100.
15
1.6 Analisi di convenienza.
L’introduzione del regime di “participation exemption” per le società di capitali
costringe gli operatori a rivedere le proprie scelte relative alla detenzione di
partecipazioni. Si propone quindi un primo esame delle differenze che si
vengono a creare, esaminando il regime di tassazione previsto per una
eventuale plusvalenza a seconda della forma giuridica del soggetto che cede le
partecipazioni.
Società di capitali.
Se chi cede la partecipazione è soggetto all’imposta sulle società (IRES), la
tassazione della plusvalenza è differenziata a seconda che si tratti di
partecipazioni in grado di beneficiare del regime di esenzione (articolo 87)
ovvero di altre partecipazioni.
Nel primo caso (sussistenza dei requisiti per la “participation exemption”) la
plusvalenza non concorre a formare il reddito imponibile (nei limiti del 95, 91 e
84 per cento, dopo le modifiche del D.L. 203/2005).
Nel secondo caso, invece, è applicabile il nuovo articolo 86, comma 4; in
estrema sintesi, quindi, sussistono due alternative:
- la plusvalenza è tassata integralmente nel periodo di realizzo (aliquota
IRES pari al 33%);
- la plusvalenza concorre alla formazione del reddito in rate costanti (fino a
cinque) previa iscrizione della partecipazione ceduta tra le
immobilizzazioni finanziarie negli ultimi tre bilanci.
In particolare, ai fini dell’applicazione dei due diversi regimi di tassazione,
assumono rilevanza i seguenti elementi:
- modalità di rilevazione contabile della partecipazione:
a) nel primo bilancio chiuso nel periodo di possesso (ai fini della
fruizione della “participation exemption”);
b) negli ultimi tre bilanci, ai fini della possibile rateizzazione in quote
costanti della plusvalenza (articolo 86, comma 4 del Tuir);
c) nell’ultimo bilancio chiuso prima della vendita, ai fini della
qualificazione del corrispettivo derivante dalla cessione tra i
“ricavi” ovvero tra le “plusvalenze”;
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- effettivo esercizio di un’attività commerciale da parte della società
partecipata al momento della cessione (potrebbe verificarsi il caso in cui
la società partecipata modifichi l’attività nel corso degli anni sino a
cessare l’attività dell’esercizio commerciale, facendo così venir meno i
presupposti per l’applicazione del regime della “participation exemption”).
Nella seguente tabella vengono esaminate le diverse alternative possibili.
In particolare si analizza anche il diverso regime applicabile quando la
partecipata non possiede i requisiti per l’esenzione.
Iscrizione % Tassazione % Tassazione
partecipazione al Iscrizione nel plusvalenza plusvalenza
momento della primo bilancio (partecipata (partecipata non
cessione esente) esente)
ATTIVO Attivo ESENTE 100%
CIRCOLANTE immobilizzato 91%/84% (non rateizzabile)
100% 100%
Attivo circolante
(non rateizzabile) (non rateizzabile)
100%
(rateizzabile se
Attivo ESENTE iscritta nelle
immobilizzato 91%/84% immobilizzazioni
negli ultimi tre
esercizi)
IMMOBILIZZAZIONI
100% 100%
(rateizzabile se (rateizzabile se
iscritta nelle iscritta nelle
Attivo circolante
immobilizzazioni immobilizzazioni
negli ultimi tre negli ultimi tre
esercizi) esercizi)
Società di persone ed imprese individuali.
In questo caso il cedente è soggetto passivo ai fini IRE (imposta sul reddito
delle persone fisiche) e, conseguentemente, anche nell’ipotesi di cessione
operate in regime di impresa, la relativa plusvalenza da realizzo è generalmente
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assoggettata a tassazione (esclusione dall’applicazione della “participation
exemption”). In realtà, anche in questa ipotesi, è necessario distinguere due
diversi casi, ovvero tra:
- plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni prive dei requisiti
dell’articolo 87: interamente tassabili (anche se con possibile
rateizzazione nell’ipotesi di iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie in
almeno tre bilanci);
- plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in possesso dei
requisiti per l’esenzione: tassabili mediante un concorso parziale al
reddito imponibile in misura pari al 40% del relativo ammontare (nuovo
articolo 57, comma 2 del Tuir).
Persone fisiche e società semplici.
Uno dei casi più ricorrenti è quello in cui le partecipazioni in società sono
detenute da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa. Le plusvalenza
realizzate da questi soggetti sono classificabili tra i “redditi diversi” e la relativa
tassazione varierà a seconda che la partecipazione sia non qualificata
(tassazione sostitutiva del 20%) oppure qualificata. In questo ultimo caso, ai
sensi del nuovo articolo 68, comma 3 del Tuir, le plusvalenze derivanti dalla
cessione di partecipazioni concorrono alla formazione del reddito imponibile (e
sono quindi tassate con le aliquote ordinarie):
- limitatamente al 40% del relativo ammontare;
- al netto del 40% delle eventuali minusvalenze dello stesso tipo.
Tale previsione agevolativa viene espressamente esclusa nell’ipotesi di
cessione di partecipazioni in società estere residenti in paesi o territori a regime
fiscale privilegiato, fatto salvo il caso in cui venga dimostrato (previa
presentazione di istanza di interpello) che dal possesso delle partecipazioni non
è stato conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori sottoposti a
regimi fiscali privilegiati (articolo 68, comma 4).
18
1.7 Un esempio numerico.
L’introduzione della misura che esenta da imposta le plusvalenze derivanti dalla
cessione di partecipazioni (nuovo articolo 87 del Tuir) richiede alcuni
approfondimenti dal punto di vista operativo. Ipotizziamo di essere in presenza
di una struttura abbastanza classica, costituita da persone fisiche che
posseggono una holding (società di capitali) la quale, a sua volta, detiene una
partecipazione in una società con tutti i requisiti richiesti per poter applicare
l’esenzione.
In questa analisi consideriamo che il dividendo percepito concorra per il 40%
del relativo ammontare alla formazione del reddito complessivo del socio, così
come previsto dall’articolo 47 del nuovo Tuir. Adottiamo inoltre l’aliquota Irpef
corrispondente allo scaglione di reddito più elevato (pari al 45%).
In termini numerici, i risultati sono i seguenti: a fronte di un provento di 1.000, la
società non paga imposte (salva la limitata quota imponibile a partire dal 4
ottobre 2005), e quindi può distribuire un utile netto pari a 1.000. in capo ai soci
che possiedono partecipazioni qualificate l’imponibile è pari a 400 (1.000*40%).
Se ipotizziamo un livello di tassazione pari al 45%, le imposte personali
ammontano a 180. il carico fiscale complessivo dell’operazione è allora pari al
18%, notevolmente inferiore a quanto previsto ante riforma. Si ricorda per
completezza che a fronte di questo netto miglioramento assisteremo ad un
peggioramento nel caso in cui la partecipazione che viene ceduta non possieda
i requisiti per l’esenzione. In tale ipotesi, infatti, la società pagherà il 33% di
imposta, mentre l’eventuale distribuzione dell’utile netto (pari a 670)
sconterebbe un ulteriore prelievo di 120,6 (670*0,40*0,45) con un carico fiscale
complessivo pari a 45,06%.
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