2
Ispettorato per la difesa del risparmio e l’esercizio del credito “alle dipendenze di un
Comitato di Ministri presieduto dal duce del fascismo, capo del governo e composto dai
ministri per le finanze, per i lavori pubblici, per l’agricoltura e le foreste, per le
cooperazioni e per gli scambi e le valute”, cui poi si aggiunse
2
il Segretario del Partito
nazionale fascista. Nell’articolo 12 era prevista anche la partecipazione del Governatore
della Banca d’Italia, Capo dell’Ispettorato e il Ministro dell’Africa, quando dovevano
essere esaminati argomenti che interessano la competenza del suo ministero
3
.
In realtà il Comitato dei Ministri
4
aveva nella composizione, nella posizione
nell’ordinamento, nella funzione e nella natura, caratteristiche notevolmente diverse da
quelle dell’attuale CICR.
Nell’ottica accentratrice di quegli anni, il presidente del Comitato dei Ministri era il Capo
del Governo, a dimostrazione della centralità dell’economia e delle risorse provenienti dal
risparmio, mentre nel CICR è il Ministro dell'economia e delle finanze
5
. Questa differenza
non è certamente involontaria, perché l’ambito funzionale del Comitato dei Ministri era
politico-amministrativo, mentre quello del CICR è esclusivamente d’alta
amministrazione
6
.
Alle riunioni mensili prendeva parte, in posizione di dipendenza, l’Ispettorato del credito
7
,
delineando così, nel complesso quadro di competenze che lo caratterizzava, anche quelle
concernenti l’adozione di veri e propri atti normativi e amministrativi.
È opportuno fare un approfondimento sulle peculiarità della legge bancaria del 1936,
risultante dal coordinamento di quattro testi del 1936-38
8
:
ξ r.d.l. 12 marzo 1936 n. 375;
ξ r.d.l. 17 luglio 1937, n. 1400;
ξ l. 7 marzo 1938, n. 141;
2
L. 3 dicembre 1942, n. 1752.
3
DE VECCHIS P., Il comitato interministeriale per il credito e il risparmio, in FERRO-LUZZI P.,
CASTALDI G., La nuova legge bancaria: il T.U. delle leggi sulla intermediazione bancaria e creditizia e le
disposizioni di attuazione, Milano, 1996, cit., pp. 79-80.
4
Soppresso con il d. Lgt. 14 settembre 1944, n. 226.
5
Dopo l’unificazione avvenuta nel 1923, tra i Ministeri delle finanze e del tesoro, i due dicasteri
riacquistarono distinta identità con D.lgt. 22 giugno 1944, n. 154. La ripartizione delle competenze fu poi
effettuata con D.lgt. 5 settembre 1944, n. 202. Essa rimase sostanzialmente ferma anche dopo il
riaccorpamento tra i due ministri operato con D.L.C.P.S. 4 giugno 1947, n. 404.
6
BELLI F., SALERNO M. E., Commento art. 2, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, in
BELLI F., CONTENTO G., PATRONI GRIFFI A., PORZIO M., SANTORO V., Testo unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia. Commento al d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, Bologna, 2003, cit., p. 26.
7
Organo di amministrazione diretta del risparmio e del credito.
8
CARBONETTI F., I cinquant’anni della legge bancaria,in Quaderni di Ricerca Giuridica e della
Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 10, Roma, 1986, cit., p. 12.
3
ξ l. 7 aprile 1938, n. 636;
e dalla loro successiva modifica e integrazione ad opera della L. 10 giugno 1940, n. 933 e,
soprattutto, del C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691. Solo attraverso quest’ultimo provvedimento
la legge bancaria ha assunto una configurazione definitiva rimasta immutata fino all’inizio
degli anni ’80; la legge recava disposizioni per la difesa del risparmio e l’esercizio della
funzione creditizia e, nel primo articolo, dichiarava funzioni di interesse pubblico
9
. Per ciò
che concerneva la specializzazione del credito, la legge bancaria distinse chiaramente le
aziende che esercitavano il credito a breve termine (credito ordinario), da quelle che
esercitavano il credito a medio e lungo termine (credito speciale). Questa distinzione non
era consacrata in nessuna particolare disposizione, ma risultava dal complesso della legge
stessa, la quale trattava separatamente la disciplina delle aziende di credito comprendente il
risparmio a breve termine, e quella della raccolta del risparmio a medio e a lungo
termine
10
.
Uno dei tratti distintivi era quello di essere una normativa che, più che disciplinare
materialmente i soggetti e l’attività, attribuiva competenze e poteri alle autorità creditizie,
alle quali era rimessa un’amplissima discrezionalità nella scelta dei contenuti. Questa
caratteristica di flessibilità consentiva di aggiustare continuamente il modello del sistema
bancario al variare dei criteri analitici che erano alla base delle scelte di politica del
credito
11
, adeguandolo all’evolversi delle situazioni e delle esigenze economiche. Allo
stesso tempo il tecnicismo della legge, che si rifletteva nel suo stesso linguaggio, aveva due
aspetti tra loro interconnessi:
1. la professione bancaria doveva obbedire a regole tecniche, non codificabili in formule
rigide;
2. il compito di supervisione doveva essere affidato ad un’autorità che aveva la medesima
natura dei soggetti operatori; per questo la legge bancaria attribuiva tale compito ad un
organo tecnico, non politico, proprio perché mirava a realizzare una funzione tecnica,
non una funzione politica
12
.
Nel corso degli anni cinquanta si vide l’attenzione degli studiosi dedita più all’analisi delle
fattispecie negoziali caratterizzanti l’attività creditizia, che alla soluzione delle
problematiche relative all’organizzazione di settore; peraltro, un noto episodio
d’abusivismo bancario ripropose sul finire del decennio, l’accertamento degli elementi
9
DE SIMONE E., Storia della Banca, Napoli, 1987, p. 359.
10
DE SIMONE E., Storia della Banca, Napoli, 1987, cit., p. 361.
11
CARBONETTI F., I cinquant’anni della legge bancaria, cit., p. 13.
12
FERRI G., La validità della legge bancaria, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, Milano, 1978, p. 135.
4
integranti l’attività in questione e, dunque, dei presupposti del suo assoggettamento a
controllo da parte dell’autorità
13
. Risalgono a questo periodo i primi tentativi
d’inquadramento sistematico dell’intera materia, in cui la mancata considerazione
dell’interdipendenza nei fenomeni analizzati della componente giuridica, economica e
tecnico-aziendale segnava un intrinseco limite ai risultati della ricerca
14
.
La legge bancaria nella sua sacralità, suggestionò per quasi sessant’anni la nostra
legislazione, innovando l’ordinamento del credito, procedendo per emendamenti che hanno
variamente modificato e integrato la disciplina previdente anche quando sarebbe stato
ormai preferibile porre in essere interventi di radicale riforma
15
.
1.1. Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio
Il 17 luglio 1947 con Decreto legislativo C.P.S. n. 691, il Comitato fu nuovamente istituito
con il nome di Comitato interministeriale per il credito e il risparmio
16
con competenze,
funzioni e facoltà che richiamavano l’articolo 12 del 1936 convertito nella legge 7 marzo
1938 n. 141, ma in realtà era un organo completamente diverso dal precedente
17
.
La distinzione rispetto al Comitato dei Ministri era sottolineata dallo stesso legislatore del
1947, che assegnava all’organo interministeriale, posto al vertice della struttura piramidale
del nostro ordinamento creditizio, l’alta vigilanza in materia di tutela del risparmio, in
materia di esercizio della funzione creditizia e in materia valutaria, collocandolo in una
sfera di competenze politiche, di direzione e indirizzo del settore. Altro elemento
distintivo, era l’attribuzione alla Banca d’Italia delle funzioni d’organo di vigilanza
13
Il riferimento è al “caso Giuffrè” e alla tematica della cosiddetta banca di fatto alla quale molto s’interesso
la dottrina; vedi MOLLE G., Il caso Giuffré e la legge bancaria, in Banca borsa e titoli di credito, I, 1960, p.
407.
14
SANGIORGIO G., CAPRIGIONE F., La legge bancaria: evoluzione normativa e orientamenti esegetici,
in Quaderni di Ricerca Giuridica e della Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 7, Roma, 1986, cit., p.
21.
15
CASTALDI G., Il riassetto della disciplina bancaria: principali aspetti innovativi, in Quaderni di Ricerca
Giuridica e della Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 36, Roma, 1995, cit., p. 11.
16
COSTI R., L’ordinamento bancario, Bologna, 1994, p. 74.
17
Molti individuano in questo organo una riesumazione del Comitato dei ministri, ma tale ipotesi non è
condivisibile, perché anche se in sostanza si trasferiscono le funzioni dal vecchio al nuovo organo collegiale,
secondo quanto previsto dalla legge del ’36 non è rinvenibile alcun riferimento di poteri o funzioni. In
particolare, SANGIORGIO G., Le autorità creditizie e i loro poteri, in Quaderni di Ricerca Giuridica e della
Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 27, Roma, 1992, cit., p. 16, specifica: “Se la tesi fosse esatta i
due Comitati dovrebbero avere morfologia e posizione sostanzialmente identica”. Per approfondimenti sul
Comitato dei Ministri e le differenze con il CICR vedi BELLI F., Aspetti e problemi del controllo
dell’intermediazione bancaria in sede di Commissione economica per la Costituente, in ORSI
BATTAGLINI A., Amministrazione pubblica e istituzioni finanziarie: tra Assemblea costituente e politica
della ricostruzione, Bologna, 1980, p. 41 e ss.
5
bancaria, cessando nell’immediato il rapporto di sovraordinazione
18
che legava l’organo
politico-amministrativo di vigilanza, all’organo tecnico. Si costituì in questo senso un
rapporto funzionale tra il Comitato interministeriale, organo politico, e un ente diverso
dallo Stato, la Banca d’Italia, caratterizzata da una propria autonomia
19
.
Con riferimento alla morfologia, il CICR, con la presidenza affidata al Ministro del tesoro,
conquistava una specifica connotazione in ambito politico-economico e finanziario,
ampliando la sfera d’azione rispetto al limitato indirizzo di politica generale che gli
apparteneva con la presidenza affidata al Capo del governo. La presidenza del Comitato
affidata al Ministro, contribuì in modo determinante a conferire al collegio la fisionomia di
organo di alta amministrazione, quando invece il Comitato del 1936 era considerato una
sorta di Consiglio dei ministri a composizione ridotta
20
. I cambiamenti appena descritti
sono indicativi del processo di trasformazione della funzione da politica-amministrativa,
propria del Comitato dei Ministri, ad esclusivamente amministrativa del CICR, o meglio di
alta amministrazione
21
. Ciò non toglie che, anche a voler sostenere che il CICR del decreto
del 1947 non coincideva con l’originario Comitato del 1936, così come l’attuale Comitato
(CICR delineato nel T.U.B.) è organo diverso dall’organo con lo stesso nome che lo ha
preceduto
22
, l’ente in questione si trascinava, e si trascina, un marchio di fabbrica che
affonda le sue radici nella scelta organizzativa operata negli anni trenta
23
. Inoltre, con la
presidenza al Ministro del tesoro, si congiungevano in capo a detto organo un complesso
18
FENUCCI F., Il concorso del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio alla determinazione
dell’indirizzo economico, Napoli, 1984, cit., p. 18 sostiene: “La nascita del CICR si innesta in un clima
culturale e politico a cavallo fra il terzo e il quarto Gabinetto De Gasperi, denominato linea Enauidi, nel
quale maturarono profondi mutamenti istituzionali, caratterizzato dal ruolo emergente della Banca d’Italia.
Le competenze del CICR., che si esplicano in prevalenza attraverso direttive, secondo il D.L.C.P.S. n. 691,
coprivano tutta la materia del credito e del risparmio eccettuata quella parte di essa che riguardava i
rapporti internazionali. Da questa rapida rilettura appare non del tutto indifendibile la tesi di coloro che
individuavano nel CICR il più vertice del sistema creditizio, in qualche misura sovraordinato agli altri
vertici costituiti dal Ministro e dalla Banca d’Italia. Il CICR è posto dalla legge in una posizione di
preminenza rispetto ad ogni altro soggetto od organo dell’ordinamento del credito”.
19
TREQUATTRINI A., Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, in Banca impresa società
n. 2, 1986, p. 241 specifica: “Tale funzione costituisce prerogativa esclusiva del Comitato, che la esercitava
previa osservanza di quanto disposto dal D.P.R. 30 marzo 1968, n. 626, concernente il riordinamento delle
attribuzioni e delle competenze dei Comitati dei Ministri, aventi competenze in materia economica e
finanziaria, il quale, pur mantenendo ferme le attribuzioni del Comitato del Credito, stabilisce che esso,
nell’esecuzione dei suoi compiti, è tenuto ad attenersi alle delibere del Comitato interministeriale per la
programmazione economica per la ripartizione globale dei flussi monetari tra le varie destinazioni, in
conformità alle linee di sviluppo fissate dal programma economico nazionale, direttive che sono enunciate
dal C.I.P.E. insieme con le linee generali per l’impostazione del progetto di bilancio di previsione dello
Stato”.
20
SANGIORGIO G., Le autorità creditizie e i loro poteri, cit., p. 17.
21
SALERNO M. E., La vigilanza regolamentare sulle banche: soggetti ed oggetto, Siena, 2000, cit., p. 4.
22
DE VECCHIS P., Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, cit., p. 84.
23
SALERNO M. E., La vigilanza regolamentare sulle banche: soggetti ed oggetto, cit., p. 5.
6
coordinato di poteri riguardanti il sistema economico-finanziario; con questa attribuzione si
finalizzava la connessione tra moneta, credito e relative discipline.
La legge del 1947 aveva dato facoltà al Comitato di avvalersi della Banca d’Italia per gli
accertamenti nella materie di propria competenza e per l’esecuzione delle proprie
deliberazioni. Era previsto in pratica un rapporto funzionale tra Comitato e Banca d’Italia,
organo cui contemporaneamente erano devolute le funzioni del cessato Ispettorato; in tale
rapporto sarebbe certamente rientrato, in assenza di un’esplicita disciplina, anche
l’assolvimento dei compiti di segreteria
24
.
Non è sbagliato credere che la costituzione del Comitato, che ereditava le funzioni del
Comitato dei Ministri, fu suggerita dall’esigenza di impedire che ad un solo ministro
venivano consegnate funzioni ampie in una materia cruciale per la direzione pubblica
dell’economia, quale il governo del credito e della moneta. Ma dalla lettura del verbale
della prima riunione
25
, la nascita del Comitato scaturiva dalle difficoltà di regolare e
controllare il flusso del credito amministrato dalle banche, in presenza di una forte
domanda di capitali, promossa dalla ripresa economica e da una forte inflazione che tale
ripresa minacciava
26
.
Il Comitato, oltre al Governatore della Banca d’Italia che partecipava senza diritto di voto,
comprendeva i responsabili di diversi dicasteri, il Ministro presidente del C.I.P., il
Direttore Generale del tesoro, i rappresentanti della Regione siciliana quando si trattavano
argomenti in materia creditizia di quella Regione
27
, e per prassi, potevano essere invitati
altri Ministri interessati ai provvedimenti da deliberare.
La partecipazione del Governatore della Banca d’Italia alle sedute del Comitato, rilevava
l’intento del legislatore di creare, tra gli organi di vertice dell’ordinamento creditizio, uno
stretto coordinamento, fermi restando gli ambiti d’autonomia specificamente individuati e,
in particolare, la non ingerenza del Consiglio Superiore della Banca nelle materie devolute
al CICR
28
.
24
DE VECCHIS P., Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, cit., p. 86.
25
Seduta del 2 agosto 1947.
26
FENUCCI F., Evoluzione e crisi di un modello di governo del credito, il caso del CICR, cit., p. 372.
27
Art. 3 del D.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, recante norma di attuazione dello statuto siciliano in materia di
credito e risparmio, dispone, tra l’altro, che gli schemi dei provvedimenti predisposti dalla Regione
riguardanti la costituzione di aziende e l’apertura di sportelli nel territorio regionale, possono, in determinati
casi, su richiesta del Ministro del Tesoro o della Banca d’Italia, essere sottoposti al potere vincolante del
CICR, alle cui riunioni nell’occasione, partecipano, con voto deliberativo, due Rappresentanti della regione
siciliana.
28
Art. 5 D.L.C.P.S. n. 691/1947.
7
Dall’evolversi di questo complesso scenario evolutivo, il Comitato interministeriale così
composto, assumeva sempre più nel tempo una funzione d’organo politico, rendendo però
di più difficile attuazione l’esercizio dei compiti d’amministrazione attiva che richiedevano
tempestività di decisione e continuità d’azione
29
.
Interessante è appurare, prima del d. lgs. N. 385/1993
30
, il modo in cui, di fatto, il potere
decisionale si è dislocato fra il CICR, il Ministro del tesoro e la Banca d’Italia, in
particolare, il modo in cui esso era concretamente distribuito sul piano della prassi.
È giudizio comune che il CICR non operò all’altezza del compito attribuitogli dal
legislatore; era stato concepito come organo di vera e propria programmazione dell’attività
creditizia, ma il disegno del legislatore non si è mai tradotto in pratica, nemmeno nel primo
periodo di vita dell’ordinamento bancario. L’organo era destinato a giocare un ruolo
principale nella guida del sistema creditizio, ma finì per assumere un rilievo del tutto
marginale, con conseguente assestamento dei poteri reali, caratterizzanti l’ordinamento
bancario, tra la Banca d’Italia ed il Ministro del tesoro. Ciò si è verificato perché delle due
funzioni di direzione dell’ordinamento creditizio, funzione di governo tendenzialmente
riservata al Comitato, funzione di controllo attribuita alla Banca d’Italia, soltanto
quest’ultima realmente è stata esercitata
31
; questo vuoto, creatosi dal mancato esercizio
della funzione d’indirizzo del settore bancario da parte del Comitato per effetto dell’inerzia
governativa, fu colmato quasi completamente dagli interventi dalla Banca d’Italia
32
. Il
CICR rinunziò all’esercizio della sua funzione d’indirizzo del settore bancario
33
, perché la
sua stessa collegialità sarebbe stata assai difficile, come schiacciata, tra la Banca d’Italia e
il Ministro del tesoro, trasformandosi da organo di determinazione dell’indirizzo settoriale
del credito e del risparmio, in un “organo di registrazione” o “recettore formale di
decisioni prese al di fuori di esso”
34
.
29
DE VECCHIS P., Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, p. 84, specifica: “(…) tanto è
vero, che il Comitato non si riunì con continuità nel tempo”.
30
Per un esame approfondito delle vicende di natura storica, economica e sociale, che portano
all’emanazione della legge bancaria del 1936-38, nonché delle ragioni che ne consentono la sopravvivenza
per più di cinquant’anni, si rinvia a LANDI G., La disciplina del credito nell’ordinamento corporativo,
Firenze, 1939; CASSESSE S., La formazione dello stato amministrativo, Milano, 1974; BELLI F., Pubblico
e privato nella legislazione bancaria italiana: a proposito di un recente saggio di P. Vitale, in Note
Economiche, n. 3, 1977.
31
CIRIELLO P., Ordinamento di governo e Comitati interministeriali, Napoli, 1981, pp. 131-152.
32
CIRIELLO P., Ordinamento di governo e Comitati interministeriali cit. p. 153, specifica: “In questo
processo di progressiva espansione delle proprie competenze la Banca d’Italia si è avvalsa della propria
istituzionale posizione di depositaria di un complesso di informazioni tecniche, oltre che di un accorto uso
dell’insieme di poteri che le derivano dalla sua posizione di “banca delle banche”.
33
AMATO G., Economia politica e istituzioni in Italia, Bologna, 1976, p. 135.
34
FENUCCI F., Evoluzione e crisi di un modello di governo del credito, il caso del CICR, in Studi in onore
di Vittorio Ottaviano, Milano, 1993, p. 371.
8
Dopo la legge del 1947, erano sorti forti dubbi sulla considerazione dell’attività del CICR
come attività politica o amministrativa. L’incertezza derivava dalla difficoltà di individuare
il contenuto della funzione di alta vigilanza, ma anche dalla differenza che si era creata tra
l’interpretazione formale e materiale dei poteri attribuiti al Comitato. Secondo alcuni
nell'ordinamento formale, il CICR era un organo politico e si presentava una supremazia di
questo sul Ministro del tesoro e sulla Banca d'Italia; mentre nell'ordinamento di fatto il suo
ruolo si era ridotto ad un ruolo amministrativo, nell'ordinamento materiale si era verificato
l'inverso.
Nel contempo, il ruolo del Ministro del tesoro continuava ad essere di notevole centralità
perché, oltre alla presidenza del Comitato, faceva leva sui suoi poteri di valutazione del
debito pubblico o su quelli conferitigli nel settore dell’erogazione dei crediti speciali
35
.
Anche il rapporto tra il Comitato e il Ministro divenne così stretto da suscitare il dubbio
che essi costituivano un unico organismo complesso
36
. La rilevata inclinazione del
Comitato ad agire come organo servente si manifestava anche nell’attività di ratifica di
decisioni d’altri organi. Da ciò scaturisce il carattere fortemente “bipolare”
37
del governo
della finanza pubblica dell’epoca, contrassegnato dall’assenza di un momento d’autentica
collegialità.
1.2. Il Testo Unico Bancario
Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con il d. lgs. 1°
settembre 1993, n. 385
38
, ha consolidato in modo organico le numerose leggi che per oltre
cinquant’anni avevano adeguato la disciplina del credito all’evoluzione dell’ordinamento,
raccogliendosi intorno al ceppo originario della legge bancaria del 1936, della quale non
veniva mai posta in discussione la centralità. Il testo è ben diverso dalla legge bancaria, ma
molto spesso la diversità è dovuta alla presa d’atto di modificazioni già intervenute nella
realtà operativa, nel sistema, nella sua regolamentazione. In sostanza, le sue norme non
35
I concetti sopra riportati si riferiscono alla fase antecedente all’approvazione della legge 27 febbraio 1967
n. 48 recante norme in materia di “Attribuzioni e ordinamento del Ministro del bilancio e della
programmazione economica ed istituzione del Comitato dei Ministri per la programmazione economica”,
con la quale si è cercato di porre ordine nel settore dei Comitati con competenze di carattere economico-
finanziario, la cui disordinata proliferazione era stata individuata da più parti come causa non ultima delle
disfunzioni prodottesi nell’apparato di governo dell’epoca.
36
FENUCCI F., Il concorso del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio alla determinazione
dell’indirizzo economico, p. 18.
37
CIRIELLO P., Ordinamento di governo e Comitati interministeriali, p. 155.
38
Pubblicato nella sua versione originaria, in Gazzetta Ufficiale, 30 settembre 1993, n. 230, suppl. ord. n. 92.
9
ribaltano la disciplina preesistente, ma segnano l’attuale punto d’arrivo di un processo che
si era già compiuto all’interno dell’ordinamento
39
. I 162 articoli del Testo Unico
Bancario
40
ne sostituiscono almeno 1400 contenuti in più di 130 provvedimenti legislativi;
in questo modo sì realizzò un’opera di civiltà giuridica che aiutò a delineare un quadro
normativo ancora più limpido del precedente
41
.
All’inizio degli anni ’90 il numero, la portata delle innovazioni legislative intervenute e la
prospettiva del recepimento della Seconda Direttiva di coordinamento bancario
89/646/CEE
42
, diffusero il convincimento che fosse giunto il momento per la redazione di
un Testo Unico atto ad aggiornare, razionalizzare e restituire organicità alla legislazione
creditizia, operando i necessari collegamenti con le leggi sulla finanza, in essa non
presenti
43
.
La legge bancaria comunitaria del 1991
44
, fornì l’occasione per intervenire
45
; in essa
furono introdotte due distinte deleghe:
ξ la prima impegnava il Governo a recepire nel diritto interno la Seconda Direttiva e
a modificare l’intera disciplina previdente per adeguarla alla direttiva stessa;
39
CAPOLINO O., CARRIERO G., DE VECCHIS P., PERASSI M., Contributi allo studio del testo unico
delle leggi in materia bancaria e creditizia, in Quaderni di Ricerca Giuridica e della Consulenza Legale
della Banca d’Italia, n. 38, Roma, 1995, , cit., p. 9.
40
Il testo unico del 1993 approvato con il decreto legislativo 385/93 è un testo di coordinamento delle
disposizioni di legge in materia bancaria. Inoltre introduce delle disposizioni per gli intermediari finanziari
non bancari ed esplicita alcuni dei principi già deducibili dal decreto del 1992 con riferimento alle finalità di
vigilanza.
41
MINERVINI G., Dal decreto 481/92 al testo Unico in materia bancaria e creditizia, in AA. VV., Scritti in
onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, p. 1107.
42
Direttiva del Consiglio 77/780/CEE del 12 dicembre 1977 relativa al coordinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo
esercizio. Seconda direttiva 89/646/CEE del Consiglio del 15 dicembre 1989 relativa al coordinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti creditizi e
il relativo esercizio. Direttiva 2000/12/CE (prima legge bancaria europea) del Parlamento europeo e del
Consiglio del 20 marzo 2000 entrata in vigore il 15 giugno del 2000, relativa all’accesso all’attività degli enti
creditizi ed al suo esercizio (raggruppa tutte le precedenti direttive in materia bancaria). Direttiva 2000/46/CE
a modifica della direttiva 2000/12/CE riguardante l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività
degli istituti di moneta elettronica; La direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4
aprile2001, in tema di risanamento e liquidazione degli enti creditizi entrata in vigore il 5 maggio 2001
nonché la raccomandazione del 1 marzo 2001 della Commissione europea, per un Codice deontologico per
la informativa precontrattuale relativa ai mutui di abitazione. Per un approfondimento vedi GIORGIANNI F.,
TARDIVO C. M., Manuale di diritto bancario, Milano, 2005.
43
CIAMPI C. A., Verso un Testo unico del credito, in Bancaria, n. 7/8, 1991, p. 125.
44
L. 142 del 1992.
45
La legge comunitaria annuale costituisce il meccanismo ordinario istituito nel 1989 dalla legge n. 86 (c.d.
La Pergola), per adeguare periodicamente l’interno a quello comunitario, colmando il gravoso ritardo
all’epoca accumulato dal nostro Paese nel recepimento delle direttive. Per l’attuazione delle numerose
direttive che in essa confluiscono, alla legge comunitaria sono riconosciute svariate possibilità d’intervento;
cfr. CASTALDI G., Il riassetto della disciplina bancaria: principali aspetti innovativi, cit., p. 10.
10
ξ la seconda, da adempiere subito dopo, prescriveva la predisposizione di un Testo
Unico, nel quale le norme di attuazione della direttiva risultassero coordinate in un
compendio organico con tutte le disposizioni nazionali vigenti.
I criteri e i principi direttivi, generali e speciali, esplicitati nella legge di delega o
comunque ricavabili dalle stesse disposizioni della direttiva, la cui corretta attuazione
costituiva il principale vincolo per il legislatore delegato, consentirono di sfruttare la
grande potenzialità normativa comunitaria sia in esecuzione della prima delega sia,
successivamente, in sede di elaborazione del Testo Unico. Tra gli obiettivi qualificanti
della direttiva, oltre al fine ultimo dell’avvicinamento degli ordinamenti nazionali, si
ricorda la parità concorrenziale delle banche operanti nell’ambito del mercato unico, che
ponendo in concorrenza anche gli ordinati interni, rimuoveva ogni forma di
discriminazione in danno degli operatori nazionali; la validità europea delle autorizzazioni
all’attività bancaria rilasciate dai singoli Stati; la liberta di stabilimento e di prestazione di
servizi nell’ambito dei Paesi membri; la responsabilità unica della banca-casa madre e la
parallela attribuzione al Paese di origine della competenza a vigilare sulla stabilità delle
singole banche; la collaborazione tra le diverse autorità interne e internazionali,
componenti all’esercizio di controlli sugli operatori; il controllo sugli assetti proprietari; la
determinazione di misure prudenziali in tema di patrimonio e di partecipazioni detenibili
46
.
Le caratteristiche peculiari dell’ordinamento creditizio italiano fecero sì che il legislatore
nazionale, nell’intervenire sulla disciplina interna, si ponesse come ulteriori obiettivi la
despecializzazione operativa, temporale e istituzionale del nostro sistema creditizio, da
attuarsi attraverso la riduzione e la semplificazione di categorie istituzionali di banche
esistenti e il superamento delle numerose segmentazioni del mercato bancario
47
.
L’eliminazione degli eccessi di regolamentazione legislativa intervenuti negli ultimi anni,
può configurarsi come una forma di coordinamento che, al di là delle singole disposizioni,
ha armonizzato anche le tecniche di produzione normativa, assumendo come modello
46
BANCA D’ITALIA, Il recepimento della Seconda Direttiva Comunitaria di coordinamento bancario, in
Bollettino Economico, n. 20, 1993; anche CAPRIGIONE F., Il recepimento della seconda direttiva Cee in
materia bancaria. Prime riflessioni, in BELLI F., CAPRIGLIONE F., Il recepimento della seconda direttiva
CEE in materia bancaria, Bari, 1993, p. 37.
47
CASTALDI G., Il riassetto della disciplina bancaria: principali aspetti innovativi, cit., p. 11, specifica che
per conseguire il completamento del mercato interno, la Comunità Europea ha da tempo accantonato
l’ambizioso obiettivo dell’armonizzazione totale, che comportava la sostituzione integrale delle norme
comunitarie a quelle nazionali, optando per il criterio alternativo dell’armonizzazione minima, per il quale la
legislazione comunitaria si limita a far da cornice alle norme di diritto interno, fissandone però i contenuti
minimi essenziali. Il sistema adottato comporta come corollario il cosiddetto mutuo riconoscimento delle
rispettive regolamentazioni nazionali da parte degli Stati membri, con possibile applicazione del diritto del
paese di origine ai soggetti che operano al di fuori dei propri confini nazionali.
11
l’impianto della legge bancaria del ‘36. Il procedimento ordinario di produzione normativa
è rappresentabile in forma circolare, prendendo avvio con una formale proposta di delibera
del CICR elaborata dalla Banca d’Italia e concludendosi con l’emanazione di istruzioni
attuative della delibera da parte della stessa Banca. Il questo campo il Testo non ha
apportato sostanziali modifiche alla situazione preesistente, limitandosi a razionalizzare e a
unificare in pochi articoli le fonti dei poteri di vigilanza.
Il ruolo del CICR, ridimensionato dal venire meno delle competenze di politica economica,
è stato valorizzato come fonte di produzione normativa. L’unificazione delle fonti è stata
attuata abrogando leggi che prevedevano specifici regimi di controllo per talune categorie
di operatori (art. 161 T.U.B.), assoggettando tutte le banche ai medesimi interventi di
vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva previsti dagli articoli 51 e seguenti per le
singole banche, e dagli articoli 59 e seguenti per i gruppi societari sottoposti a controlli
consolidati. La regolamentazione dell’attività di emissione di valori mobiliari operata
dall’art. 129 del Testo, risponde al principio informatore generale della riforma bancaria di
razionalizzare la normativa in linea con gli orientamenti che si sono delineati nel corso del
tempo in materia di raccolta di risparmio tra il pubblico
48
. Inoltre il Testo Unico dedica una
compiuta disciplina al risparmio non bancario (art. 11), colmando un evidente lacuna
dell’ordinamento precedente; detta una regolamentazione degli intermediari finanziari non
bancari (artt. 106-114) coordinata sistematicamente con quella riservata delle banche (art.
146), norma di principio che consentirà alla Banca d’Italia di emanare disposizioni volte ad
assicurare sistemi di compensazione e di pagamento efficienti e affidabili.
Nonostante queste apprezzabili estensioni dell’opera di razionalizzazione, il testo Unico
non ha potuto ricondurre a coerenza l’intero ordinamento del mercato finanziario, ma ha
esteso il proprio intervento anche al di là del sistema bancario in senso proprio, allo scopo
di introdurre elementi di coerenza nell’ambito dell’ordinamento del mercato finanziario nel
suo complesso e del sistema dei pagamenti, tenendo ben fermo il limite che allo stesso
aveva posto la legge di delega
49
.
Per quanto riguarda l’apparato di controllo, il testo Unico ne conferma la precedente
composizione con il CICR, il Ministro del tesoro e la Banca d’Italia.
48
PONTOLILLO V., L’evoluzione della disciplina dell’attività di emissione di valori mobiliari, in Quaderni
di Ricerca Giuridica e della Consulenza Legale della Banca d’Italia, n. 37, Roma, 1995, cit., p. 7.
49
COSTI R., Introduzione al testo unico sul credito, in AA. VV., Scritti in onore di Alberto Predieri, Milano,
1996, cit., pp. 651-652.