INTRODUZIONE
2
differenti, quali l’istituzione di una rete di agenti indipendenti, la costituzione di un
ufficio di rappresentanza, di una filiale (branch), ovvero di una o più società
controllate.
Le citate possibilità implicano problematiche differenti, sia da un punto di vista
operativo che fiscale. Da un lato, infatti, consentono di ottimizzare l’imposizione
tributaria sul territorio straniero, dall’altro comportano costi amministrativi diversi,
per tenuta della contabilità e dichiarazione dei redditi.
A seconda delle fattispecie concrete, le ipotesi considerate possono essere
numerose ed articolate. L’imprenditore, ad esempio, può investire direttamente, ed
essere presente in uno Stato straniero, mediante una stabile organizzazione, ovvero
può avvalersi di una struttura societaria più elaborata, che preveda l’esistenza di una
o più holding intermedie.
Si precisa, inoltre, che la normativa di riferimento, per l’attuazione delle
operazioni societarie di cui sopra, è spesso complessa e, in alcuni casi, presenta
importanti lacune.
La rilevanza della stabile organizzazione deriva dalla constatazione che essa
rappresenta una valida alternativa di cui le aziende, o gruppi di società a vocazione
internazionale, possono disporre a fronte della necessità di espandersi in altri Paesi.
La stabile organizzazione, peraltro, è una delle figure più controverse del diritto
tributario, anche in considerazione del fatto che prima della riforma fiscale di cui al
D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, non era codificata nell’ordinamento italiano, ed è
INTRODUZIONE
3
quindi rimasta per lungo tempo un’entità non ben definita.
2
La presente trattazione ripercorre l’evoluzione della nozione di “stabile
organizzazione”, fino all’esegesi del nuovo articolo 162 del Testo Unico delle
imposte sui redditi (di seguito T.U.I.R.).
L’analisi è svolta confrontando la norma interna col diritto comunitario e con le
norme pattizie che, prima della citata riforma, costituivano il principale riferimento
per l’individuazione del concetto di “stabile organizzazione”.
Si affrontano inoltre, a latere, alcune delle più ricorrenti questioni di carattere
fiscale e civilistico, correlate alla figura giuridica in esame, con spunti tratti da
orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.
In particolare, la codificazione della stabile organizzazione è avvenuta
contestualmente alla modifica di altre norme, i cui risvolti pratici risultano
importanti sotto molteplici aspetti. Ci si riferisce, ad esempio, alla nuova disciplina
delle controlled foreign companies (cosiddette CFC), al trasferimento della sede
all’estero; nonché ai fenomeni di doppia imposizione internazionale e di transfer
pricing.
Il lavoro è articolato in modo da esaminare il concetto di “stabile
organizzazione” sia nell’ambito delle imposte dirette che di quelle indirette.
2
Si segnala che in dottrina ci sono posizioni discordanti sulla qualifica della stabile organizzazione come
“istituto” in senso giuridico. Alcuni Autori, ritengono che la stabile organizzazione non sia un istituto,
data l’accezione prettamente economica della sua nozione; altri, invece, non la considerano estranea alla
connotazione di istituto giuridico. Cfr. S. Capolupo, Riforma fiscale. Una probabile doppia nozione
di stabile organizzazione, Il Fisco, 2003, I, 2845; E. Grassi, La “stabile organizzazione”. Alcuni spunti
critici sulla normativa recata dalla legge di delega per la riforma del sistema fiscale statale, Il Fisco,
2003, I, 5298. Il dibattuto argomento è approfondito, con valutazioni personali di chi scrive, nell’ambito
delle considerazioni conclusive del presente lavoro.
INTRODUZIONE
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Il primo capitolo ha carattere prodromico, ed introduce il contesto operativo e
giuridico in cui s’inserisce l’analisi della stabile organizzazione, al fine
d’individuare quale sia il ruolo di quest’ultima nell’ambito delle controverse
questioni che caratterizzano la fiscalità internazionale.
Nel secondo capitolo, invece, è presentato un panorama delle definizioni di
“stabile organizzazione”, a cui si faceva riferimento prima della riforma fiscale.
Sono altresì valutati gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza, in
relazione all’evoluzione della nozione di “stabile organizzazione”, fino alla sua
codificazione nel nuovo T.U.I.R.
Tale excursus è funzionale ad un raffronto con l’esegesi dell’articolo 162 del
T.U.I.R., a cui è dedicato il terzo capitolo.
Il quarto capitolo, incentrato sulla comparazione del diritto interno con il diritto
comunitario e convenzionale, prende in considerazione eventuali contrasti tra tali
ordinamenti, con possibile disapplicazione della norma interna.
L’ultima parte del lavoro si propone di verificare la sussistenza di una doppia
nozione di “stabile organizzazione” nell’ambito delle imposte indirette, dove la
lacuna normativa persiste. Qui si esaminano i prevalenti orientamenti della
giurisprudenza, della dottrina e della prassi ministeriale, con particolare attenzione
alle problematiche connesse all’imposta sul valore aggiunto (di seguito I.V.A.), sia
in ambito internazionale, sia comunitario che interno.
Lo studio è infine corredato da un’appendice in cui, per ragioni di completezza e
chiarezza espositiva, si è pensato di inserire alcuni prospetti sintetici relativi sia alla
nozione di “stabile organizzazione”, sia all’approccio metodologico utilizzabile per
INTRODUZIONE
5
accertarne l’esistenza.
Da un punto di vista strettamente formale, si segnala che la locuzione “stabile
organizzazione” è indicata nel testo in corsivo e tra virgolette in tutte le parti in cui
si fa riferimento al suo concetto astratto. In particolare, quindi, quando si prende in
esame la nozione di “stabile organizzazione” prima della sua codificazione, ovvero
quando la si analizza alla luce d’interpretazioni coniate dalla dottrina o dalla
giurisprudenza.
3
Al contrario, quando ci si riferisce all’entità sostanziale, e giuridicamente
definita dal legislatore, la stabile organizzazione non è formalmente distinta con
alcun carattere particolare rispetto al restante corpo del testo.
3
Si vedano, ad esempio, le espressioni “stabile organizzazione materiale”, “stabile organizzazione
personale”, “stabile organizzazione virtuale” e “stabile organizzazione occulta”, attribuite dalla dottrina.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
6
CAPITOLO 1
L’EFFICACIA SPAZIALE DELLA NORMA TRIBUTARIA
ED IL RUOLO DELLA STABILE ORGANIZZAZIONE
SOMMARIO: 1.1. Considerazioni preliminari – 1.2. I criteri impositivi nel diritto tributario
internazionale – 1.3. La nozione civilistica e fiscale di residenza – 1.3.1. Le innovazioni
introdotte dal D.L. del 4 luglio 2006, n. 223 – 1.3.2. La nozione di residenza secondo il
Modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni – 1.4. La nozione civilistica e
fiscale di domicilio – 1.5. Il fenomeno della doppia imposizione – 1.6. La “stabile
organizzazione” quale risposta alle esigenze del sistema fiscale internazionale.
1.1. Considerazioni preliminari.
L’espressione “efficacia della legge nello spazio” sottintende due differenti
ordini di problemi: da un lato quello di determinare lo spazio in cui la legge esplica
la propria validità ed efficacia, dall’altro quello d’individuare i limiti della materia
tributaria, con riferimento alla disciplina di fatti realizzatisi, in tutto o in parte, fuori
dal territorio dello Stato, ovvero posti in essere da soggetti residenti in un altro Stato.
A tali questioni sono connesse problematiche inerenti i confini territoriali entro
cui è esercitabile la cosiddetta “potestà amministrativa di attuazione del prelievo
fiscale”, intesa come potere di applicare concretamente le norme tributarie.
4
La legge tributaria, del resto, è efficace solo all’interno del territorio nazionale,
inteso come territorio politico dello Stato, fatta salva la possibilità per il legislatore
4
Per approfondimenti sulla distinzione tra “potestà normativa” e “potestà amministrativa” del prelievo
cfr. R. Lupi, Territorialità del tributo, E.G., XXXI, Roma, 1994.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
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di disporre espresse deroghe al riguardo.
5
La ratio dell’efficacia della normativa
fiscale limitata al territorio sottoposto alla sovranità dello Stato risiede nel fatto che
questa non può sovrapporsi, o sostituirsi, alle leggi tributarie degli altri Stati.
Per quanto concerne, inoltre, le leggi regionali e le norme tributarie
eventualmente emanate dalle Province e dai Comuni, nel contesto della propria
autonomia regolamentare, la dottrina precisa che è necessario distinguere le
questioni attinenti la loro validità, da quelle riguardanti la loro efficacia.
6
Da un lato, infatti, tali norme dovranno ritenersi dotate di efficacia limitata
all’interno del territorio dell’ente che le ha emanate, dall’altro le stesse dovranno
essere osservate in ogni zona del territorio nazionale, da parte di tutti gli organi
giurisdizionali ed amministrativi che devono applicarle.
Non è in linea con le finalità del presente lavoro dilungarsi sul tema
dell’efficacia e della validità della norma tributaria nello spazio.
7
Si ritiene importante segnalare, comunque, che la cosiddetta “dimensione
spaziale” della disciplina tributaria non risponde ad un principio univoco, e neanche
ad un unico criterio di collegamento col territorio dello Stato, sia esso oggettivo
ovvero soggettivo.
5
Un esempio è rappresentato dall’art. 2 del D.P.R. del 23 gennaio 1973, n. 43, “Approvazione del Testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale”: nella norma, dopo la definizione di territorio
doganale, ai fini dell’obbligazione tributaria doganale, sono espressamente escluse dallo stesso parti del
territorio nazionale, quali i Comuni di Livigno e di Campione d’Italia, ed alcune zone del lago di Lugano.
6
G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, parte generale, Padova, 2003, 104 e F. Tesauro,
Compendio di diritto tributario, 2002, Torino, 20.
7
Per gli opportuni approfondimenti si rinvia, tra gli altri, a G. Falsitta, Corso istituzionale di diritto
tributario, Padova, 2003, 40-45; G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 103-106; A.
Lovisolo, Corso di diritto tributario internazionale, Padova, 2002 e F. Tesauro, Istituzioni di
diritto tributario, I, parte generale, Torino, 2003, 35.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
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Il legislatore ordinario può sottoporre a tributi interni soggetti, sia stranieri o non
residenti, per fatti verificatisi nel territorio dello Stato, e soggetti residenti in Italia
per fatti realizzatisi all’estero.
In questo contesto è rilevante la localizzazione del presupposto dell’imposta in
quanto, a seconda di dove esso si verifica, possono essere applicati principi
impositivi differenti.
8
Inoltre, risulta fondamentale la sussistenza di un criterio di
collegamento col territorio dello Stato, in rispondenza ai limiti posti al legislatore
ordinario nella determinazione dei presupposti d’imposta.
La dottrina prevalente osserva che tali restrizioni, per essere giuridicamente
rilevanti, dovrebbero essere sancite da una norma consuetudinaria di diritto
internazionale, assumendo così il valore di un principio d’ordine costituzionale,
ovvero essere ricavabili direttamente dalla Costituzione.
9
Secondo alcuni Autori, il divieto di sottoporre ad imposizione fiscale fatti
sprovvisti di un legame, sia oggettivo che soggettivo, con l’ordinamento nazionale è
previsto dalla Costituzione.
10
Più precisamente, l’espressione «tutti» usata
.
dall’articolo 53, comma 1, della Carta costituzionale non andrebbe intesa in senso
8
Nel successivo paragrafo è approfondito il tema qui accennato, con riferimento a quelli che la dottrina
definisce rispettivamente “principio di territorialità”, o “tassazione su base territoriale”, (il presupposto
dell’imposta è all’interno del territorio dello Stato), e “tassazione su base mondiale” (l’applicazione delle
imposte prescinde dalla territorialità, ed attribuisce rilievo ad elementi soggettivi e personali).
9
Per una panoramica delle posizioni in argomento si rinvia a G. C. Croxatto, Diritto internazionale
tributario, Dig. disc. priv., sez. comm., IV, Torino, 1989, 642. Con riferimento alle norme costituzionali,
si ricorda l’art. 10, Cost. «1. L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute. 2. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla
legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali».
10
Cfr. F. Maffezzoni, Il principio della capacità contributiva nel diritto finanziario, Torino, 1970,
23; I. Manzoni, Il principio della capacità contributiva nell’ordinamento costituzionale italiano,
Torino, 1965, 29-30; F. Moschetti, Il principio della capacità contributiva, Padova, 1973, 215.
.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
9
universale, bensì circoscritta ad un legame tra il soggetto destinatario della norma da
un lato, e l’ordinamento/il territorio dello Stato dall’altro.
11
Un simile collegamento consentirebbe di giustificare il sorgere in Italia di un
“dovere di solidarietà”, quale quello di concorrere alle spese pubbliche dello Stato, a
carico di un soggetto in ragione della propria capacità contributiva.
1.2. I criteri impositivi nel diritto tributario internazionale.
Al fine di sottoporre a imposizione fiscale i soggetti passivi dell’imposta, gli
Stati hanno ideato dei criteri di regolamentazione. Questi individuano un nesso
giuridico tra il fatto economico, oggetto d’imposizione, ed il legame territoriale con
lo Stato, dando rilievo ad elementi oggettivi e soggettivi.
12
I criteri di riferimento adottati dagli Stati sono essenzialmente due: il cosiddetto
“principio della fonte” o “situs del reddito”, ed il “principio della residenza” o del
“domicilio fiscale”.
In base al primo, sono sottoposti a prelievo tributario tutti i redditi prodotti nel
territorio di uno Stato, a prescindere dal fatto che il soggetto interessato sia residente
o meno in quel Paese. Con riferimento al secondo, invece, è tassato il reddito
prodotto dai soggetti residenti entro la giurisdizione territoriale di uno Stato, incluso
11
Art. 53, Cost. «1. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva. 2. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».
12
Si vedano, tra gli altri, A. Fantozzi, Il diritto tributario, Padova, 2003, 206; G. Tinelli, Istituzioni
di diritto tributario, Padova, 2003, 86.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
10
quello conseguito all’estero.
13
A seconda dei metodi seguiti dai singoli Paesi, la dottrina attribuisce
denominazioni diverse ai sistemi impositivi.
Gli Stati che applicano l’imposta con riferimento alla localizzazione geografica
dei redditi, adottano quello che viene anche definito “principio della tassazione su
base territoriale” o “source principle”, mentre quelli che prevedono l’imposizione
diretta, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e giuridiche,
indipendentemente dal luogo di produzione dei redditi, adottano un sistema
chiamato anche di “tassazione su base mondiale” o “worldwide principle”.
14
Tale secondo principio, definito da alcuni “della tassazione dei redditi ovunque
prodotti”, è caratterizzato da un criterio di collegamento di tipo soggettivo, quale la
residenza, la sede o la cittadinanza, tra il fatto generatore del reddito e l’ordinamento
giuridico, così da configurare un potere impositivo statale senza limiti spaziali.
15
La maggior parte dei Paesi europei ha adottato, con lievi differenze e correttivi,
ambedue i criteri sopra richiamati. Il nostro ordinamento, in particolare, applica una
combinazione di entrambi.
16
Da un lato, infatti, esso ricollega la tassazione dei redditi “su base mondiale” o
13
A. Iorio, Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni ed il rispetto dei principi comunitari, Il
Fisco, 1999, I, 15164.
14
K. Vogel, Worldwide or source taxation of income?, Rass. trib., 1988, I, 259.
15
Cfr. M. Milani, La stabile organizzazione nel sistema fiscale internazionale e interno, Il Fisco, 2005,
I, 3385 e G. Valente, L’espansione sul mercato estero, Corso teorico – pratico di fiscalità
internazionale, in banca dati fisconline.
16
Il principio del cosiddetto “reddito mondiale”, o worldwide principle, per i soggetti residenti è stato
introdotto nel nostro ordinamento dopo la riforma tributaria delegata con L. del 9 ottobre 1991, n. 25,
mentre il “principio di territorialità”, secondo cui sono imponibili in Italia solo i redditi ivi prodotti, è
operante esclusivamente per i non residenti. Cfr. in proposito anche art. 23 T.U.I.R.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
11
“worldwide principle” al possesso della residenza fiscale nel territorio dello Stato,
per cui i soggetti residenti sono assoggettati ad imposizione anche per i redditi
prodotti all’estero; dall’altro, sulla base del “source principle”, i soggetti non
residenti sono assoggettati a tassazione limitatamente ai redditi prodotti nel territorio
dello Stato.
17
Parte della dottrina riconduce i criteri impositivi del diritto tributario
internazionale anche alla cittadinanza, oltre che alla residenza. In tal caso, la potestà
dello Stato di sottoporre ad imposizione le attività economiche svolte sul proprio
territorio consiste nella tassazione di tutti i redditi ivi prodotti da chiunque, sia
cittadino, sia residente che non residente.
18
In quest’ottica è sufficiente il legame territoriale, inteso come il luogo di
produzione del reddito, a legittimare la pretesa impositiva dello Stato.
In base al principio impositivo della residenza o della cittadinanza, invece, lo
Stato tassa i redditi, ovunque prodotti nel mondo, da un proprio residente o cittadino.
Secondo tale sistema un cittadino, anche se non residente, è soggetto ad imposizione
17
C. Garbarino, La tassazione del reddito transnazionale, Padova, 1990, 202. Si ricorda, tra l’altro,
l’art. 151, comma 1, del T.U.I.R. rubricato Reddito complessivo - «Il reddito complessivo delle società e
degli enti commerciali non residenti di cui alla lettera d) del comma 1 dell’art. 73 è formato soltanto dai
redditi prodotti nel territorio dello Stato, ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a
ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva». Per effetto di tale previsione normativa,
una società o un ente non residente in Italia, che consegua redditi sul nostro territorio, sarà tassato nel
nostro Paese indipendentemente dal fatto che per la stessa ricchezza tale società od ente sia assoggettato
ad imposizione anche nel proprio Stato di residenza, in virtù del principio della tassazione mondiale.
Qualora, invece, il reddito sia prodotto in un Paese estero, anche diverso da quello di residenza, la società
non residente non potrà mai essere assoggettata a tassazione in Italia.
18
G. Giannetto, La stabile organizzazione nel sistema dell’imposizione diretta: con particolare
riferimento alla stabile organizzazione all’estero di società residente in Italia, Il Fisco, 1999, I, 13944.
CAP. 1 – L’efficacia spaziale della norma tributaria ed il ruolo della stabile organizzazione
12
nello Stato di cittadinanza per i propri redditi ovunque prodotti, compresi quelli
generati all’estero.
19
Alla luce dei criteri sopra esposti emerge che la potestà degli Stati di sottoporre
ad imposizione le attività economiche, svolte nei rispettivi territori, comporta alcune
criticità quando questa si rivolge anche ai redditi prodotti all’estero dai propri
cittadini o residenti. La pretesa impositiva di uno Stato può, infatti, sovrapporsi o
contrastare con quella di un altro, in cui l’attività è concretamente svolta.
20
Più precisamente, la contemporanea applicazione di diversi principi impositivi
può dar luogo al cosiddetto fenomeno della “doppia imposizione internazionale”,
che si verifica quando lo stesso reddito viene, almeno potenzialmente, tassato sia
nello Stato di residenza o di cittadinanza del contribuente, sia nello Stato di
produzione del reddito.
21
Tale fenomeno non è l’unica conseguenza della disarmonia esistente tra i vari
ordinamenti tributari, anche all’interno dell’Unione europea. Tra le altre, si
ricordano la cosiddetta “concorrenza fiscale” e la cosiddetta “esterovestizione”.
22
19
Gli U.S.A. e le Filippine sono gli unici Stati che hanno adottato il criterio della cittadinanza, oltre a
quello della residenza e della territorialità.
20
G. Giannetto, cit.
21
In considerazione della rilevanza che il fenomeno della doppia imposizione ricopre per l’analisi della
“stabile organizzazione”, questo è oggetto di un ulteriore approfondimento nel successivo paragrafo 1.5.
22
L. Del Federico, Società estere e presunzione di residenza ai sensi del D.L. n. 223/2006: artt. 43 e
48 del Trattato CE, Convenzioni contro le doppie imposizioni e disapplicazione della norma interna di
cui al comma 5bis dell’art. 73 del T.U.I.R., Il Fisco, 2006, I, 6367. L’“esterovestizione”, in particolare,
sorge quando s’intende sfuggire all’applicazione del principio della “worldwide taxation”, che comporta
un maggior onere tributario per il contribuente. A tal fine, viene fatta figurare una fittizia residenza nello
Stato estero, dove è prevista una più bassa o inesistente pressione fiscale, o dove vengono applicate
speciali agevolazioni quali, ad esempio, l’intassabilità delle plusvalenze da partecipazioni o dei dividendi.
In tal caso, la società costituita all’estero non presenta alcun collegamento con quel territorio: per questo
la dottrina usa anche il termine di “box company” o “società vuota”. L’“esterovestizione” della residenza
fiscale consiste, in estrema sintesi, nella localizzazione fittizia della stessa in Paesi diversi dall’Italia, dove
invece il soggetto effettivamente risiede. In tal modo il soggetto può sottrarsi agli adempimenti tributari