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I Paesi firmatari della UNFCCC (evidenziati in Fig.1) hanno sottoscritto nel dicembre del
1997 il Protocollo di Kyoto, un documento di importanza storica per la riduzione delle
emissioni di gas serra che rappresenta lo strumento attuativo della Convenzione.
Il protocollo è articolato in tre elementi chiave:
- la definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni: gli obiettivi di riduzione
riguardano solo i Paesi industrializzati e sono diversi da Paese a Paese, ad eccezione degli
Stati Membri dell'Unione Europea che a Kyoto sottoscrissero un uguale impegno di
riduzione (-8% rispetto ai livelli di emissione del 1990), e successivamente, con la
Decisione del Consiglio dei Ministri dell'Ambiente dell'Unione Europea del 17 giugno
1998, hanno ripartito tra di loro tale onere sottoscrivendo un accordo, noto come accordo
di Burden Sharing. Gli obiettivi di riduzione riguardano i sei principali gas serra (anidride
carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro
di zolfo);
- la previsione di una scadenza temporale per la verifica del raggiungimento degli
obiettivi da parte dei Paesi industrializzati: i Paesi industrializzati dovranno raggiungere
gli obiettivi fissati, in termini di riduzione delle emissioni rispetto all'anno di riferimento
scelto, il 1990, nel periodo 2008 - 2012;
- il ricorso a strumenti di mercato per garantire il raggiungimento degli obiettivi. Il
Protocollo prevede che si possa ricorrere a tre meccanismi di flessibilità (lnternational
Emissions Trading, Joint Implementation e Clean Development Mechanism) riconoscendo
così che, poiché il cambiamento climatico è un problema globale, è possibile intervenire
per la sua mitigazione dove è più efficiente farlo: sia quindi con misure e investimenti a
livello dei Paesi industrializzati sia nei Paesi in Via di Sviluppo. Il Protocollo di Kyoto
ammette, infine, la possibilità di utilizzare crediti di emissione derivanti da attività
connesse alle foreste e, in generale, ad attività che assorbono carbonio.
L'accordo sulle modalità d’attuazione del Protocollo di Kyoto è stato raggiunto solo
durante la Conferenza delle Parti tenutasi a Marrakech tra il 2 e i1 9 novembre 2001
(COP7). E’ pertanto opportuno ripercorrere brevemente il cammino che ha condotto dal
fallimento della Conferenza dell'Aja agli Accordi di Marrakech e quindi alla ratifica e
all'attuazione del Protocollo.
Il "mandato" della Conferenza dell'Aja del novembre 2000 (COP6) era quello di
raggiungere un accordo su meccanismi, regole e procedure sulle quali basare la ratifica del
Protocollo di Kyoto. Alla base del fallimento della Conferenza, che si è tradotto in un
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rinvio alla Conferenza di Bonn del luglio 2001 (COP6 - second part) si trovano alcuni
sostanziali disaccordi tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti appoggiati, seppur con qualche
differenza tra le posizioni, dai Paesi del cosiddetto Umbrella Group (Canada, Australia,
Giappone e Russia). Nell'attuazione del Protocollo di Kyoto, Usa e Umbrella Group
preferiscono evitare il ricorso a strumenti regolativi che ostacolino i meccanismi di
mercato, prediligendo l'utilizzo di strumenti flessibili quali Joint Implementation (Jl),
Clean Development Mechanism (CDM), Emissions Trading (ET) e carbon sink (pozzi di
assorbimento) sia sul mercato interno sia sul mercato internazionale. All'Aja, inoltre, questi
Paesi hanno richiesto un maggiore impegno e coinvolgimento dei Paesi in Via di Sviluppo
(PVS) in virtù della loro produzione potenzialmente crescente di emissioni globali.
L'Unione Europea (UE), al contrario, ha sempre sostenuto la necessità di un meccanismo
internazionale di controllo dell'applicazione del Protocollo che comporti, fra l'altro,
l'attivazione di sanzioni economiche. Inoltre, gli strumenti flessibili, che operano su
dimensione internazionale e che per lo più permettono di spostare gli interventi di
riduzione delle emissioni su territorio straniero, secondo l'UE non avrebbero dovuto
rappresentare la parte preponderante rispetto agli impegni nazionali di riduzione.
Nel marzo del 2001, in seguito al fallimento della Conferenza dell'Aia, il Presidente Bush,
pur impegnandosi ad adottare un pacchetto di provvedimenti di carattere interno volti a
contenere le emissioni di gas-serra, ha annunciato l'intenzione degli USA di non ratificare
il Protocollo, in quanto quest'ultimo sarebbe contrario agli interessi economici del Paese.
Il ritiro dal negoziato sul Protocollo di Kyoto degli Stati Uniti, responsabili del 36,1% delle
emissioni dei Paesi industrializzati, rende necessaria, affinché il trattato possa entrare in
vigore, la ratifica di pressoché tutti gli altri Stati industrializzati.
Nell'ambito della Conferenza delle Parti svoltasi a Bonn, è stato pertanto necessario
soddisfare alcune richieste avanzate in particolare dai Paesi dell’Umbrella Group.
L’accordo che ne è scaturito soddisfa, così, la richiesta giapponese per un ampio utilizzo
degli strumenti flessibili nell'attuazione degli impegni, quella della Russia per la
contabilizzazione dei crediti di emissione accumulati a seguito della crisi dell'economia di
quel Paese tra il 1990 e il 1997, e quella del Canada relativa all'utilizzo dei carbon sink
che, ora, rappresentano da soli quasi il 60% del suo obiettivo di riduzione.
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Nel frattempo, l’IPPC
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, nel Terzo Rapporto sul clima, approvato nel settembre 2001, indica
che secondo i dati relativi agli ultimi 50 anni la maggior parte delle variazioni climatiche e,
in particolare, dell’aumento di temperatura osservato sia attribuibile a cause antropiche. La
riduzione delle emissioni di gas serra e la conseguente stabilizzazione delle loro
concentrazioni in atmosfera potrebbe pertanto ritardare e comunque ridurre i danni del
cambiamento climatico come stabilito dalla Convenzione.
L'accordo politico di Bonn ha costituito la base di negoziazione della Conferenza tenutasi a
Marrakech dove è andato a buon fine il tentativo di tradurlo in un testo legale.
Al termine di una negoziazione estremamente complessa e faticosa, i principali risultati
emersi dalla Conferenza di Marrakech possono essere riassunti nel modo seguente.
Controllo delle inadempienze
Viene adottato il testo sulle procedure e i meccanismi da applicare in caso di mancata
conformità al Protocollo di Kyoto. Responsabile del controllo delle inadempienze è un
Comitato formato da due sotto-gruppi, il Facilitative branch e l'Enforcement branch,
entrambi composti da dieci membri. Al primo spetta principalmente il compito di assistere
le Parti nell'attuazione del Protocollo; l'Enforcement branch, invece, si occupa della
rilevazione dei casi d’inadempienza delle Parti relativamente agli impegni di riduzione
delle emissioni, all'attività di reporting e ai requisiti d’eleggibilità per il ricorso agli
strumenti flessibili. Secondo quanto richiesto dall'art. 18 del Protocollo, è stata anche
definita una lista di conseguenze da applicare in caso di mancato rispetto degli obblighi di
riduzione.
Meccanismi flessibili (JI, CDM, ET) e carbon sink
Per quanto concerne i meccanismi flessibili, sono state adottate le linee-guida per la
definizione dei meccanismi e delle procedure di attuazione e si è raggiunto un accordo
sugli aspetti maggiormente rilevanti del loro funzionamento, quali i requisiti di eleggibilità,
lo scambio dei crediti e le modalità di reporting. È stato inoltre istituito l'Executive Board
del CDM, ossia l'organo preposto alla supervisione, alla gestione e al controllo del
meccanismo di CDM. Tale decisione riveste una notevole importanza dal momento che,
nell'ambito del CDM, entrambe le Parti hanno forti incentivi a sovrastimare le riduzioni di
emissioni ottenibili mediante il progetto (il Paese investitore per ottenere un maggior
1 L’Intergovernmental Panel of Climate Change (IPPC) è nato nel 1988 su iniziativa della World
Meteorological Organization (WMO) e del United Environment Programme (UNEP) con il compito di
valutare le informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche disponibili su scala mondiale per
comprendere il cambiamento climatico, le sue cause e le sue conseguenze.
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numero di quote di riduzione e il Paese ospite del progetto per attrarre gli investimenti).
Per quanto riguarda i carbon sink, sono state assunte importanti decisioni relative, ad
esempio, ai limiti di utilizzo, ai requisiti di eleggibilità e alle modalità di reporting.
Relativamente ai meccanismi flessibili e ai carbon sink, è da notare, infine, come negli
ultimissimi giorni di negoziazione a Marrakech sia stato necessario soddisfare alcune
richieste avanzate da Russia e Giappone responsabili, rispettivamente, del 17,4% e
dell'8,55% delle emissioni del 1990. Alla prima, quindi, è stato permesso di raddoppiare la
quota di emissioni che può essere assorbita tramite attività di gestione forestale e su
richiesta del Giappone si è concordato di eliminare, tra i criteri di eleggibilità di un Paese
all'utilizzo dei meccanismi flessibili, il rispetto dei requisiti di qualità dell'inventario per la
parte relativa ai pozzi di assorbimento.
Monitoraggio e reporting
La definizione dei sistemi di monitoraggio e controllo risulta di fondamentale importanza
per garantire la corretta attuazione del Protocollo di Kyoto e dei suoi meccanismi. La
chiarezza e la trasparenza del sistema rappresentano infatti i requisiti fondamentali affinché
sia offerta ai principali attori coinvolti nell'attuazione del Protocollo la garanzia della
necessaria flessibilità nel funzionamento dei meccanismi. Sono stati definiti, così, i criteri
secondo i quali una Parte deve calcolare e registrare le sue emissioni annuali, il
funzionamento di un sistema di contabilità internazionale che tenga conto di tutti i crediti
di carbonio venduti o comprati, un meccanismo di revisione del sistema controllato da un
gruppo di esperti.
Paesi in Via di Sviluppo
E’ stato approvato un documento di indirizzo per le iniziative avviate nei Paesi in Via di
Sviluppo (PVS) al fine di costruire, sviluppare e rafforzare, negli Stati ospitanti, le capacità
di attuazione della Convenzione sui Cambiamenti Climatici e prepararli a un'effettiva
partecipazione al Protocollo di Kyoto.
La Commissione Europea, affermando la propria volontà a rappresentare un importante
punto di riferimento a livello internazionale nell’ambito delle politiche per il clima, il 23
ottobre 2001 adottò un pacchetto di iniziative contro il cambiamento climatico.
Tre sono i documenti che compongono il pacchetto di iniziative presentato: la proposta di
ratifica da parte della Comunità Europea del Protocollo di Kyoto, una comunicazione
relativa a dieci azioni comuni da intraprendere nel breve periodo al fine di ridurre le
emissioni dei gas serra e una proposta di Direttiva sugli scambi di permessi di emissione.
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Questo portò, il 4 marzo 2002, il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’UE ad
approvare la decisione di ratifica della Comunità rendendo vincolante l’accordo di Burden
Sharing del 1998 e ponendo come obiettivo il deposito congiunto degli strumenti nazionali
di ratifica dei Paesi dell’Unione Europea presso gli Organi Competenti delle Nazioni Unite
entro il 1° giugno 2002.
L’Italia con la Legge 1° giugno 2002, n.120 (G.U. n. 142 del 19 giugno 2002) ha dato
formale ratifica ed esecuzione al Protocollo di Kyoto.
Il Protocollo di Kyoto è diventato vincolante quando è stata raggiunta la ratifica da parte di
55 Parti della Convenzione e da un numero di paesi le cui emissioni totali rappresentassero
almeno il 55% delle emissioni di gas serra di tutti i paesi con vincoli al 1990. La ratifica
della Russia del 16 Novembre 2004, con il 17,4% delle emissioni, ha permesso di superare
la quota del 55% e far sì che il Protocollo di Kyoto entrasse legalmente in vigore. Il
protocollo è operativo dal 16 Febbraio 2005, 90 giorni dopo il deposito dello strumento di
ratifica della Russia alla segreteria della UNFCCC.
Con l’entrata in vigore del Protocollo la Russia si è trovata a disporre di:
una quota di emissione che può essere assorbita tramite attività di gestione forestale
raddoppiata dopo la Conferenza di Marrakech.
la possibilità di sfruttare al massimo i vantaggi economici che le derivano dal
possesso di crediti di emissione generati dalla crisi economica (hot air).
Inoltre, i paesi partecipanti al Vertice che si è tenuto a Montreal dal 28 novembre al 9
dicembre 2005, hanno garantito il prolungamento del protocollo di Kyoto oltre la sua
scadenza nel 2012. Montreal è stato un successo soprattutto per Mop1, la prima conferenza
dei firmatari del protocollo di Kyoto. Dopo la prima settimana i 157 paesi partecipanti
hanno tradotto in realtà le misure del documento, adottando i cosiddetti “accordi di
Marrakesh”. . La Mop, formata dai Paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto (circa
il 70% della popolazione mondiale) è l’organismo che deve attuare il Protocollo ed in
particolare gestire tutte le azioni previste dallo stesso, verificare l'attuazione degli impegni,
dirimere le dispute e comminare le sanzioni per gli inadempienti. In questa prima riunione
la Mop ha provveduto a costruire la propria struttura operativa, ad approvare i regolamenti
abbozzati precedentemente dalle Cop e a definire gli aspetti legali, soprattutto per quanto
riguarda verifiche controlli e sanzioni. A questo proposito sono state indicate le penalità da
applicare a chi non rispetterà gli impegni di riduzione, che se conseguirà i target assegnati
dopo il 2012, nella seconda fase, sconterà una maggiorazione del 30%.
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Il protocollo di Kyoto è ora pienamente operativo. Le nazioni industrializzate si sono
impegnate a finanziare progetti in paesi in via di sviluppo con oltre 13 milioni di dollari nel
biennio 2006-2007. Nelle ultime ore del meeting è stato poi istituito un working group che
da maggio discuterà la seconda fase del trattato.
In questo modo Kyoto sopravviverà alla sua scadenza prevista per il 2012.
Raggiungere un accordo con i paesi non firmatari del trattato, Stati Uniti in testa, è stato
più difficile. Fino all’ultimo giorno gli Usa hanno rifiutato di discutere qualsiasi strategia
per il futuro. La loro posizione si è indebolita a causa delle critiche della comunità
internazionale e, in particolare, di Bill Clinton. L’ex presidente è intervenuto alla
conferenza a nome della sua fondazione, mettendo in luce come il cambio del clima sia
ormai una realtà e stia accelerando. Clinton ha bocciato la politica ambientale di Bush e
definito un errore la sua decisione di non aderire a Kyoto. Washington, pur difendendo le
proprie ragioni, ha infine accettato di dialogare sui temi del riscaldamento globale, purché
questo non comporti l’adozione di impegni o accordi vincolanti. La Casa Bianca è
disponibile solamente ad azioni volontarie. A Bonn inizieranno dunque dei seminari a cui
parteciperanno, insieme agli Stati Uniti, anche altri “grandi inquinatori” come Cina, India e
Brasile.
Per gran parte degli ambientalisti Montreal è stato un successo. Infatti, il protocollo di
Kyoto è ora realtà e ne è stata assicurata la validità oltre il 2012. Inoltre, gli Usa sono usciti
dal proprio isolamento. Il dialogo proseguirà alla successiva conferenza internazionale,
prevista per l’anno prossimo a Nairobi.