9
La legge n. 223, non a caso definita legge omnibus
1
, prevede in
realtà altre disposizioni:
1. la Cassa integrazione guadagni e la disoccupazione speciale
nell'edilizia (artt. 10 e 11);
2. la Cassa integrazione guadagni in generale (artt. 12 e 15);
3. il prepensionamento progressivo e part-time (art. 19);
4. i contributi associativi (art. 18);
5. i contratti di reinserimento (art. 20);
6. la Cassa integrazione straordinaria nell'agricoltura (art. 21).
Appare opportuno esaminare i precedenti storici dell'istituto della
mobilità per cogliere meglio gli elementi innovativi introdotti dal
legislatore.
1
Michele Miscione, I licenziamenti per riduzione del personale e la mobilità, in
Franco Carinci (a cura di), La disciplina dei licenziamenti dopo le leggi 108/1990 e
223/1991.
10
1. I precedenti storici
La nozione di mobilità è stata introdotta, sia pur con altre finalità e
con diverse caratteristiche, con la legge 1° giugno 1977, n. 285 e la
legge 12 agosto 1977, n. 675.
Nell'art. 3bis della legge n. 285/1977, si trovano riferimenti
espliciti alla mobilità, ma solo per richiamare le norme specifiche di
cui agli artt. 22 e seguenti della legge 675/1977.
L'art. 22 della legge n. 675/1977 disponeva, infatti, la costituzione
in ogni regione di un'apposita commissione avente lo scopo di favorire
la mobilità della manodopera, mentre nel successivo art. 23 venivano
definiti i compiti della predetta commissione.
L'art. 24 della stessa legge n. 675/1977 stabiliva che qualora le
aziende al termine del processo di ristrutturazione e di riconversione
produttiva non fossero in grado di mantenere i livelli occupazionali
dovevano comunicare alla commissione regionale per la mobilità il
numero dei lavoratori e della lavoratrici in esubero, distinti per fasce
professionali corrispondenti agli schemi di inquadramento contrattuale
o, in loro mancanza, per categorie e qualifiche professionali, con
l'indicazione delle specifiche mansioni svolte.
Nel caso di passaggio da un posto di lavoro ad un altro, da
un'azienda che aveva dichiarato una eccedenza di personale ad un'altra
disposta ad assumere, anche nell'ipotesi di utilizzo della cassa
integrazione guadagni, si ricorreva all'istituto del passaggio diretto e
immediato.
L'allora normativa disciplinava dettagliatamente le modalità di tale
passaggio, prevedendo, tra l'altro, il coinvolgimento delle strutture
sindacali aziendali e delle sezioni circoscrizionali per l'impiego. Nel
caso che i lavoratori dichiarati in eccedenza aspirassero ad occupare
posti di lavoro offerti e fossero in possesso di qualifiche professionali
diverse da quelle richieste, l'ente regione procedeva a mirati corsi di
riqualificazione professionale al fine di agevolarne le assunzioni.
11
Il concetto di mobilità che, in prima analisi, appare nella legge n.
675/1977 si identifica con quello di "mobilità interaziendale", da posto
di lavoro a posto di lavoro, da occupazione a rioccupazione.
L'art. 1 del decreto legge 30 marzo 1978, n. 80, convertito, con
modificazioni, nella legge 26 maggio 1978, n. 215 apporta modifiche
alla precedente disciplina introdotta dagli artt. 22-25 della legge n.
675/1977.
In particolare il citato art. 1 della legge n. 215/1978 stabiliva che
la dichiarazione dello "stato di crisi aziendale", produceva gli stessi
effetti della disdetta di cui all'art. 2112, 1° comma cod. civ.
2
, nei
confronti dei lavoratori passati in forza ad una nuova impresa che
avesse rilevato l'azienda dichiarata in crisi.
In sostanza, per effetto della dichiarazione di crisi aziendale, la
normativa prefigurava la risoluzione ope legis dei rapporti di lavoro
all'atto in cui avveniva il trapasso dell'unità produttiva in crisi dal
precedente al nuovo imprenditore.
Quindi, i rapporti di lavoro venivano instaurati ex novo con
l'impresa subentrante.
L'art. 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407 stabilisce che a
decorrere dal 1° gennaio 1991, nei confronti di determinate categorie
di datori di lavoro che procedono ad assunzioni con contratto a tempo
indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o
sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di
integrazione salariale da un periodo uguale a quello appena ricordato,
i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella misura
del 50% per un periodo di trentasei mesi.
Condizione necessaria per poter usufruire di questo beneficio è
che le predette assunzioni non siano effettuate in sostituzione di
lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa
licenziati o sospesi.
2
"In caso di trasferimento dell'azienda, se l'alienante non ha dato disdetta in tempo
utile, il contratto di lavoro continua con l'acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i
diritti derivanti dall'anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento".
12
La norma in esame prevedeva la costituzione in ogni regione di
una apposita lista dalla quale poter attingere per effettuare
l'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro.
13
2. La nuova mobilità
a) Legge 23 luglio 1991, n. 223
La legge 23 luglio 1991, n. 223, oltre a portare importanti
modifiche alla Cassa integrazione guadagni straordinaria, ai
licenziamenti collettivi, al sistema di avviamento al lavoro ed altre
materie ancora, ha introdotto per i lavoratori licenziati da imprese di
una certa consistenza un nuovo tipo di prestazione denominata
"indennità di mobilità".
In generale si può affermare che pur trattandosi di una riforma che
introduce incisive innovazioni non ripudia il complesso di istituti e di
tecniche normative del più recente passato
3
.
L'istituto della mobilità e della relativa indennità è disciplinato,
sostanzialmente, dagli artt. 4-9 della legge n. 223/1991.
L'art. 4 fissa nel dettaglio le procedure per la dichiarazione della
mobilità, precisandone le fasi, gli adempimenti dei datori di lavoro, i
termini entro i quali la procedura deve esaurirsi.
L'art. 5 detta i criteri per l'individuazione dei lavoratori da
collocare in mobilità, ricalcando in pratica quanto già stabilito
dall'accordo interconfederale del 5 maggio 1965.
Il recesso, per essere legittimo ed efficace, deve avvenire
rispettando determinate regole. Il 3° comma individua il regime
sanzionatorio, l'inefficacia e l'invalidità del licenziamento. Lo stesso
articolo prevede altri adempimenti a carico del datore di lavoro: va
quantificato l'onere da versare all'istituto previdenziale preposto per
ciascun lavoratore posto in mobilità (4° comma); per contro, sono
previste agevolazioni economiche nell'ipotesi che lo stesso datore di
lavoro procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato, secondo le
3
Mariella Magnani, Imprese in crisi nel diritto del lavoro, in AA.VV., Digesto delle
Discipline Privatistiche.
14
procedure determinate dalla Commissione regionale per l'impiego (5°
comma).
L'art. 6 demanda all'Ufficio regionale del lavoro e della massima
occupazione la compilazione, dopo una analisi tecnica operata
dall'agenzia per l'impiego, di una lista dei lavoratori in mobilità sulla
base di schede contenenti informazioni utili per individuare la
professionalità, la preferenza per mansioni diverse da quelle originarie
e la disponibilità al trasferimento dei singoli lavoratori. Le liste di
mobilità sono approvate dalle Commissioni regionali per l'impiego.
Queste hanno anche il compito di promuovere iniziative per favorire il
reimpiego dei lavoratori in mobilità, proporre corsi per la
qualificazione e la riqualificazione professionale (2° comma) e
disporre, su richiesta delle amministrazioni pubbliche, l'utilizzo
temporaneo dei lavoratori in mobilità in opere o servizi di pubblica
utilità (4° comma).
A norma dell'art. 7, l'indennità di mobilità spetta ai lavoratori
collocati in mobilità da imprese, diverse da quelle edili, rientranti nella
sfera della cassa integrazione guadagni straordinaria con rapporto di
lavoro continuativo e comunque non a termine, qualora abbiano una
anzianità aziendale di almeno dodici mesi di cui almeno sei di lavoro
effettivamente prestato, comprensivi dei periodi di ferie, festività e
sospensioni dal lavoro per infortunio.
L'importo dell'indennità è pari a quello del trattamento
straordinario di integrazione salariale che è stato percepito o che
sarebbe spettato prima della risoluzione del rapporto di lavoro.
La durata e l'entità del trattamento è commisurata all'età anagrafica
del lavoratore collocato in mobilità e all'ubicazione dell'impresa che
ha provveduto a risolvere il rapporto di lavoro; schematicamente:
- per i lavoratori di età inferiore a 40 anni l'importo è erogato per
12 mesi al 100%;
- per i lavoratori di età compresa tra 40 e 50 anni dal 13° al 24°
mese l'importo è ridotto all'80%;
- per i lavoratori di età superiore a 50 anni fino a 36 mesi (sempre
all'80%).
15
Per i lavoratori collocati in mobilità da imprese ubicate nelle aree
comprese nei territori del mezzogiorno, la durata viene,
rispettivamente, incrementata di altri 12 mesi, rimanendo invariata
l'entità: 100% per i primi 12 mesi, 80% dal 13° al 48° mese (1° e 2°
comma art. 7).
L'indennità di mobilità è adeguata, con effetto dal 1° gennaio di
ogni anno, in misura pari all'80% dell'aumento derivante dalla
variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo.
Per i lavoratori collocati in mobilità entro il 31 dicembre 1994
4
nelle aree del mezzogiorno o in altre aree nelle quali il tasso di
disoccupazione sia superiore alla media nazionale, la corresponsione
dell'indennità di mobilità è prolungata:
- fino all'età pensionabile, nel caso in cui i lavoratori collocati in
mobilità abbiano, al momento della cessazione del rapporto di lavoro,
un'età inferiore di non più di 5 anni rispetto a quella prevista dalla
legge per il pensionamento di vecchiaia e possono far valere
nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i
superstiti i requisiti contributivi minimi per il conseguimento di tale
pensione, diminuiti del numero di settimane mancanti alla data di
compimento dell'età pensionabile (6° comma);
- fino alla data di maturazione del requisito al pensionamento di
anzianità, nel caso in cui i lavoratori collocati in mobilità possano far
valere nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la
vecchiaia e i superstiti un'anzianità contributiva non inferiore a 28
anni e abbiano un'età inferiore di non più di 10 anni rispetto a quella
prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia (7° comma).
Questo prolungamento della corresponsione dell'indennità di
mobilità è noto come "mobilità lunga".
4
Inizialmente la L. 223/1991 prevedeva il 31 dicembre 1992 come termine ultimo per
godere della mobilità lunga, la data è stata prorogata una prima volta al 31 dicembre 1993
dall'art. 1 comma 4 del D.L. 398/1992, ora art. 6 comma 10 L. 236/1993, e una seconda
volta al 31 dicembre 1994 dall'art. 5 comma 4 della L. 451/94 .
16
L'indennità di mobilità sostituisce ogni altra prestazione di
disoccupazione nonché le indennità di malattia e di maternità
eventualmente spettanti (8° comma).
L'art. 8 disciplina il collocamento dei lavoratori posti in mobilità,
con l'elencazione delle agevolazioni contributive e delle indennità
riconosciute alle imprese che assumono tali lavoratori. Contiene anche
norme sulla correlazione tra iscrizione nella lista di mobilità e
svolgimento di attività di lavoro subordinato a tempo parziale ovvero
a tempo determinato.
Infine l'art. 9 definisce i casi in cui il collocato in mobilità viene
cancellato dalle apposite liste (di cui all'art. 6). Ovviamente la
cancellazione comporta la perdita della relativa indennità.
b) Legge 19 luglio 1993, n. 236
Il decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236 all'art. 4 estende
l'iscrizione nelle liste dei lavoratori licenziati da imprese, anche
artigiane o cooperative di produzione e lavoro, che occupano fino a 15
dipendenti per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione,
trasformazione o cessazione di attività o di lavoro.
L'art. 6 proroga al 31 dicembre 1993 i termini previsti dall'art.
7 della legge 223/91 (1° comma), ed estende la mobilità lunga (di cui
allo stesso art. 7 legge 223/91), limitatamente al periodo 11 marzo
1993 - 31 dicembre 1993, ai lavoratori collocati in mobilità da imprese
appartenenti ai seguenti settori:
chimica, siderurgia, industria della difesa, industria minero-
metallurgica non ferrosa e imprese situate nelle aree di declino
industriale individuate dalla CEE.
17
c) Legge 19 luglio 1994, n. 451
La legge 451/94 proroga al 31 dicembre la normativa scaduta il 31
dicembre 1993, contemporaneamente ne estende l'efficacia ad altri
settori di attività. Infatti il 4° comma dell'art. 5 stabilisce che il termine
del 31 dicembre 1992 previsto dall'art. 7 della legge 223/91, già
prorogato dall'art. 6 della legge 236/93, è ulteriormente prorogato al
31 dicembre 1994.
Il 5° comma dello stesso articolo prevede l'estensione della
mobilità lunga anche all'industria tessile, dell'abbigliamento e delle
calzature, nonché ai lavoratori posti in mobilità da imprese che si
trovano nelle aree di declino industriale individuate ai sensi del
regolamento CEE n. 208/93.
18
Capitolo 2
Le procedure per la messa in mobilità
1. La riduzione del personale
L'art. 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, dando attuazione alla
direttiva CEE n. 75/129 del 1975 sui licenziamenti collettivi,
introduce la disciplina legale di una materia finora regolamentata, e
formalmente ancora in vigore
5
, da due accordi interconfederali per il
settore dell'industria, quello del 20 dicembre 1950 e l'altro del 5
maggio 1965, che sancivano, come limite procedurale, quello della
preventiva consultazione sindacale. Ma tali accordi, oltre che ad essere
relativi alla sola industria, avevano efficacia solo per gli imprenditori
iscritti.
In realtà, poiché il 5° comma dell'art. 24, legge 223/91 sancisce
che la materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è
disciplinata dallo stesso art. 24, si può affermare che "tutta la materia
dei licenziamenti collettivi è disciplinata ora dalla legge 223/91
6
",
cancellando così buona parte del dibattito dottrinale
e
5
Fabio Mazziotti, Riduzione di personale e messa in mobilità, in G. Ferraro, F.
Mazziotti, e F. Santoni (a cura di), Integrazioni salariali, eccedenze del personale e
mercato del lavoro.
6
Michele Miscione, I licenziamenti per riduzione del personale e la mobilità, cit.
19
giurisprudenziale formatosi sotto il precedente regime
7
.
All'atto pratico significa che la materia dei licenziamenti collettivi
per riduzione di personale trova applicazione nei confronti di tutte le
imprese, qualsiasi sia il loro settore di appartenenza. Quindi la materia
dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale esce, di fatto,
dalla sfera della "contrattualistica" per assumere rilevanza giuridica di
norma di legge.
L'art. 24 fornisce i criteri di identificazione dei licenziamenti
collettivi:
1) sotto il profilo causale/qualitativo, preso alla lettera dalla
contrattazione interconfederale
8
, per riduzione o trasformazione di
attività o di lavoro;
2) sotto il profilo quantitativo, derivante alla lontana dalla direttiva
CEE
9
, richiede che l'impresa abbia alle proprie dipendenze più di 15
addetti.
Il primo criterio, causale/qualitativo, esamina, a dire il vero, due
realtà concettualmente diverse:
a) riduzione o trasformazione di attività
b) riduzione o trasformazione di lavoro.
Il primo caso riguarda tutti quei processi di ristrutturazione,
riorganizzazione e conversione aziendali, propri delle scelte
strategiche dell'imprenditore.
Il secondo aspetto riguarda invece tutte quelle operazioni inerenti
più specificatamente il lavoro, come per esempio le innovazioni
tecnologiche.
7
Mario Napoli, Occupazione, rappresentatività, conflitto. Note di legislazione del
lavoro (1987-1991).
8
Franco Carinci, La centralità della legge nella disciplina dei licenziamenti
individuali e collettivi, in F. Carinci (a cura di), La disciplina dei licenziamenti dopo le
leggi 108/1990 e 223/1991.
9
Franco Carinci, idem.
20
Il 2° comma dell'art. 24, sancisce che "le disposizioni richiamate
nel comma 1 si applicano anche quando le imprese di cui al medesimo
comma intendano cessare l'attività". La giustificazione di tale
inclusione va probabilmente ricercata nell'intento del legislatore di
voler garantire, in presenza degli altri requisiti, gli stessi trattamenti
economici riservati ai "classici" ridimensionamenti degli organici.
Il criterio quantitativo stabilisce che la disciplina è limitata alle
sole imprese che occupino più di 15 dipendenti (art. 24, comma 1).
Occorre subito chiarire un primo problema; ossia, se al termine
"impresa" sia corretto dare un significato letterale, oppure se sia
possibile una interpretazione estensiva.
L'estensione della disciplina del lavoro nell'impresa ai datori di
lavoro non imprenditori è, di norma, espressamente prevista; in
mancanza di ogni previsione, si dovrebbe accogliere
un'interpretazione restrittiva.
Tuttavia i dubbi circa la possibilità di una interpretazione estensiva
sorgono in relazione al fatto che la direttiva CEE usa il termine
generico di "datore di lavoro" (art. 1, lett. a)
10
.
Dobbiamo ritenere però che la disciplina sui licenziamenti
collettivi abbia efficacia nei confronti di quelle attività riconducibili
alla nozione di impresa ai sensi dell'art. 2082 cod. civ. e dell'art. 2135
cod. civ., non avendo, il legislatore, specificato nel dettaglio le
categorie dei soggetti tenuti all'osservanza della norma in oggetto, così
come aveva invece fatto nell'art. 2 della legge 11 maggio 1990, n. 108.
10
Fabio Mazziotti, Riduzione del personale e messa in mobilità, cit.
21
2. Il computo dei dipendenti
Abbiamo già osservato che il requisito quantitativo per
l'assoggettamento del datore di lavoro alla normativa sulla mobilità è
di almeno 16 dipendenti. Importante è ora stabilire i criteri con cui
effettuare il computo dei dipendenti.
Occorre attenersi ai criteri stabiliti per l'integrazione straordinaria
e a quelli relativi alla legge sui licenziamenti individuali.
Infatti, all'art. 4, comma 1, legge 223/1991, si legge: "l'impresa
che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione
salariale", "ha facoltà di avviare le procedure di mobilità"; ciò
significa che il fatto stesso di essere in cassa integrazione guadagni
straordinaria è requisito che assolve la previsione di legge sul dato
numerico.
Pare opportuno ricordare brevemente i requisiti per poter usufruire
dell'istituto della integrazione straordinaria: è necessario che l'impresa
abbia occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre
precedente la data di presentazione della richiesta.
Ai fini del computo del limite dimensionale di cui sopra,
concorrono anche gli apprendisti e i giovani assunti con contratto di
formazione e lavoro (art. 1, comma 1, legge 223/1991).
Vi concorrono inoltre i lavoratori a tempo determinato, i lavoratori
part-time, in misura corrispondente al numero di ore contrattualmente
previste, i quadri
11
, nonché tutti gli altri dipendenti, anche se non
beneficiari dell'indennità di mobilità, come i dirigenti
12
.
In mancanza di esplicita esclusione, vanno computati anche i
dipendenti che svolgono la loro attività fuori dai locali dell'azienda,
11
Giuseppe Ferraro, Le integrazioni salariali, in G. Ferraro, F. Mazziotti e F.
Santoni (a cura di), Integrazioni salariali, eccedenze del personale e mercato del
lavoro.
12
Michele Miscione, L'indennità di mobilità. Leggi 223/1991 e 236/1993.
22
come i piazzisti, i propagandisti e i lavoratori a domicilio, purché sia
provata la natura subordinata del rapporto
13
. Si è anche osservato, a
proposito dei lavoratori a domicilio, l'opportunità non solo di
comprenderli nel computo, ma anche, a differenza di quanto sostenuto
dall'INPS
14
, di ritenerli a pieno diritto beneficiari dell'indennità di
mobilità
15
.
Se non occupati occasionalmente, devono essere computati anche
il coniuge e i parenti del datore di lavoro, quale che sia il grado di
parentela, non essendo contemplata, ai fini della riduzione del
personale, l'esclusione, viceversa prevista dalla legge sui licenziamenti
individuali
16
.
Sono esclusi dal computo i lavoratori a termine assunti in
sostituzione di quelli assenti, se questi ultimi siano già stati considerati
nell'organico oggettivo o tra quelli mediamente occupati nel semestre.
L'art. 24, legge 223/1991, dopo aver indicato il requisito
quantitativo minimo che le imprese devono avere per poter rientrare
nella sfera di applicazione della norma e aver indicato il numero
minimo di lavoratori da coinvolgere nella relativa procedura di
riduzione di personale (rispettivamente 16 e 5), puntualizza: "in
ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell'ambito del
territorio della stessa provincia".
Ora, per unità produttiva dobbiamo intendere ogni articolazione
autonoma dell'impresa, avente sotto il profilo funzionale, idoneità ad
espletare in tutto o in parte l'attività di produzione di beni e servizi
dell'impresa, della quale è una componente organizzativa, e quindi a
rappresentare una struttura distinta dal punto di vista economico e
produttivo, a capo della quale vi è un preposto dell'imprenditore,
fornito di poteri gerarchici e di gestione del personale
17
.
13
Fabio Mazziotti, Riduzione del personale e messa in mobilità, cit.
14
Circolare INPS n. 260 del 12 novembre 1992, punto 1.
15
Michele Miscione, L'indennità di mobilità, cit.
16
Fabio Mazziotti, Riduzione del personale e messa in mobilità, cit.
17
Carinci - De Luca Tamajo - Tosi - Treu, Diritto del lavoro. Il lavoro subordinato.