4
Tuttavia la finanza come settore è stata da sempre molto criticata, si pensi a come la
cultura islamica ancora oggi condanna la pratica del prestito con interessi o addirittura a
personaggi della cultura classica come Aristotele o cristiana come S. Tommaso che
consideravano tale pratica immorale. Non mancano del resto esempi più vicini e attuali,
si pensi ai recenti scandali che hanno coinvolto risparmiatori che non avevano a
disposizione informazioni sufficienti. Ancora una volta la convinzione che la logica del
profitto senza un’assunzione di responsabilità sociale possa compromettere l’esistenza
dell’impresa ha determinato una svolta nelle modalità di gestione degli istituti bancari e
ha dato il via alla nascita di istituzioni che hanno fatto della responsabilità sociale e
della finanza etica un punto da cui partire, la mission e il fine ultimo dell’impresa.
Esempi eccellenti sono la Grameen Bank in Bangladesh o la Banca Etica in Italia, nati
con l’intento esplicito di migliorare la società in cui operano, sebbene anche banche per
così dire tradizionali stanno orientandosi alla RSI per ottenere un vantaggio
competitivo.
Gli strumenti a disposizione degli istituti di credito per orientarsi alla responsabilità
sociale sono il microcredito, ovvero l’accesso al credito da parte di persone senza
garanzie tradizionali, il social banking ed il socially responsible investing.
La Banca Popolare di Milano è un esempio di istituto bancario tradizionale che ha
voluto intraprendere un percorso di responsabilità sociale d’impresa che fosse coerente
con la sua identità di banca cooperativa e che favorisse quindi elevati livelli di
efficienza e socialità a vantaggio di tutti i suoi interlocutori
Un esempio di tale orientamento è il suo prodotto “Extraordinario” che, attraverso un
approccio di social banking, ha come obiettivo quello di favorire l’integrazione
economica e sociale della popolazione immigrata in Italia.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di capire se e come un percorso di
responsabilità sociale, in particolare applicato all’ambito finanziario, possa portare
realmente a un vantaggio reciproco per i consumatori, imprese e società.
5
CAPITOLO I: LA RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA
1.1 IL CONCETTO DI RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA
La nozione di responsabilità sociale d’impresa non ha finora trovato una definizione
univoca negli studi di management, trattandosi di un argomento strettamente legato alla
concezione dell’economia, dell’impresa e soprattutto dell’uomo.
La Commissione Europea descrive questo concetto come “l’integrazione volontaria
delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni
commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate. Essere socialmente responsabili
significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche
andare al di là investendo “di più” nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con
le altre parti interessate.”
1
Molteni precisa questa definizione, secondo cui per
responsabilità sociale d’impresa si intende la tensione dell’impresa –e, dunque, in
primis dei vertici aziendali- a soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là
degli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientali, oltre che economiche, dei
vari portatori di interesse (o stakeholder) interni ed esterni, mediante lo svolgimento
delle proprie attività.
2
In termini generali, si può dire che un’impresa è socialmente responsabile quando,
consapevole dell’influenza che esercita nell’ambiente in cui opera, se ne fa carico
concretamente e adotta comportamenti che rispondono alle aspettative di sicurezza, di
rispetto dell’ambiente e di miglior qualità di vita dei lavoratori, dei consumatori e della
società.
1
Libro Verde, Bruxelles, 18.07.2001. Il “Libro Verde. Promuovere un quadro europeo per la
responsabilità sociale delle imprese” viene pubblicato dalla Commissione Europea nel 2001. In esso
vengono elencate le linee guida europee in tema di CSR (Corporate Social Responsibility) e viene
formalizzata la prima definizione europea di CSR. Nel testo viene anche riportato uno degli obiettivi
strategici definiti nel Consiglio Europeo di Lisbona: “…divenire l’economia della conoscenza più
competitiva e più dinamica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un
miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”, e
modificare la mentalità dell’impresa dalla ricerca del profitto all’assunzione della responsabilità sociale
rientra appieno in questo ambito strategico.
2
M. MOLTENI, Responsabilità sociale e performance d’impresa.. Vita & pensiero 2004
6
L’importanza degli stakeholder
Elemento cardine di ogni definizione di RSI è comunque l’insieme degli stakeholder e
delle loro attese, di cui l’azienda socialmente responsabile deve sempre tener conto.
Infatti, come suggerisce la sua etimologia, il termine responsabilità indica la volontà di
rispondere a uno o più soggetti che avanzano delle richieste.
Con il termine stakeholder si intendono i soggetti che hanno un interesse rilevante in
gioco nella conduzione dell’impresa a causa dei loro investimenti specifici oppure dei
possibili effetti positivi o negativi
3
. In inglese infatti “to hold a stake” significa
possedere un interesse, nel senso di un diritto. In sostanza lo stakeholder è colui che
intende essere riconosciuto come influente dall’impresa e che reclama il diritto di
interloquire e di relazionarsi con essa.
Ma come e con quali di essi si deve relazionare l’impresa? E’ possibile distinguere tra
due tipologie di stakeholder:
¾ Stakeholder primari: ovvero gli azionisti, i dipendenti, i clienti, i fornitori,
perché hanno con l’impresa un rapporto contrattuale
¾ Stakeholder secondari: gli individui o i gruppi di individui che pur non avendo
un rapporto contrattuale con l’impresa si sentono comunque nella posizione di
interloquire e di pretendere da questa attenzione e risposta alle loro attese. Fanno
parte di questa categoria le associazioni consumatori, le associazioni locali, i
mass media, i sindacati e i gruppi di pressione.
4
Accanto a queste categorie di stakeholder non va dimenticato un altro interlocutore
aziendale, altrettanto importante anche se privo di voce, quello cioè rappresentato dalle
generazioni future, cioè i soggetti destinati ad essere colpiti nei propri diritti dal degrado
ecologico. Per questa ragione un’impresa socialmente responsabile che voglia operare
secondo una prospettiva multi-stakeholder deve orientarsi alla logica della cosiddetta
triple bottom line, secondo cui vanno presi in considerazioni tre ordini di risultati:
economico sociale e ambientale, ciascuno dei quali è funzionale al raggiungimento degli
altri.
3
M. MOLTENI, Responsabilità sociale e performance d’impresa.. Vita & pensiero 2004
4
N. CERANA, Comunicare la responsabilità sociale. Franco Angeli 2004
7
Tuttavia non basta solo identificare i gruppi di stakeholder, quindi a chi l’impresa si
deve rivolgere, ma è necessario altresì conoscere le domande sociali per poter
implementare una valida strategia aziendale che anticipi l’emergere di conflitti e crei
coesione attorno all’impresa. Le attese e gli interessi degli stakeholder possono essere
più o meno consapevoli e trasformati in esplicite domande all’impresa in forma di
proteste o rivendicazioni; in altre situazioni tali attese sono inconsapevoli oppure per
mancanza di mezzi esse non vengono palesate, spesso è quindi necessario intercettarle
attraverso ricerche, focus group, forum eccetera.
Al di là degli obblighi di legge
Il concetto di RSI non deve essere considerato come generico e astratto, al contrario la
RSI ha una natura contingente, che acquista significato e valore solo nel momento in cui
viene calata in un contesto specifico e ben definito. Infatti nella definizione di RSI si
sottolinea la necessità di superare gli obblighi normativi, ovvero garantire diritti più
elevati di quelli resi obbligatori dalla normativa vigente, il ché la ancora fortemente
all’ambiente in cui viene applicata. Si pensi a come l’osservanza di norme quasi date
per scontate in contesti giuridici più evoluti, in cui quindi tale osservanza non può
essere considerata come comportamento socialmente responsabile, può assumere
valenza completamente differente in ordinamenti meno evoluti.
Il contesto è determinato da quattro variabili:
¾ La localizzazione ovvero il contesto politico, normativo e culturale nel quale
l’azienda opera e che delinea il confine oltre il quale inizia la responsabilità
sociale
¾ Il momento storico è importante in quanto la centralità di un tema non è
assoluta bensì relativa e legata ai cambiamenti culturali o giuridici. Infatti con
l’avvicendarsi nel tempo di problematiche diverse cambiano anche le istanze e i
bisogni degli stakeholder a cui l’impresa risponde.
¾ Il settore di appartenenza invece incide sulla RSI nel caso in cui l’impresa
operi in settori che impattano fortemente sull’ambiente o sollevano
problematiche legate alla sicurezza sul lavoro come le industrie chimiche,
petrolifere o estrattive. In imprese invece che operano in settori come il tabacco,
8
gli alcolici o le armi, la RSI riveste un ruolo completamente diverso in quanto
spesso viene posta in discussione non solo la modalità di gestione dell’attività
aziendale ma l’esistenza dell’azienda stessa.
¾ Le caratteristiche di base dell’impresa, come le dimensioni, incidono sulla
RSI in quanto l’impegno cresce all’aumentare dell’impresa.
Andare al di là degli obblighi di legge significa muoversi in uno spazio di
discrezionalità di cui l’azienda dispone, ciò significa che i comportamenti socialmente
responsabili sono pratiche volontarie per definizione.
5
Le attese economiche
Un’azienda socialmente responsabile deve annoverare tra i propri obiettivi prioritari
anche la creazione di valore economico che le permetta di attivare un circolo virtuoso
con le pratiche di responsabilità sociale al fine di creare le migliori condizioni per
durare nel tempo. La prima responsabilità dei vertici aziendali infatti è la ricerca di
condizioni atte ad assicurare la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa poiché
un’impresa sensibile al sociale ma incapace di seguire un progetto di sviluppo in grado
di generare ricchezza, vanifica i propri sforzi nel sociale, oltre a causare un danno al
tessuto socioeconomico, sia per quanto riguarda l’occupazione, sia per quanto riguarda i
soggetti a monte e a valle della filiera produttiva. Autenticamente responsabile è quindi
l’impresa non solo socialmente orientata ma anche vitale.
6
1.2 L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RESPONSABILITA’ SOCIALE
La nascita del concetto
Il concetto di responsabilità sociale non è dei nostri giorni ma risale ai primi decenni del
XX secolo, quando, negli Stati Uniti, si sviluppò un rinnovato fervore verso i problemi
sociali. All’individualismo economico subentra un maggior senso della collettività e la
5
M. MOLTENI, Responsabilità sociale e performance d’impresa.. Vita & pensiero 2004
6
G. RUSCONI e M. DORIGATTI (a cura di) Impresa e responsabilità sociale FrancoAngeli – 2006
Capitolo 5 “Il profitto come indicatore della responsabilità sociale d’impresa” di M. Mazzoleni
9
constatazione di un’inscindibile interdipendenza fra l’impresa e l’ambiente sociale in
cui essa opera.
Già negli anni ’20, i manager delle prime grandi corporation americane – General
Electric in testa – si rendono conto di condizionare in vario modo con le loro azioni e
decisioni non solo la vita dei loro azionisti ma anche la vita dei loro dipendenti, dei loro
clienti e più in generale della società
Nel 1947 questa consapevolezza si traduce nel primo Codice Etico d’Impresa. E’ il
“Credo” con cui Johnson & Johnson sintetizza la propria filosofia aziendale e le proprie
responsabilità verso tutti i propri stakeholder.
Ma è solo con gli inizi degli anni ’70 che i Codici Etici cominciano a diffondersi negli
Stati Uniti a causa di una serie di scandali che coinvolsero moltissime grandi imprese
che avevano costituito appositi fondi neri per il pagamento di pubblici ufficiali.
L’indignazione dell’opinione pubblica portò ad un inasprimento della legislazione e
all’approvazione del Foreign Corrupt Practices Act.
Anche la diffusione di movimenti sociali per la sicurezza sui posti di lavoro e per la
tutela del consumatore e dell’ambiente, segnale di una maggiore consapevolezza dei
cittadini, spinse molte imprese ad avvicinarsi all’etica e alla responsabilità sociale
d’impresa.
7
Archie Carroll elabora nel 1979 la Piramide della corporate social responsibility, in base
alla quale la prima responsabilità dell’impresa è quella di sopravvivere, quindi una
responsabilità di tipo economica. Oltre al profitto la società si aspetta che esse osservino
le leggi quindi che abbiano una responsabilità anche legale. La responsabilità etica
invece si riferisce alle norme sociali e ai valori individuali dell’imprenditore; infine la
filantropia, che si trova al gradino più alto della piramide, fa riferimento alle attività di
volontarismo che implicano investimenti discrezionali a favore della collettività. La
piramide di Carroll assume importanza in quanto evidenzia gli spazi di discrezionalità e
di volontarietà nell’ambito delle attività filantropiche.
8
7
N. CERANA, Comunicare la responsabilità sociale. Franco Angeli 2004
8
www.assoetica.it/libro/carroll_ricerca_management_morale.pdf. Pubblicazione dell’intervento di Archie
Carroll al Corso di Alta Formazione in Business Ethics Management di AssoEtica.
10
La Business Ethics
Al modello proposto da Carroll ne sono seguiti altri che hanno preso come punto di
riferimento in alcuni casi i valori economici, etici e sociali e in altri le motivazioni che
spingono le imprese ad essere socialmente responsabili, come la legittimazione, la
public responsibility e la discrezionalità manageriale. Proprio questi concetti sono alla
base di un movimento scientifico e di opinione che nasce negli Usa verso la metà degli
anni Settanta: la Business Ethics o “etica degli affari”.
Alla radice di questo movimento sta la considerazione diffusa che l’impresa possa
essere considerata non soltanto come “persona giuridica” ma anche come “persona
morale” e che il suo comportamento possa essere soggetto a norme prescrittive e non
soltanto descritto e interpretato dal punto di vista analitico.
La tensione applicativa e operativa è forte: l’etica degli affari dovrebbe rispondere,
secondo la tradizione dominante, a dilemmi morali concreti, dovrebbe mirare a risolvere
problemi di scottante attualità. Manifestazione di ciò sono proprio i codici d’impresa
che fissano regole morali per coloro che in essa agiscono, in una continua mescolanza
tra norme vigenti e appelli a una deontologia che ha per oggetto i soggetti con cui essa
interagisce.
Alla base di questo processo di costruzione intellettuale vi è la necessità di giungere a
una valutazione morale del mercato, delle forme di proprietà e di controllo delle
imprese.
9
La Stakeholder Theory
Negli anni ‘80 gli studi in materia si moltiplicano e nasce la Stakeholder Theory,
secondo cui chi governa l’impresa deve prendere in considerazione i diritti, gli interessi
e le aspettative di tutti coloro che possono essere influenzati dalle decisioni manageriali
e che, per converso, possono esercitare la loro influenza sui risultati di tale decisioni.
Questa teoria introduce un nuovo approccio ai modelli di governance d’impresa, intesa
come la struttura di governo e l’insieme delle relazioni che si istituiscono all’interno di
9
G. SAPELLI, Etica d’impresa e valori di giustizia, il Mulino 2007
11
tale struttura, modelli che devono perseguire un bilanciamento delle attese dei vari
portatori d’interesse.
Dai modelli teorici alla pratica
Tali modelli trovano una reale applicazione solo a partire dagli anni ’90. A prova di ciò
il moltiplicarsi di codici etici e del coinvolgimento delle istituzioni: nel 2000 il
segretario della Nazioni Unite vara il Global Compact
10
, un codice di comportamento a
cui aderiscono le maggiori multinazionali per la diffusione della CSR, mentre nel 2001
l’Unione Europea pubblica il Libro Verde, per promuovere la responsabilità sociale
delle imprese.
Modelli aziendali di responsabilità sociale
L’impegno sociale può essere approcciato dalle imprese in modi diversi, più o meno
evoluti, che possono essere ricondotti a tre modelli aziendali
1. Modello liberale: Secondo questo approccio l’unica responsabilità dell’impresa
è di massimizzare il profitto, quindi l’impegno sociale ulteriore è connesso alla
missione d’impresa a condizione che contribuisca alla finalità primaria
dell’impresa. Il modello liberale è basato sulla tesi formulata da Milton
Friedman negli anni ’60 per la quale l’impresa irresponsabile è quella che
distoglie risorse dall’obiettivo della massimizzazione del profitto. L’unico
soggetto a cui deve rispondere sono gli azionisti.
10
L'ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, propose per la prima volta l'idea del Global
Compact il 31 Gennaio 1999 nel suo appello al World Economic Forum. La fase operativa del progetto
Global Compact fu lanciata l'anno successivo, il 26 Luglio del 2000, a New York al Palazzo di Vetro
delle Nazioni Unite.
Il Segretario Generale invitava i leader dell'economia mondiale ad aderire al Global Compact:
un'iniziativa internazionale in supporto di nove principi universali relativi ai diritti umani, al lavoro e
all'ambiente, che avrebbe unito imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della
società civile. Da Giugno 2004 ai nove principi è stato aggiunto un decimo, relativo alla lotta alla
corruzione. Basato sul potere di una forte azione collettiva, il Global Compact cerca di promuovere una
cittadinanza d'impresa responsabile per far sì che il mondo del business possa contribuire a trovare delle
soluzioni alle sfide della globalizzazione. In tal modo, il settore privato - in partenariato con altri attori
sociali - può contribuire alla realizzazione dell'obiettivo del Segretario Generale: un'economia globale più
inclusiva e più sostenibile. Il Global Compact non è uno strumento regolatore, non impone e non
controlla il comportamento o le attività delle imprese. Sono circa 4000 le grandi imprese in tutto il mondo
che hanno aderito e partecipano al Global Compact.
12
2. Modello duale: Secondo tale modello il successo dell’impresa si gioca su due
livelli: quello del profitto economico e quello del successo sociale. La
responsabilità sociale è quindi vista come integrazione necessaria al successo
economico. Il rischio è però quello di relegare la responsabilità sociale a
semplice mezzo per il successo economico facendo leva sull’immagine,
ricorrendo a interventi sporadici in un’ottica di pura liberalità. Si parla in questo
caso di “filantropia aziendale” la quale può risultare in alcuni casi addirittura
controproducente in quanto sentita come operazione di mera facciata.
3. Modello della cittadinanza sociale: Considerata come la visione più ampia
della responsabilità sociale, prevede che le imprese siano responsabili verso la
società di cui fanno parte. Viene in tal modo ad instaurarsi una sorta di
“contratto sociale” fra l’impresa e la società nei cui confronti l’azienda non solo
è responsabile per gli effetti – positivi o negativi – dei propri comportamenti, ma
deve contribuire più in generale al miglioramento della qualità di vita
dell’ambiente in cui opera.
1.3 GLI AMBITI TEMATICI
Gli ambiti tematici in cui la RSI può trovare applicazioni sono molti, ma i più diffusi
sono i seguenti:
¾ La corporate governance: I problemi di governo dell’impresa riguardano sia
l’assetto degli organi posti al vertice dell’organizzazione (profilo strutturale), sia
il sistema mediante cui si guida l’organizzazione stessa al raggiungimento degli
obiettivi gestionali (profilo processuale). Con il termine “governance” si intende,
più precisamente, oltre a questa struttura di governo anche le relazioni che si
istituiscono in tale struttura. La governance in altri termini, riguarda i problemi
di distribuzione di poteri e responsabilità ai livelli più elevati
dell’organizzazione, le modalità di selezione e retribuzione degli alti dirigenti, la
composizione degli organi di governo, le forme di partecipazione agli utili e al
13
capitale, la tutela degli azionisti di minoranza, la trasparenza degli atti di
governo e i controlli interni
11
.
In essa il problema di fondo è rappresentato da come si distribuiscono i poteri e
le responsabilità nel governo dell’impresa, tale problema è divenuto sempre di
maggior importanza a causa di tre fattori: del crescente potere della grande
impresa, dell’ampliarsi del suo ruolo sociale e dell’allargarsi della schiera dei
suoi interlocutori.
A fronte di ciò si è resa sempre più pressante l’esigenza di regolare in modo
chiaro il profilo delle responsabilità degli amministratori, anche alla luce dei
recenti episodi scandalistici, e di ripensare ad un nuovo concetto di governance,
per così dire “allargata”. A differenza del passato infatti le problematiche
essenziali non riguardano più soltanto i gruppi interni, vale a dire soci, azionisti
e dipendenti, ma l’emergere della responsabilità sociale richiede l’ampliamento
della governance verso quei gruppi esterni che hanno direttamente o in via
mediata degli interessi legittimi nei confronti dell’impresa.
Anche i documenti che esplicitano i principi ispiratori del funzionamento
dell’azienda sono riconducibili a quest’area (carta dei valori, codice di
comportamento, direttive e prescrizioni in materia di etica).
¾ I rapporti con il personale: Quest’area riguarda le modalità con cui l’impresa
tende a instaurare rapporti collaborativi con i propri dipendenti, innalzandone la
qualità della vita e valorizzandone le caratteristiche. La valorizzazione delle
risorse ha un ruolo centrale all’interno dell’azienda in quanto mira ad offrire ai
dipendenti uno stimolante ambiente lavorativo e opportunità di sviluppo, il ché
offre indubbi vantaggi all’azienda stessa oltre che ai lavoratori. Questa tematica
è divenuta più complessa e attuale in seguito al crescente fenomeno della
globalizzazione che ha portato molte imprese a lavorare in paesi meno avanzati
dal punto di vista della tutela dei diritti dell’uomo e dei lavoratori. Il vero
impegno sociale in quest’ambito deve prevedere una tutela non solo dei
lavoratori appartenenti a giurisdizioni più evolute ma anche e soprattutto a quelli
che lavorano per l’impresa in aree più delicate
11
G. SCIARELLI Etica e responsabilità sociale nell’impresa, Giuffrè editore - 2007