5
le lotte popolari, la frustrazione di un territorio spesso sfruttato e poco
considerato, l’orgoglio degli abitanti, la solidarietà per le rivoluzioni
volte a rivendicare i diritti degli uomini in ogni angolo del mondo.
Ecco perché sono detti “politici” e lo sono anche perché si
contrappongono a tutti gli altri murales decorativi che si possono
ammirare in decine di paesi sardi. La tradizione è nata da San Sperate,
nel Campidano in provincia di Cagliari, per mano dell’artista Pinuccio
Sciola nell’ormai lontano 1968 e pian piano si è diffusa in quasi tutta
l’isola.
Continuando a procedere a ritroso ho capito che il muralismo sardo
non sorgeva dal nulla, ma aveva un precedente di tutto rispetto: i
murales politici messicani. Tra il 1920 e il 1930 la rivoluzione
messicana fu animata da un gruppo di artisti capitanati da José
Clemente Orozco, Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros che
incitavano il popolo a rivendicare i propri diritti tramite i dipinti sui
muri degli edifici cittadini.
A questo punto dello studio non mi è rimasto che vedere di persona
i murales: l’esperienza diretta è necessaria – oserei dire indispensabile
– per la trattazione di un argomento. Se non li avessi visti con i miei
occhi di certo non avrei potuto scrivere questa tesi. Difatti vedere uno
dopo l’altro i murales, camminare tra una storia e l’altra, vivere tra le
centinaia di personaggi raffigurati è stato determinante per
comprendere appieno il loro animo. Ho notato qualcosa, però, che
stonava, delle immagini troppo nuove, delle scene di vita mondiale
che poco avevano a che fare con il fermento degli anni ’70 che tanto
trapelava dai primi murales. La sensazione è stata quella di essere di
fronte a un puzzle, di cui bastava trovare tutti i pezzi e assemblarli
correttamente per riuscire a capire appieno ciò che vedevo. Il pezzo
mancante era – come nel racconto di Edgar Allan Poe – anche il più
evidente, proprio sotto i miei occhi: il restauro.
Il nuovo velo di colore che pian piano veniva steso su tutti i
murales, da quelli del ’75 a quelli più recenti anch’essi usurati, li
6
rendeva tutti simili. L’omogenea freschezza dei colori trae in inganno
l’occhio e la mente, porta a percepire come coetanei murales lontani
nel tempo e anche negli ideali. Tutto ciò mi ha ricordato le parole di
Jacques Fontanille nel libro Figure del corpo (2004).
Il lavoro di Fontanille è incentrato sui corpi veri e propri,
sull’importanza che l’apparato percettivo-sensoriale ha nella semiosi.
Il semiologo francese solo in un secondo tempo ha rivolto la sua
attenzione al mondo inanimato e ha trasposto le sue teorie sugli
oggetti, su come questi possano dotarsi di attanzialità e giungere ad
essere considerati come una “famiglia”. Portando l’esempio
dell’ossidazione che riveste i monumenti della stazione di Limoges,
egli ha parlato di un’entità semiotica in grado di infondere
somiglianza tra oggetti che potrebbero anche non averne: la patina.
Portatrice di un significato, essa è testimone dello scorrere del
tempo e opera sugli oggetti alla stregua della marchiatura. La catena
di interazioni anteriori tra entità semiotiche, che ne costituisce la
memoria, dota gli oggetti presi in causa di un significato aggiuntivo
derivato dalla loro presunta “vita collettiva”, la connivenza per usare
lo stesso termine di Fontanille.
Nel caso dei murales il loro significato primario viene da ciò che
raffigurano e che mi è stato possibile ricostruire con l’aiuto delle
analisi plastico-figurative condotte secondo le linee guida di Algirdas
Julien Greimas rintracciabili già nel suo saggio “Semiotica plastica e
semiotica figurativa”(1984).
7
1. La corporeità e il corpo dell’attante
Jacques Fontanille nel suo libro Figure del corpo evidenzia
l’importanza del corpo nel processo semiotico. Porta alla ribalta la
crucialità delle sensazioni, delle percezioni nell’attribuzione di
significato.
Negli anni Sessanta la teoria semiotica, sulla scia della linguistica
strutturale, aveva escluso il corpo dando maggiore importanza al
logicismo. Si parlava, difatti, di funzione semiotica senza per questo
stabilire quale fosse l’operatore di questa relazione.
Secondo Ferdinand de Saussure, il segno è prodotto dall’unione di
un significante e di un significato, relazione inscindibile come quella
che lega due lati di uno stesso foglio di carta. Di qui in poi il
significante è sempre stata la parte che permette al segno di
manifestarsi percettivamente, perché dotato di quelle caratteristiche
sensibili necessarie per essere colte dai nostri sensi. La teoria di
Saussurre, trent’anni dopo, venne ripresa dal linguista danese Louis
Hjelmslev
1
come punto di partenza per la affermazione dell’esistenza
di due piani del linguaggio dalla cui correlazione avrebbe origine la
semiosi. Il piano dell’espressione e quello del contenuto sono a loro
volta costituiti dalla relazione tra sostanza e forma: la relazione tra
forma dell’espressione e forma del contenuto è la funzione
2
segnica
(non più il segno di Saussure).
Sia che si parli di segno che di funzione segnica si ha sempre a che
fare con una pura relazione logica, che non prevede affatto la presenza
– o l’esistenza – di un corpo affinché si abbia significazione. In tal
1
(Hjelmslev 1968)
2
(Magli 2004, p.207): “Hjelmslev (1943, tr. it. p. 37) usa il termine ‘funzione’ considerandolo ‘a
metà strada fra quello logico-matematico e quello etimologico’: in un senso affine a quello logico-
matematico, espressione e contenuto stanno tra loro in una certa relazione, ovvero, si
presuppongono reciprocamente e necessariamente; nel senso etimologico del termine funzione’
espressione e contenuto svolgono l’una rispetto all’altro un ruolo, occupano una certa posizione
reciproca.”.
8
modo la relazione che si crea, tra piani del linguaggio o tra
significante e significato, può essere arbitraria, necessaria o di
presupposizione reciproca, ma è qualcosa di valutabile solo
successivamente. A priori non si ha un ruolo che faccia da vettore,
che consenta di stabilire il tipo di relazione in atto. La costruzione del
senso, in tal modo, è derivata da un’operazione logica, senza tener
conto dell’enunciazione da cui è generata e, men che meno, dal ruolo
fondamentale giocato dal corpo. La posizione di Saussurre è
totalmente “disincarnata”, a dimostrazione di ciò il modo con cui
usava simbolizzare la relazione: una linea orizzontale tra significato e
significante. La teoria di Hjelmslev, invece, è apparsa più debole dal
punto di vista della rilevanza del corpo, poiché egli continuava ad
affermare che:
la distinzione tra piano dell’espressione e piano del contenuto è puramente
pratica e non possiede valore operativo e che essa è fluttuante, nonché
dipendente dal punto di vista e dai criteri di pertinenza dell’analista (Fontanille
2004a, p. 20).
Si rimanda, così, alla necessaria presenza di un operatore che permetta
di stabilire la riunione tra i due piani del linguaggio. Il corpo
diverrebbe sede primaria della semiosi in quanto unica istanza in
grado attuare la relazione, di rendere significanti i due piani del
linguaggio, il recto e il verso.
Alla luce degli attuali orientamenti semiotici verso l’embodiment
3
,
anche la teoria del percorso generativo
4
di Algirdas Julien Greimas,
3
La parola embodiment non è completamente traducibile in italiano, tuttavia viene usata per
intendere una semiotica “incarnata”, radicata nel corpo. I recenti studi propongono una rilevanza
cruciale della corporeità nella generazione del senso. Cfr. Marrone, G., (2005), La cura Ludovico,
Torino, Einaudi; Violi, P., (2007), “Beyond The Body: Towards a Full Embodied Semiosis”, in R.
Dirven, R. Frank (eds.), Body, Language, Mind, Berlin, Mouton-de Gruyter, (in corso di
pubblicazione); Violi P., (2006), “Enunciazione testualizzata, enunciazione vocalizzata: arti del
dire e semiotica dell’oralità”, E/C.
4
La teoria di Greimas prevede che l’analisi di un testo miri a ricostruire i modi della sua
produzione, ossia le tappe attraversate dal processo per giungere alla forma finale in cui ci si
9
originata negli anni Settanta, appare incompleta. Il suo fu un tentativo
– di stampo prettamente logicista – di riunire in un unico modello i
diversi elementi del processo semiotico: dai livelli più astratti delle
strutture elementari della significazione ai livelli più concreti delle
strutture narrative di superficie.
Eppure non si opera su elementi logici, ma si ha a che fare con
articolazioni significanti esse stesse di volta in volta modificate
dall’avanzare del percorso. Provando a pensare i passaggi da un
livello all’altro, ossia le conversioni, come fenomeni non più come
operazioni logiche, sarà evidente la necessità dell’esistenza di un
soggetto operante, “dotato di un corpo, il quale percepisce i contenuti
significanti per poi elaborarne e svilupparne i valori”(p. 21). Il corpo
emerge come sede dell’esperienza sensibile e della relazione con il
mondo fenomenico.
Fontanille reintroduce gli aspetti prettamente corporei nella
generazione del senso facendo posto a elementi di tipo psicanalitico e
a elementi passionali nella sua opera. Si avrà un corpo inteso come
substrato della semiosi, in quanto sua sede, e come figura semiotica,
perché il corpo si traduce in figure presenti nel discorso assieme alle
altre.
Il nuovo percorso generativo si avrebbe tra il corpo-sede di impulsi,
il corpo-sede della semiosi e le figure discorsive del corpo: un
percorso incarnato, fenomenico non più esclusivamente logico.
presenta. “È il cammino che conduce da uno stato inziale a uno finale, da un livello più astratto a
uno più concreto, da un piano d’immanenza a uno di manifestazione, attraverso una serie di
conversioni tra un livello e l’altro (...) Si tratta della ricostruzione ipotetica di un percorso che,
partendo da istanze profonde di tipo logico-semantico, si converte progressivamente in livelli
sempre più superficiali, con investimenti di contenuto sempre più complessi fino a incontrare,
attraverso le procedure dell’enunciazione, la struttura narrativa di superficie” (Magli 2004, p. 44).
10
1.1 Il corpo
L’operazione cruciale che consente di generare la significazione è
data dal riflesso, dalla forza esercitata dall’esterocettivo
5
sull’interocettivo
6
tramite il corpo proprio. Solo in tal modo il piano
dell’espressione e quello del contenuto possono essere messi in
relazione. È la posizione del corpo proprio a definire i confini della
propriocettività:
ogni enunciazione produce una semiosi nella misura in cui essa dipende da una
presa di posizione del corpo nel mondo, la quale determina ipso facto un
dominio interno e un dominio esterno: il proprio e il non proprio (Fontanille
2004a, p. 32).
5
Alla voce estracettività del Dizionario di Greimas e Courtés si legge: “Nella preoccupazione di
trovare criteri di classificazione delle categorie semiche che articolano l'universo semantico
considerato come coestensivo a una cultura o a una persona umana, si può fare appello a una certa
psicologia della percezione, che distingue le proprietà estracettive, provenienti dal mondo
esteriore, dai dati intracettivi che non trovano alcuna corrispondenza in quest'ultimo e sono
presupposto, al contrario, dalla percezione dei primi, e, infine, dagli elementi propriocettivi che
risultano dalla percezione del proprio corpo. Una tale classificazione, per quanto possa apparire
intuitivamente giustificata, ha però il difetto di basarsi interamente su criteri e presupposti extra-
semiotici. Abbiamo dunque cercato di sostituirle un'altra terminologia ed altre definizioni,
designando col nome di livello (o inventario) semiologico l'insieme delle categorie semiche che,
pur appartenendo al piano del contenuto delle lingue naturali, sono suscettibili di apparire come
categorie del piano dell'espressione della semiotica naturale (o del mondo naturale), opponendolo
al livello semantico (strictu sensu) in cui una tale
trascodifica non è possibile. Se questa nuova definizione, di carattere intrasemiotico, ci sembra
costituire un progresso certo, la scenta delle denominazioni è, al contrario, difettosa, poichè
introduce la polisemia e l'ambiguità nell'impiego dei qualificativi semiologico e semantico. Ci pare
che figurativo, parlando delle categorie e degli inventari semici di questo piano, può essere
sostituito a estracettivo e a semiologico” (Greimas, Courtés 1979, pp. 133-134).
6
Intracettività: “1.L'insieme delle categorie semiche che articolano l'universo semantico
considerato come coestensivo a una cultura o a una persona possono essere classificate secondo la
categoria classematica estracettività/intracettvità, a seconda che abbiano o meno dei corrispettivi
nella semiotica del mondo naturale. Le denominazioni di queste categorie, di ispirazione fin troppo
psicologica, furono ad un certo punto rimpiazzate da quelle di semiologico/semantico, il che non
ha mancato di suscitare ambiguità. Omologando: estracettività: intracettività:: semiologico
semantico :: figurativo: non figurativo proponiamo di designare come non figurative (o astratte) le
categorie intracettive. 2. È evidente che il campo semantico coperto dal termine di intracettività è il
luogo in cui si situa la problematica degli universali linguistici” (ib., pp. 183-184).
6
Propriocettività: “Termine complesso (o neutro?) della categoria classematica
estracettività/intracettività, la propriocettività serve a classificare l'insieme delle categorie semiche
le quali denotano il semantismo risultante dalla percezione che l'uomo ha del suo proprio corpo.
D'ispirazione psicologica, questo termine va rimpiazzato con quello di timia (che ha connotazione
psicofisiologiche” (ib., p. 269).
11
L’appartenenza del corpo a entrambi i domini è la condizione di
isomorfismo tra i due piani.
Innanzitutto il corpo dell’attante è composto di due parti: la carne e
il corpo proprio. Fontanille spiega che “la carne è ciò che resiste o
partecipa all’azione trasformatrice degli stati di cose, ma essa gioca
anche il ruolo di centro di referenza, centro della presa di posizione”
(ib.), quindi è un’istanza enunciante perché principio di impulso
materiale e allo stesso tempo posizione di referenza. In quanto insieme
materiale che occupa un’estensione e la regola in base alla sua
installazione essa è “la sede del livello sensomotorio dell’esperienza
semiotica” (ib.). L’altra parte, il corpo proprio:
è ciò che si costituisce nella semiosi, ciò che si costruisce nella riunione di due
piani del linguaggio, nel discorso in atto (...) è portatore dell’identità in
costruzione e in divenire e obbedisce a un principio di forza direttrice (ib.).
L’attante avrà quindi il suo substrato del Me nella carne e il
supporto del Sè sarà dato dal corpo proprio. Fontanille aggiunge
un’ulteriore differenziazione dei due aspetti dell’attante. Il Me essendo
centro di referenza del discorso e pura sensibilità, risulta essere
un’istanza di riferimento. Il Sè è la sorgente delle mire e opera le
prensioni: come istanza di prensione che si costruisce per ripetizione e
per similarità avremo il Sè-idem; come istanza di mira volta al
mantenimento di una direzione ci sarà il Sè-ipse.
A fondamento delle istanze c’è sempre e comunque l’interazione tra
materia e energia. Le strutture semiotiche, a differenza di quanto
accadeva nel percorso generativo di Greimas, qui sono incarnate,
risiedono del corpo sono sue proprietà e sue giustificazioni.
12
Il Me, la carne risiede su una sintesi cinestesica
7
mentre il Sè verte
su una sinstesi cenestesica
8
. In accordo con la fenomenologia e con il
pensiero di Maurice Merleau-Ponty
9
e gli studi psicanalitici di Didier
Anzieu
10
, Fontanille giunge a teorizzare l’esistenza, diversa e
complementare dalla carne mobile, dell’involucro corporale. Gli
stimoli provocati dalle sensazioni di contatto colpiscono l’involucro
sensoriale, il complesso degli ordini sensoriali. Tale cenestesia è
provvisoriamente definita dall’autore come «connessione generale e
immediata di tutte le sensazioni nel solo luogo che sia loro comune:
l’involucro corporale»
11
. L’involucro, assunto figura semiotica, ha due
modi di funzionamento: icona di «un’istanza attanziale che si è
formata a partire dalle sollecitazioni della carne»
12
volta
irrimediabilmente alla trasformazione; indice «di un equilibrio di
tensioni superficiali e della conversione in superficie delle tensioni
profonde che animano la carne»
13
.
1.2 L’involucro
Innanzitutto l’involucro può essere definito come la linea di
demarcazione tra Me e l’Altro. Contiene la carne, i suoi moti, le sue
energie e al tempo stesso trattiene l’Altro, gli stimoli provenienti da
7
( p.195). Secondo il dizionario la cinestesia è la “percezione della posizione dei propri arti e del
proprio movimento” (De Mauro 2007): in questo contesto è quindi ascrivibile a quella che
Fontanille chiama la sensomotricità, la sede dei moti intimi.
8
(ib.). Secondo il dizionario la cenestesia è la “percezione generale e immediata del proprio corpo,
avvertita attraverso i propriocettori dei vari organi, che determina sensazioni di benessere o
malessere” (De Mauro 2007):
9
“Merleau-Ponty vede il corpo proprio come quell’entità comune all’io e al mondo per me che
prende forma nella percezione, lungo la quale l’io fa esperienza del mondo. Il corpo
fenomenologico è un tutto indissociabile, polisensoriale in cui si sovrappongono una forma e
un’esperienza” (p. 192). E ancora: “Il corpo (... ) è quello strano oggetto che utilizza le proprie
parti come simbolica generale del mondo e attraverso il quale, perciò, noi possiamo ‘frequentare’
questo mondo, ‘comprenderlo’ e trovargli un significato” (p. 194).
10
“Corpo proprio in quanto involucro sensoriale e psichico, in quanto pellicola, frontiera e
membrana che separa e mette in comunicazione il me e il mondo per me”.
11
( p. 197)
12
(ib.)
13
(ib.)
13
una carne diversa dalla mia: è un Sè-pelle. Quattro percorsi figurativi
tipici sono attribuibili all’involucro secondo Anzieu
14
:
i. Preservazione e contenimento;
ii. Potere distintivo, filtro d’intensità e percorso dello scambio;
iii. Cernita assiologica;
iv. Connessione e percorso d’iscrizione.
Si evince che i tratti distintivi dell’involucro sono: la sua capacità di
separare il dominio esterno da quello interno; il diverso valore del
dominio interno, assolutamente specifico rispetto alla generalità di
tutti i domini esterni possibili; l’attuazione di scambi regolati tra
esterno e interno.
In sintesi, l’involucro, in quanto ‘elemento’ contenente, è dotato di
connettività, compattezza e cernita.
Le modificazioni della carne si riflettono sull’involucro o, che dir si
voglia, le modificazioni dell’involucro sono sintomo delle
modificazioni sopravvenute nella carne, Fontanille direbbe che “le
modificazioni dell’involucro sono iscrizioni corporali delle
modificazioni della carne stessa, ossia espressioni ipoiconiche degli
stati interiori del Me” (p. 229). È il principio di funzionamento
dell’impronta.
L’impronta è una figura semiotica dotata di stabilità nel tempo e
nello spazio che consente di ricostruire il legame tra due stati o due
ruoli della medesima identità. La modificazione durevole da parte
delle interazioni anteriori delle entità semiotiche va sotto il nome di
marchiatura. La catena delle marchiature e la loro sintassi ne
costituisce la memoria. Parlando di figure assunte come corpi le
marchiature sono delle impronte e la memoria del discorso costruirà la
superficie d’iscrizione. A questo punto è possibile definire tale
superficie come:
14
(p. 222)