9
La commissione ha visitato una decina di caserme, ha interrogato ufficiali e
truppa e alla fine ha consegnato un rapporto mai reso pubblico, contravvenendo
alla tanto predicata “socializzazione” dei dati e delle informazioni, vista non solo
come forma di rispetto nei confronti di chi ha dato il proprio contributo ma anche
perché i risultati di una ricerca possono essere utili non solo al committente.
Soltanto a Febbraio 2001 è stato presentato il libro a cura di Battistelli, Anatomia
del Nonnismo, l’estratto della parte sociologica della ricerca commissionata al
gruppo di studiosi.
4
Da quel poco che era trapelato dalla stampa prima della
pubblicazione, si era potuto constatare come si fosse puntato ad una
“medicalizzazione” del problema, riconducendolo a fattori come la qualità della
vita nelle caserme (“occorre una maggiore comunicazione e soprattutto
migliorare le strutture: se in una caserma ci sono 600 soldati e sei docce, è
evidente che faranno la doccia i più aggressivi.”
5
), il disagio giovanile, il
bullismo, una certa opacità nella gestione delle questioni interne da parte delle
forze armate.
Accanto agli intenti generalizzanti, risulta evidente un’involontaria
destoricizzazione (intesa come recisione dei nessi del fenomeno considerato con
la sua genesi e il suo contesto) e l’attenzione centrata esclusivamente sugli aspetti
endogeni del fenomeno. Risultano applicati i medesimi parametri conoscitivi
all’intero esercito di leva, non tenendo conto della grande anomalia in esso
rappresentata (almeno sino ai primi mesi del 2000, con l’abolizione della leva nei
paracadutisti) dai militari di leva della Folgore, della storia e dell’organizzazione
di questo corpo; presenti solo in secondo piano gli aspetti dell’influenza e del
4
F. Battistelli, Anatomia del nonnismo, Angeli, Milano, 2001. Suddetto studio è viziato sul nascere da un
“peccato originale”: non sfugge a quell’atteggiamento comune alla sociologia militare che, curiosamente,
lo stesso Battistelli, una decina di anni fa, aveva spregiativamente definito di problem-solving e che
“avrebbe finito per depauperare la dimensione conoscitiva e lo spirito critico, che rappresentano le
caratteristiche costitutive della sociologia, in assenza delle quali non soltanto questa disciplina non è se
stessa ma, in ultima analisi, non serve.” (F. Battistelli, Marte e Mercurio, Angeli, Milano, 1990, pp. 35-
36)
5
Dal settimanale Panorama, 27-08-99.
10
cambiamento dell’opinione pubblica nei confronti del servizio militare e dei
mutamenti di valori nel mondo giovanile (temi per altro trattati
approfonditamente da Battistelli in altre circostanze).
Conseguenza di tale relazione è stata l’emanazione di una circolare da parte del
capo di Stato Maggiore dell’Esercito, del 24 Marzo 1999, che ha dettato una serie
di direttive per contrastare il fenomeno della violenza nelle caserme. In
particolare, con tale atto è stato istituito un Osservatorio permanente sulla
qualità della vita nelle caserme e sui disagi sofferti dal personale, quale diretto
organo di consulenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Nell’ambito dello Stato Maggiore della Difesa opera, inoltre, fin dal Maggio
1998, un Osservatorio permanente sul nonnismo (OPN) con modalità e compiti
analoghi a quello dell’esercito, ma rivolto a tutte le situazioni di interesse delle
tre Forze Armate.
Sono invece stati resi pubblici gli “Atti del secondo simposio nazionale di
psicologia militare” tenutosi a Palermo dal 10 al 12 Novembre 1998 e riguardanti
i risultati della Cattedra itinerante sul fenomeno del “nonnismo” e valutazione
del “burn-out” del personale di carriera nelle caserme della regione militare
Sicilia
6
. Alcune delle ipotesi presentate dai partecipanti al simposio sono state di
appoggio nel corso della ricerca.
Tuttavia si è assistito principalmente alla proliferazione di dati di tipo
quantitativo ottenuti attraverso questionari al personale di leva, ufficiali e
sottufficiali che, per svariati motivi (mancanza di distacco da un’esperienza
emotiva che si sta vivendo, vittimismo o protagonismo, interessi di carriera) non
possono essere rappresentativi di un mondo che fino a ieri pareva chiuso e
inconoscibile al personale esterno.
6
In Direzione Generale della Leva, Atti del secondo simposio nazionale di psicologia militare, Palermo,
10-12 Novembre 1998, Gaeta, Stabilimento grafico militare. Reperibile nelle pagine del sito: www.
levasicilia. it.
11
Numerosi sono stati i provvedimenti legislativi mirati ad aumentare i poteri della
magistratura ordinaria rispetto a quella militare sino a giungere, nel Marzo del
2000, all’approvazione di una specifica legge contro il nonnismo e con
l’aggravante specifica dell’anzianità di servizio. L’aggravante si concretizza
quando chi commette il reato si avvale “del vincolo, esistente o supposto, di
solidarietà tra militari con maggiore anzianità di servizio”. Attraverso la
procedibilità d’ufficio, la denuncia di percosse, lesione personale, ingiuria e
minaccia non deve essere più fatta dal comandante di corpo, ma dal soldato
stesso.
Il risultato di queste indagini è consistito nell’accelerazione del processo di
riforma delle Forze Armate italiane da più parti caldeggiato, lasciando al
pubblico dei media una pessima immagine dell’ambiente militare e creando i
presupposti per un esercito professionistico ancor più problematico.
E’ opinione dell’autore che le ricerche commissionate sino ad ora si siano
configurate come corrispondenti ad un modello ormai desueto di committenza:
quello, cioè, che Popper (1946) e poi altri (Gouldner, 1955; Ben David, 1973)
hanno definito “ingegneristico”, basato su una delega totale della ricerca all’uso
politico dei suoi risultati.
7
Un modello ingegneristico in realtà mal celato da
modello clinico; quest’ultimo si dovrebbe infatti ispirare a moduli conoscitivi e
diagnostici ben collaudati che implicano un rapporto ravvicinato e prolungato
rispetto alla sorgente del problema
8
e ciò non sembra sia stato possibile,
nonostante gli studiosi abbiano avuto accesso, in via del tutto eccezionale, alle
strutture militari e a colloqui con il personale.
E’ perciò necessario un tentativo di reculer pour mieux sauter, ossia prendere
qualche distanza dall’oggetto e dalle alternative schematiche a cui ogni dibattito
politicizzato necessariamente porta per cercare di ricostruirne le principali o
7
M. Olagnero, 1998, p. 205.
8
Ibidem, p. 207.
12
quantomeno plausibili coordinate analitiche, portando la comunità scientifica ad
occuparsi autonomamente di una questione che l’abolizione del servizio di leva
obbligatorio farà scomparire forse dalle pagine di cronaca dei quotidiani ma non
dalle caserme, almeno fino a quando i militari avranno l’obbligo di risiedervi.
Charles Moskos, il più grande sociologo militare vivente ha affermato: “Per
qualche ragione, attualmente l’Italia è diventata un centro di pensiero creativo
(sebbene non ancora di osservazione empirica) nella sociologia militare.”
9
Ebbene, attraverso l’esperienza diretta nella Folgore, l’autore pensa di essere
stato, anche se involontariamente, un attento osservatore della realtà militare ed è
convinto sia questo, prima ancora delle proprie competenze in materia
sociologica, il punto di forza del presente lavoro. Questo impegno è stato guidato
esclusivamente dalla passione per la materia e dalla curiosità per l’oggetto della
ricerca, con la piena consapevolezza di andare facilmente incontro ad
incomprensioni e critiche, nonché ad un’inevitabile eterogenesi dei suoi fini, i
quali si pongono come puramente conoscitivi.
Obiettivo del presente lavoro è quindi quello di affrontare in piena luce e senza
censure un problema che è passato dallo status di argomento tabù a quello di
“fattoide”.
10
Alla base dello studio stanno:
-Una visione dall’interno, avendo l’autore svolto il servizio militare nella
caserma Gamerra di Pisa nel 1998. Il resoconto della suddetta esperienza (sotto
forma di narrazione) è qui presente nel decimo capitolo, per la stesura del quale
l’autore si è riservato, sin dalla premessa, l’utilizzo della prima persona.
-Alcuni dati specifici riguardanti la legislazione militare degli ultimi quarant’anni
tratti in parte da volumi della Rivista militare del Centro Militare di Studi
9
Dichiarazione personale dello studioso.
10
Per una definizione del termine vedi qui pp. 34-37.
13
Strategici (CEMISS) e dal testo Storia militare della prima Repubblica
11
e in
parte avvalendosi della gentile collaborazione di V.L., colonnello in congedo.
-Rilievi critici in dattiloscritti di conferenze o brevissimi saggi affidati alla rete.
-Letture in campo organizzativo, antropologico, storico, semiotico, di sociologia
militare, della comunicazione e dell’educazione (non riguardanti direttamente
l’argomento di studio).
-Un’inchiesta effettuata mediante questionari via e-mail e interviste face to face
in profondità con persone che hanno prestato servizio come paracadutisti di
truppa negli ultimi 40 anni.
-Un interessante colloquio con lo storico Giorgio Rochat.
-Alcune e si sperano felici intuizioni, sviluppatesi nel corso di oltre due anni di
riflessione sugli argomenti in questione.
Lo studio dei riti di iniziazione-passaggio e della cultura organizzativa legata
all’anzianità all’interno di una caserma, tantopiù se della Folgore, avrebbe
meritato un approccio multidisciplinare più ampio ma nell’economia di questo
lavoro ci si è dovuti limitare all’incontro, per altro fruttuoso, tra il discorso
organizzativo e l’antropologia culturale. Quello di “tribù organizzativa”
12
risulta
essere infatti il termine ancora oggi più adatto per avvicinarsi allo studio
dell’ambiente militare e delle organizzazioni in generale.
Non si è trascurato di documentare la storia sociale della Brigata e soprattutto i
miti e le leggende che hanno circondato la nascita del paracadutismo militare
nostrano; attraverso questa documentazione si è azzardata qualche
considerazione sulle recondite motivazioni che possono aver spinto migliaia di
giovani a prestare servizio nei paracadutisti.
Sono stati deliberatamente ignorati quegli episodi (suicidi, presunti omicidi, gravi
atti di violenza) che è stato ampiamente dimostrato, fatte le debite proporzioni,
11
Entrambi a cura di V. Ilari, 1992 e 1994.
12
G. Bonazzi, 2000, p. 389.
14
non essere percentualmente più frequenti all’interno delle strutture militari
rispetto alla società civile.
13
Tali degenerazioni sono materia di studio della
psichiatria e criminologia militare e della sociologia della devianza, non di quella
dell’organizzazione, dell’antropologia o della psicologia sociale, le quali si
occupano prevalentemente di azioni dotate di senso e che trovano valido motivo
di esistere e sopravvivere in un dato contesto, senza turbarne l’equilibrio.
Sono stati scaltramente piegati ai fini della ricerca teorie e concetti nati per
l’analisi di altre problematiche ma, inoltrandosi nell’analisi di argomenti sino ad
ora poco studiati, non si sono intraviste valide alternative e comunque, ritenere
una branca disciplinare semplicemente definita dal terreno empirico che studia
può essere d’intralcio, soprattutto quando ci si incammina per territori poco
esplorati.
L’esposizione procede dunque per moduli, ognuno facente capo, principalmente
ma non esclusivamente, ad uno specifico approccio disciplinare (storico-sociale,
organizzativo, antropologico, comunicativo); questa scelta è stata dettata da
esigenze espositive e non con l’intenzione di creare barriere tra discipline che,
specialmente in sinergia, offrono il meglio di sé.
13
M. Capunzo e E. Gin, Darsi la morte con le stellette, documento reperibile alla pagina web: www. dia.
unisa. it/disced/quad52/q52gin).
15
1.
Il nonnismo.
Una prima considerazione definitoria.
Consultando il vocabolario, alla voce nonnismo si legge: “comportamento
prepotente e intimidatorio che i soldati prossimi al congedo assumono nei confronti
delle reclute, sottoponendole a scherzi anche feroci e pretendendo particolari
privilegi.”
1
Suddetta definizione risulta troppo semplicistica e già viziata dal senso comune per
pretendersi esaustiva su di un fenomeno proteiforme, capace di presentarsi sotto
vesti molto diverse non solo nel tempo ma anche nello spazio e che se trova in
caserma il luogo di massima espressione, non significa che non sia presente anche
altrove.
Il termine nonnismo deriva paradossalmente dalla parola nonno che rimanda alle
idee di affetto, esperienza, saggezza, rispetto che emanano da una figura riposante,
confortante, che può insegnarci molto proprio perché più anziano.
Attenendoci all’ambiente militare il termine “nonno” viene utilizzato per riferirsi a
coloro che, in virtù della loro anzianità di servizio, godono di alcuni “vantaggi” non
altrimenti concessi a chi ne è invece entrato a far parte da poco. Anche secondo
quest’accezione esso assume un valore positivo per almeno due diversi ordini di
considerazioni.
Sotto il profilo etico, in quanto i privilegi conquistati grazie all’esperienza non
possono essere certamente oggetto di biasimo alcuno; esiste infatti una “cultura non
1
N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli , Bologna, 1993, p. 1179.
16
registrata”
2
dell’anzianità, secondo la quale i servizi più scomodi spettano a chi è
arrivato per ultimo, un atteggiamento riscontrabile sin dai primi livelli della pubblica
amministrazione. A questo proposito il sociologo Michel Crozier ci ricorda
l’importanza che nello studiare un’organizzazione bisogna porre ai tratti nazionali
specifici e alla sua storia secolare come elementi capaci di plasmare la cultura e la
personalità dei soggetti impiegati al suo interno
3
; ed in effetti, è forse proprio a
causa di questa peculiarità culturale italiana che il termine “nonnismo” non trova
corrispondenze nelle lingue anglosassoni, le quali contemplano semmai un termine
dal significato simile ma ben meno “romantico” e ora tanto in voga: “mobbing” (da
to mob, assalire).
Stabilire una graduatoria di merito e di diritti, sia per il dominio della zona di caccia
più fruttuosa che per il possesso delle femmine migliori o semplicemente per avere
il diritto di essere il primo ad abbeverarsi alla fonte, esiste anche fra gli animali
appartenenti ad una stessa comunità. Etologicamente è un comportamento che
appare in tutti i gruppi animali e viene definita dagli etologi con la formula “ordine
di beccata”. L’ordine di beccata è una forma gerarchica, una graduatoria spontanea e
traslando il fenomeno all’interno della caserma possiamo dire che il nonnismo è un
modo per affermare un ordine di beccata che creerà precedenze e sottomissioni
funzionali all’esistenza di tutto il gruppo, poiché sottomettersi significa essere
protetto e rispettato dagli altri.
4
Ad oggi, tuttavia, con la progressiva riduzione della durata del servizio militare,
passato da 18 a 10 mesi negli ultimi quarant’anni e con l’appiattimento logistico
della maggior parte dei reparti è plausibile pensare che lo status di “anziano” sia
passato da acquisito ad ascritto, non più accompagnato quindi da effettiva
2
F. Crespi, 1997, p. 22.
3
G. Bonazzi, 2000, p. 270.
17
competenza, semmai da una maggior scaltrezza e stabilità emotiva dovuta alla più
lunga permanenza nell’istituzione. In un contesto simile è possibile che la supposta
anzianità e il piacere della prevaricazione divengano valori a sé, proponendosi come
reazione alle frustrazioni che la vita militare inevitabilmente provoca;
l’addestramento, la disciplina, il controllo delle pulsioni e delle emozioni, l’intimità
forzata con compagni di ventura che non ci si può scegliere, l’imposizione di orari e
attività precise, mettono a dura prova le capacità di autogestione e autocontrollo
dell’individuo.
In questi frangenti è comune assistere all’insorgere della disistima nei confronti
dello staff (che ha fatto di quel mondo, così disprezzato dal soldato di leva, la
propria identità esistenziale e professionale), giudicato responsabile delle proprie
frustrazioni, e alla nascita di “gerarchie parallele” alternative a quelle ufficiali che
rendono possibile all’anziano di rivalersi sugli ultimi arrivati.
In prospettiva strutturalista il nonnismo può essere considerato un prodotto
funzionale della struttura militare in quanto la consapevolezza della propria
posizione subalterna e l’accettazione delle limitazioni che ne derivano da parte del
soldato è di fondamentale importanza per garantire il buon funzionamento di
un’istituzione che è fortemente gerarchizzata e dotata di regole precise (siano esse
prescritte o socialmente condivise).
Con il medesimo termine nonnismo si indicano anche i rituali di iniziazione che
segnano l’ingresso negli ambienti militari (ma in uso anche nei gruppi sportivi, nei
college, nelle comunità religiose) e che si tramandano di scaglione in scaglione in
modo fisiologico. Le modalità che caratterizzano questi riti possono essere brusche
fino alla violenza, scherzose fino alla derisione, simbolizzate fino alle formule di un
cerimoniale rigoroso; l’obiettivo è provocare nel neofita uno shock emotivo di cui si
4
M. Cannavicci, documento reperibile alla pagina web: http : // www. sipem. org / Seminari. htm
18
ricorderà, anche a distanza di tempo, come di una prova di forza e tenacia
caratteriale che gli ha garantito l’ingresso e l’accettazione nella nuova comunità.
I militari di leva tendono a legittimare questi comportamenti richiamando l’assunto
secondo il quale “l’anzianità fa grado”, che rappresenta in effetti una delle regole
cardine dell’esercito, non solo italiano. Essa prevede che, in caso di necessità,
assuma il comando il militare più elevato di grado o “a parità di grado, il militare più
anziano” (art. 12 e 24 del vigente regolamento di disciplina militare) e ha trovato
applicazione specialmente in battaglia, laddove il rimpiazzo del comandante caduto
doveva essere univoco, automatico, istantaneo.
5
Altra razionalizzazione consiste nel far derivare determinate usanze da spesso
improbabili tradizioni di corpo, mentre i più tendono invece a rifarsi al detto “oggi a
me e domani a te”.
Un discorso a parte merita di essere fatto per i comportamenti che attengono ai
caporali istruttori che operano nei C.A.R. (Centri di addestramento reclute): questi
soldati di leva sono addestrati per dare il “benvenuto”
6
all’interno dell’istituzione
militare; non è tuttavia chiaro il confine tra quali siano i comportamenti legittimi e
quelli esasperati. Il fatto che da sempre i caporali istruttori abbiano mantenuto
nell’immaginario comune un’aurea demoniaca fa comunque pensare che la loro
condotta un pò fuori dagli schemi, sia sempre stata giudicata funzionale alle mire
dell’addestramento reclute.
Se non è unanime la definizione del fenomeno nemmeno tra chi ha vissuto in prima
persona l’esperienza militare, tantopiù l’opinione pubblica, formatasi sui media, non
ha avuto sino ad ora la possibilità di comprendere, nemmeno superficialmente, cosa
sia in realtà il nonnismo.
5
F. Battistelli, 2001, p.63.
6
Termine utilizzato da E. Goffman in Asylum, p. 48.
19
E’ ormai consuetudine riferire a questo termine ogni accadimento che, verificatosi
durante la vita militare, ne abbia trasceso le norme e i cerimoniali strettamente
previsti attraverso riti di iniziazione, atteggiamenti di pretesa superiorità, scherzi
banali, veri e propri insulti, minacce, atti di prevaricazione o violenze di stampo
delinquenziale.
Negli ultimi tempi la confusione sul significato della parola nonnismo ha tuttavia
portato a punire anche qualche caporale troppo ligio e determinato, delegittimando
tutto di un colpo quella strana forma di “angheria istituzionalizzata” (o stress test,
per dirla all’americana) che da sempre l’addestramento reclute aveva rappresentato.
Le definizioni “massmediatiche” del fenomeno, radicatesi ormai nel senso comune,
portano ad una visione approssimativa e fuorviante di esso che rende problematica la
sua comprensione e ancor di più la ricerca delle molteplici cause che lo determinano.
Il nonnismo si può presentare sotto svariate forme, in tempi e modi differenti ma con
una costante, l’anzianità reale o presunta, come fattore legittimante.
Il nonnismo inteso come “gerarchia parallela” si oppone per natura al
raggiungimento degli obiettivi istituzionali. Attraverso questa gerarchia latente
l’anziano ripropone al nuovo arrivato, in termini conflittuali, lo stesso legame che ha
con i propri superiori e scarica su di lui, umiliandolo, le frustrazioni accumulate nei
mesi precedenti. Si sviluppa più facilmente dove le frustrazioni che la vita militare
comporta sono dominate dalla noia e non si accompagnano ad un senso di
gratificante utilità e all’acquisizione di capacità legate all’operatività militare (uffici,
depositi, mensa). In queste situazioni il militare ha però la possibilità di sviluppare
“adattamenti secondari”
7
e conoscenze “giuste” attraverso le quali ottenere
gratificazioni proibite e notevoli possibilità di “imboscarsi”.
7
Ibidem, p. 82.
20
Un’altra declinazione del fenomeno si riscontra anche nella società civile sin dai
primi gradi della pubblica amministrazione e comunque in quasi ogni luogo di
lavoro. Consiste nel delegare i compiti e i turni di lavoro più ingrati all’ultimo
arrivato. Non si accompagna necessariamente a pesanti vessazioni nei confronti del
“neo assunto” ed è in genere accettato dal personale di mestiere, che utilizza la
stessa logica, ma anche dal soldato di leva. Questo atteggiamento è caratteristico di
quegli incarichi che, pur non essendo operativi (uffici vari, furerie), causano nel
militare, solitamente dotato di un titolo di studio medio-alto, minori frustrazioni
rispetto a quelle cui sono sottoposti gli addetti mensa, armerie e depositi (gli orari di
lavoro coincidono con quelli del personale effettivo e non prevedono quindi
coperture serali, notturne o nei fine settimana) e garantiscono, in cambio di un
contegno di comportamento costante, quel senso di superiorità che deriva dal
lavorare al fianco degli ufficiali.
Nel nonnismo confluiscono anche tutte le cerimonie e i rituali di accoglienza
informali che caratterizzano la subcultura militare par excellence. Sotto questa
forma è generalmente più diffuso nei reparti dotati di elevato spirito di corpo, dove
si svolgono mansioni operative che richiedono comunque competenza e senso di
lealtà verso i colleghi. Sono una costante tra i caporali istruttori, forse per celebrare
l’ingresso nella casta dotata di maggior potere e ascendente sulle reclute. Fenomeni
simili si riscontrano, nel mondo civile, tra braccianti, minatori, addetti alle fucine,
ambienti in cui il lavoro è solitamente molto duro a livello fisico, si svolge in
ambienti pericolosi o lungo orari che non combaciano con quelli delle normali
attività. Particolarmente fertili sono gli ambienti a prevalenza maschile con un
livello di istruzione medio-basso ma, sino a non molto tempo fa, pare fosse diffuso,
sotto forma di goliardia, anche nelle università.
21
Un grado elevato di ritualizzazione si riscontra anche in gruppi elitari o a
partecipazione clandestina e molto ristretta come sette, logge massoniche o clan
mafiosi, caratterizzati da un profondo rispetto per l’anzianità di appartenenza,
considerata indice effettivo di competenza e affidabilità e da riti di iniziazione per
entrare a farvi parte.
All’interno dell’ambiente militare questo genere di comportamenti ha trovato quasi
sempre una certa accondiscendenza da parte dello staff poiché propedeutico
all’organizzazione funzionale del gruppo e perché è proprio della tradizione militare
il perpetuarsi attraverso una ripetizione di rituali, comportamenti, valori, non affatto
codificati nella prassi ufficiale o descritti nella manualistica ufficiale.
Non possiamo peraltro trascurare ciò che l’opinione pubblica conosce del nonnismo
e perciò l’immagine che del fenomeno traspare dai media. Notizie generalmente non
verificate ma che appartengono oramai al pensiero ed immaginario comune
definiscono nonnismo ogni comportamento deviante e criminale si verifichi
all’interno di una caserma. Utilizzare sporadici fatti di cronaca come strumento di
battaglia politica per denigrare il servizio di leva può provocare una collusione fra la
profezia che il fenomeno esista (così come viene descritto dai media) e l’esistenza
effettiva di esso. Questo nuovo genere di devianza, sradicato da una cultura ben
precisa e consolidata, può assumere profili pericolosi ed imprevedibili.
Si pensa siano questi i principali contenuti della parola nonnismo e quelli da cui
partire per affrontare lo studio del fenomeno.
Attraverso l’esperienza sul campo e con l’ausilio dell’indagine svolta si è avuto
modo di riscontrare come nelle caserme della Folgore abbiano col tempo trovato un
riscontro empirico tutte le possibili declinazioni del fenomeno nonnismo qui
avanzate. Una sorta di “luogo ideale”, ove si coniugano peculiarità e anomalie del
tutto singolari con altre comuni a tutti gli ambiti delle forze armate.
22
2.
I giovani e la leva, tra opinione pubblica e forze armate.
2.1 L’importanza dell’opinione pubblica.
In questo capitolo si cercherà di evidenziare il peso di un soggetto, l’opinione
pubblica, che nel corso della ricerca si è rivelato di estrema importanza nello
spiegare, se non il fenomeno in questione, almeno la percezione di esso e il
motivo stesso per cui si è sentita la necessità di studiarlo.
Nel libro che Battistelli ha recentemente pubblicato, il primo dedicato
specificatamente al nonnismo, lo studioso sembra cogliere l’importanza
dell’opinione pubblica, quando scrive:
Direttamente o indirettamente noto a tutti coloro che hanno avuto una sia pur modesta
esperienza del servizio militare, il nonnismo è, oltre che un fenomeno reale, anche un mito, la
cui diffusione supera di gran lunga i confini della caserma. Con i suoi aspetti rituali e segreti,
esso sembra fatto apposta per alimentare la curiosità dei profani: in particolare dei giovani che si
apprestano (o si apprestavano) a compiere il servizio di leva, così come dei loro gruppi di
riferimento – i genitori e gli altri familiari, gli amici, le fidanzate – tutti più o meno allertati da
un antico e capillare passa parola fondato sui rendiconti (talora veridici, talora leggendari) resi
al proprio ritorno dai congedati, più efficace e persuasivo di qualsiasi campagna di informazione
ufficiale.
1
Tuttavia Battistelli dà scarso seguito al discorso, dedicando soltanto un paragrafo
all‘influenza che le campagne di informazione ufficiali e soprattutto dei media
possono esercitare sull’opinione pubblica. Egli sembra correlare soltanto
secondariamente questa ipersensibilizzazione nei confronti della tema nonnismo
all’evolversi della società civile e ai cambiamenti di atteggiamento dei giovani, e
non solo, nei confronti delle forze armate.