7a quest’ultima considerazione si è pensato di realizzare una struttura composita costituita da un
sandwich scatolato con pelli in pre-preg unidirezionale realizzato in epossidico con rinforzo in
fibra lunga di carbonio e core in rohacell. Il primo passo è stato la formulazione di varie ipotesi di
sezioni alternative; tra le possibilità presentate, si è scelta quella ritenuta più valida. Questa
soluzione, sviluppata dal gruppo BTeV dell’INFN, è stata presentata come alternativa al supporto
progettato dal Fermilab in quanto considerata essere di maggior rigidezza a parità di massa
attraversata. Una volta individuato il tipo di componente meccanico ed i materiali da impiegare si
è passato all’analisi con il calcolatore. Il calcolo agli elementi finiti condotto è stato orientato alla
valutazione delle proprietà meccaniche del supporto, in un primo tempo con l’applicazione di
sollecitazioni semplici (sforzo assiale, momento flettente e torcente), quindi con la simulazione di
carichi reali legati ai sensori da applicare. In quest’occasione si è cercato di valutare quella che è
la struttura più rigida ottenibile variando l’orientazione delle pelli di composito.
Come seconda analisi si è passato allo studio del supporto a cui il supporto in esame va ad
ancorarsi; ciò ha permesso di avere un’idea più precisa dell’entità delle sollecitazioni del
componente, per effetto delle azioni agenti sull’interfaccia. Si è eseguito in questo modo uno studio
più generale delle sollecitazioni a cui questo componente è sottoposto. Nello sviluppare questa
sezione si è avuta la possibilità di avere un riscontro più attendibile mediante la realizzazione ed il
testing di un prototipo reale del frame, questo ha permesso di eseguire una taratura su banco del
modello realizzato al calcolatore ed una verifica dello stesso. Il passo successivo è stato quello di
effettuare un parallelo tra le due soluzioni, la prima sviluppata in Italia e l'altra americana, si sono
eseguiti dei confronti sulla base delle differenti rigidezze a parità di massa introdotta nel cammino
delle particelle.
8Durante il lavoro di tesi si è seguita e documentata anche la fase che porterà alla
realizzazione dello stampo dell’interfaccia; in questa sede si sono valutate le varie metodologie di
realizzazione e si sono scelte quelle ritenute più valide, in quanto permettono o di facilitare la
realizzazione e l’assemblaggio delle singole parti oppure sono in grado di migliorare la struttura
dal punto di vista dell’aumento di rigidezza o della riduzione della massa.
A fianco alla parte sperimentale si è aggiunta anche una sezione compilativa in cui si
presenta prima il progetto BTeV nel suo complesso, e in secondo luogo, le singole unità costituenti,
al fine di dare un’idea globale di quello che è l’esperimento. Questo per giustificare le scelte fatte
nella sezione sperimentale. In quest’unità si è anche spiegato per sommi capi il principio fisico di
base della stazione di rilevazione, le fasi che hanno portato all’approvazione del progetto; si è
inoltre descritto il sistema di acquisizione dati, ritenuto interessante in quanto è il primo nel suo
genere a prevedere la possibilità di rendere le informazioni accessibili tramite rete da un
qualunque server ed in qualsiasi parte del mondo.
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Capitolo 1
PROGETTO BTeV
10
La ricerca sui costituenti fondamentali della materia e sulle forze che agiscono tra loro ha
condotto, nel corso del '900, a risultati considerevoli, fino all'elaborazione di una teoria che descrive
con una buona precisione il mondo delle particelle elementari. Questo teoria, chiamata Modello
Standard, è stato confermata quasi completamente nel corso degli ultimi anni grazie a studi che
hanno ulteriormente rafforzato i risultati ottenuti utilizzanti acceleratori sempre più potenti.
La teoria divide le particelle elementari in due classi: i leptoni, soggetti solo alle interazioni
elettromagnetiche, deboli e gravitazionali, e i quarks che sono sensibili anche alle interazioni forti.
Le forze tra le varie particelle sono rappresentate come scambi di quanti di energia: il fotone per le
forze elettromagnetiche, i bosoni Z e W per le interazioni deboli, i gluoni per le interazioni forti,
infine i gravitoni, non ancora osservati, per le forze gravitazionali. Alcuni aspetti del Modello
Standard e, più in generale dei modelli teorici della fisica delle particelle elementari, richiedono
l'uso di notevoli potenze di calcolo pari a quella di migliaia di personal computers che lavorino in
modo coordinato.
1.1 Il Progetto BTeV
Un gruppo di ricerca di fisici, esperti informatici ed ingegneri elettrici di USA, Italia, Russia
e Cina, hanno da alcuni anni iniziato la costruzione del detector in un nuovo esperimento di fisica
delle alte energie, chiamato BTeV. Tale dispositivo, che rappresenta il primo esempio di
esperimento in linea, non solo deve essere in grado di analizzare i fenomeni di interesse, ma deve
essere anche insolitamente affidabile e facile da rimodernare e mettere a punto.
La stazione di rilevazione in fase di realizzazione è un esperimento che è disegnato per
sondare in modo accurato taluni aspetti del Modello Standard, calcolare alcuni dei suoi parametri
11
con estrema precisione e, in particolare, verificare la spiegazione data da tale teoria sulla violazione
della simmetria del CP. Ci si aspetta che le misurazioni effettuate rivelino le eventuali debolezze di
tale modello in merito a quest’ultimo aspetto, in modo da fornire lo spunto per una teoria più
generale di quella attualmente presente. I risultati serviranno a far luce sui fenomeni associati
all’origine dell’universo, in altre parole come e perché il tutto sia fatto di materia e non di
antimateria.
Figura 1: parti costituenti l’esperimento BTeV a Fermilab, secondo l’attuale progetto sta cercando di realizzare solo
uno dei due bracci inizialmente previsti, la lunghezza di tale parte è di 12 metri.
Secondo Kaplan, “BTeV è posto bene per rispondere alle domande cruciali nella fisica di
sapore pesante”. Con l'iniettore principale in operazione, il Tevatron produrrà più di 400 miliardi di
adroni “B” per anno e 10 adroni “C” (contenenti charm quarks) per ogni “B”. In BTeV avvengono
15 milioni di collisioni tra particelle ad alta energia per secondo, ognuna di queste interazioni
12
tipicamente crea tra 10 a 100 particelle subatomiche che viaggiano attraverso il detector.
Il rivelatore BTeV è composto di:
¾ Un pixel detector di vertice che, oltre ad offrire informazioni offline di qualità molto alta, è
usato dal trigger di Livello 1 per selezionare gli eventi di interesse. Associato al sistema di
acquisizione dati permette l'accumulazione di un campione imparziale in quanto molto ricco di
eventi.
¾ Un sistema di identificazione e per particelle che permetterà l’identificazione di mesoni K,
protoni e pioni.
¾ Un calorimetro elettromagnetico a cristalli ad alta risoluzione che consente lo studio di
precisione di eventi che contengono fotoni, pioni neutri, ed altre particelle neutre.
¾ Un tracciatore di eventi con microstrip di Silicio e straw tubes.
L’esperimento è progettato per esplorare le interazioni tra protone ed antiprotone nei punti
posti alla luminosità di 2 x 10
32
cm
-2
s
-1
.La sua portata di fisica, in conformità a quanto detto sinora,
supera quella degli altri esperimenti in alcune di queste importanti misurazioni.
1.2 Cenni storici
L’esperimento è concepito nel Maggio del 1997, immediatamente è ritenuto di interesse
fisico elevato, sempre in quel periodo è sottoposto alla direzione del Fermilab un piano di
realizzazione del progetto. Nel Dicembre dello stesso anno è stato riconosciuto come un progetto
prioritario per il Laboratorio.
13
Figura 1bis: Progetto BTeV secondo la preliminare proposta del 1999, secondo
tale schema sono previsti due bracci e non uno come l’attuale piano.
A Maggio del 1999 BTeV si sottopone ad un preliminare progetto con rapporto tecnico,
questo rappresenta il primo documento che descrive in toto le funzioni e le parti della stazione di
rilevazione a due bracci. Nel Maggio 2000 si presenta una proposta a Fermilab, l’Assemblea
Consultiva dei fisici dell’istituto di ricerca, riunitasi in Aspen, Colorado 17 giugno 2001, ha
deliberato di stanziare i fondi per realizzare tale idea, in tale occasione si è descritto come un
esperimento ambizioso con “un detector elegante e difficile”, che potrebbe “essere l’esperimento
definitivo che chiarifica finalmente la questione della violazione del CP”. Il mese successivo, per la
sua realizzazione, sono stanziati $130.000.000, più $50.000.000 per i costi della regione di
interazione e di beam-line (magneti e apparecchiature di altro genere).
A Marzo 2002 è stato presentato un aggiornamento di proposta che descrive uno
spettrometro a singolo braccio. Il costo della realizzazione è ridotto a $100.000.000 e si decide di
ridurre parti di beam-line spostando la loro rivelazione ad altre regioni di interazione, riducendo
altresì le spese supplementari.
14
L’Assemblea Consultiva dei fisici del Fermilab nel Maggio 2002 riapprova all’unanimità il
piano di realizzazione.
Settembre/Ottobre, 2002: Fermilab conduce un esame di costo di BTeV.
La Collaborazione BTeV è un gruppo di circa 150 fisici ed ingegneri appartenenti
trentacinque università ed istituti di ricerca in Bielorussia, Canada, Cina, Italia, Russia e Stati Uniti.
Quest’equipe di scienziati ha fatto un eccellente lavoro nello sviluppo delle tecnologie avanzate,
necessarie a rendere l'esperimento possibile, e nella realizzazione di apparecchiature per l’analisi e
la rilevazione degli eventi.
Figura 2: Pianta stazione di rilevazione secondo il progetto iniziale, ci sono due, non uno come l’attuale design, bracci che
si dipartono in direzioni opposte.
L’esperimento utilizzerà il collider di protone-antiprotone di Tevatron al FermiLab, ad ovest
15
di Chicago, Illinois (USA), la sua costruzione dovrebbe cominciare nel 2004 e dovrebbe essere
completa in tempo per prendere dati nel 2008.
1.3 Modello standard e violazione del CP in BTeV
Il Modello standard è una teoria fisica che riassume tutte le attuali conoscenze nel campo
delle particelle elementari e delle forze che ne regolano le interazioni fondamentali.
Tutte le interazioni osservate in natura possono spiegarsi mediante lo studio del
comportamento di un certo numero di particelle elementari. Poiché la materia è composta dalle
stesse particelle, la base dello studio delle interazioni consiste nell'analisi delle leggi che regolano
l'azione mutua tra tali entità; tale esame si semplifica considerando che tutte le forze conosciute si
possono ridurre a quattro tipi fondamentali (elettromagnetismo, forza nucleare forte e debole e la
gravità) i quali dovrebbero spiegare tutte le forze che si esercitano tra le diverse parti dell'Universo.
Sino al sec. XIX si conoscevano solo due di queste interazioni, a quel tempo era già nota la
forza gravitazionale, storicamente il secondo tipo di interazione studiata fu l'interazione
elettromagnetica. Il nome di quest’ultima deriva dal fatto che elettricità e magnetismo sono due
diversi aspetti dello stesso fenomeno, peraltro più complesso della gravitazione, non solo per
l'esistenza di due tipi di cariche elettriche, ma anche per la dipendenza di queste interazioni dalla
velocità delle particelle cariche che ne sono responsabili.
Successivamente la scoperta del neutrone implicò la considerazione delle interazioni forti
aventi caratteristiche assai diverse da quelle delle interazioni gravitazionali ed elettromagnetiche. Le
interazioni forti infatti sono indipendenti dalla carica elettrica e sono le forze responsabili
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dell’esistenza stessa dei nuclei, che in assenza di tali forze tenderebbero a frantumarsi a causa della
repulsione coulombiana tra i protoni contenuti nel limitato volume nucleare.
Il decadimento del neutrone e l'ipotesi del neutrino indussero, infine, Fermi ad introdurre un
quarto tipo di interazione: le interazioni deboli, di intensità inferiore a quelle forti, ma sensibilmente
superiore a quella delle interazioni gravitazionali ed elettromagnetiche. Tali interazioni governano il
decadimento di molte particelle che interagiscono fortemente e sono responsabili del regresso di
certi nuclei radioattivi. L'agente responsabile delle interazioni deboli è rimasto sconosciuto fino agli
inizi degli anni Ottanta; fino a che nel 1983 il fisico italiano C. Rubbia con un gruppo di ricercatori
del CERN di Ginevra scoprì le particelle attraverso le quali interagiscono le interazioni deboli,
individuandole nei bosoni W e Z
o
.
E’ cercando di mettere in ordine le nuove scoperte, che i fisici nucleari iniziarono a costruire
il Modello Standard, con l’intento di riuscire a spiegare tutte le interazioni con un'unica teoria. Sotto
questo profilo però questo modello presenta dei limiti che ostacolano il raggiungimento dello scopo
ultimo della fisica moderna. In primo luogo, pur avendo riunificato la forza elettromagnetica e
quella nucleare debole, ci sono alcuni punti deboli nella teoria, i principali sono: non includere la
forza di gravità, che è l’interazione di più debole intensità; non spiegare lo spettro delle masse delle
particelle; il dover accettare la presenza di diversi parametri arbitrari; non riuscire a riunire in un
solo modello l'interazione nucleare forte e la forza nucleare debole ma dover ritenere, secondo la
teoria della grande unificazione, che queste due forze a temperature elevate si equivalgano.
Dalla scoperta dell’elettrone e delle altre particelle quantistiche, soprattutto negli ultimi
cinquanta anni, c’è stato un grandissimo numero di esperimenti e analisi teoriche per rispondere a
quesiti circa la determinazione dell’ultimo costituente della materia, il modo di classificare tali
entità e il determinare le possibili interazioni tra loro esistenti.