La tesi è composta di cinque capitoli: i primi quattro sono per così dire
teorici, mentre il quinto riguarda la ricerca empirica. Il primo capitolo
funge da premessa sociologica: è stato necessario definire il campo
d’azione nel quale le aziende si trovano ad operare, per comprendere i
processi che hanno fatto del cliente il centro degli obiettivi aziendali,
percorrendo le tappe che hanno portato alla nascita della società com-
plessa e definendo la valenza sociale e comunicativa che il consumo è
venuto assumendo. In base a questa premessa, il secondo capitolo si
concentra direttamente sulla customer satisfaction vera e propria, at-
traverso la definizione di servizio al cliente e dei fattori fondamentali
che caratterizzano tale servizio, alle soglie del nuovo millennio.
Il terzo capitolo analizza gli strumenti comunicativi per il servizio al
cliente: dal direct marketing al marketing della fidelizzazione, da in-
ternet alla comunicazione integrata. Il quarto e il quinto capitolo en-
trano nello specifico della grande distribuzione analizzando, con pre-
cisi riferimenti alle esperienze extraeuropee, i metodi comunicativi e
strategici che le aziende di settore hanno a disposizione per soddisfare
i clienti, valutando, nel quinto capitolo, il peso della customer satisfac-
tion in Coop Consumatori Nordest come azienda e nell’ipercoop di
Reggio Emilia come laboratorio di verifica.
Infine, le conclusioni contengono i principali risultati ottenuti dalla ri-
cerca stessa: può il supermercato essere il laboratorio virtuale dove
convergono processi comunicativi volti a generare soddisfazione con-
tinua? Sono la fedeltà e la soddisfazione del cliente elementi indispen-
sabili per il successo aziendale? E’ la customer satisfaction il punto di
partenza per generare il successo?
Nella parte denominata “Allegati”, sono riportati alcuni documenti ri-
tenuti importanti per comprendere le varie fasi della ricerca: alcuni
strumenti comunicativi che Coop mette a disposizione dei consumato-
ri e dei quali ci si è serviti per delineare il quadro aziendale; la traccia
delle domande dell’intervista somministrata al direttore dell’ipercoop
L’Ariosto di Reggio Emilia e la de-registrazione dell’intervista stessa.
1. CONSUMO, CONSUMATORI E COMUNICA-
ZIONE
Essendo la customer stisfaction l’oggetto di analisi di questo lavoro,
obiettivo del primo capitolo è fornire gli elementi necessari per inter-
pretare la realtà odierna. Infatti, l’evoluzione del sistema sociale ha
portato radicali cambiamenti nel modo di considerare il consumo, la
comunicazione e i consumatori. Questa sorta di introduzione, serve
per capire il perché le aziende hanno deciso di considerare il cliente
come uomo al centro di processi comunicativi che possono portare al
soddisfacimento reciproco.
1.1 – Dalla società stratificata alla società differenziata, ovvero
dalla massa all’individuo.
Al mondo d’oggi stiamo assistendo a cambiamenti sociali sempre più
frequenti e nelle società avanzate sono emerse nuove regole sociali,
nuovi stili di consumo, nuovi tipi di comportamenti che si differenzia-
no moltissimo da ciò che accadeva qualche decennio fa. Spesso i prin-
cipali fattori di cambiamento sono ridotti alle innovazioni scientifico-
tecnologiche , ma questa è una visione assai riduttiva, poiché non si
tiene conto del fatto che il sistema sociale è formato da un insieme di
sottosistemi interrelati tra loro che si condizionano a vicenda, perciò il
cambiamento di un sistema porta di conseguenza il cambiamento in
ognuno degli altri. Ma come si arriva alla demassificazione della so-
cietà? Diciamo che dopo il passaggio dalla società agricola alla società
industriale, si pensava che ci sarebbe stato un periodo di stabilità e a
sostegno di questa tesi c’erano diverse teorie sociologiche. In genera-
le, la società degli anni ’50 veniva denominata società di massa, ter-
mine che si affermò nel dibattito sociologico di quegli anni e che fa ri-
ferimento ad autori come Weber, Tocqueville, Durkheim e Simmel,
alle teorie comportamentiste americane e alle teorie èlitiste, dove
l’orientamento marxista vede la massa come l’insieme delle classi su-
balterne e dominate all’interno della società capitalista. La società di
massa era caratterizzata da una sostanziale unitarietà valoriale e cultu-
rale, una società in cui tutti credevano nelle stesse cose, anche nel sen-
so di desiderare gli stessi beni e avere gli stessi bisogni. Uno dei fat-
tori principali che favorirono la massificazione è stato individuato
nello sviluppo tecnologico applicato ai mezzi di comunicazione: tutte
le persone erano sottoposte ai medesimi messaggi comunicativi, agli
stessi valori e ideali tramite i mass-media, grandi agenzie di socializ-
zazione e omologazione. Questa teoria è stata sostenuta dal canadese
McLuhan
1
, che attraverso la teoria evolutiva delle società umane che
si sviluppano attraverso tre stadi, arriva a dire che la società di massa è
il prodotto dei mass-media: è il cosiddetto villaggio elettronico, carat-
terizzato da relazioni sociali autenticamente umane, del tutto simili al-
le relazioni interpersonali. In questo contesto, il consumatore medio,
rappresenta il comportamento di un qualsiasi altro membro della so-
cietà: conosciuto lui, era conosciuto l’intero. Se questo era il quadro
della società industriale, considerata meta finale del processo sociale,
1
G.Gili, La teoria della società di massa, contesti, problemi, attualità, Napoli, Ed. Scientifiche Ita-
liane, 1990
“raramente una diagnosi/previsione si è rivelata più errata”
2
. Perché?
Perché la civiltà industriale negli ultimi decenni ha lasciato il passo
(ancora oggi è impossibile dire la causa di questo cambiamento) a
qualcosa di nuovo, la società post-industriale o, come la chiama Lu-
hmann (1992), differenziata, che rifiuta l’omologazione della cultura,
la divisione in strati o classi e reclama l’unicità dell’individuo. Essa ha
al centro l’individuo e la sua materia prima non sarà più il petrolio,
bensì l’informazione; l’informazione è un’energia diversa da quelle
precedenti: non sposta le merci, non trasforma i prodotti, ma sposta i
bit, converte la conoscenza, mette in contatto le fonti del sapere, pro-
duce un cambiamento economico attraverso una trasformazione della
conoscenza. La società inoltre, non sarà dominata da un ristretto nu-
mero di media, ma poggerà su un notevole numero di media interattivi
in cui ogni individuo potrà strutturarsi. Infine, le aree regionali acqui-
siranno maggiori poteri a seguito della frammentazione dei mercati e
delle economie nazionali. Siamo di fronte alla società complessa, il
cui comportamento non può essere determinato dalla somma troppo
elevata dei singoli comportamenti: infatti ciò che caratterizza le socie-
tà complesse è la difficoltà nello stabilire i legami che intervengono
tra le diverse parti che le compongono, in poche parole sono società
turbolente
3
. Per Luhmann, in queste società, il problema è la soprav-
vivenza del sistema e, in netto contrasto con la sociologia tradizionale,
sostituisce il paradigma parsonsiano tutto/parte, con il paradigma si-
stema/ambiente: l’individuo non è più parte della società ma è
ambiente del sistema sociale.
2
G.P.Fabris, Consumatore & mercato, Sperling & Kupfer, Milano, 1995, pag.14
3
ibidem, pag.94
Siccome l’ambiente è sempre più complesso del sistema, quest’ultimo
per evitare di essere travolto dalla turbolenza dell’ambiente è costretto
ad una chiusura operativa, con conseguente separazione tra sistema e
ambiente, riconoscendo come operazione funzionale alla riproduzione
autopoietica del sistema, la comunicazione; il sistema sociale produce
comunicazione attraverso comunicazione e le organizza in reticoli: la
turbolenza dell’ambiente è tradotta in termini comunicativi. Il proces-
so di differenziazione sociale, porta inevitabilmente alla difficoltà di
misurare le scelte e perciò la complessità dell’ambiente sociale si tra-
duce in complessità interna al soggetto, la cui identità si può parago-
nare ad un mosaico le cui tessere non vanno necessariamente incastra-
te al fine di formare un disegno predefinito. L’uomo contemporaneo è
allora caratterizzato dalla capacità di mettersi in comunicazione con la
varietà delle mutevoli differenze.
1.1.1 – Il problema dell’identità
Il dibattito sociologico sulla società complessa, definisce anche le tre
caratteristiche relative al problema dell’identità:
1) incertezza del futuro: impossibilità di progettare se stessi in un si-
stema dove ci sono ruoli pre-definiti, con la conseguenza della ne-
cessità di mantenere allargato l’orizzonte delle possibilità;
2) pluralizzazione dei mondi vitali: il soggetto vive più realtà e quindi
non esiste più un solo criterio per orientare le scelte;
3) inconsistenza di status: il soggetto fatica a definirsi, ma soprattutto
fa fatica a farsi riconoscere all’esterno.
Considerando tali premesse, diventa impossibile pensare che esista un
soggetto unitario, “in grado di ridurre a coerenza gli aspetti dissonanti
dell’esperienza”
4
. Abbiamo piuttosto di fronte un soggetto multiplo, il
cui problema “è quello di gestire tratti conflittuali del proprio sé e di
mantenere la propria continuità, nella discontinuità dell’esperienza”
5
.
La letteratura sociologica propone tre ipotesi sul modo in cui tale sog-
getto multiplo può porsi nei confronti di questi problemi:
a) l’attore sociale prende distanza dai ruoli che ricopre, usando delle
maschere che non rappresentano la sua vera identità;
b) l’attore sociale può avere un’identità aperta, cioè adattabile a di-
verse realtà;
c) le scelte dell’attore sociale sono reversibili, cioè restano legate
all’universo dei possibili.
4
P.Faccioli, Dall’ambiente al corpo: l’identità nel quotidiano, in Tarozzi e Bongiovanni, Le imperfet-
te utopie, Milano, Angeli, 1984
5
ibidem, pag. 67
In base a ciò, diventa evidente che il soggetto della società complessa
diventa soggetto complesso a sua volta, cessando di essere unitario e
stabile come imponeva il modello parsonsiano, ma adattandosi ai mu-
tamenti. E’ un soggetto multiplo che sperimenta varie possibilità,
compie molte scelte verso il cambiamento, ma comunque mantenendo
una base di stabilità sulla quale fare affidamento. Questo perché
l’incertezza del futuro mette in crisi il soggetto che fa fatica a pensare
che le scelte passate possano essere un investimento per il futuro;
l’inconsistenza dello status mette il soggetto nella condizione che gli
altri non riconoscano la sua identità, mettendo in crisi anche il rappor-
to di integrazione sociale.
Infine, la pluralizzazione dei mondi vitali, mette il soggetto in condi-
zione di non riconoscere un sé unitario, perché si trova a dover fron-
teggiare realtà molteplici. Ecco perché diventa “ipotizzabile una rela-
zione stretta tra crisi dell’identità e complessità sociale”
6
.
6
ibidem, pag.69
1.2 – Il consumo come fenomeno sociale
Il consumo, come fenomeno che esula dalla tipica analisi economica,
è diventato oggetto della sociologia già da più di un secolo. La “Teo-
ria della classe agiata” di Veblen del 1889 dà inizio alla comprensione
del fenomeno e in molti autori classici del pensiero sociologico come
Marx, Simmel e Weber troviamo interessanti riflessioni. Il dibattito
sociologico sui consumi si è comunque intensificato negli ultimi 30
anni, in una società come la nostra dove le due più importanti subcul-
ture- quella cattolica e quella marxista- hanno sempre guardato con
diffidenza al consumo, sostenendo una cultura anti-industriale. Il mo-
dello di Veblen, dell’emulazione invidiosa, dell’ostentazione, della di-
namica dei consumi che scaturisce dalla competizione sociale mirata
al prestigio, è rimasta a lungo il punto di riferimento per analizzare gli
effetti sociali del consumo; ben presto però, tale teoria dovette essere
messa da parte poiché inapplicabile a una società che non prevedeva
una stratificazione sociale basata sul modello piramidale. E’ negli ul-
timi anni, tuttavia, che ci si pone nei confronti di questo fenomeno,
con attenzione al significato dei segni come strumento di comunica-
zione dei beni di consumo. Il sistema del consumo ha cambiato fun-
zione e ruolo e perciò gli strumenti tradizionali stanno diventando ina-
deguati, perché “il sistema dei gruppi di riferimento, per quanto modi-
ficato nel senso degli stili di vita, non si adatta alla società differenzia-
ta postindustriale e al modello di identità mutevole, frammentaria,
contraddittoria richiesto da questa realtà”
7
. Di conseguenza, sono
cambiati anche i consumatori, anzi, cambiano continuamente e diven-
tano sempre più esigenti.
Considerati questi cambiamenti, diventa palese che il consumo oggi
viene a rivestire un ruolo sociale fondamentale, poiché può dare una
soluzione alla crisi del sistema sociale; il consumo così definito, pro-
duce delle identità che sono scambiabili sul mercato, si producono
cioè delle immagini nelle quali potersi identificare per interagire con
gli altri individui: il consumo diventa sempre più comunicazione, ri-
ducendo la sua importanza al solo valore d’uso, perché questo soddi-
sfa bisogni diversi per persone diverse, lasciando però ad ogni oggetto
la sua identità. Il consumo diventa perciò fenomeno sociale, proprio
perché la sociologia sembra essere l’unica disciplina in grado di stu-
diarne la complessità tipica del sistema sociale; è dall’analisi dei mu-
tamenti di tutto il sistema che inizia la comprensione della dinamica
dei consumi. La frammentarietà dei desideri dei consumatori, porta al-
la difficoltà di interpretazione dei loro bisogni, soprattutto
all’anticipazione di questi; per questo occorre prima analizzare i mu-
tamenti del sistema sociale, per non farsi cogliere impreparati dai ra-
pidi processi di cambiamento ai quali la società complessa è soggetta.
7
E. Di Nallo, Quale marketing per la società complessa?, Milano, Franco Angeli, 1998, pag.19
1.3 – Il consumo come comunicazione
La società in cui viviamo è interdipendente, la diversità richiede rap-
porti, quindi bisogna comunicare. L’idea chiave è che la comunica-
zione è indispensabile per garantire la vitalità, la creatività e la conti-
nuità di quell’insieme di rapporti che costituiscono il pluralismo della
società complessiva. Se le opinioni sono diverse, non è possibile tro-
vare un rapporto organico fra loro se non in una coesistenza, attraver-
so l’azione della comunicazione che non vuole razionalizzare, ma
vuole essere strumento di coesione sociale. Il consumo, allora, rappre-
senta un vero e proprio sistema di comunicazione per la trasmissione e
lo scambio di messaggi. Da qui, le merci comunicano quindi dei mes-
saggi che il consumatore capterà per rispondere ai suoi desideri al fine
di essere soddisfatto. Il sistema comunicativo delle merci può essere
considerato come “il più importante sistema semiotico esistente”
8
, che
si compone come qualunque altro sistema comunicativo, di un emit-
tente e un ricevente collegati tra loro da un canale. Emittente e rice-
vente possono essere le imprese che promuovono i loro prodotti o il
singolo consumatore che può assumere sia il ruolo attivo che passivo,
sembrando esaudire il desiderio dei mass-mediologi che sperano in
una comunicazione circolare. In realtà, il comportamento del consu-
matore che in apparenza può sembrare libero, è generalmente regolato
dalla necessità di uniformarsi ad un ruolo già predisposto. Il canale at-
traverso cui funziona il sistema non è composto dalle comunicazioni
di massa, bensì dalle merci, che attraverso l’impiego delle immagini
nell’annuncio pubblicitario e di numerose altre tecniche di marketing
8
V.Codeluppi, Consumo e comunicazione. Merci, messaggi e pubblicità nelle società contemporane-
e, Milano, Franco Angeli, 1992, pag.84
che saranno in seguito discusse, vengono personificate. I messaggi
veicolati dalle merci non si identificano nella materialità e funzionalità
delle merci stesse, ma nella relazione con i messaggi veicolati dagli
altri oggetti.
L’approccio semiotico considera il prodotto come segno che non è a
sé stante, ma come inserito in un sistema di significazione.
Il fatto che le merci posseggano una personalità, consente
all’individuo di identificarsi in esse al fine di definire anche la propria
identità che è messa in crisi dall’aumento della complessità sociale e
dal numero sempre crescente di ruoli che esso stesso è chiamato a ri-
vestire nei suoi gruppi di appartenenza: “il sistema comunicativo delle
merci si presenta così come una memoria collettiva che racchiude in
sé buona parte del sapere sociale esistente”
9
. Se si considera il consu-
mo come sistema autopoietico, in quanto sistema di comunicazione
sarà capace di riprodursi e autorispecchiarsi. Roberta Paltrinieri, scrive
a questo proposito: “(…) l’autoreferenzialità del consumo, rappresen-
tata dal concetto di autopoiesis, dipende dal continuo relazionarsi dei
suoi elementi costitutivi: i messaggi veicolati dagli oggetti”
10
. Ma se
ciò che garantisce l’esistenza dei sistemi autopoietici è la chiusura or-
ganizzativa, occorre che sia costante la produzione di comunicazione.
La stagione reaganiana e thacheriana tutta incentrata sulla logica del
profitto, anche detta era yuppista, è tramontata. Si sono affacciati nuo-
vi valori e consapevolezze sociali: la cultura dell’immagine, che ha
dominato nel passato decennio, ha ceduto il passo ad una cultura del
servizio.
Gli anni futuri saranno sempre più caratterizzati da una comunicazio-
ne a due vie: l’utente-cliente-consumatore parla delle sue esigenze e
9
ibidem, pag.86
dei suoi desideri; l’azienda risponde con servizi-prodotti e con
l’informazione su se stessa. Non basta più informare, comunicare a…,
occorre comunicare con…
La frenesia del boom economico degli anni ’80, le competizioni di
mercato e, in seguito, la crisi, hanno trasformato il marketing in uno
strumento di guerra che vede l’uomo come un target da colpire; la ri-
bellione dell’uomo, non target ma essere umano è sempre più evidente
in una scelta oculata dei consumi.
10
R.Paltrinieri, Il consumo come sistema autopoietico, in Sociologia delle comunicazioni, anno XII,
n.23, pag.42