5
Capitolo I
Il patrimonio “cultura”
Non è certo improprio parlare di “giacimento”: non si dice nulla di
originale evidenziando la straordinaria consistenza del patrimonio
artistico-storico-architettonico-culturale del nostro Paese. Le stime
della consistenza di tale patrimonio sono necessariamente
approssimative, ma c’è chi dice che l’Italia delle grandi città d’arte e
degli 8.000 comuni, ognuno dei quali, si può dire, non è privo di una
qualche peculiarità sul piano artistico-culturale, possa contare su
quasi l’80% delle opere d’arte presenti sul pianeta. E se anche tale
stima può essere viziata da un eccesso nazionalistico, sicuramente il
patrimonio culturale italiano è di valore inestimabile.
Ciò non significa che esso, finora, sia stato sfruttato al meglio. Anzi,
solo recentemente si è iniziato a considerare il giacimento culturale
come una vera e propria fonte di reddito, da valorizzare. Basti
pensare che fino a pochi anni fa il sistema italiano puntava più alla
“conservazione e tutela” del bene culturale che alla sua piena
valorizzazione e fruizione; e ancora oggi la situazione di molti musei e
più in generale di monumenti ed edifici storici, dimostra –con i suoi
casi di cattiva gestione, di degrado e di abbandono- questa scarsa
percezione dell’opportunità di sfruttare appieno tutte le potenzialità di
valore insite nel nostro grande patrimonio di arte e cultura.
Ciò che fa da freno a questa concezione è anzitutto rappresentata dai
limiti di uno Stato che ancora manca di una reale politica di
programmazione e coordinamento, in grado di ottimizzare l’impiego
di queste ingenti risorse.
Le stesse istituzioni museali sono prive di un’autonomia giuridica e
finanziaria e di competenze progettuali tali da rendere possibile una
piena valorizzazione e fruizione del patrimonio esistente. Talvolta in
6
verità si riscontrano poli museali all’avanguardia, ma ciò spesso è
dovuto più all’intraprendenza di singoli direttori o a favorevoli
condizioni ambientali, ovvero politico-amministrative, piuttosto che a
una logica generale di sistema.
La necessità di recuperare –se così si può dire- il tempo perduto
diventa impellente per una serie di ragioni. In primo luogo vi è il fatto
che la continua evoluzione tecnologica, che ha risvolti anche sul
fronte della creazione di “oggetti” culturali, nonché, soprattutto, sul
piano della diffusione e della conservazione di tali oggetti, provoca
una crescente –almeno sul piano quantitativo- produzione di cultura,
in misura tale da porre problemi nuovi di gestione e di
sistematizzazione. Non a caso, il dibattito sulla “legittimità di
cittadinanza” dei nuovi strumenti in ambito artistico si riaccende
periodicamente, e con una sorprendente identità di argomentazioni,
accompagnando la comparsa di ogni nuova tecnologia (basti pensare
all’avvento prima del cinema, poi della produzione televisiva e infine,
in tempi più recenti, quella legata all’informatica e alla telematica).
Le diverse forme di produzione artistica sono sempre più legate alle
tecnologie digitali (si pensi alla musica, al cinema, alla fotografia,
all’elaborazione dei testi, alla TV), ed anche le opere più “antiche”,
attraverso le operazioni di digitalizzazione, memorizzazione, codifica e
archiviazione, di testi e di immagini, oltre alla possibilità di costruire
nuovi contenuti e forme di divulgazione multimediali, anche a fini
didattici, ed infine lo scambio e condivisione attraverso le reti, sono
coinvolte direttamente in questo processo di innovazione tecnologica.
Tra gli aspetti positivi va notato l’aumento delle possibilità di
gestione, memorizzazione, produzione e scambio. Ancora, in ambito
propriamente artistico, le tecniche digitali offrono nuove opportunità
7
al restauro, poiché i nuovi strumenti consentono di raffinare indagini
sulle opere d’arte non interferendo, né danneggiando, con la loro
qualità materiale e fisica, salvaguardandone l’integrità; inoltre
aiutano a monitorare lo stato del bene, favorendo la prevenzione
all’usura e il controllo. Tra gli aspetti problematici ricordiamo qui i
rischi, da varie parti paventati, anche se sull’argomento non mancano
controversie, circa la durevolezza della memoria. Le opere del
passato –preservate dall’incuria umana- hanno dimostrato una
grande longevità. Ricerche scientifiche invece dimostrano la grande
“volatilità” della memoria digitale, ed anche la non certa affidabilità
dei supporti che questa memoria dovrebbero fissare e preservare.
Altri problemi ed ostacoli, specialmente nelle fasi più sperimentali
delle varie applicazioni multimediali, non sono mancati –e ancora non
mancano-. Si pensi all’incertezza circa gli standard di riferimento sui
quali investire –e non soltanto nella fase iniziale, ma anche
all’affacciarsi di nuovi standard e tecnologie-; inoltre costituiscono un
problema gli ancora elevati costi delle componenti di sviluppo e della
realizzazione delle soluzioni, in quanto la fortissima accelerazione –
che pare inarrestabile- dello sviluppo e del cambiamento tecnologico
porta con sé la necessità di grandi investimenti su hardware e
software, colpiti da precoci processi di invecchiamento. E rappresenta
una difficoltà da superare la complessità del processo produttivo delle
applicazioni, poiché esse richiedono equipe specializzate con esperti
di comunicazione e di tecnologia. Per non dire delle questioni relative
ai diritti d’autore e alle varie normative di copyright, così come ai
problemi legati alle copie –legali e illegali- e ai relativi sistemi anti-
copia, che possono costituire un freno o comunque un
appesantimento al cammino dello sviluppo della tecnologia digitale e
dei relativi utilizzi.
8
Capitolo II
Gli indirizzi europei per la promozione
della “digitalizzazione” dei beni culturali
Una spinta importante in una più appropriata presa di coscienza
dell’importanza e della “strategicità” del settore viene anche dagli
indirizzi e dalle direttive elaborati in sede europea. Pochi anni fa la
Commissione Europea
1
incaricò un Comitato Scientifico, un consorzio
indipendente e affidabile di ricercatori (il Salzburg Research
Forschungsgesellschaft), per elaborare e promuovere un progetto
culturale ed editoriale dedicato alla promozione e alla diffusione della
cultura digitale e delle arti elettroniche
2
.
Tesi di avvio è la comprensione di come l’innovazione tecnologica
giochi un ruolo fondamentale nello sviluppo, da parte delle istituzioni
culturali, di strategie atte a valorizzare le proprie collezioni,
coinvolgere i visitatori ed incrementarne l’interesse. Un mutamento
che va affrontato definendo le eventuali opportunità e formulando
raccomandazioni per le strategie politiche
3
.
Così il lavoro di tale commissione –dal titolo “Scenari tecnologici per
l’economia della cultura di domani”, pubblicato l’8 agosto 2001- ha
enucleato alcuni obiettivi di primaria importanza nonché le modalità
1
Alla metà degli anni Novanta, la Commissione Europea ha varato un programma ben determinato per
promuovere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TCI) all’interno della nascente
Società dell’Informazione. Tale programma promuoveva una crescita economica, un ampliamento del
mercato del lavoro e un miglioramento generalizzato di tutti gli aspetti della qualità della vita. Sotto la
suggestione del Libro Bianco per la Costituzione di una Struttura Informatica Nazionale, pubblicato da Al
Gore nel dicembre 1993, e del Rapporto Bangemann del giugno 1994, dal titolo "L’Europa e la società
dell’informazione globale", si sono considerate le nuove tecnologie come uno dei vettori della prosperità
futura. Nel 1996 tutte le possibilità di realizzare queste potenzialità erano ancora aperte. Inoltre fra il
1996 e il 2001 la Commissione Europea e i governi nazionali hanno creato quadri normativi che hanno
rimosso alcuni degli ostacoli all’accesso nei futuri mercati dell’e-business, ad esempio, scardinando i
monopoli nazionali delle telecomunicazioni per giungere a costi di accesso inferiori.
2
Già durante il Consiglio Europeo di Feira del giugno 2000 gli Stati membri dell’UE avevano formalmente
approvato il Piano d’Azione “e-Europe 2002”, che attraverso l’obiettivo 3 d) intendeva promuovere la
creazione di contenuti europei da collocare sulle reti globali allo scopo di sfruttare pienamente il
potenziale delle tecnologie digitali.
3
Cfr. la prefazione del rapporto europeo DigiCULT, redatta dal capo unità del Comitato Bernard Smith.
9
più efficaci per perseguirle, non senza in primo luogo evidenziare
come la “digitalizzazione” in
molti archivi, biblioteche e musei europei non è più una
possibilità, ma una realtà. Tali istituzioni si sono trasformate in
"ibridi" che si prendono cura tanto delle risorse culturali
analogiche quanto di quelle digitali. La conversione di tutte le
tipologie di contenuti culturali in bits and bytes apre una
dimensione completamente nuova per chi voglia raggiungere
tanto il pubblico tradizionale quanto un pubblico nuovo, offrendo
l’accesso a risorse culturali secondo modalità inimmaginabili un
decennio fa.
Anzitutto si evidenzia come le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione giocheranno un ruolo sempre più importante nella
creazione e nell’offerta di questi nuovi contenuti, ben al di là dello
stadio attuale nel quale si fornisce l’accesso a informazioni su oggetti
del patrimonio culturale, con una crescente domanda di contenuti
digitali di alta qualità, legati alla necessità di apprendimento e
formazione permanente. E’ dunque possibile trarre vantaggio
dall’enorme potenziale che l’uso delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione promette alle istituzioni della memoria
4
.
Tuttavia, la tecnologia, da sola, non è sufficiente per venire incontro
alle crescenti aspettative degli utenti e, fatto ugualmente importante,
richiederà tutte le conoscenze e il "capitale intellettuale" già presenti
presso le stesse istituzioni, al fine di creare queste tipologie di
contenuti, nuove e fortemente richieste, che incrementano la
fruizione dei materiali relativi ai beni culturali.
Allo stato attuale –rileva la stessa commissione- tali ambiziose
promesse non sono ancora state mantenute, e per questo è
necessario adoperarsi per un miglioramento sistematico.
4
Non si manca neppure di riferirsi agli aspetti più propriamente economici e di mercato. Come evidenzia
Paul Fiander, Capo della sezione Archivi e Informazione della BBC, "gli utili prodotti da investimenti nel
campo della riconversione al digitale sono notevoli." E promettono per il futuro guadagni anche maggiori.
(Ibid.).
10
Il Rapporto
5
si pone l’obiettivo di aiutare i responsabili istituzionali ad
affrontare al meglio le sfide del futuro legate alla costruzione e allo
sfruttamento di scenari culturali digitali nell’ambito della "società
dell’informazione" e di rispondere alle principali questioni aperte -da
quale tecnologia utilizzare, al mutamento istituzionale necessario, al
coinvolgimento delle piccole istituzioni- fornendo un’analisi dello
"stato dell’arte" della tecnologia, degli assetti organizzativi, dei servizi
e delle applicazioni in campo culturale
6
, un orientamento normativo e
politico e le linee guida per superare gli attuali ostacoli.
Le principali sfide da affrontare per facilitare lo sviluppo futuro del
settore sono le seguenti:
* Il valore del patrimonio culturale;
* La formazione come mercato di riferimento per i prodotti e i
servizi digitali dedicati ai beni culturali;
* La cooperazione e il coordinamento come chiavi per operare in
rete;
* Il rafforzamento delle istituzioni culturali più piccole attraverso
l’incremento delle loro competenze e capacità;
* La conservazione a lungo termine e le risorse "nate digitali" e
come vettori-chiave dello sviluppo tecnologico;
* L’approccio sistematico e coordinato alla digitalizzazione.
7
Il valore del patrimonio culturale viene considerato come un vettore
di sviluppo, e non a caso, negli ultimi anni, il settore dei beni culturali
5
Per giungere ad un ampio consenso istituzionale in tutto il settore dei beni culturali sono stati
consultati, negli ultimi 7 mesi, più di 180 esperti appartenenti ad archivi, biblioteche e musei, nonché
responsabili politici e rappresentanti di gruppi di particolare interesse e strutture di ricerca, in Europa,
Stati Uniti, Canada e Australia. Grazie a 29 interviste, 6 tavole rotonde di esperti e un’indagine Delphi
on-line, le personalità coinvolte hanno fornito il proprio parere sulle tendenze del settore dei beni
culturali ed elaborato linee guida che consentano ai soggetti istituzionali preposti di adottare le misure
appropriate per creare condizioni favorevoli allo sviluppo futuro. SALZBURG RESEARCH
FORSCHUNGSGESELLSCHAFT MBH, Rapporto DigiCULT e la sua sintesi, 8 agosto 2001,
<http://digicult.salzburgresearch.at/results/italian/chapter2.htm> (09/10/2007).
6
Ibid.
7
Ibid.
11
ha riscosso un’attenzione sempre maggiore presso il mondo politico,
in virtù del suo potenziale economico e della sua importanza per lo
sviluppo del mercato nella Società dell’Informazione.
Tuttavia, misurare i beni culturali in termini meramente economici
non ne coglierebbe il reale valore. Come rileva Jim McGuigan,
L’idea che un prodotto culturale sia valutabile secondo il suo prezzo
di mercato, determinato dalle scelte del consumatore sovrano e
dalla legge della domanda e dell’offerta, è ancora prevalente,
sebbene profondamente incrinata. Il suo difetto fondamentale è la
riduzione di ogni valore, la cui natura è invece manifestamente
varia e opinabile, ad una logica economica e unidimensionale, la
logica del ‘libero mercato’
8
.
In secondo luogo gli esperti che hanno redatto il Rapporto DigiCULT
riflettono sul significato di “formazione” concludendo che debba
essere al centro di ogni intervento di digitalizzazione e di tutte le
politiche sui beni culturali. La formazione costituirà, in futuro, il
mercato più promettente, e dunque anche il più significativo, per i
beni culturali. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
sono un canale efficace per offrire nuovi mezzi di apprendimento alla
comunità della formazione e dell’educazione sostenendo le istituzioni
culturali nelle loro funzioni educative e sociali
9
.
8
J. MCGUIGAN, Culture and the public sphere, 1996, citato in D. THROSBY, Economic and cultural value
in the work of creative artists, 1999. In: SALZBURG RESEARCH FORSCHUNGSGESELLSCHAFT MBH,
Rapporto DigiCULT e la sua sintesi, 8 agosto 2001,
< http://digicult.salzburgresearch.at/results/italian/chapter2.htm> (09/10/2007).
9
Per questo la Commissione Europea raccomanda che “questo patrimonio deve essere messo alla
portata del pubblico e rientrare in una dinamica di sostenibilità. La ricchezza del patrimonio culturale e
scientifico europeo è unica e di notevole significato. Per consentire ai cittadini di accedere più facilmente
a queste risorse e al contempo conservare il retaggio culturale del passato e le future conoscenze è
necessario digitalizzare tutti questi contenuti europei. La diversità culturale, l’istruzione e lo sviluppo
dell’industria dei contenuti devono diventare una realtà. La digitalizzazione dei contenuti culturali è
essenziale per sostenere e promuovere la diversità culturale in un ambiente ormai globalizzato, senza
contare l’impatto positivo che tale operazione può avere sull’istruzione, il turismo e l’industria dei
media”. (in CORDIS, I contenuti europei sulle reti globali. Meccanismi di coordinamento dei programmi di
digitalizzazione. Lund, 14 aprile 2001, <ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/ist/docs/digicult/lund_principles-
it.pdf> [09/10/2007])