nell'atmosfera, via via con concentrazioni crescenti tali da disturbare gli equilibri
naturali.
L'aumento dei gas serra incide facilmente sui cambiamenti del clima e poi ha degli
effetti collegati sui sistemi naturali ed umani. Questi cambiamenti infine incidono sui
percorsi socio-economici di sviluppo, i quali hanno, a loro volta, effetti diretti sui
sistemi naturali (indicati dalla freccia in senso antiorario dello schema) quali i
cambiamenti nell'utilizzazione delle terre che conducono al disboscamento.
Figura 1.1.1: Rappresentazione schematica e semplificata di una struttura integrata di
valutazione per considerare il cambiamento antropogenico del clima. Le frecce gialle
mostrano un ciclo in senso orario completo di causa e di effetto fra i quattro quadranti,
mentre la freccia blu indica la risposta sociale agli effetti del cambiamento di clima ( Bert
Metz, IPCC, February 2005)
Il protocollo di Kyoto rappresenta un grosso passo avanti da parte della comunità
internazionale perché è la prima volta che gli Stati s’impegnano in materia di
sostenibilità ambientale sotto l’aspetto climatico.
1.2 PROTOCOLLO DI KYOTO
Lottare contro i cambiamenti climatici con un'azione internazionale mirante
a ridurre le emissioni di taluni gas ad effetto serra responsabili del riscaldamento
del pianeta. Questo è l’obiettivo del protocollo di Kyoto, che è entrato in vigore il 16
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febbraio 2005. Questa data segna il novantesimo giorno successivo alla data in cui
almeno 55 Parti della Convenzione (tra le quali i paesi sviluppati le cui emissioni
totali di biossido di carbonio rappresentano almeno il 55% della quantità totale
emessa nel 1990 da questo gruppo di paesi) lo abbiano ratificato.
Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas ad effetto serra:
biossido di carbonio (CO
2
);
metano (CH
4
);
protossido di azoto (N
2
O);
idrofluorocarburi (HFC);
perfluorocarburi (PFC);
esafluoro di zolfo (SF
6
).
In merito a queste limitazioni il Protocollo contiene obiettivi vincolanti e quantificati
di limitazione e riduzione dei gas ad effetto serra.
Globalmente, le parti si impegnano a ridurre le loro emissioni di gas ad effetto serra
di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo 2008 – 2012. Gli stati membri
dell’Unione devono ridurre collettivamente le loro emissioni di gas ad effetto serra
dell’ 8%.
Per il periodo anteriore al 2008, le parti si impegnano a compiere progressi nella
realizzazione dei loro impegni e a fornirne le prove non oltre il 2005. In realtà esiste
una distinzione che vede i paesi sviluppati e con un’economia di transizione
obbligati a rispettare le riduzioni di gas serra e i paesi in via di sviluppo a rispettare
gli impegni assunti in quanto parti contraenti della Convenzione.
Per raggiungere questi obiettivi, il Protocollo propone una serie di provvedimenti atti
a rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni: l’articolo 2
suggerisce agli Stati membri di applicare ed elaborare politiche concernenti la
situazione nazionale. Inoltre, per quel che riguarda il settore energetico ma non solo,
gli obiettivi principali sono: migliorare l’efficienza, ricerca, promozione, sviluppo e
maggiore utilizzazione di forme energetiche rinnovabili, di tecnologie per la cattura e
l’isolamento del biossido di carbonio e di tecnologie avanzate ed innovative
compatibili con l’ambiente, limitazione e/o riduzione delle emissioni di metano
attraverso il suo recupero ed utilizzazione nel settore della gestione dei rifiuti, come
pure nella produzione, il trasporto e la distribuzione di energia. Da un punto di vista
10
economico, suggerisce di ridurre la pressione fiscale e ad introdurre incentivi al fine
di perfezionare il mercato dell’energia che non ha emissioni di gas serra, ecc.
Per regolare la riduzione dei gas serra sono state trovate soluzione di natura
finanziaria e di controllo e sono stati organizzati dei meccanismi utilizzabili nel
quadro del Protocollo di Kyoto: emission trading (ET), joint implementation (JI),
clean development mechanism (CDM); sono stati definiti gli obblighi di emissione a
carico degli Stati contraenti e si sono valutati i possibili vantaggi derivanti dalla
partecipazione e messa in opera di questo strumento giuridico - economico. Il
protocollo di Kyoto è stato formulato in maniera flessibile, in modo tale che gli
obblighi a carico delle parti contraenti per il raggiungimento degli obiettivi
economico - ambientali siano adattabili in seguito ad una valutazione sostenibile del
rapporto costo – emissioni di ciascuno Stato. Quest’ultimo è un metodo che tiene
conto della capacità di ogni singolo stato di poter far fronte al problema secondo le
proprie possibilità, ora tecnologiche, ora economiche. Nello specifico il ricorso ai
suddetti meccanismi, seppur in via complementare rispetto all’adozione di apposite
misure nazionali, incide sugli impegni assunti dagli Stati parti contraenti nel senso
che, nel periodo di adempimento, essi possono utilizzare i “crediti” conseguiti
mediante la partecipazione ai meccanismi flessibili.
L’attivazione di questi meccanismi, rispetto alla quota di emissioni attribuita a
ciascuno Stato parte contraente del Protocollo (denominata AAU, assigned ammount
unit), consiste:
(a) nell’ambito dell’emission trading (ET):
nel mettere a disposizione RMUs (removal units) nei progetti di ET che potranno
essere realizzati a partire dal 2008. Le RMUs sono calcolabili come differenza tra la
quantità di gas ad effetto serra presente nell’atmosfera terrestre e la quantità degli
stessi gas assorbita da piante ed alberi. Tale differenza, espressa in unità di credito,
consente allo Stato parte contraente del Protocollo e partner di un progetto di ET di
venderle in quanto in surplus rispetto alla quota limite di emissioni ad esso attribuita.
b) nell’ambito della joint implementation (JI):
nell’acquisire e, eventualmente, nel trasferire ERUs (emission reduction units) nei
progetti che potranno essere realizzati successivamente al 1° gennaio 2000. Le ERUs
sono in sostanza i crediti di emissione acquisiti da uno Stato, consistenti nella
differenza tra la quantità di gas ad effetto serra emessa nella realizzazione del
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progetto e quella che sarebbe stata prodotta senza alcuna progettazione di JI. Questi
crediti vanno sommati alla quota limite di emissioni (AAU) attribuita a ciascuno
Stato parte contraente del Protocollo partner della JI, il quale può decidere anche di
venderli in quanto in più rispetto alla quota limite di emissioni ad esso attribuita.
c) nell’ambito del clean development mechanism (CDM):
nell’acquistare e, eventualmente, nel trasferire CERs (certified emission reductions)
nei progetti che potranno essere realizzati a partire dal 2000. Anche in questa
tipologia di progettazione i crediti vanno sommati alla quota limite di emissioni
(AAU) attribuita a ciascuno Stato parte contraente del Protocollo partner della JI, il
quale può decidere di venderli in quanto in surplus rispetto alla quota limite di
emissioni ad esso attribuita.
Quest’ultima tipologia è assimilabile alla della joint implementation (JI). A
differenza di quest’ultima però i paesi partecipanti sono anche quelli in via di
sviluppo al fine di ottenere un duplice effetto: consentire agli Stati di raggiungere e
rispettare il loro limite di emissione e promuovere nei Paesi in via di sviluppo delle
politiche energetiche atte ad uno sviluppo sostenibile degli stessi.
Verranno di seguito analizzati i principali risultati degli studi condotti sul
cambiamento climatico raccolti nel Third Assessment Report - Climate Change 2001
realizzato dall’ IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).
A causa dell’incertezza nel trattamento dei dati raccolti le conclusioni ricavate
avranno diversi gradi di probabilità a seconda dell’accuratezza delle misurazioni. Per
questo, nel presente capitolo, così come nelle pubblicazioni IPCC, viene adottata
d’ora in avanti la seguente terminologia per indicare intervalli di confidenza ben
precisi: praticamente certo (probabilità superiore al 99%); molto probabilmente (90-
99%); probabilmente (66-90%); mediamente probabile (33-66%); improbabile (10-
33%); molto improbabile (1-10%); assolutamente improbabile (meno dell’1%).
1.3 EFFETTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
La temperatura media è la grandezza che ha subito più di tutti un incremento
notevole soprattutto negli ultimi 140 anni. Secondo alcuni studi la variazione della
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temperatura media sulla superficie della Terra e degli oceani registra le seguenti
variazioni:
Le misurazioni con termometri (quindi misurazioni dirette) mostrano un aumento
medio delle temperature superficiali di terra e oceani di circa 0,6°C dal 1861 al 2000,
con incrementi dell’ordine di 0,15°C per decade nei periodi tra il 1910 e il 1945 e tra
il 1976 e il 2000 (Figura 1.31). E’ molto probabile per via di una non disponibile
misurazione diretta confrontabile (ciò determina un incremento dell’intervallo di
confidenza) che il XX secolo, a livello globale, sia stato quello con il maggiore
aumento della temperatura degli ultimi 1000 anni (Figura 1.32) e che il 1998 sia
l’anno più caldo dal 1861.
Figura 1.3.1: andamento della Temperatura media di terra e oceani degli ultimi 140 anni: in
rosso sono indicati gli scostamenti dalla temperatura media anno per anno e in grigio è
indicato l’intervallo di confidenza al 95%. (IPCC, 2001)
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