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Farò riferimento al concetto di consapevolezza, intesa come presa di coscienza
del proprio Sé, comprensivo di tutti i fenomeni psicocorporei che accompagnano
l’intera vita.
Inizio confrontando diversi modelli epistemologici di concezione della malattia
che si sono succeduti in diverse epoche storiche e in diverse culture, e i relativi
metodi medici e le pratiche terapeutiche adottate.
Parlo poi del caduceo, simbolo della medicina, dalle origini antichissime, ma
ancora oggi usato dalla medicina contemporanea. Tale simbolo testimonia come
il pensiero filosofico che sta alle origini del pensiero medico occidentale, non
differisca dalle basi delle filosofie mediche orientali, dette olistiche: entrambi i
pensieri contemplano il concetto di unità nell’uomo, di unione corpo-psiche,
della concezione dell’armonia tra intuizione e ragione.
Approfondisco questi concetti analizzando il pensiero buddista, attraverso la
figura di Siddharta.
Nel secondo capitolo approfondisco la cultura medica contemporanea: descrivo
la storia e i processi che l’hanno portata ad affermarsi in Occidente ( Europa e
Nord d’America) e a diffondersi in buona parte del pianeta; analizzo quindi il
rapporto tra la medicina colta e le rappresentazioni popolari della malattia.
Alla fine del capitolo rifletto sulle ragioni che hanno permesso al modello
scientifico, applicato alla medicina, di assumere assoluta importanza nel mondo,
allacciandomi al pensiero di Herbert Marcuse, un sociologo tedesco.
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Nel capitolo successivo descrivo il rapporto tra le antiche filosofie mediche
orientali e le più recenti scoperte scientifiche: inizialmente indago il legame tra la
medicina e la fisica, poi tratto dell’unità corpo psiche nell’uomo partendo dalla
medicina tradizionale cinese, concludendo con la
psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI).
A favore della concezione dell’unione corpo-mente dell’uomo sottolineo
l’importanza della presa di coscienza nella salute, nella malattia e nella
guarigione descrivendo diverse posizioni: l’interpretazione simbolica della
malattia; il pensiero dell’analista tedesco del primo novecento W. Reich, che con
i suoi studi tentò di descrivere in termini scientifici la relazione tra i fenomeni
cosmici, naturali, degli organismi viventi e dell’uomo. Infine espongo
l’evoluzione del pensiero di A. Lowen, che partendo dalle teorie reichiane arriva
ad elaborare una teoria ed un metodo terapeutico, la bioenergetica, che contempla
l’importanza del corpo e della presa di coscienza, per le persone, dei propri
processi corporei.
Partendo quindi dal discorso sulla coscienza corporea, mi accosto alla
danzaterapia riportando il pensiero di diversi autori che la applicano in diverse
scuole, con diversi metodi. La includo in questo elaborato come percorso che
porta chi la pratica ad una maggior consapevolezza del proprio corpo e di sé
stessi in senso globale.
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Prestando attenzione al proprio corpo, alle proprie modalità di muoverlo, di
sentirlo, di viverlo e di presentarlo, l’individuo è portato ad esperire quell’unità
psicofisica, tanto menzionata dalle antiche filosofie orientali, ma anche dagli esiti
delle più recenti scoperte scientifiche della fisica e della medicina e dalle nuove
teorie psicologiche.
Grazie all’autoconsapevolezza promossa dalla danzaterapia, come da altre
tecniche psicocorporee, l’uomo è invitato ad assumere un ruolo attivo nella
promozione della sua salute.
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Capitolo 1
COS’È LA MALATTIA.
Il concetto che le persone hanno della malattia è legato al modello culturale che
fa da contesto al modello di medicina adottato.
Il concetto di malattia diffuso nella società occidentale , e più specificatamente
italiana, appare agli antipodi rispetto a concezioni esistenti in altri sistemi medici,
in altri modelli culturali, descritti più avanti.
Ma analizzando a fondo la struttura dei diversi orientamenti medici, si può
comprendere come, la medicina che chiamiamo scientifica è arrivata ad imporsi,
nutrendosi di apporti provenienti da altre medicine. La sua forza trova una
spiegazione solo prendendo in considerazione le condizioni di terreno sociale e
religioso favorevoli alla sua nascita.
Dal punto di vista cristiano, per esempio, la malattia è vista come presenza
inopportuna, una violazione, che richiede una pratica esorcistica,
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contrapponendosi alla visione dell’islam ortodosso che considera la malattia
come negazione, come assenza.
Solo un’approccio basato sull’alternanza di prossimità e distanza, di alterità e
identità, di manifesto e di rimosso, permette di comprendere che la medicina
occidentale contemporanea, nelle tendenze di fondo, appartiene allo stesso
modello teorico, per esempio, dell’esorcismo cristiano; o che l’ “antipsichiatria”
fa parte strutturalmente dello stesso modello delle pratiche sciamaniche.
La storia della medicina mostra come sia caratterizzata da modelli eziologici
irriducibili che si escludono l’uno con l’altro e da pratiche terapeutiche che si
avvicendano, e come certe credenze si siano sviluppate chiudendosi in
dogmatismi, determinando un forte e spesso inconsapevole, relativismo culturale.
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1.1 Diversi concetti di malattia e diverse concezioni
della medicina.
Il concetto di malattia in occidente si attiene ad una risposta terapeutica che si
avvale della medicina farmaceutica e trova la sua prima espressione scientifica in
una delle correnti della medicina ippocratica, con la sua attenzione ai sintomi
fisici del malato. Assume formulazione sistematica con il dualismo cartesiano
che separa l’anima dal corpo: la prima, in questa visione, è di competenza della
metafisica, la seconda, della fisica.
Sono diversi i sistemi di rappresentazione diffusisi attraverso il punto di vista
cartesiano, ampiamente prevalente nella nostra società, diversi sono i pregiudizi
spontanei che l’accompagnano, o meglio, diverse sono le interpretazioni “colte”
e le reinterpretazioni “popolari”, all’interno del discorso medico, della
concezione dualistica dell’uomo.
Ad esempio, il concetto di entità morbosa ed il relativo pensiero ontologico,
secondo il quale la malattia ha una sua propria essenza, autonoma ed
indipendente dall’individuo che la soffre, trova fondamento nell’adozione del
modello botanico come modello epistemologico di riferimento: questo, basato
sulla ricerca delle proprietà “essenziali” delle malattie, permette così di
catalogarle , di suddividerle in famiglie, in generi.
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Questo modo di considerare la malattia è tipico dell’intera intelligenza medica
occidentale, animata da un progetto nosologico che isola la malattia del malato e
classifica le patologie in specie.
Inoltre, con la nascita dell’anatomopatolgia, approccio medico basato sulle
“lesioni organiche”, appare la visone secondo la quale, l’alterazione funzionale
corrisponde all’alterazione organica, pensiero presente tuttora tra i medici
praticanti.
Nel modello ontologico, la malattia è sempre riconducibile ad una causa precisa,
che presenta sintomi caratteristici e lesioni che le sono proprie: è una
rappresentazione che percepisce la malattia secondo le categorie di entrata e di
uscita; il corpo del malato viene connotato come luogo fisico dello scontro
accidentale fra forze d’intensità variabile.
Tale modello ha trovato inoltre pregnanze nelle rappresentazioni popolari dei
malati. Esiste infatti la visone della malattia come cosa, come sostanza, come non
io, come essere anonimo con cui l’uomo vive una lotta estenuante. I racconti dei
malati sulla loro malattia, fanno riferimento a “coordinate geografiche”, con la
localizzazione della causa, la provenienza dell’agente responsabile, la
determinazione della sede e la “spazializzazione” regionale delle malattie nel
corpo, si riconducono sempre allo spazio corporeo e/o ad una sua parte.
Più tardi sono nati modelli alternativi come l’omeopatico e la psicanalisi, con un
pensiero rivolto verso la storia: il loro procedimento clinico si fonda sul racconto
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dell’individuo che, nel quadro di una sua temporalità, descrive la genesi della sua
sofferenza e i processi evolutivi e maturativi del suo male; si basa inoltre
sull’ascolto e sulla ricostruzione genealogica per la formulazione di una diagnosi
e di una prognosi.
Nel pensiero degli approcci medici fin qui descritti, noto la tendenza a non
considerare l’uomo come un tutto, cioè un’unità inseparabile di corpo ed anima,
ma un’insieme di tanti settori indipendenti da “riparare” man mano che si
alterano. Diversamente, i cosiddetti modelli olistici, diffusi specialmente in
Oriente, considerano l’uomo globalmente, e concepiscono la malattia attraverso
interpretazioni psicologiche e “metafisiche”. La malattia viene considerata come
l’effetto della disarmonia fra il microcosmo e il macrocosmo, e il processo di
guarigione è visto come un riequilibrarsi cosmico.
Questo sistema di rappresentazione si esprime nell’insieme delle medicine
popolari di tradizione orale, europee ed extraeuropee, e nella maggior parte dei
sistemi tradizionali organizzati in corpus scritti come l’antica medicina cinese.
Molti approcci olistici alla medicina considerano la malattia come un messaggio
di comunicazione al corpo: malattia significa dunque sparizione dell’armonia o la
messa in discussione di un ordine che fino a questo momento era stato in
equilibrio. Secondo Dahlke Rudiger e Dethlefsen Thorwald, come affermano nel
libro “Malattia e destino” ( Edizioni Mediterranee, Roma, 2005), il turbamento
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dell’armonia avviene nella coscienza a livello d’informazione e si limita a
mostrarsi nel corpo.
Il corpo è quindi il piano dell’espressione e realizzazione della coscienza e di
tutti i processi e i mutamenti che avvengono nella coscienza. Quindi se una
persona nella sua coscienza viene a mancare di equilibrio, questa situazione
diviene visibile e sperimentabile nel corpo. Di conseguenza, il corpo non è
ammalato, ma l’uomo è ammalato e il male si rivela nel corpo sotto forma di
sintomo. I sintomi sono tanti e diversi, ma sono tutti espressione di uno stesso
evento chiamato malattia che si verifica sempre nella coscienza di una persona.
In occidente questo modo di vedere è assunto dal modello psicosomatico, con la
differenza che questo non lo applica a tutti i sintomi, ma li differenzia in base al
livello di evidenza di un’influenza psicologica nella patologia.