TENDER INTERNAZIONALI per la realizzazione di opere
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la principale causa del malfunzionamento del nostro sistema appalti, e cioè l’assenza
dell’organizzazione di cantiere/gestione di commessa tra i criteri di scelta del contraente.
Tale analisi ha inoltre lo scopo di approfondire un argomento ancora poco trattato nella
letteratura economica, ma soprattutto in quella ingegneristica: la redazione delle offerte,
ovvero dei contenuti che stanno alla base del dialogo.
Ed è proprio su questo terreno che si vuol andare a tracciare una pista per chi intenda
avvicinarsi alla comprensione delle dinamiche di svolgimento delle procedure di affidamento
di appalti, prendendo a modello la loro forma più completa, ovvero quella dei tender
internazionali per la realizzazione di grandi opere. Il punto di vista scelto è quello del
contraente, di cosa deve affrontare chi intenda partecipare ad una gara d’appalto e delle
modalità di formulazione dell’offerta (parte terza).
E’ come già anticipato una trattazione più ingegneristica che economica, poiché il punto
di vista di chi partecipa alla gara deve essere proprio questo, quindi, soprattutto nell’ultima
parte, non si terranno molto presente le piccole divergenze di impostazione legale tra pubblico
e non, concentrandosi più sugli aspetti tecnici ed economici coinvolti nella preparazione di
un’offerta di gara.
I dati e le informazioni non nascono solo ed esclusivamente dalla rielaborazione di fonti
bibliografiche, ma anche e soprattutto dalla raccolta di testimonianze e di esperienze dirette.
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1. PARTE PRIMA: background normativo
1.1. DEFINIZIONI
Anticipiamo una breve definizione di quelli che saranno i termini più ricorrenti.
“Contratto”: Parlare di tender internazionali e problematiche ad essi inerenti non può
prescindere da uno studio preliminare sulla nozione e sulle funzioni del contratto, nonché
sulle fonti del diritto commerciale (vedi 1.2), nel quale operatori appartenenti a diverse
Nazioni pongono in essere rapporti assai articolati, per espandere al massimo le loro
potenzialità in un contesto ultranazionale. Tali rapporti, per la loro complessità ed
atipicità, richiedono una disciplina esaustiva, al fine di tutelare gli interessi delle parti nel
miglior modo possibile. Tale disciplina è offerta dal contratto.
La definizione più sintetica è quella di Nael G. Bunni in -(7)-: “A promise
enforceable by law”.
Secondo il nostro codice civile all’art. 1321, il contratto è definito “l’accordo di due o
più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Altri ordinamenti giuridici offrono sostanzialmente analoghe definizioni: per il diritto
civile spagnolo per esempio (art. 1254 cod.civ.) “el contrato esiste desde una o varias
personas consiesten en obligarse, respecto de otra u otras, a dar alguna cosa o prestar
algun servicio”.
“Contratto di appalto”: In particolare il contratto d’appalto è definito (art.1655 cc) come “il
contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a
proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in
denaro”, quindi con obbligazione di risultati e non solo di mezzi.
E’ uno dei sistemi dei quali può avvalersi lo Stato per l’esecuzione delle opere
pubbliche, e risulta essere il più utilizzato.
Sotto due fondamentali punti di vista i contratti di appalto possono essere suddivisi:
secondo il contenuto della prestazione dell’appaltatore oppure secondo il modo di
determinazione del corrispettivo.
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La prima distinzione ha valore empirico poiché essa non deriva da sostanziale
differenza di struttura del negozio. Si distinguono appalti di opere e appalti di servizi;
appalti di produzione e appalti di manutenzione; appalti di esecuzione e appalti di
gestione.
La distinzione più importante è invece la seconda, poiché può provocare qualche
differenza nel negozio. Si distinguono appalti a corpo e a misura, nonché misti. Nei primi
il prezzo è fissato globalmente ed invariabilmente per l’intera opera; nei secondi è fissato
o per unità di misura dell’opera finita o per unità di misura delle varie categorie di lavoro
necessarie per compierla. La differenza tra le due specie concerne soprattutto il rischio
relativo alla maggiore qualità di lavoro resasi necessaria rispetto a quella prevedibile, che
nell’appalto a corpo (o a forfait) va a gravare sull’appaltatore.
“Tender”: Letteralmente dall’inglese: 1. offerta di pagamento 2. capitolato d’appalto. Il
termine è tuttavia entrato a far parte del nostro linguaggio commerciale, e comunemente
ha assunto il senso più ampio di gara d’appalto.
“Contrattore-committente-appaltante-cliente”: Colui che stipula il contratto, che indice la
gara d’appalto, per soddisfare un proprio bisogno, nel nostro caso per commissionare la
realizzazione dell’opera o dei lavori. La prestazione tipica del committente ha per
contenuto il pagamento del corrispettivo pattuito -(5)-.
“Contraente-assuntore-appaltatore-aggiudicatario”: Colui che si aggiudica il contratto,
ovvero chi si assume degli obblighi nei confronti del committente in cambio di un
corrispettivo in denaro. La prestazione tipica dell’appaltatore è, secondo il codice civile
(art. 1655), il compimento di un’opera o di un servizio mediante organizzazione dei mezzi
necessari (capitale, strumenti, lavoro) e gestione a proprio rischio: è cioè, come si dice, la
promessa di un risultato. -(6)-
“Lavori e opere”: “I lavori comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero,
ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere. Per opera si intende il risultato di un
insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. (…)” come
definito all’art.3- co.8 del D.Lgs. 163/2006.
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“General contractor”: Tipologia di affidamento di un contratto di appalto per la
realizzazione di opere “strategiche” (interventi di grandi dimensioni e notevole
complessità, tali per cui le Amministrazioni non sono in grado di svolgere le attività di
progettazione e gestione della realizzazione al loro interno) che arriva dall’esperienza
internazionale, soprattutto nel settore dell’impiantistica. E’ il c.d. appalto di “far
eseguire”, in quanto il g.c. in prima approssimazione subentra al ruolo del committente,
può infatti a sua volta arrivare a subappaltare il 100% dei lavori, pur restando di sua
competenza la responsabilità della gestione, del coordinamento e del controllo di tutte le
fasi, ovvero la responsabilità del far eseguire l’opera (vedi anche 1.2.3.C).
“Il general contractor procede quindi all’espletamento di un complesso di prestazioni
che vanno dagli studi di mercato e sociologici, all’ingegneria finanziaria, dalla consulenza
alla programmazione e al controllo del progetto, al servizio acquisti, all’organizzazione
del cantiere, alla direzione lavori, alla formazione del personale del cliente e, spesso, alla
manutenzione e/o gestione delle opere realizzate.”-(2)-
“Joint Ventures”: La joint venture è sostanzialmente un accordo di collaborazione con il
quale viene prevista la creazione di una nuova società, che viene controllata
congiuntamente dalle imprese che hanno dato vita al rapporto, con percentuali di capitale
non necessariamente paritetiche.
La finalità che spinge gli operatori commerciali alla stipula di un accordo di joint
venture è normalmente quella di entrare ed operare in un nuovo mercato, e di ottenere una
riduzione dei costi di avviamento, rispetto alle operazioni che devono essere svolte
direttamente sul posto da parte dell'impresa. In genere, una delle due società che danno
vita all’accordo apporta tecnologia e know-how, mentre il partner rende disponibili gli
impianti industriali, la rete di distribuzione e di relazioni e, aspetto non meno importante,
la conoscenza del mercato locale. Le joint ventures, tuttavia, possono assumere forme
assai diverse tra loro, poiché rispondono a obiettivi molteplici; esse rappresentano infatti
una modalità strutturata e formalizzata di accordo fra due o più parti che traggono
reciproci vantaggi dalla mutua collaborazione.
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1.2. LE FONTI DEL DIRITTO COMMERCIALE: in ITALIA, in EUROPA e
nel contesto INTERNAZIONALE
Partendo dal caso più generale vediamo che le fonti del diritto del commercio
internazionale vanno individuate in:
a) leggi nazionali, ossia quelle del Paese la cui legge risulta applicabile;
b) convenzioni internazionali, nella misura in cui esse vengano recepite dal Paese in
cui la legge viene applicata;
c) norme e direttive comunitarie, per i rapporti che interessano i Paesi facenti parte
dell’Unione Europea;
d) norme “transnazionali”, ossia i principi generali di diritto, lex mercatoria;
e) usi del commercio internazionale;
f) eventuali codificazioni private di principi o usi del commercio internazionale
(come ad esempio gli Incoterms ed i principi Unidroit).
La fonte primaria resta la legge nazionale, poiché, come già rilevato, non esiste una vera e
propria disciplina uniforme dei contratti internazionali.
Vediamo quindi più in dettaglio il percorso del legislatore italiano nel recepimento
delle direttive comunitarie.
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1.2.1. La situazione nella Comunità Europea
-Il quadro domestico-
Il nostro discorso non può quindi prescindere dall’affrontare in particolare la direttiva 18/04 e
il D. Lgs. 163/06.
La Direttiva 2004/18/CE ha inteso innanzitutto aggiornare e razionalizzare le norme
comunitarie preesistenti, in materia di appalti pubblici.
Si è trattato, essenzialmente, di un’operazione di coordinamento tra precedenti normative,
rispondente ad un’esigenza di semplificazione più che di riforma dell’impianto normativo
esistente.
Gli obiettivi fondamentali che il legislatore comunitario ha inteso perseguire possono
essere, pertanto, sintetizzati in quattro categorie:
ξ la semplificazione delle disposizioni comunitarie in tema di appalti pubblici;
ξ l'aggiornamento della normativa vigente alla luce delle novità tecnologiche ed
economiche;
ξ la maggiore flessibilità della normativa comunitaria;
ξ il rafforzamento dei principi di concorrenza e trasparenza.
In primo luogo, la direttiva persegue, quindi, la finalità di semplificare il dato normativo
esistente, a livello comunitario, in tema di appalti pubblici.