4
è proprio nell’ambito di tale orientamento che va inserita la scelta di promuovere
delle relazioni interaziendali, cioè delle forme di legami cooperativi, molto più
complessi di quelli attinenti il solo rapporto di scambio, che evidentemente l’azienda
è portata a giudicare quale valido mezzo per reagire ai condizionamenti
dell’ambiente esterno o per tentare di sfruttare eventuali opportunità di sviluppo. Tali
legami andranno poi a differenziarsi sulla base dei vari aspetti caratterizzanti, come
le finalità, l’origine, la durata, l’autonomia delle aziende coinvolte, l’influenza
esercitata sull’organizzazione delle stesse.
Sono dunque questi i temi che contraddistinguono la prima parte dell’analisi che
si è condotta nel presente elaborato, nel corso della quale l’obiettivo principale risulta
quello di fornire una visione piuttosto esaustiva del variegato fenomeno aggregativo,
in modo da comprendere più in dettaglio quali possano essere le motivazioni
economiche che spingono una qualunque azienda verso l’adozione di un simile
disegno strategico, ma soprattutto per appurare il livello con cui l’autonomia
decisionale della stessa arrivi ad essere messa in discussione da tale forma di
partecipazione cooperativa.
Proprio questo secondo punto diviene la premessa fondamentale per avviare
l’esame del gruppo aziendale, ossia di quella particolare tipologia di relazione
caratterizzata dal massimo livello di integrazione raggiungibile fra imprese
giuridicamente separate. Si tratta di un aggregato nel quale le imprese, pur
mantenendo inalterata la propria autonomia giuridica, si dotano di un comune
soggetto economico, in grado di affermare un unitario indirizzo di gestione. Ciò
avviene grazie a quel vincolo patrimoniale, consistente nella sottoscrizione di quote
di capitale sociale, per effetto del quale la società capogruppo ha così la facoltà di
condizionare gli organi amministrativi delle varie società controllate. Vengono, in
5
particolare, messi in luce i notevoli vantaggi che la struttura di gruppo consente di
raggiungere, soprattutto in ragione delle differenti esigenze di natura economico-
finanziaria che vanno quotidianamente a condizionare la gestione d’impresa.
Questo aspetto giustifica, in un certo senso, il tipo di approfondimento che il
presente lavoro ha sviluppato nella sua seconda parte. Al fine di cogliere le
potenzialità di tale forma organizzativa rispetto alla risoluzione di tipici problemi
gestionali si è ritenuto opportuno concentrare l’attenzione su una delle possibili
modalità di costituzione dei gruppi aziendali, vale a dire sulla procedura di scorporo
aziendale e, soprattutto, sulle ripercussioni di natura civilistica, fiscale, contabile che
la caratterizzano, visto che dall’esame di questi riflessi è possibile constatare il ruolo
del gruppo aziendale quale strumento a supporto di una efficiente ed efficace
amministrazione dell’attività d’impresa.
In linea, dunque, con l’utilizzo di un criterio di indagine che, rispetto all’ampio
tema delle aggregazioni aziendali, ha posto progressivamente l’attenzione su aspetti
di notevole rilevanza pratica, si è voluto incentrare l’ultimo capitolo del presente
lavoro di ricerca sul tema degli sviluppi contabili generati dall’operazione di
conferimento d’azienda, o suo ramo, di cui lo scorporo appare l’evidente
conseguenza, nell’ottica di perseguire una duplice finalità: da un lato, cercare di
comprendere la criticità della fase di rilevazione contabile rispetto ad un adeguato
completamento dell’iniziativa, ma, dall’altro, provare anche a conoscere gli sviluppi
che la stessa operazione può subire a seguito dell’adozione dei principi contabili
internazionali quale schema valutativo di riferimento.
L’aver dovuto fare riferimento all’istituto internazionale dello IASB ed, in
particolare, a principi contabili IAS/IFRS da questo sanciti, tra i quali l’IFRS 3 che
6
attiene il tema delle aggregazioni aziendali (business combinations), introduce
inevitabilmente il tema dell’armonizzazione dell’informazione contabile. Tale tema
consiste nel promuovere un progetto di convergenza circa la redazione
dell’informativa di bilancio fra impianti normativi e tradizioni contabili
completamente differenti e di cui l’organismo in questione risulta il principale
interprete. Proprio in considerazione di tale proposito, si è ritenuto opportuno
preliminarmente analizzare lo schema di rilevazione contabile dell’operazione di
conferimento secondo il quadro normativo nazionale, in modo da poterlo
successivamente mettere a confronto con ciò che prevede l’organismo internazionale
e, quindi, per giungere ad una individuazione dei principali punti di discordanza.
In questo senso, sono soprattutto due gli aspetti rispetto ai quali sorge una certa
conflittualità tra i due sistemi a confronto. Prima di tutto la presenza in ambito
IAS/IFRS della stretta correlazione tra la sostanza economica dell’operazione e la
rappresentazione contabile della stessa, la quale risulta completamente assente nel
contesto interno, dove una certa procedura, quale il conferimento d’azienda, risulta
contabilizzata in modo sostanzialmente uniforme, indipendentemente dalle finalità
che con la stessa si intendono perseguire. Il secondo aspetto attiene l’utilizzo,
secondo quanto disposto dall’IFRS 3, del fair value quale criterio di valutazione, in
contrapposizione all’impostazione nazionale che prevede il ricorso al costo storico.
A questi, come ad ulteriori profili di criticità è dedicata la conclusione del
presente elaborato, al fine soprattutto di acquisire importanti informazioni in merito
ai condizionamenti di natura contabile che la realizzazione di un gruppo aziendale
attualmente arriva a subire in chiave internazionale, opportunità che non va
sottovalutata alla luce di un “fenomeno gruppo” ormai sempre più contraddistinto da
protagonisti appartenenti a contesti nazionali differenti.
7
1. LE AGGREGAZIONI AZIENDALI
1.1. IL FENOMENO AGGREGATIVO NEL SISTEMA AZIENDALE
Analizzare nel migliore dei modi il fenomeno delle aggregazioni aziendali
richiede di porre preliminarmente l’accento su quella che è la complessità della realtà
aziendale, la quale dal fenomeno in oggetto viene ad essere coinvolta.
L’azienda, considerata rispetto all’essenza sistemica delle sue componenti umane
e materiali, tende costantemente a modificare le proprie modalità di funzionamento,
andando ben al di là di un’immagine statica, ma rendendo tale dinamismo la
condizione essenziale per la sua stessa sopravvivenza. Essa, infatti, ambisce a
conseguire la propria finalità istituzionale, che si identifica nella creazione durevole
di valore, basandosi sulla capacità di saper generare una quantità di ricchezza tale da
permettere la remunerazione dei fattori produttivi impiegati, nonché sulla equa
distribuzione della stessa tra coloro che hanno contribuito in vario modo alla sua
formazione. Tuttavia, per ottenere questo risultato, è necessario interagire con
l’ambiente, inteso non solo in chiave economica, vale a dire come insieme di
individui cui l’impresa è legata da scambi di mercato, ma anche con riferimento a
quelle sfere più ampie in cui essa è inserita e che possono comprendere elementi
appartenenti al quadro socio-culturale ed a quello politico-istituzionale
1
.
L’interazione impresa-ambiente può generare due sostanziali modalità di
relazione: un primo ordine di rapporti deve essere valutato come la più diretta
1
Cfr. Di Cagno N., Adamo S., Giaccari F., Lezioni di Economia Aziendale, Cacucci Editore, Bari,
2004, p. 21 e ss.; Di Cagno P., Il Sistema Aziendale tra rischio di impresa e rischio economico
generale, Cacucci Editore, Bari, 2002, p. 18 e ss.; Sarcone S., L’Azienda. Caratteri d’Istituto,
Soggetti, Economicità, Giuffrè Editore, Milano, 1997.
8
conseguenza dell’evolversi del ciclo produttivo, in base al quale l’azienda riceve
tutte le risorse che successivamente diventeranno, a seguito delle varie fasi di
trasformazione della catena del valore, prodotti e servizi da andare a collocare sul
mercato.
Siamo, pertanto, in presenza di relazioni di scambio, risultato delle normali
transazioni definite nei mercati e che, perciò, trovano nella competizione il principale
aspetto caratterizzante. È evidente la loro incidenza rispetto allo sviluppo della
dinamica economico-finanziaria dei mezzi aziendali
2
, il cui buon esito risulta
strumentale al perseguimento di un equilibrio generale e, dunque, tale da garantire
l’esistenza del sistema sulla base di una continuità di funzionamento.
Ma l’ambiente esterno all’azienda è fortemente caratterizzato da mutamenti
rapidi ed imprevedibili, soprattutto in un contesto sempre più globalizzato come
quello attuale, ed è per questo che tali relazioni, ai fini della sopravvivenza aziendale,
non possono esaurirsi nell’ambito della pura dialettica di mercato. Ecco giustificato
l’affermarsi di un ulteriore ordine di rapporti, riguardante il cosiddetto schema
cooperativo: trattasi di relazioni che trovano il loro fondamento nella necessità di
interagire secondo una logica di reciproca convenienza
3
.
Il soggetto economico, cioè la persona o gruppo di persone espressione del potere
volitivo mediante il quale si concretizza la governance dell’azienda, si trova ad avere
sempre più a che fare con una competizione di carattere globale, con risorse da
implementare nei processi produttivi e gestionali specifiche e critiche, con prodotti
da realizzare di elevato contenuto progettuale e tecnologico. Di fronte ad un simile
2
Cfr. Di Cagno N., Adamo S., Giaccari F., Lezioni di Economia Aziendale, Cacucci Editore, Bari,
2004, p. 81 e ss.
3
Cfr. Giaccari F., Le Aggregazioni Aziendali, Cacucci Editore, Bari, 2003, p. 10 e ss.
9
scenario, riorganizzare il lavoro fra unità giuridicamente ed imprenditorialmente
distinte può essere la soluzione migliore
4
.
Per quanto sostenuto è molto frequente ritrovare il fenomeno aggregativo come
l’esito di quel percorso strategico
5
con cui l’azienda ambisce a raggiungere il proprio
equilibrio dinamico. Occorre, quindi, precisare che, indipendentemente da quelle che
possono essere le motivazioni contingenti che spingono all’aggregazione con altre
realtà aziendali, queste ultime restano comunque identificate da una natura
strumentale al fine ultimo, che consiste nel mantenimento, miglioramento o ripristino
di quel quadro di equilibrio, funzionale alla conservazione ed allo sviluppo della vita
aziendale
6
.
Rimandando al prosieguo del lavoro l’analisi delle concrete finalità che stimolano
la nascita di un’aggregazione aziendale, è necessario precisare che, pur nella
notevole varietà di forme con cui il fenomeno si manifesta, si tratta di intese più o
meno formalizzate e strutturate, le quali spingono una parte qualificata o l’intera
gestione delle diverse unità organizzative coinvolte, distinte sul piano giuridico,
verso la condivisione di obiettivi comuni. Da ciò emerge il vincolo principale per
tutte quelle aziende rientranti in tali accordi, ossia un’evidente limitazione della
propria autonomia, prerogativa questa di qualunque attività di impresa
7
.
4
Cfr. Lai A., Le Aggregazioni di Imprese: caratteristiche istituzionali e strumenti per l’analisi
economico-aziendale, F. Angeli Editore, Milano, 1991, p. 9.
5
Cfr. Giaccari F., sul concetto di “strategia” intesa come modello di interazione impresa-ambiente
attraverso cui si realizza il successo imprenditoriale, in Appunti dalle Lezioni di Strategia e Politica
Aziendale, Adriatica Editrice, Lecce, 2004.
6
Cfr. Giaccari F., Dimensione e Controllo delle Imprese. Il ruolo dei Gruppi Aziendali nella realtà
italiana, Cacucci Editore, Bari, 1996, p. 13.
7
Cfr. Giaccari F.: “L’impresa diventa un sistema compiuto se è in grado di esprimere capacità di
indirizzo e di governo delle risorse, allo scopo di conseguire condizioni di funzionalità economica”, in
Le Aggregazioni Aziendali, Cacucci Editore, Bari, 2003, p. 47.
10
In realtà la scelta di limitare l’indipendenza dell’impresa, a seguito della
conclusione di un accordo di collaborazione, si configura proprio come un atto di
autonomia, un atto mediante il quale il soggetto economico, nella consapevolezza dei
vincoli imposti dall’alleanza, articola l’amministrazione dell’impresa in quanto
convinto che di tale iniziativa essa possa trarre prevalentemente vantaggi. Si può poi
discutere in merito al livello di intensità con cui tale forma di dipendenza può
manifestarsi. Occorre sottolineare come qualunque attività economica necessita di
uno dei più importanti requisiti di aziendalità, vale a dire l’autonomia. Le possibili
forme di aggregazione aziendale vedono proprio nel differente livello di
aggregazione un importante fattore di distinzione. Se si considerano in particolare
quelle forme che danno vita a processi di concentrazione aziendale, si può constatare
come le unità partecipanti all’accordo finiscano, in casi estremi, per essere private
della loro individualità economica, tanto da arrivare a mettere in discussione la loro
stessa definizione di azienda
8
.
In virtù di questa sua capacità di favorire l’adattamento dell’azienda all’ambiente
esterno, il fenomeno aggregativo viene tradizionalmente associato dalla dottrina alle
fasi della cosiddetta crescita dimensionale dell’impresa. L’attuale panorama
economico mostra una notevole varietà di aggregazioni aziendali, le quali però fanno
capo prevalentemente ad una motivazione dimensionale. Infatti, tra le aziende
8
Cfr. Lai A., Le Aggregazioni di Imprese: caratteristiche istituzionali e strumenti per l’analisi
economico-aziendale, F. Angeli Editore, Milano, 1991; Broglia Guiggi A., che sul punto sottolinea:
“talora le alleanze, formali o informali, allacciate tra le parti possono persino condurre alla totale
perdita dei connotati di aziendalità; le singole unità risulterebbero, in tal modo, completamente
assorbite dalla nuova entità economica istituita che le sovrasta, annientando ogni loro espressione di
autonoma determinazione”, in Le Aggregazioni Aziendali. Gli incerti confini dell’aziendalità,
Giappichelli Editore, Torino, 2001, p. 53-54.
11
coinvolte in manifestazioni associative, tende a prevalere l’obiettivo di centrare i
vantaggi tipici della grande dimensione
9
.
Il concetto di dimensione aziendale, insieme ai possibili parametri di cui fare uso
ai fini di una sua eventuale misurazione, dimostra un alto grado di relatività. È
sufficiente considerare come la questione possa essere esaminata sia in termini
quantitativi, sulla base di variabili quali investimenti, finanziamenti, produzione, che
in termini qualitativi, attraverso la maggiore o minore capacità dell’impresa di
permanere sul mercato. In quest’ottica va letta la sempre più avvertita impossibilità
di associare la dimensione aziendale a variabili quantitative, come ad esempio il
volume ottimo di produzione, a causa della loro incapacità di tenere conto della
sempre più pressante instabilità che caratterizza il rapporto impresa-ambiente
10
.
Nella relatività di tale concetto, è comunque possibile affermare come l’azienda
mantenga nelle proprie condizioni di funzionamento i presupposti che spingono
verso una costante crescita: il riferimento riguarda quei nessi che si verificano tra le
varie componenti del sistema aziendale per effetto del suo funzionamento. Grazie ad
essi l’azienda sviluppa al suo interno le esperienze ed i comportamenti organizzativi,
funzionali alla risoluzione dei vari problemi gestionali e, dunque, a quella capacità di
sapersi innovare rispetto ai nuovi assetti competitivi.
I concreti percorsi di crescita che l’impresa può intraprendere sono diversi: dalla
concentrazione, che mira ad incrementare la posizione di mercato in relazione a
prodotti già esistenti o differenziati, alla diversificazione, che invece punta
9
Cfr. Passaponti B., I Gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè Editore, Milano, 1994, p. 14.
10
Cfr. Corvi E., Il Gruppo nell’economia dell’azienda industriale, Egea Editore, Milano, 1989, p. 5 e
ss.
12
all’ingresso in nuovi comparti merceologici, per giungere alla internazionalizzazione,
cioè all’espansione dell’attività imprenditoriale verso mercati esteri.
Quello che preme evidenziare rispetto alle finalità del presente lavoro consiste
nell’analisi della duplice via attraverso cui porre in essere una simile evoluzione. Si
potrà avere, infatti, un percorso di crescita interna, a seguito di un progressivo
incremento degli investimenti in fattori produttivi, avvalendosi di risorse finanziarie
provenienti dall’autofinanziamento
11
o dall’indebitamento, oppure un percorso di
crescita esterna, che si andrà a concretizzare attraverso operazioni la cui veste
giuridica coinvolge più soggetti e che va a sostanziarsi nelle diverse realtà
aggregative
12
.
La crescita esterna favorirà l’aumento dimensionale, con tutti i vantaggi che ne
derivano soprattutto in termini di efficienza ed efficacia
13
operativa ed organizzativa,
in tempi molto più rapidi e con un notevole contenimento del fabbisogno finanziario.
Al contrario la crescita, se realizzata autonomamente, impone limiti di natura
strutturale e finanziaria spesso imprescindibili i quali, a fronte del raggiungimento da
parte dell’impresa di un livello dimensionale fisiologicamente accettabile, non vale la
pena tentare di abbattere in vista dei disequilibri che ne potrebbero derivare. Solo una
stabile relazione collaborativa con altre aziende, comunque realizzata, consente di
procedere verso un’ulteriore redditizia evoluzione del sistema. A tal fine, è
11
Sul tema dell’autofinanziamento in azienda, si veda Capaldo P., L’Autofinanziamento
nell’economia dell’impresa, Giuffrè Editore, Milano, 1968.
12
Cfr. Giaccari F., Le Aggregazioni Aziendali, Cacucci Editore, Bari, 2003, p. 25 e ss.; Sciarelli S.
Economia e Gestione dell’impresa, II Ed., Cedam Editore, Padova, 2001, p. 275 e ss.
13
“L’efficienza è definita comunemente come capacità di rendimento o attitudine a svolgere una certa
funzione. Essa viene tecnicamente distinta dall’efficacia, cioè dal grado secondo cui l’azienda
raggiunge i suoi obiettivi. In altri termini, l’efficienza è misurata dal rapporto tra i risultati conseguiti e
le risorse impiegate, mentre l’efficacia è misurata dal rapporto tra gli obiettivi ottenuti e quelli che si
sarebbero dovuti conseguire”, cfr. Sciarelli S., Economia e gestione dell’Impresa, II Ed., Cedam
Editore, Padova, 2001, p. 205.
13
indispensabile lavorare anche nella direzione di favorire l’accorpamento dei possibili
differenti orientamenti strategici che caratterizzano le unità aderenti
14
.
Negli ultimi anni è possibile constatare come il fenomeno aggregativo abbia
subito profonde trasformazioni, tendendo a non mostrare più la netta prevalenza dei
risvolti connessi con la grande dimensione, ma andando ad interessare qualunque
entità aziendale, a prescindere dalla sua dimensione. Il riferimento riguarda
prevalentemente le piccole e medie imprese (PMI), sulle quali è bene soffermarsi. La
PMI, almeno sino alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo, è stata considerata
dalla maggior parte degli economisti come un fenomeno transitorio nel processo di
sviluppo economico. Essa, per poter sopravvivere, doveva necessariamente subire
una metamorfosi verso la grande dimensione. La presenza di una simile realtà
imprenditoriale serviva a testimoniare lo stato di arretratezza economica di un Paese,
nonché un processo di industrializzazione non ancora ultimato. Proprio a partire dalla
metà degli anni ’70, infatti, si è assistito ad un’inversione di tendenza. La crisi della
grande impresa fordista, insieme all’avvento delle nuove tecnologie informatiche, ha
incrementato il numero delle imprese organizzate secondo il modello delle PMI.
Occorre confermare come anche la piccola e media dimensione individui una
condizione difficilmente contestualizzabile in modo assoluto, nonostante sia
comunque possibile identificare alcuni suoi aspetti caratterizzanti, di natura
organizzativo-gestionale. Ci riferiamo, in special modo, ai ristretti ambiti competitivi
in cui la PMI opera, alla ridotta capacità di condizionare il contesto competitivo di
14
Cfr. Broglia Guiggi A., Le Aggregazioni Aziendali. Gli incerti confini dell’aziendalità, Giappichelli
Editore, Torino, 2001, p. 48; Passaponti B., che osserva: “Il freno più consistente allo sviluppo
l’azienda lo trova al suo interno. Esso è dato dalla capacità di adeguamento delle strutture e
dell’organizzazione, soprattutto di questa, alle esigenze di un sistema in fase di ampliamento. Tale
capacità, ovviamente, non è illimitata”, in I Gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè Editore,
Milano, 1994, p. 74.
14
riferimento, alla netta prevalenza delle forme di autofinanziamento rispetto
all’indebitamento, alla frequente sovrapposizione tra l’istituto impresa e la famiglia
di appartenenza dei proprietari.
Nonostante questi limiti che, almeno in origine, hanno messo in discussione la
loro capacità di raggiungere una situazione di equilibrio dinamico, le PMI hanno
trovato nell’attuale scenario competitivo una fondamentale fonte di sopravvivenza.
La crescente competizione sui costi, l’allargamento internazionale dei mercati, la
rapidità del progresso tecnologico e conseguente accorciamento del ciclo di vita dei
prodotti, sono solo alcuni dei fattori che hanno destabilizzato il mercato, provocando
la messa in discussione dei tradizionali schemi organizzativi. Le PMI, puntando su
alcune prerogative quali la maggiore flessibilità strategico-organizzativa della loro
struttura, la notevole rapidità nell’assumere decisioni, l’intenso legame con il tessuto
locale d’origine, dimostrano di avere sempre più opportunità di adeguamento rispetto
alle variabili esigenze della domanda
15
.
La soluzione aggregativa rappresenta per tali realtà aziendali una sostanziale
opportunità di crescita, soprattutto grazie all’adozione delle tecnologie informatiche
le quali, abbattendo qualunque tipo di barriera e comprimendo qualsiasi distanza
geografica, hanno consentito lo sviluppo di importanti alleanze, specialmente di
carattere internazionale. Queste garantiscono il perseguimento di significativi
vantaggi competitivi, specie in virtù di quel radicamento sul territorio in termini di
competenze e di conoscenza del mercato da parte delle unità aderenti. Preme
evidenziare, in questo senso, come determinante sul piano della competizione a
15
Cfr. Cortesi A., La crescita delle piccole imprese, Giappichelli Editore, Torino, 2004; Boldizoni D.,
Serio L., Sala E., Crescita e Sviluppo delle piccole e medie imprese, in Sviluppo & Organizzazione,
n.179, maggio/giugno, 2000.
15
livello globale sia stata l’adozione di strategie collaborative in settori del panorama
economico nazionale come quello dei prodotti tipici
16
, ai fini soprattutto di una loro
salvaguardia e valorizzazione. Il rilancio di una particolare modalità aggregativa, il
consorzio
17
, ha permesso a numerose imprese a conduzione familiare, operanti nella
filiera agro-alimentare, di superare le difficoltà derivanti da carenze strutturali e, allo
stesso tempo, di costruire un sistema d’offerta che da tali localismi ha tratto
fondamentali punti di forza.
È opportuno segnalare come le PMI siano diventate fonte di vantaggio
competitivo anche per le stesse imprese di grande dimensione, attraverso l’attuazione
di processi di esternalizzazione
18
. Esse, infatti, grazie alla possibilità di stringere
relazioni interaziendali, consentono di poter beneficiare delle proprie competenze
specifiche le quali, per l’elevata complessità che ne caratterizza il processo di
apprendimento, sarebbero inottenibili mediante un procedimento di crescita interna,
andando così a contrastare la rigidità caratterizzante l’operato della singola impresa
di grande dimensione.
Per quanto detto, non resta che ribadire la forte attualità del fenomeno oggetto
d’analisi che, sia pure attraverso una serie illimitata di possibili sfaccettature, appare
16
Si veda in proposito D’Amico A., Le Strategie di Marketing per la valorizzazione dei prodotti
tipici, Giappichelli Editore, Torino, 2002.
17
Ulteriori approfondimenti sul contratto in oggetto verranno trattati nel paragrafo 1.3 del presente
lavoro.
18
È bene riflettere sul fatto che nella distribuzione delle funzioni da svolgere ogni impresa può
decidere quali attuare all’interno dell’organizzazione e quali fare compiere da terzi fornitori. Ai fini di
una valida scelta in questo senso, aiuta la considerazione dei vari aspetti attinenti alla teoria dei costi
di transazione, nell’ambito della quale Williamson O. osserva: “Se le risorse non sono specifiche, il
mercato assicura maggiori vantaggi sia rispetto ai costi di produzione che rispetto ai costi di struttura,
poiché le economie di scala possono essere meglio conseguite comprando invece che producendo: i
mercati, infatti, possono aggregare la domanda non correlata, realizzando così i benefici derivanti
dalla ripartizione dei rischi, e inoltre l’approvvigionamento all’esterno annulla molti dei rischi ai quali
è invece soggetta la produzione interna”, in L’economia dell’organizzazione: il modello dei costi di
transazione, p. 297, in Nacamulli R., Rugiadini A., (a cura di), “Organizzazione & Mercato”, Il
Mulino, Bologna, 1985.
16
come una delle soluzioni strategiche più adeguate a garantire la continuità della vita
dell’azienda. È ora opportuno esaminare più da vicino le concrete finalità alle quali,
mediante forme di collaborazione, l’azienda ambisce, in quanto strumentali alla
motivazione istituzionale.
1.2. LE AGGREGAZIONI AZIENDALI: FINALITÀ E VANTAGGI
La disamina degli obiettivi cui l’azienda tende, in vista della realizzazione di
forme strutturali di collaborazione, consente di centralizzare l’attenzione sulle
modalità attraverso le quali la linea strategica di instaurazione di una relazione
interaziendale riesca, di fatto, ad incidere positivamente sulle tematiche
amministrative. In linea generale, la dottrina si esprime in merito, rimarcando
l’esistenza di due sostanziali categorie di obiettivi. Un primo insieme, di origine
esterna, mostra la chiara volontà di favorire un miglioramento dei rapporti con i vari
attori attraverso cui l’azienda si relaziona nel contesto socio-economico. Un secondo
gruppo, di origine interna, trae origine dalla necessità di imporre un utilizzo più
efficiente e razionale delle risorse disponibili. Inoltre, con riferimento a questo
secondo raggruppamento, è utile ravvisare un’ulteriore distinzione tra fattori di
natura aziendale, aderenti ad esigenze di crescita dell’impresa, e fattori di natura
extra aziendale che, pur rientrando nella sfera economica, vedono nell’intervento di
organi esterni, come lo Stato, le principali cause scatenanti, risultando spesso come
conseguenze di particolari orientamenti di politica economica
19
.
19
Cfr. Broglia Guiggi A., Le Aggregazioni Aziendali. Gli incerti confini dell’aziendalità, Giappichelli
Editore, Torino, 2001, p. 48; Passaponti B., I Gruppi e le altre aggregazioni aziendali, Giuffrè
Editore, Milano, 1994, p. 73 e ss.; Di Cagno N., Adamo S., Giaccari F., Lezioni di Economia