5
ressemble à une fille qui a perdu son honneur,>> pensava [...] E appunto da un
tale angolo visuale guardava la bellissima orientale che giaceva innanzi a lui
stesso che finalmente il suo vecchio desiderio, che gli era sembrato irrealizzabile,
fosse esaudito. Nella chiara luce del mattino egli guardava ora la città ora la
pianta, controllandone i particolari; e la certezza del possesso lo inquietava e lo
terrorizzava.”
1
Se Tolstoj ci mostra mosca attraverso gli occhi di Napoleone,
Sorokin afferma che:
"Mosca è una Gigantessa addormentata, distesa supina al centro della Russia, che
dorme profondamente di un sonno tutto russo"
2
...
Questa è la donna che Sorokin mi ha mostrato attraverso il suo
racconto.
Eros Moskvy è un racconto breve pubblicato nella raccolta Moskva
(Mosca, Mosca, ad Marginem. 2001) che riunisce vari bozzetti di
Sorokin, aventi come protagonista Mosca, città alla quale lo scrittore è
strettamente legato.
Il testo comincia spiegando che “ogni città è sessuale o frigida” e
che bisogna solo avere pazienza e curiosità per carpirne “l’eros”.
Mosca, rispetto ad altre città “che si sono donate con facilità”, è più
1
L. Tolstoj, Guerra e Pace, Milano, Rizzoli, 1964.
2
V. Sorokin, Eros Moskvy. Le traduzioni di questo elaborato sono tutte mie.
6
“schiva” e più “difficile da conquistare” e per riuscire nello scopo
basta “celebrare le sette zone erogene lungo il corpo di Mosca”:
-l’M.G.U. e il belvedere dei Vorob’evye Gory
-l’Esposizione delle realizzazioni dell’economia del popolo
-l’anello dei Bul’vary
-il cimitero di Vagan’kovskoe
-la stazione metropolitana Krasnye Vorota
-il mercato Čeremuškinskij e il monastero di Novodevičij
-la Kapotnja
Il bozzetto si conclude assicurandoci che dopo i vari “riti” da eseguire
nei luoghi summenzionati, Mosca sarà “nostra”.
I luoghi che egli elenca hanno valenza diversa per peso e
importanza: l’M.G.U., l’Esposizione, il Bul’varnoe kol’co sono luoghi
statali, mastodontici, che da soli narrano e celebrano la Russia.
L’MGU (Moskovskij Gosudarstvennyj Universitet) è la più antica
università della Russia. Fu fondata nel 1755, grazie all’accademico
Michail Vasil’evič Lomonosov (1711-1765), e ha favorito lo sviluppo
e la diffusione della scienza e della cultura, avendo pubblicato, negli
anni, varie riviste grazie a una propria tipografia e una biblioteca ben
fornita.
7
Il V.D.N.Ch. (Vystavka dostiženij narodnovo chozjajstva), mostra
invece le tappe dello sviluppo della Russia in vari campi della
conoscenza; all’entrata si trova la scultura L’operaio e la kolchosiana,
monumento che simbolizza l’idea dell’unione della classe operaia e
contadina in Urss. Dietro il padiglione centrale dell’Esposizione, sulla
piazza principale, è collocata la fontana L’amicizia dei popoli, e
presso il padiglione dell’agricoltura, c’è la fontana Fiore di pietra.
Il Bul’varnoe kol’co è stato costruito lungo il tracciato delle mura
erette lungo la Città Bianca, tra il 1586-1593, lunghe dieci kilometri
con ventisette torri, che non si sono conservate fino ai nostri giorni.
Questo è il percorso iniziale che ci suggerisce di seguire Sorokin.
Il cimitero di Vagan’kovskoe, la stazione Krasnye Vorota, il
mercato Čeremuščinskij e il monastero di Novodevičij, dalle “torri di
marzapane”
3
sono, invece, luoghi dell’anima e della fede, in cui
Sorokin legge un libro al crepuscolo, in silenzio, si denuda o sta
immobile in una delle nicchie di marmo rosso, come alla stazione
Krasnye Vorota che, in periodo di guerra, oltre alle funzioni di
simbolo della bellezza e grandezza, fungeva da rifugio antiaereo e le
cui caratteristiche architettoniche, realizzate soprattutto tra il 1935-
3
M. Bulgakov, Il Maestro e Margherita, Torino, Einaudi, 1967.
8
1937, sono testimonianza dell’era staliniana.
Al Monastero di Novodevičij (delle Vergini), essendo il nome
risalente al campo delle vergini, dove gli invasori mongoli vendevano
le prigioniere, avendo ospitato una comunità monastica femminile,
avendo la cattedrale di Nostra Signora di Smolensk al suo interno e
l’icona della Madonna della Tenerezza, Sorokin si rivolge a un’entità
femminile che richiama il carattere femminile di Mosca. Quindi si
offrirebbe di nuovo ad una donna. E in questo caso è come se il
cimitero del complesso sia considerato più credibile e sacro perché vi
sono sepolti Čechov, Tolstoj e Gogol’, in contrasto con la tomba di
Visockij eretta nel cimitero di Vagan’kovskoe, (nel bozzetto Moskva
Sorokin afferma di frequentare quest’ultimo cimitero da quando non
era stato “ancora deturpato dalla sgraziata tomba di Visockij”
4
).
D’altronde il cimitero di Vagan’kovskoe è uno dei più importanti
insieme con i cimiteri Ebraico, Lefortovo e Armeno, totalmente
alberato e ricco di tombe dalle lapidi monumentali.
I Vorob’evye Gory e la Kapotnja sono i luoghi della poesia e
dell’incanto, in cui il tempo si ferma in uno spazio dimensionale
parallelo e il volo dal trampolino assume un ruolo emblematico e
4
V. Sorokin, Eros Moskvy. Le traduzioni di questo elaborato sono tutte mie.
9
inspiegabile. Sarà il senso di immensità di questi monti, e il panorama
del fiume Moskva, che si vede dal belvedere. Nella sceneggiatura
scritta da Sorokin per il film Moskva, alla fine, Mark, uno dei
personaggi, si dirige sui Monti Vorob’evye:
“La strada. Mattina. Mark è sulla piazza illuminata, con accanto una valigia.
Mark fa cenno a un taxi. Il taxi gli si ferma accanto. Mark dice qualcosa allo
choffeur, lo choffeur esce, apre il cofano. Mark posa la sua valigia. Salgono in
auto. L’auto parte.
Belvedere sui monti Vorob’evye. Mattina. Il taxi su cui è Mark si ferma di fronte
al trampolino. Mark scende, prende la valigia dal cofano, il taxi si allontana. Mark
sale le scale.
Trampolino sui monti Vorob’evye. Mattina. Mark sale sul trampolino con la
valigia in mano. Prende la valigia e la posiziona in cima sulla pedana di partenza,
vi si siede sopra, si dà una spinta con le mani dalla ringhiera, si tiene alla valigia
precipita. Spicca il volo con la valigia e cade.
Campo sotto il trampolino. Il cadavere di Mark, steso sul campo, grondante
sangue. La valigia è rotta, con i libri [che vi erano dentro] sparsi tutt’intorno. A
terra in un angolo vi sono gli occhiali, intatti. Accanto agli occhiali il romanzo La
spia che venne dal freddo.”
5
La stessa procedura suggeritaci da Sorokin nel bozzetto Eros
Moskvy:
5
V. Sorokin, A. Zel’dovič, Moskva, Kinoscenarij, n. 1, 1997
10
“dopo di che scendete dirigetevi al belvedere. Lì appoggiatevi coi gomiti sul
granito levigato del parapetto e osservate attentamente il panorama che si stende
sotto di voi”
6
,
è ripreso nella sceneggiatura:
“OL’GA (indicando il trampolino). E quello cos’è?
LEV. Quello è il trampolino.
OL’GA. A cosa serve?
LEV. In inverno gli sciatori si buttano nel vuoto.
OL’GA. Come?
LEV. Co-o-o-sì.
OL’GA. Ho capito.
Lungofiume. Giorno. Lev e Ol’ga sono sul lungofiume del fiume di Mosca di
fronte al Cremino, con i gomiti appoggiati sul parapetto di granito.”
7
La Kapotnja è un rione a sud-est dal centro di Mosca, nato da un
antichissimo villaggio, collocato sulla terrazza del fiume Moskva.
Seguendo le istruzioni di Sorokin arriviamo, infine, in Piazza
Rossa, “il pube rasato della capitale”
8
, che si stende oltre le mura est
del Cremlino, limitata nella parte sud dalla cattedrale Pokrovskij
(dell’Intercessione), nella parte nord dal Museo storico e dalle
6
V. Sorokin, Eros Moskvy.
7
.V. Sorokin, A. Zel’dovič, Moskva, Kinoscenarij, n. 1, 1997
8
V. Sorokin, Eros Moskvy.
11
Voskresen’skie Vorota (Porte dell’Ascensione), e nella parte est dalla
cattedrale Kazonskij e dalla lunghissima facciata delle File
commerciali Superiori (dove si trovano i magazzini GUM). Il colore
della pietra rossa non è simbolo della rivoluzione proletaria, ma
significa “bello” in vecchio slavone. La cattedrale Pokrovskij (eretta
in onore della vittoria per l’abbattimento del khanato di Kazan’ nel
1554), più conosciuta come cattedrale di San Basilio, è definita da
Sorokin come uno dei “clitoridi”
9
di Mosca. Un altro “clitoride”
10
della capitale è il Mausoleo di Lenin, in cui si trova il corpo
imbalsamato di Lenin. La struttura, costruita tra il 1929 e il 1930,
doveva essere immortale (ciò spiega la piramide), ma con tratti
moderni (ciò spiega le lievi allusioni cubiste) e costruita con materiali
di qualità (granito rosso, Labrador nero e grigio e porfido nel
colonnato).
Finito il nostro viaggio ci accorgeremo che
“si sentiva che Mosca era lì, subito dopo la curva, e che ti sarebbe venuta
addosso per inghiottirti”
11
9
Op. cit
10
Op. cit.
11
M. Bulgakov, Il Maestro e Margherita, Torino, Einaudi, 1967.
12
Il bozzetto Moskva ha dato vita ad un esperimento alquanto
singolare. Sorokin ha deciso di far parlare il suo racconto attraverso le
immagini, e così è nato il progetto Uno scrittore una città (ottobre,
2001), arrivato anche in Italia sulle reti RAI, sotto forma di un
documentario, che traspone parola per parola il testo. La narrazione
così si mostra più ricca e sentita, e chi non ha mai visto Mosca arriva,
comunque, a percepirne l’essenza.
Alcuni dei luoghi del racconto fanno da sfondo al già citato film
Moskva (Mosca, Kinoscenarij, n. 1, 1997), la cui sceneggiatura è stata
scritta da Sorokin e Aleksandr Zel’dovič. Il film presenta un ritratto
della città ricco di fascino e mistero. È come se Mosca fosse il “cuore
pulsante” di tutti i personaggi del film che in essa si muovono e
agiscono, creature corrotte e ciniche, implicate in loschi traffici, ma
pur sempre capaci di amare e aspirare a una vita migliore, pur
scontrandosi con la cruda realtà.
Nel film si possono cogliere alcuni dei topoi narrativi, temi e
ossessioni (da me focalizzati nel cap. Iv della tesi), ricorrenti
nell’opera sorokiniana, in cui lo scrittore si interroga e si scaglia
contro i miti dell’ex impero sovietico, in particolar modo contro Stalin
e la nomenklatura, con un linguaggio brutale, violento, diretto, pulp,
13
con atmosfere e citazioni sul modello kafkiano, la storia del suo paese,
soprattutto quella della seconda parte del novecento.
Anche nel film ricorre lo scenario “aereo”, eternamente sullo
sfondo del cielo russo, è la “Piazza Rossa dall’alto”
12
, che si intravede
dalla finestra di una delle camere dell’antico albergo “Moskva”
13
,
restaurato e ricostruito con le più avanzate tecniche nel campo edile,
situato nei pressi dell’Ochotnij Rjad, come altri alberghi quali il
Metropol’, il Nacional’ e il Savoj.
Mosca appare come protagonista indiscussa delle immagini
descritte nelle didascalie della sceneggiatura, anzi sembra sovrastare
la sceneggiatura:
“L’auto gira per Mosca. Oltrepassa la Cattedrale di Cristo Salvatore”
14
o
“Strade di Mosca. Giorno. L’auto gira per le strade di Mosca, si ferma nei pressi
di un ristorante cinese”
15
;
Majk e Mark, due personaggi del film, si trovano dentro l’auto e
dialogano: “Uscita del centro sportivo. Giorno. Mark e Majk escono dal centro
sportivo. Salgono sulla Mercedes di Majk. Mark è sdraiato sul sedile posteriore.
Majk siede accanto allo choffeur. L’auto gira per Mosca, supera la Cattedrale di
12
V. Sorokin, A. Zel’dovič, Moskva, Kinoscenarij, n. 1, 1997
13
Op. cit.
14
Op. cit
15
Op. cit
14
Cristo Salvatore.
MARK (avendo visto la cattedrale). Cosa ne pensi della fede?
MAJK. Di chi?
MARK. Non di chi, ma di cosa. Vedi, là c’è la Cattedrale, ad esempio.
MAJK. Io mi sono donato alla Cattedrale.
MARK. A che scopo?
MAJK. Quando costruiranno una cattedrale ci sarà più fede.
MARK. Non credo.
MAJK. Ma a cosa, tu, credi. Tu sai cos’è la fede? La fede è come…beh,
immagina davanti a te un mucchio di fango. Un enorme mucchio di fango. E tu
sei in ginocchio nel fango e con le mani scavi, e ti sembra che intorno ci sia
sempre più fango. E improvvisamente, di colpo sotto il fango spunta un torrente
chiaro e cristallino. Ecco questa è la fede.
Mark fuma e guarda la nuca stretta e rasata di Majk.”
16
Si intravede l’amore per Mosca nel momento in cui Lev, altro
personaggio, mostra, o meglio presenta la città ad Ol’ga.
“Giorno. Lev e Ol’ga passeggiano per il giardino.
OL’ga. Dove andiamo?
LEV. Ti mostrerò Mosca.
Lev e Ol’ga sono sul ponte, passa un motoscafo. Il motoscafo naviga per i canali
di Mosca.
16
Op. cit.
15
LEV. Questa è la nostra patria, Mosca.
Il motoscafo naviga dal lungofiume Kotel’ničeskaja ai monti Vorob’evye.
LEV (indica ad Ol’ga). Quello è l’albergo Rossija. È uno dei più grossi hotel
d’Europa. Quello è l’hotel Kempinski. E quello è il Cremlino, dove vive il
Presidente. Lì c’è il cineteatro Udarnik. Quella è la cattedrale di Cristo Salvatore,
dove si va per pregare Dio. Quella è la fabbrica di dolciumi Krasnij
Oktjabr’(Ottobre Rosso), dove producono il cioccolato. Quella è la galleria
Tret’jakovskij, dove sono in mostra i quadri. E quello è lo shuttle russo Buran.
Essi navigano verso i monti Vorob’evye”
17
.
Celebrazione d’amore e di fedeltà è la didascalia conclusiva della
sceneggiatura:
“Strada. Giorno. L’auto passa vicino al giardino Aleksandrovskij. Si ferma di
fronte all’albergo Moskva. Ol’ga, Lev e Maša scendono dalla macchina, Irina
resta in auto. Ol’ga, Lev e Maša vanno sulla tomba del Milite Ignoto. […] Ol’ga,
Lev e Maša si fermano davanti al Večnyj ogon’ (Fuoco perpetuo). Il Fuoco
perpetuo brucia. Lev, Maša e Ol’ga sono immobili. Dall’inquadratura risuona una
canzone eseguita da Ol’ga.
OL’GA. Dal lontano confine frastagliato
Il nostro saluto ti portammo
Salve, nostra capitale natale
Salve, cuore della Terra Russa.
17
Op. cit.
16
L’inquadratura si allarga e noi vediamo Mosca.”
18
Dal documentario e dal film, si deduce che, oltre alla scelta di
mettere in luce la “storia” letteraria di Mosca, si racconta la storia
personale dello scrittore, narrata alla luce della rivisitazione dei suoi
luoghi. Scorrono così le immagini dei Bul’vary, della Piazza rossa, dei
Vorob’evye Gory, dormitorio dell’immensa e sempre uguale periferia
moscovita, dell’inquietante Mostra delle conquiste dell’Economia
Sovietica, in cui sopravvivono, in un’incredibile combinazione, i resti
del “grande Impero”, la filosofia della Nuova Russia e del
Consumismo e le architetture simbolo dell’era staliniana. Ne nasce un
ritratto di Mosca profondamente attuale, una fotografia realistica,
dura, contradditoria, a tratti surreale, di una città che guarda al suo
passato imponente e, contemporaneamente all’occidente e al
capitalismo; un ritratto del popolo russo impreparato a vivere nel
presente, ma solo nel passato o nel futuro. E poi la donna di Sorokin
non poteva presentarsi priva di contraddizioni, visto che egli è tutto se
stesso e il contrario di se stesso.
Mosca, in Sorokin diventa personaggio costantemente presente: in
Led Sorokin disegna con accuratezza la topografia della città:
18
Op. cit.
17
“Ore 23:42. dintorni di Mosca. Mytišči. Via Silikatnaja, 4, fabbricato n. 2, […]
Ore 19:22. via Tverskaja, 6, [...]”
19
.
Talvolta si ha la sensazione che siano strade poco note perché
periferiche e poco trafficate, non tradendo il desiderio di dare un volto
reale a quella Mosca “celeste” di Prigov, che ognuno di noi ha nel
cuore.
Pur non essendo la protagonista del romanzo, Mosca si percepisce
come una “dea eterna, immutabile”, che “osserva dall’alto del suo
Olimpo”, il procedere delle vite umane su questa terra:
“Un mese dopo ero seduta con Šro nel ristorante all’ultimo piano dell’albergo
Mosca. Era una giornata d’agosto, calda e secca. Un venticello leggero scuoteva il
tendone a strisce sopra le nostre teste. Mangiavamo uva e pesche. In basso si
estendeva la città più importante della Russia. Ma noi non la guardavamo [eppure
lei è l’ presente]”
20
.
Mosca si fa testimone e sede dei più importanti eventi storici:
“ -Io sono sopravvissuto alle epurazioni del ’37 e del ’48. […] -Passarono sei
anni. Io tornai a Mosca. […] Arrivarono burrascosi anni ’60. il tempo cominciò a
scorrere più velocemente. Comparvero nuove possibilità, si aprirono nuove
prospettive. […] Gli anni ’80 portarono molte seccature. Morì Brežnev. E questo
comportò, com’è tradizione in Russia, una redistribuzione del potere. […]
19
V. Sorokin, Ghiaccio, Torino, Einaudi, 2005.
20
Op. cit.
18
Morirono Andropov e Černenko. Arrivò Gorbačev. Cominciò l’epoca della
Glasnost’ e della Perestrojka. […] Nell’agosto del 1991 ci fu il crollo dell’Urss.
Per ironia della sorte quel giorno io e tre fratelli eravamo capitati in piazza
Lubjanka e osservavamo la demolizione del monumento a Dzeržinskij. […]
Cominciarono i vorticosi anni ’90. iniziò l’allegra e terribile epoca elciniana.”
21
Nel riscontrare le analogie con altri scritti di Sorokin, nel bozzetto
Moskva, la totale assenza di violenza o di linguaggio volgare, tratti
peculiari che hanno sempre caratterizzato la prosa.
“ [...] una botte di bitume, barelle rotte, tre buste del latte, un piccone, un
mozzicone di sigaretta, un ratto morto, due mucchi di escrementi secchi.[…]
Uranov si infilò i guanti. Prese una mazza. Si accostò al grassone. […] Alzò il
braccio e lo colpì con la mazza al centro del petto. […] Colpiva. Colpiva. Colpiva.
Volarono pezzi di ghiaccio. Si udì uno scricchiolio di ossa. Il naso del grassone
cominciò a gocciolare sangue”
22
In Eros Moskvy l’azione più “sporca” che si può commettere è
“andare presto, quando il mercato [Čeremuškinskij] sta aprendo, con
addosso vecchi indumenti.” Portare “una cassetta di legno”, entrare
“nel mercato dall’ingresso principale”, sedersi “subito sulla cassetta,
accanto le porte”. Mettersi “sulle ginocchia un berretto bisunto”,
21
Op. cit.
22
Op. cit.