7principi contabili IFRS che hanno introdotto il concetto di fair value per la misurazione
e rilevazione degli strumenti finanziari e dei contratti assicurativi. Si arriverà quindi alla
valutazione del nuovo regime prudenziale, cioè Solvency II architettato in una struttura
a tre pilastri che richiama quella già ideata per le banche da Basilea II.
Il terzo capitolo verterà sul confronto con i regimi prudenziali adottati dai paesi non
aderenti al Solvency II. Ci occuperemo della situazione in Australia, Gran Bretagna,
Stati Uniti e Svizzera.
Infine, il quarto capitolo analizzerà l’applicazione di un approccio standard, secondo i
principi di Solvency II, su una compagnia assicurativa. Si effettuerà una comparazione
tra il requisito di solvibilità ottenuto con l’utilizzo dei criteri imposti da Solvency I e il
requisito risultante dall’uso del nuovo regime.
8CAPITOLO 1
LA SOLVIBILITA’ NELLE COMPAGNIE ASSICURATIVE
1.1 La nozione di rischio e di solvibilità
Il rischio può essere definito come una condizione in cui esiste la possibilità di
deviazione da un obiettivo desiderato
1
.
In una compagnia assicurativa coesistono due tipi di soggetti che hanno idee differenti
su che cosa costituisce rischio.
Per gli assicurati, il rischio è rappresentato dalla possibilità che l’assicuratore non sia in
grado di far fronte alle proprie obbligazioni.
Per gli azionisti, il rischio è dato dal pericolo di non ricevere il rendimento atteso dai
propri investimenti.
Per soddisfare entrambi i desideri, il management seleziona redditizie aree di business,
limitando al contempo i rischi attraverso tecniche di diversificazione.
L’esposizione al rischio può essere analizzata a tre livelli:
rischi a livello della singola impresa;
rischi fronteggiati da tutto il settore assicurativo (sistemici e difficilmente
diversificabili);
rischi a livello dell’intera economia (sistemici e non diversificabili).
Se consideriamo due rischi, X e Y, e poniamo C(X) e C(Y) come il capitale per la
copertura di essi, possiamo leggere l’effetto della diversificazione in questo modo:
)()()( YCXCYXC d
cioè il rischio del portafoglio è minore o uguale alla somma dei rischi che lo
compongono.
1
Reto Galliati, “Risk Management and Capital Adequacy”, 2003, McGraw Hill.
9Negli ultimi anni ci si sta muovendo verso nuovi sistemi di controllo e gestione del
rischio.
La caratteristica chiave di una compagnia assicurativa è la sua solvibilità.
Al fine di proteggere gli assicurati e di promuovere la stabilità del mercato, alle
compagnie viene richiesto un certo ammontare di attivi che funzioni da cuscinetto a
fronte di eventuali perdite. Si tratta del margine di solvibilità.
Una stima ragionevole di questo margine è data dalla differenza tra il valore di mercato
delle attività e il valore di mercato delle passività.
Mentre il primo è facile da determinare, il secondo presenta maggiori difficoltà perché
riguarda strumenti non scambiati sui mercati tradizionali.
Le passività sono principalmente rappresentate dai costi associati ai sinistri. Vengono
calcolate, solitamente, attraverso metodi attuariali e rappresentano delle stime che sono
perciò soggette ad una probabilità di errore.
L’International Association of Insurance Supervisor (IAIS) definisce la solvibilità nel
modo seguente: “Una compagnia assicurativa è solvibile se è in grado di soddisfare le
obbligazioni dei suoi contratti in qualsiasi momento”
2
.
2
IAIS, 2002
10
1.2 Tipologie di rischi a cui è soggetta la compagnia assicurativa
La compagnia assicurativa è soggetta a diverse tipologie di rischi, alcuni facili da
quantificare, altri più complessi.
Nel modellare i rischi, gli assicuratori devono prestare particolare attenzione alle
seguenti componenti chiave:
volatilità: è il rischio di fluttuazioni aleatorie nella frequenza e nella gravità degli
eventi dannosi. Si tratta di un rischio diversificabile, nel senso che la volatilità
relativa diminuisce all’aumentare del numero dei rischi indipendenti assicurati.
incertezza: è il rischio che i modelli utilizzati per la stima dei sinistri o di altri
processi rilevanti siano non completamente specificati, o che i parametri
all’interno di questi modelli siano non perfettamente stimati. Questo è un rischio
non diversificabile perché non può essere ridotto aumentando la dimensione del
portafoglio.
eventi estremi: si tratta di un rischio a bassa frequenza, ma ad alto impatto
perché quando si verifica produce effetti molto maggiori di quelli prodotti dalla
volatilità e dall’incertezza.
Il Working Party dell’International Actuarial Association (IAA) suddivide i rischi
quantificabili, soggetti alla disciplina del primo pilastro (par. 2.6.1), in quattro categorie
principali
3
:
rischio assicurativo (insurance risk);
rischio di credito (credit risk);
rischio di mercato (market risk);
rischio operativo (operational risk).
3
A Global Framework for Insurer Solvency Assessment, “A Report by the Insurer Solvency Assessment
Working Party of the International Actuarial Association”, 2004
11
1.2.1 Rischio assicurativo
Si tratta del rischio che la compagnia assume attraverso l’esercizio della sua attività
tipica e cioè la sottoscrizione dei contratti assicurativi. Costituisce il principale rischio
del settore danni. Il Working Party comprende in questa categoria:
underwriting process risk: è il rischio relativo alle perdite derivanti dai rischi
assicurati; è considerato al netto della riassicurazione che rientra, invece, nella
categoria del rischio di credito;
pricing risk: è il rischio che il prezzo fissato dalla compagnia per il contratto sia
inadeguato alla soddisfazione delle obbligazioni derivanti da quel contratto;
product design risk: è il rischio inatteso che l’impresa non ha considerato nella
costruzione del contratto assicurativo;
claims risk: è il rischio che accadano molti più sinistri di quelli previsti o che
alcuni sinistri provochino danni maggiori di quelli considerati;
economic environment risk: è il rischio che il cambiamento delle condizioni
sociali si ripercuota in maniera negativa sulla compagnia;
net retention risk: è il rischio che gran parte della riserva della compagnia debba
essere utilizzata a fronte di rischi catastrofali;
policyholder behavior risk: è il rischio che gli assicurati si comportino in modi
non previsti dall’impresa al momento della stipula del contratto, e possano
cagionarle dei danni;
reserving risk: è il rischio che le riserve detenute dalla compagnia per la
soddisfazione delle obbligazioni, si rivelino inadeguate.
12
1.2.2 Rischio di credito
Il rischio di credito è il rischio di default o di cambiamento del merito creditizio degli
emittenti gli strumenti finanziari, e dei riassicuratori con cui la compagnia intrattiene
rapporti.
Vengono inclusi in questa categoria:
direct default risk: è il rischio che la compagnia non riceva i cash-flow che le
spettano perché l’impresa con cui ha firmato il contratto va in default;
downgrade or migration risk: è il rischio che possibili cambiamenti nel merito
creditizio della controparte possano diminuire il valore degli attivi detenuti
dall’impresa;
indirect credit or spread risk: è il rischio che si genera in relazione alla
percezione negativa del mercato;
settlement risk: è il rischio che deriva dal lasso temporale esistente tra l’apertura
e la chiusura del contratto;
sovereign risk: è il rischio che si verifichino perdite dovute alla diminuzione del
valore di attività o all’aumento del valore di passività denominate in valuta
estera;
concentration risk: è il rischio di perdite provocate dalla concentrazione degli
investimenti in un’area geografica o in un settore economico.
counterparty risk: è il rischio di cambiamenti nel valore della riassicurazione.
13
1.2.3 Rischio di mercato
Il rischio di mercato deriva dal livello e dalla volatilità dei prezzi degli attivi scambiati
sul mercato.
Si distinguono:
interest rate risk: è il rischio di perdite derivanti da fluttuazioni dei tassi
d’interesse;
equity risk: è il rischio di perdite derivanti da variazioni nel valore di mercato del
capitale netto dell’impresa;
currency risk: è il rischio che fluttuazioni delle valute provochino la diminuzione
del valore degli attivi e aumenti del valore delle obbligazioni denominate nella
valuta straniera;
reinvestment risk: è il rischio che il rendimento ottenuto dai fondi reinvestiti non
soddisfi le aspettative;
concentration risk: è il rischio di perdite dovuto alla concentrazione degli
investimenti in un’area geografica o in un settore economico;
asset/liability management risk: è il rischio che l’assicuratore non riesca a gestire
il matching tra attività e passività;
off-balance-sheet risk: è il rischio che cambiamenti nel valore di alcuni strumenti
finanziari (ad esempio gli swaps) non venga registrato dal bilancio.
14
1.2.4 Rischio operativo
Il rischio operativo riguarda il pericolo di perdite derivanti dal fallimento o
dall’inadeguatezza dei processi interni, delle persone, dei sistemi; può altresì derivare da
eventi esterni.
Le autorità di vigilanza, l’industria assicurativa e gli attuari stanno lavorando per trovare
nuove misure per la determinazione del rischio operativo.
1.2.5 Rischio di liquidità
Il rischio di liquidità è il rischio di subire perdite a causa della scarsa disponibilità di
attivi liquidi. Questo può accadere quando la compagnia deve prestare o vendere
inaspettatamente delle attività ad un prezzo più basso del previsto.
Crisi di liquidità possono essere generate da:
alte fuoriuscite derivanti dal manifestarsi di eventi catastrofici;
un abbassamento del rating;
una pubblicità negativa;
un deterioramento dell’economia;
difficoltà nell’accesso al mercato dei capitali.
Questo rischio viene posto dal Working Party alla regolazione del secondo pilastro.
4
4
Il secondo pilastro verrà trattato nel paragrafo 2.6.2 .
15
1.3 Le misure di rischio
In un regime in cui il capitale che l’impresa deve detenere è determinato in relazione ai
rischi assunti, diventa importante analizzare le misure di rischio. Infatti queste ultime
servono sia alle compagnie assicurative per definire la posizione finanziaria massima da
detenere, sia alle autorità di vigilanza al fine di determinare il requisito patrimoniale di
solvibilità.
Artzner definisce quattro proprietà principali che una misura di rischio dovrebbe
soddisfare. Per due variabili aleatorie di perdita, X e Y, e una misura di rischio C,
dovrebbe valere
5
:
1. subadditività: C(X+Y) C(X) + C(Y);
2. monotonicità : se X Y per tutti i possibili risultati sarà C(X) C(Y);
3. omogeneità positiva: per ogni costante Ȝ > 0 risulta C(ȜX) = ȜC(X);
4. invarianza traslativa: per ogni costante a > 0, C(X + a) = C(X) + a.
Una misura di rischio che soddisfa queste quattro proprietà è detta “coerente”.
Le tre misure di rischio più importanti, utilizzate nell’analisi di Solvency II sono la
Varianza, il Valore a rischio (VaR) e l’Expected Shortfall (ES).
1.3.1 Varianza
La varianza è definita come la media degli scarti al quadrato dal valore atteso:
>@
¦
n
i
ii
XExpX
1
2
2
)()(V
Il problema di questa misura è che siccome questo valore è elevato al quadrato, le
deviazioni positive e negative vengono trattate allo stesso modo, perciò non è possibile
distinguere tra rischio favorevole e rischio sfavorevole.
5
Philippe Jorion, Value at Risk, 3rd edition, Mc-Graw Hill