8
PARTE PRIMA
La teoria della comunicazione in azienda
In questa prima parte si analizzerà la teoria della comunicazione
in azienda onde poter meglio inquadrare ciò che costituisce il vero
oggetto di questa ricerca, ovvero l‟applicazione del modello
COMMOFF e il ruolo che in esso avrà la comunicazione interna.
Innanzitutto si definirà cosa si intende per comunicazione
aziendale, spiegando i criteri che si adotteranno per analizzarla.
Successivamente si approfondirà la distinzione tra comunicazione
interna ed esterna .
La parte teorica, così sviluppata, culminerà con la definizione del
modello COMMOFF, come superamento delle distinzioni
precedentemente descritte.
9
Capitolo 1
La comunicazione aziendale
«La comunicazione può definirsi come la modalità attraverso cui si
instaurano, si strutturano, si sviluppano le relazioni sociali e si
afferma il “sé” nel mondo come attore individuale e/o collettivi. La
comunicazione si inserisce all‟interno di un contesto culturale di
riferimento in cui un emittente, trasmettendo un contenuto
tramite un canale ed un codice condivisi col ricevente, può
ricevere dal destinatario un feedback comunicativo»
(WWW.VILLAGGIOMONDIALE.IT).
Tale definizione è valida anche per descrivere la comunicazione di
un‟azienda.
Essa, infatti, non è altro che un‟insieme di comunicazioni di vario
genere, caratterizzate da modalità e destinatari differenti. Volendo
fare una classificazione dei diversi target, quindi, si possono
seguire criteri diversi, che vanno dai pubblici di riferimento, agli
emittenti, agli obiettivi perseguiti ecc. Il criterio che si adotterà in
questa trattazione si basa sui riceventi; si analizzerà la
comunicazione a partire da una macro distinzione: comunicazione
esterna VS comunicazione interna.
Ma perché tale separazione? Anche se ormai è sempre più facile
trovare nella bibliografia di riferimento termini che uniformano le
tipologie comunicative presenti all‟interno dell‟impresa in una
forma di comunicazione integrata (comunicazione organizzativa,
comunicazione integrata ecc…), è altresì vero che, di fatto, questa
integrazione è ancora non sempre presente nelle realtà aziendali.
Per poter prendere in esame la possibilità di teorizzare una forma
di integrazione (o meglio di coordinamento) tra le varie forme
comunicative è necessario, ad avviso di chi scrive, partire da
10
un‟analisi quanto meno generale delle attività che meglio
rappresentano ciascuna categoria: le Relazioni Pubbliche e la
Comunicazione Interna.
Chiarito il motivo della distinzione, è necessario analizzare la
scelta del criterio in base al quale la distinzione è stata fatta.
Verrà utilizzato il principio di distinzione esterno/interno perché
direzionare il flusso comunicativo verso l‟interno, quindi verso i
propri dipendenti e i propri collaboratori, implica utilizzare
caratteristiche e modalità della comunicazione decisamente
differenti rispetto a quando le informazioni devono giungere ai
giornalisti, o al grande pubblico. Ciò non significa che tali
caratteristiche, così differenti, non possano essere conciliabili o
quanto meno gestibili congiuntamente.
La teoria di fondo è che la comunicazione interna possa, e debba,
essere un veicolo da utilizzare per la comunicazione esterna
(ovvero un serio ostacolo per la sua efficacia, se fatta male), e
che entrambe possano essere gestite in maniera congiunta sotto
un‟entità comunicativa più grande.
Si punta qui adottare una prospettiva relazionale, in cui non si
accorpano differenti tipi di comunicazione, bensì si sottolinea
l‟importanza dell‟aspetto relazionale in ciascuna di queste
tipologie. Tale prospettiva si esplica nel volume “Relational
Wealth” scritto da C.B. Leana
1
e D. M. Rousseau
2
(edito dalla casa
editrice Oxford University Press). Questi due autori definiscono il
Relational wealth come quell‟insieme di risorse create per
l‟impresa, sia attraverso le sue relazioni interne tra e con i
1
Carrie B. Leana è professoressa di “Business Administration and Public and
International Affairs” all‟università di Pittsburg.
2
Denise M.Rousseau è professoressa alla Carnigie Mellon University di
“Organizational Behavior and public Policy”
11
dipendenti, sia tramite le sue alleanze esterne e la sua
reputazione. Essi parlano di capitale umano, inteso come l‟insieme
delle conoscenze e delle abilità dei collaboratori di un‟azienda, il
quale può trasformarsi in un valore aggiunto per l‟impresa, nel
momento in cui gli vengono fornite continuità e stabilità. Il valore
di cui si parla è, evidentemente, difficilmente misurabile ed ha una
scadenza a lungo termine.
Questa prospettiva è sicuramente alla base dell‟importante ruolo
che verrà qui attribuito alla comunicazione interna, funzione
aziendale che, creando e mantenendo intatte le relazioni tra
l‟impresa e la sua forza lavoro, consente di trasformare un
insieme di individui in una comunità di cooperazione, capace di
affrontare in maniera compatta il contatto con l‟esterno.
12
Capitolo 2
La comunicazione esterna
Il termine comunicazione esterna, come precedentemente
accennato, sottolinea la direzionalità del flusso comunicativo che
si sta considerando: sono quelle comunicazioni che sono rivolte
all‟esterno. Questa tipologia rappresenta gran parte della
comunicazione d‟impresa, anche perché di fatto il target obiettivo
che comprerà il prodotto, usufruirà del servizio ecc. è
principalmente esterno all‟ambiente aziendale.
Parlando di comunicazione rivolta all‟esterno è opportuno
analizzare la grande distinzione tra below the line e above the
line, che permette di categorizzare gli strumenti di comunicazione.
La “linea” a cui metaforicamente fanno riferimento queste
espressioni è la linea della forte visibilità immediata. Sono above
the line tutti quegli strumenti che sono visibilmente accessibili al
grande pubblico in maniera trasparente, le cui performance sono
facilmente misurabili e che riguardano la sfera emozionale. Lo
strumento che per antonomasia appartiene a questa classe è la
pubblicità. Viceversa, appartengono alla categoria below the line
quegli strumenti che sono finalizzati ad impostare relazioni più
durature poiché basate sulla razionalità. Le RP sono tra gli
strumenti più rappresentativi della categoria.
pubblicità istituzionale (pubblicity) e commerciale (advertising),
Direct marketing, Promozioni, Merchandising
Relazioni pubbliche, Sponsorizzazioni, Corporate identity,
Incentivazioni, web, Business to business.
13
Tra le varie attività di relazione e comunicazione che si rivolgono
all‟esterno si è scelto in particolare di approfondire le Relazioni
Pubbliche, in quanto:
1. le Relazioni Pubbliche sono uno strumento più razionale e
analizzabile di quanto non lo sia, ad esempio, la pubblicità.
2. l‟azienda iGuzzini, che si analizzerà successivamente nel
dettaglio, utilizza moltissimo le Relazioni Pubbliche, poiché tramite
esse diffonde non solo informazioni, ma una cultura vera e
propria, la cultura della luce.
3. rispetto alla pubblicità, le Relazioni Pubbliche sono
intrinsecamente più vicine alla comunicazione interna, che sarà il
fulcro attorno a cui ruoterà il modello COMMOFF.
2.1 Le Relazioni Pubbliche: una definizione
Le definizioni di relazioni pubbliche sono molteplici.
Una prima ed utile distinzione è quella che viene proposta da
Emanuele Invernizzi, tra Core pr ed Extended pr. Secondo lo
studioso, le definizioni che parlano di Core pr, promosse dalle
imprese, dagli economisti e dagli studiosi di gestione aziendale,
pongono l‟accento sulle attività specifiche delle relazioni
pubbliche. Ciò significa includere nella definizione di questa
funzione aziendale esclusivamente le attività di Relazioni con i
media, l‟Organizzazione di eventi, la comunicazione ambientale e
quella di crisi, le sponsorizzazioni e la Comunicazione della
Corporate Social Responsability. Le relazioni pubbliche intese
come Extended pr, invece, comprendono qualunque attività di
relazione e comunicazione che l‟organizzazione in questione
intrattiene con tutti i suoi stakeholders. Tale concezione riporta,
14
quindi, una visione più estesa del concetto di relazioni pubbliche,
ed appartiene ai professionisti, alle associazioni di settore e agli
studiosi della materia.
Secondo Toni Muzi Falconi: «la funzione delle RP è quella di
contribuire al raggiungimento degli obiettivi perseguiti
dall‟organizzazione, con un‟attività continuativa, consapevole e
programmata di coordinamento e gestione di sistemi di relazione
che si attivano tra l‟organizzazione stessa e segmenti di pubblico
per essa influenti. Un‟attività che dev‟essere sempre trasparente,
corretta e a due vie» (FALCONI 2002).
La Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana) descrive le RP
come quelle «attività professionali svolte con l‟obiettivo di creare,
sviluppare e gestire sistemi di relazioni con pubblici influenti,
attraverso attività di analisi, ricerca e ascolto, progettazione e
pianificazione di programmi specifici di relazione e comunicazione
con i pubblici influenti, nonché attività di valutazione dei risultati
conseguiti» (WWW.FERPI.IT).
Emanuele Invernizzi sostiene infine che «la professione di
relazione pubbliche è costituita dall‟insieme delle attività di ascolto
e riflettiva, relazionali e comunicazionali gestite con tecniche
manageriali al fine di collaborare alla definizione delle strategie
aziendali, di supportare il raggiungimento degli obiettivi aziendali
e di rafforzare la reputazione, attraverso un elevato grado di
coerenza e sinergia realizzate tra l‟insieme delle iniziative
comunicazionali e le azioni gestionali e produttive» (INVERNIZZI
2005: 42,43).
Queste definizioni mettono in evidenza un comune denominatore:
l‟importanza del concetto di relazione. La «relazione» è un
rapporto più profondo della semplice interazione e più articolato
della pura comunicazione. Essa implica circolarità e riduzione dei
15
confini tra emittente e destinatario. Anzi, spesso è proprio il
ricevente che stabilisce i confini della relazione, e questa
peculiarità consente alle RP di essere inquadrabili in una logica di
“comunicazione pull” (è il ricevente che “tira a sé” il messaggio
che gli interessa), differenziandosi così dalla comunicazione
pubblicitaria (che è tipicamente una “comunicazione push”).
Inoltre, per instaurare una relazione efficace è necessario attivarla
in modo consapevole e far sì che essa sia costantemente e
continuativamente mantenuta e sviluppata. Le RP, pertanto,
comportano un lavoro profondo di conoscenza e di interscambio di
informazioni ed esperienze, che non può essere saltuario, ma che
deve essere ciclico e permanente. Queste attività relazionali sono
finalizzate al convincimento, fanno leva sulla razionalità e sono
finalizzate alla creazione di opinioni differenziandosi così ancora
una volta dalla pubblicità che vuole persuadere tramite la
stimolazione della sfera emotiva.
Un‟organizzazione per relazionarsi deve essere in grado di
comunicarsi e di farlo in modo trasparente e onesto.
La missione delle RP, in sintesi, è quella di comunicare,
supportare e accrescere la reputazione dell‟organizzazione.
Chiarito il concetto di “relazione”, è necessario analizzare coloro
con cui tale relazione si instaura. Rileggendo le citazioni sopra
riportate, si osserva che ciascuna di esse parla di pubblici (e mai
di pubblico) influenti (o prioritari). Innanzitutto, l‟assiduo ricorrere
del plurale richiama una delle tendenze più tipiche degli ultimi
anni, ossia la moltiplicazione dei pubblici con cui
un‟organizzazione deve relazionarsi. L‟organizzazione, infatti, si
trova ormai a dover fronteggiare interlocutori su più fronti, che
variano a seconda del settore in cui l‟organizzazione opera, ma
che sono anche cambiati in funzione delle tendenze degli ultimi
16
anni. Un esempio su tutti: il tema dello sviluppo sostenibile, che è
ormai al centro di qualunque dibattito culturale, politico, ecc.,
comporta che molte organizzazione abbiano dovuto modificare le
proprie liste di interlocutori prioritari. Si pensi ad un‟azienda che si
occupa, per esempio, di produzione di sostanze chimica. Come
potrebbe far a meno di investire risorse nello sviluppo di un‟ottima
relazione con interlocutori quali Lega Ambiente, il governo o con
le aziende farmaceutiche?
Vi è però un‟altra considerazione da fare. I pubblici a cui si
rivolgono le RP sono tendenzialmente sempre intermediari, limitati
nel numero ma capaci però di rapportarsi con un gran numero di
persone. I pubblici delle RP sono sostanzialmente di due tipi:
- stakeholder (letteralmente detentori di un diritto, di un
interesse). «Si tratta di soggetti le cui opinioni o decisioni, sui
comportamenti o atteggiamenti possono oggettivamente
favorire/ostacolare il raggiungimento di un obiettivo specifico x
l‟organizzazione anche nel caso quest‟ultima non ritenga di
legittimare il ruolo e riconoscerne l‟influenza. Una loro analisi
consente di verificare la qualità delle relazioni concretamente
costruite» (FACCHETTI 2006). Esempi di stakeholder possono
essere i dipendenti, i fornitori, i concorrenti o i sindacati.
- influenti. «Sono soggetti che è l‟organizzazione stessa a ritenere
influenti, nel senso di importanti/decisivi x il conseguimento dei
suoi obiettivi. Una loro analisi può permettere di verificare la
qualità della reputazione percepita» (FACCHETTI 2006). Esempi di
influenti sono i giornalisti non interessati in modo diretto o i leader
di opinione.
17
2.2 Intervista a Franco Guzzi
Per meglio comprendere alcuni dei concetti sin qui espressi, si
riporta un‟intervista fatta a Franco Guzzi
3
, esperto del settore,
professionista e docente di relazioni pubbliche.
Come si può evincere dalle numerose esperienze professionali e
dalla varietà di tali esperienze, l‟opinione di Franco Guzzi è
certamente un grande contributo.
3
Curriculum vitae: E‟ dottore in Scienze Politiche ed ha oltre dieci anni di
esperienza nel marketing operativo di multinazionali del settore
consumer quali Kraft-General Foods e Cheseborough Ponds.
Dal 1984 approfondisce la sua competenza in comunicazione nelle agenzie
di consulenza Hill & Knowlton e Burson-Marsteller. Nel 1995 fonda Cohn &
Wolfe Milano, agenzia internazionale di consulenza in comunicazione e
relazioni pubbliche, che ha consolidato il 7° posto nella classifica italiana del
settore, e di cui è Amministratore Delegato. Fa parte del Worldwide Board
di Cohn & Wolfe ed è anche membro dell‟Executive Committee di WPP Italia
(capogruppo).
Da luglio 2001 a marzo 2006 è stato presidente Assorel (Associazione
Agenzie di Relazioni Pubbliche a servizio completo) e ha fatto parte del
Board di ICCO (Federazione Internazionale tra le Associazioni di Agenzie di
Relazioni Pubbliche).
Da luglio 2004 è nel Consiglio Direttivo di Confindustria-Servizi
Innovativi, con delega alla comunicazione.
Oltre che per i clienti Cohn & Wolfe, nel corso della sua carriera ha tenuto
numerosi corsi su tematiche di management e comunicazione. Ha
partecipato alla messa a punto ed allo sviluppo del Master in Relazioni
Pubbliche di Burson-Marsteller. È docente in “Posizionamento della
marca” al corso di laurea specialistica dell‟università IULM, dove fa parte
anche del Comitato Scientifico del Master IULM in Relazioni Pubbliche
d’impresa, giunto alla sua 5°edizione, nel quale tratta il tema della
“Comunicazione d‟impresa in situazioni di Crisi”. Al Master del Sole 24 Ore si
è occupato della sessione su “Relazioni con gli organi d‟informazione”.
18
1. Quale è secondo lei il vero ruolo strategico delle RP?
Il vero ruolo strategico delle Relazioni Pubbliche è nel
fondamentale contributo che esse possono dare nel valorizzare,
sviluppare, difendere la reputazione dell‟impresa, della marca, di
una personalità pubblica. Inoltre, le Relazioni Pubbliche sono
l‟unica disciplina della comunicazione realmente “a due vie”:
ascoltano e parlano con interlocutori (non con target = bersagli);
e si pongono sempre la necessità di verificare se la relazione che
hanno con essi è simmetrica o meno.
In altre parole, è una leva della comunicazione che ha un DNA ben
distante dall‟arroganza e dalla presunzione che altri strumenti
hanno e che ha molto caratterizzato – soprattutto in passato – il
rapporto che le imprese e le marche hanno intrattenuto con i loro
pubblici (non a caso definiti così, perché considerati entità che
dovevano solo starle ad ascoltare).
Oggi, più che mai prima, le imprese si confrontano con un
consumatore / cliente / utente / mercato divenuto più esigente,
più informato, più selettivo e pragmatico, che si attende dalle
aziende affidabilità, trasparenza, responsabilità e dialogo. Nei
fatti, dobbiamo considerare superata l‟economia dell‟immagine
perché siamo ormai all‟interno dell‟economia della credibilità.
Il cliente è sempre più un individuo (al singolare) non più soltanto
un consumatore. È diventato sempre più attore sociale;
consapevole dei propri diritti e del proprio potere di scelta. È un
protagonista più attento, informato, dotato di capacità critica e di
nuove sensibilità, di convinzioni individuali e collettive; non solo
più “attrezzato” mentalmente, ma anche più “armato”
fisicamente. E la reputazione dell‟impresa è sempre più
l‟elemento prevalente nelle sue scelte.
19
Comprendere questi mutamenti di scenario è la sfida delle aziende
e dei loro comunicatori. Oggi la reputazione rappresenta un
valore reale che supera anche quello della qualità del prodotto che
viene ormai data per scontata o che, comunque, non riesce più ad
essere l‟unico elemento distintivo nella competizione. In più, la
reputazione rappresenta un valore che diventa altrettanto
concreto (se non ancora di più) nella definizione del valore
dell‟azione dell‟impresa in Borsa.
Sono proprio queste considerazioni che portano a collocare le
Relazioni Pubbliche tra le leve strategiche che le aziende più
attente e sensibili impiegano per contribuire alla costruzione del
valore dell‟impresa e della marca.
2. In concreto, cosa significa essere un efficace Relatore Pubblico?
In coerenza con quanto appena detto, è indispensabile avere una
chiara strategia (di breve e medio periodo); saper predefinire e
seguire con attenzione un accurato piano di lavoro che sia
coerente con gli obiettivi e le strategie dell‟impresa. Ma essere
“strategici” non basta: saper ascoltare i segnali esterni e interni
all‟impresa, essere attenti e curiosi su quanto avviene nella
società, essere creativi, sono doti e atteggiamenti altrettanto
importanti per poter realizzare un lavoro di qualità e
costruire/sviluppare la reputazione dell‟impresa per cui si opera (e
non solo la sua notorietà).
Per fare questo credo che sia anche utile distinguere chiaramente
e comprendere le differenze che vi sono tra i termini (spesso
abusati o male utilizzati) quali: „visibilità‟, „immagine‟, „identità‟ e
„reputazione‟ e, soprattutto, capire le correlazioni che vi sono tra
essi.
20
La realtà ci mostra spesso che vi sono distonie, così come
coerenze fra immagine percepita e identità reale delle imprese;
per l‟immagine un driver importante è la visibilità e questa ultima
si può “comprare” attraverso la pubblicità. Però, come sappiamo,
sono i comportamenti e la qualità delle relazioni con gli
stakeholder che rappresentano elementi importanti dell‟identità
dell‟impresa ed è proprio il compito della comunicazione
contribuire ad affermare l‟identità dell‟impresa, le sue
competenze, valori, unicità. È proprio nell‟articolazione delle
diverse discipline della comunicazione (pubblicità, relazioni
pubbliche, direct marketing, internet) che si “mettono in comune”
i valori e i comportamenti dell‟impresa, rafforzando così le sue
relazioni con i diversi stakeholder.
Compito del Relatore Pubblico è proprio quello di ricercare e
promuovere questa „orchestrazione‟ tra le diverse leve di
comunicazione, per contribuire a costruire (in supporto alla
correttezza dei comportamenti dell‟azienda) una solida e duratura
reputazione, creando così valore per l‟impresa e per la marca.
3. Di cosa si occupa una agenzia di RP, e perchè alcune aziende
preferiscono rivolgersi ad agenzie esterne invece che creare una
funzione aziendale adibita a questo aspetto comunicativo così
fondamentale?
Come recita il Codice di comportamento di Assorel: “le agenzie di
Relazioni Pubbliche aiutano i loro clienti a pianificare, costruire,
sviluppare, difendere le relazioni che essi intendono avere con gli
interlocutori prioritari ed operano per influenzare le opinioni, gli
atteggiamenti e i comportamenti delle persone, fornendo al
pubblico informazioni, elementi e strumenti per una più completa
21
formazione degli stessi e favorendo una più approfondita e
consapevole valutazione della proposta/posizione del cliente.”
Comunque, nel mercato esistono variegati orientamenti: imprese
che non si affidano per nulla a strutture esterne, così come quelle
che esternalizzano tutto. Questi comportamenti si fondano sulle
ragioni più disparate: dal non volersi fare carico dei costi fissi che
una struttura interna comporta, all‟estrema gelosia e anche
sfiducia verso gli operatori esterni.
Personalmente ritengo che la soluzione migliore si collochi al
centro di questi due estremi.
La struttura interna ha certamente il pregio di conoscere più a
fondo la realtà dell‟azienda, i suoi più profondi obbiettivi e valori,
così come i suoi vincoli. Nel contempo, sono proprio queste
caratteristiche che possono rappresentare il limite di una visione
troppo ego-riferita della comunicazione e un approccio meno
propenso all‟ascolto delle voci “altre”.
Il contributo „esterno‟ dell‟agenzia ha di solito il pregio di una
conoscenza più ampia e sensibile verso gli scenari e gli
interlocutori che circondano l‟impresa e le loro tendenze, oltre ad
avere un approccio creativo meno influenzato da limiti o vincoli.
Tutto questo, anche a fronte di una conoscenza meno profonda ed
accurata del business dell‟impresa cliente.
Quindi, è proprio il connubio e la cooperazione tra queste due
peculiarità e approcci diversificati che può fornire al cliente
quell‟opera di puntuale consulenza e accurata esecuzione che
consente all‟impresa di raggiungere di più e meglio gli obiettivi e i
risultati che si è prefissata.