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agosto si reca nel paese di Torre Paduli nel Salento Leccese, per il rito della Taranta, fa fatica
a non coinvolgersi in questo rituale, una danza povera eseguita su una musica fatta di canto,
battito di mani, tamburelli e anche un po’ di magia. Attraverso un’esperienza didattica
intorno alla poetica del fuoco e alla performance sulla Pizzica Leccese, si cerca di far andare
oltre gli aspetti estetici, cogliere quegli aspetti antropologici, legati all’essere che, molto
spesso nel mondo dell’arte, diventano il ricettacolo per eventi e azioni performatiche.
All’interno di una didattica per l’arte, il “mostrare” un tale fenomeno, il fuoco e il
tarantismo, dal carattere antropologico e culturale e far vedere come tali esperienza diventino
ricettacolo per un evento artistico, qual è la performance, fa evidenziare come il gesto degli
artisti dell’arte Povera o degli artisti della Body art non ha solo una valenza estetica ma celi
una genealogia dagli aspetti molto profondi.
La relazione che segue si divide in tre parti (stampata in tre colori, ciascuna in un colore
diverso, ispirandomi all’opera di Yves Klein, la triade di Klein “Blu – Rosa – Oro”, derivata
dai colori del cuore di una fiamma) una parte teorico-critica (di colore rosa), dove affronto
l’intorno simbolico del concetto di Fuoco, nel quale sono inserite le schede critiche di tre
artisti che hanno fatto del fuoco un elemento del loro ricettacolo artistico, Yves Klein, Jannis
Kounellis e Fabrizio Plessi.
Un Breve intermezzo, sugli aspetti antropologici presenti in un atto performativo, introduce
alla seconda parte (di colore oro), il mio lavoro espressivo, la performance “Antidum
Tarantulae”, sulla cultura popolare del mio paese, il Salento.
Per finire, la terza parte (di colore blu), quella sperimentale di questa mia ricerca:
l’esperienza in classe, con annesso lo schema di massima dell’unità didattica realizzata
durante l’esperienza del tirocinio al Liceo Artistico “U. Boccioni” di Milano.
Seguono, infine, tre allegati: il primo è un dizionario sul Fuoco, l’aspetto “fisico”, e gli
aspetti “simbolici” nonché “fisici” del suo colore; il secondo raccoglie lo schema e alcuni
fotogrammi del mio lavoro espressivo della Performance sulla Pizzica Leccese; un terzo
allegato che raccoglie il progetto e la documentazione fotografica dell’azione performativa
creata da alcuni alunni nella classe in cui ho svolto il tirocinio, come testimonianza di
obiettivo raggiunto della mia lezione.
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L’altro Fuoco.
Nell'antichità il fuoco era rispettato e
venerato e la sua scoperta comportò
per l'umanità una nuova era: oltre a
cucinare i cibi, gli uomini poterono
anche riscaldarsi, migliorando il loro
tenore di vita.
Elemento unificante per eccellenza, il
fuoco ha la forza di tenere
insieme le persone, di farle parlare e
condividere le esperienze della
giornata, i problemi e le gioie.
IL FUOCO “SIMBOLICO”.
In campo religioso il fuoco è sempre stato considerato come una forza ambivalente con
connotati magici per il suo aspetto benefico, purificatore e distruttore.
Anche nella mitologia greca il fuoco ha la sua importanza, si ricorda il mito di Prometeo che
rubò agli Dei il fuoco dall'Olimpo per salvare gli uomini e per questo fu condannato da Zeus
a restare incatenato ad una roccia dove un'aquila gli divorava il fegato che di notte gli
ricresceva.
Nella mitologia romana assume importanza Vesta, divinità posta a protezione del focolare
domestico. Il culto di Vesta nasce dalla necessità di mantenere sempre acceso un focolare in
casa per soddisfare i bisogni della comunità. Da ciò trassero origine le Vestali, sacerdotesse,
con il compito di custodire il fuoco nel tempio perennemente acceso.
In filosofia Eraclito identificava il bello con il bellum: il bello più che un’armonia è un
conflitto. A tal proposito egli riscontrava nel fulmine e nel fuoco gli “strumenti” a cui
ricorreva la bellezza per esplicarsi, non più legata all’esperienza della conciliazione ma a
quella della guerra. “il bello viene considerato come un arma, anzi come l’arma più forte” .
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Il fuoco e' fenomeno ambivalente, in quanto può avere effetti benefici o distruttivi, per cui, in
chiave analogica, si è da sempre visto nella sua forza l'immagine più appropriata a
compendiare i processi di morte e resurrezione, di purificazione e rigenerazione dell'Uomo e
della Natura. Mitologia e simbolistica, inoltre, distinguono difformi qualità di fuoco, a
seconda del suo estrinsecarsi in Cielo e sulla Terra o anche come fiamma interiore.
Anche nel filone ebraico – cristiano l'immagine del fuoco ha delle allusive pregnanze.
Il vocabolo ebraico Serafin (i "serafini"), con il quale si indicano le entità che circondano il
trono del Signore, deriva da saraf ("ardere").
Appare dunque un riferimento all'estrema luminosità degli strati più sottili dell'essere, per
non parlare del carro di fuoco che recò Elia ai cieli e del "roveto ardente" che parlò a Mosè.
Nella tradizione evangelica, infine, e' ricordato che nel giorno di Pentecoste furono lingue di
fuoco a discendere sul capo degli apostoli, visibile segnacolo dell'infusione dello Spirito
Santo.
I principi secco + caldo vanno a costituire il fuoco, che perciò ha le qualità del caldo, di ciò
che divora ed è mobile ed è raffigurato da raggi o dalla fiamma; è rappresentato a livello
simbolico e geometrico dal triangolo equilatero col vertice rivolto verso l'alto e dal solido
della piramide con tre lati (tetraedro).
Il fuoco è rappresentato dai colori rosso o arancione. Fra le stagioni il fuoco è posto in
relazione con l'estate. Nel corpo umano è in relazione con la bile gialla e col fegato. Il
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Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di filosofia, Demetra, 1999, pag. 54
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temperamento riferito al fuoco è quello di tipo collerico, rappresentato spesso “color del
fuoco”.
In relazione ai punti cardinali, all’Oriente corrisponde il legno, al Sud il fuoco, all'Occidente
il metallo, la terra al mezzo.
In relazione ai colori il legno corrisponde al colore azzurro, il fuoco al colore rosso, il
metallo al bianco, la terra al giallo.
Nella dottrina indù il fuoco corrisponde al sud , al rosso , all' estate , al cuore , e quest'ultimo
riferimento è costante , sia che il fuoco rappresenti le passioni, sia che rappresenti lo spirito.
Il simbolo del fuoco purificatore e rigeneratore si sviluppa dall'Occidente al Giappone; la
liturgia cattolica del "fuoco nuovo" è celebrata nella notte di Pasqua, mentre quella dello
Shintô coincide con il rinnovarsi dell'anno.
Secondo alcune leggende, il Cristo e alcuni santi ridanno la vita ai corpi passandoli nel fuoco
della forgia; lo spirito santo come si narra nei Vangeli nel giorno della Pentecoste discende
agli apostoli sotto forma di fuoco.
Il ruolo del fabbro introduce quello del suo parente, l'alchimista, che crea l'immortalità sul
fuoco del fornello, oppure, in Cina, sul fuoco del crogiolo interiore che corrisponde
all'incirca al plesso solare e al manipura – chakra, il cuore, posto dallo Yoga sotto il segno
del Fuoco.
L'uomo è fuoco, dice San Martino,"la sua legge, come quella di tutti i fuochi, è di dissolvere
il suo involucro e di unirsi alla fonte da cui si è separato".
L'aspetto distruttore del fuoco comporta ovviamente anche un aspetto negativo e il dominio
di questo fuoco implica una funzione diabolica. A proposito della forgia si noterà che il suo
fuoco è contemporaneamente celeste e sotterraneo, strumento del demiurgo e del demone; la
caduta di livello è quella di Lucifero, portatore della luce celeste, precipitato nelle fiamme
dell'inferno: un fuoco che brilla senza consumare, ma che esclude per sempre dalla
rigenerazione.
In molte parti del mondo, fin dall'antichità, il fuoco rappresenta il potere rinnovatore per
eccellenza. Dagli Aztechi era considerato il più sacro degli elementi; per i Greci era
l'elemento che rappresentava la forza vitale primordiale; gli Indù gli attribuivano potere di
rinnovamento e purificazione. Anche nell'antica Roma esisteva il culto del fuoco come
dispensatore di vita e di energia. Dovunque, per parecchie migliaia di anni, il fuoco è stato
considerato come la manifestazione del divino nella vita dell'uomo, temuto a causa del suo
potere distruttivo e venerato per la sua azione purificatrice.
Jorge Luis Borges
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in “Le rovine circolari”
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identifica il fuoco con la divinità. Un racconto
irreale di un uomo che “voleva sognare un uomo: voleva sognarlo con minuziosa interezza e
imporlo alla realtà”. Il sogno inizia addormentandosi all’interno di un “recinto circolare che
corona una tigre o cavallo di pietra, che fu una volta del colore del fuoco ed è ora di quello
della cenere”.
La statua gli venne incontro nel sogno e, rivelandogli di essere il Dio Fuoco, gli diede
indicazioni su come creare l’uomo che tanto desiderava e sognava e, “nel sogno dell’uomo
che sognava, il sognato si svegliò”. Alla fine della storia “ le rovine del santuario del Dio
Fuoco furono distrutte dal fuoco”. Giunto al termine delle sue fatiche, il sognatore “Andò
incontro ai gironi di fuoco: che non morsero la sua carne, che lo accarezzarono e inondarono
senza calore e senza combustione. Con sollievo comprese che era anche lui una parvenza,
che un altro stava sognandolo”.
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Jorge Luis Borges (1899-1986) scrittore di origine argentina.
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Jorge Luis Borges, “Finzioni”, traduzione di Franco Lucentini, Torino, Einaudi, 1955.