1.2 ACCENNI SULLA PIETRA SIMONA.
Viene definito con questo termine una pietra ornamentale caratterizzata da buona
lavorabilità e colore caratteristico rosso-violaceo, il cui uso in Val Camonica risale fin al
1300.
La sua litologia caratteristica è costituita da arenarie fini e siltiti micacee, con una
composizione petrografica costituita da quarzo (15-40 %), frammenti di vulcaniti (5%),
feldspati (20- 50 %) e miche (15% circa) (Ogniben, 1953).
Sono presenti localmente lenti conglomeratiche subordinate, soprattutto nei settori di
passaggio al Conglomerato di Dosso dei Galli.
Il colore è tipicamente rosso-violaceo e una delle sue caratteristiche più evidenti è
rappresentata dall’intensa bioturbazione costituita da un fitto insieme di piste di lunghezza
variabile da pochi centimetri a 15-20 centimetri e diametro da mezzo centimetro fino al
centimetro e mezzo prodotte da organismi invertebrati a corpo molle.
Le bioturbazioni sono evidenziate dalla disposizione orientata di lamelle di muscovite.
Sono talora presenti strutture sedimentarie quali laminazioni parallele e incrociate (dove
non obliterate dalla bioturbazione), strutture da carico e localmente noduli calcarei.
Dal punto di vista stratigrafico, tale unità occupa posizioni differenti in relazione al
Conglomerato di Dosso dei Galli del quale costituisce un membro.
Sul versante destro della Valle Camonica (Assereto e Casati, 1965) la Pietra Simona
costituisce la parte alta del Conglomerato di Dosso dei Galli, mentre verso est tra il
versante sinistro della Val Camonica e la Val Caffaro occupa una posizione
stratigraficamente più bassa, corrispondente alla parte basale del Conglomerato del Dosso
dei Galli.
L’unità affiora nel settore compreso tra la Val Camonica ed il settore delle Giudicarie e il
suo spessore è molto variabile: in senso est-ovest si passa infatti dai 271 metri della serie
tipo in Val Camonica (Assereto e Casati, 1965) fino ai circa 100 120 metri (Cassinis, 1966)
in Val Dasdana, per poi ridursi a 20- 30 metri (Valle di Cadino) verso le Giudicarie.
Anche verso meridione la Pietra Simona tende a chiudersi stratigraficamente (Boni e
Cassinis, 1973).
La marcata eteropia di questo membro con il Conglomerato del Dosso dei Galli e le sue
variazioni di spessore portano a ritenere che si tratti di una facies distribuita in maniera
piuttosto irregolare all’interno delle facies più grossolane che sostituiscono la gran parte
delle conoidi alluvionali.
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Le facies della Pietra Simona rappresentano (Ori et al., 1988) aree laterali alle conoidi
principali del Conglomerato di Dosso dei Galli, o porzioni inattive delle conoidi.
1.3 ATTRIBUZIONE CRONOSTRATIGRAFICA.
Secondo Assereto e Casati (1965), non essendo stato rinvenuto nessun fossile nel
Conglomerato del Dosso dei Galli propriamente detto, di cui fa parte il Membro della
Pietra Simona, l’età della formazione è stata pertanto fissata sulla base di considerazioni
stratigrafiche. Più recentemente, tuttavia, Conti et al (1991), hanno individuato fin dentro
alla Pietra Simona alcune delle impronte di tetrapodi che caratterizzano il sottostante
Collio (figura 1).
Inferiormente il Conglomerato del Dosso dei Galli è limitato dalla Formazione di Collio,
che, in base ad alcuni resti vegetali e impronte di tetrapodi, sembra riferibile, nella sua
parte superiore, al Rotliegende inferiore. Verso l’alto è ricoperta dalle Vulcaniti di Auccia
e dal Verrucano Lombardo. Entrambe queste formazioni non fossilifere sono riferite al
Permiano in quanto immediatamente sottostanti al Servino (Trias inferiore).
Secondo Cassinis (1966), il passaggio tra il Ciclo Inferiore e il Ciclo Superiore (Vulcaniti
di Auccia - Verrucano Lombardo) sarebbe legato a movimenti tettogenetici connessi alla
fase Saaliana: di conseguenza il Conglomerato del Dosso dei Galli dovrebbe risultare più
antico di detta fase, e sarebbe correlabile quindi, con ogni probabilità, con la porzione
superiore del Rotliegende inferiore (Autuniano superiore).
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FIG 1:colonna stratigrafica della Formazione di Collio dell’alta Val Trompia con indicata la posizione dei
livelli fossiliferi. Legenda: 1-impronte tetrapodi; 2- impronte di idromeduse (Medusina limnica); 3- resti
vegetali; 4- tracce di artropodi; 5- concostracei (Esteria); 6- bivalvi. (tratta da Conti et al., 1991.)
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CAPITOLO 2
INQUADRAMENTO GEOLOGICO E STRATIGRAFICO
I primi dati sui terreni permiani del Gruppo dell’Adamello sono pochi e rivestono un
carattere essenzialmente petrografico Salomon (1908-1910), Lorenzoni (1955), Zanettin
(1956), Mottana e Schiavinato (1973). Si tratta di lavori dal punto di vista stratigrafico
spesso incompleti, soprattutto destinati ad illustrare le variazioni determinate dal
metamorfismo di contatto del massiccio ed il suo grado.
Intorno all’Adamello il Permiano è stato viceversa oggetto di molteplici ricerche di vario
dettaglio ed indirizzo, già a partire dalla metà del secolo scorso.
Si ritiene doveroso segnalare qui in breve, tra i lavori di maggior respiro, quello dei De
Sitter (1949) sulle Alpi bergamasche e quelli di Boni (1943; 1952), Cassinis (1966b, 1975,
1976), Peyronel Pagliani (1965, 1975, 1976, 1979), Origoni Giobbi (1975, 1979), sulle
Prealpi bresciane, e sul Trentino Occidentale.
Pure le interpretazioni di Assereto & Casati (1965, 1966), Assereto et al (1973), nonché di
Cassinis, Castellarin, Peloso, Sartori & Vercesi (1982) sul Permiano della regione in esame
meritano un particolare accenno per l’originalità o la novità dei risultati.
Fig.2: Carta semplificata delle
unità litostratigrafiche
permiane nella regione del
massiccio terziario
dell’Adamello. (da Cassinis,
1985).
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2.1 STRATIGRAFIA.
I vari autori precedentemente citati, hanno evidenziato che in tutto il settore a Sud
dell’Adamenllo i depositi continentali permiani possono essere suddivisi in due parti. Una
parte inferiore, al di sopra del basamento cristallino, contraddistinta da unità terrigene
alluvio-lacustri e vulcaniche (fino ad oltre 1500m) soggette a rapidi variazioni laterali di
facies e di spessore, e che possono risultare anche assenti; e una parte superiore, costituita
da litotipi terrigeni, arenaceo-conglomeratici di colore rossastro con spessori ridotti (fino a
500m) ma con distribuzione areale più ampia.
In breve, dalle unità di età più antiche, via via a quelle di età più recente, la porzione
inferiore, (Cassinis, 1966; Boni e Cassinis, 1973) risulta costituita dalle seguenti unità, con
relative caratteristiche:
Conglomerato basale: questa unità si depone in discordanza sul basamento sudalpino ed è
caratterizzata da: conglomerati ed arenarie di colore rosso-bruno, con elementi di rocce
metamorfiche e di quarzo disposti a caso e saldati tenacemente alla massa che li ingloba,
mostrando quasi sempre una stratificazione mal definita;
Porfidi quarziferi inferiori: caratterizzata da tufi in genere da vetrosi a cristallini, da
ignimbriti riolitiche compatte di colore rosso-violacee a struttura porfirica con fenocristalli
di quarzo, feldspato e, in subordine , biotite (Peyronel Pagliani, 1965). L’unità mostra
nell’insieme uno spessore costante, per lo più inferiore ai 100m. In corrispondenza ai tufi
di base si nota la presenza di glauconite, che secondo Peyronell Pagliani (1965), si sarebbe
formata in ambiente continentale a spese della biotite e del vetro vulcanico. Gli stessi tufi
poi, a contatto col substrato cristallino, inglobano qua e là elementi di rocce metamorfiche;
Formazione di Collio: rappresentata da una notevole gamma di tipi litologici, di natura
terrigena ed a luoghi vulcanica. Lungo la sezione tipo, in Val Trompia, si possono
osservare dal basso verso l’alto (Cassinis, 1966b):
- tufi stratificati, talora con lapilli accrezionari (Cassinis, 1967), cui si intercalano
arenarie e conglomerati poligenici;
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- i “classici strati di Collio”, costituiti da arenarie fini, siltiti e argilliti, laminate,
inferiormente da grigio-verdi, a rosso-brune, superiormente grigio nerastre, con
resti vegetali mal conservati;
- una bancata vulcanica;
- arenarie e siltiti, in subordine argilliti, di vario colore, con passaggi, specie nella
parte alta, a conglomerati poligenici di colore grigio verde, talora rossicci, che
preannunciano i caratteri della sovrastante formazione.
La potenza stimata del “Collio” è stimata in oltre 700m;
Conglomerato del Dosso dei Galli: (Cassinis, 1966;1969), si tratta di un conglomerato
grossolano, da rosso-cupo a verdastro, con ciottoli di scisti cristallini, vulcaniti e quarzo,
alternato localmente con litotipi a granulometria più fine. Dalla sommità (Val Camonica)
alla base (Valle del Caffaro) dell’unità sono presenti arenarie fini e siltiti intensamente
bioturbate ( Membro della Pietra Simona).
All’estremità orientale del Bacino Orobico è stata riscontrata (Mottana & Schiavinato
1973) la presenza di un’unità affine al Conglomerato del Ponteranica (Casati & Gnaccolini
1965; 1967) che si diversifica dal Conglomerato del Dosso dei Galli essenzialmente per il
colore grigio verde;
Conglomerato della Val Daone: (Cassinis & Peyronel Pagliani 1967), anche questa unità è
costituita da frammenti litici metamorfici, vulcanici e di quarzo, ma; tuttavia essa presenta
una posizione stratigrafica più alta, dai caratteri e dalle modalità di formazione molto più
simili a quelle delle sottostanti unità e dalla presenza di una patina di alterazione chiara,
grigio bianca e qua e là giallognola, ben diversa da quella arrossata delle arenarie che lo
delimitano superiormente (Verrucano Lombardo).
La classificazione cronostratigrafica delle unità relative al Ciclo Inferiore si basa
essenzialmente sulle valutazioni formulate dagli specialisti a seguito dello studio della
flora e delle orme di vertebrati fossili reperite nel Collio triumplino (Cassinis, 1969a -
1969b; Cassinis et al., 1978, 1995; Cassinis e Perotti, 1994; Castellarin e Picotti, 1990;
Castellarin et al., 1987; Ori et al., 1988).
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Benché non sussista una perfetta identità di vedute tra autori più recenti, questi sono
comunque concordi nell’ascrivere la citata formazione al Permiano inferiore e per lo più a
livelli relativamente medio alti dello stesso.
Le unità del medesimo Gruppo sottostanti e soprastanti il Collio, localmente eteropiche
con quest’ultimo e depostesi in rapida successione, sembrerebbero rientrare anch’esse nel
suddetto intervallo cronologico della Piattaforma Porfirica Atesina d’età di circa 270 m.a.,
cioè rientranti sempre nel Permiano inferiore.
Contrariamente al “Ciclo Inferiore” il “Ciclo superiore” della successione permiana è
rappresentato da un insieme di litofacies, da grossolane (verso Ovest) a più fini (verso Est)
cui è stata attribuita da Assereto & Casati (1965; 1966) la generale denominazione di
Verrucano Lombardo.
L’unità consta per lo più di conglomerati rossi poligenici, e di arenarie medio-grossolane.
Localmente, tra la Val Camonica e la Val Giudicarie, la prevalenza di quest’ultime e di
siltiti rosso vivo ha portato ad evidenziare questo peculiare aspetto dell’unità con
l’appellativo di Arenaria di M.te Mignolo. (Cassinis, 1966;1968).
Essendo questa unità del tutto azoica, l’inquadramento cronostratigrafico del Verrucano
Lombardo ovviamente deve tenere conto della sua posizione intermedia fra le unità
permiane in precedenza citate ed il Servino che è d’età Triassica inferiore. Il Verrucano
dovrebbe quindi avere un’età permiana superiore p.p.
Il suo passaggio laterale, verso est con le Arenarie di Val Gardena, contenenti icnofossili e
flore del Permiano superiore (Tatariano p.p.) permette una sua più chiara caratterizzazione
temporale.
Vulcaniti di Auccia: sono rappresentate da ignimbriti riolitiche di colore violetto, rossiccio
o verdastro, a struttura porfirica manifesta. La frazione cristallina è rappresentata
principalmente da feldspato, quarzo e biotite. La massa di fondo è a grana fine e finissima,
con frequenti sferuliti (Peyronel Pagliani,1965; 1973).
Localmente, alla base ed alla sommità, sono presenti tufi stratificati. La potenza dell’ unità
è soggetta a qualche variazione: da 133 m circa lungo la sua sezione tipo (Cassinis, 1969b)
posta in prossimità dello spartiacque tra la Val Camonica, Val Trompia, Val Caffaro, si
riduce sul fianco destro del Fiume Oglio 50-70 m, come nell’area del bacino del Torrente
Caffaro.
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