2La competizione internazionale, già evidente, per queste risorse che diventano
sempre più scarse, tenderà, dunque, a intensificarsi e, per l’Europa, i problemi di
dipendenza energetica e di sicurezza di approvvigionamento, non potranno che
aggravarsi.
Il carbone, la risorsa fossile globalmente più abbondante, si avvia inevitabilmente
ad essere utilizzato in maniera crescente, soprattutto fuori dall’Europa, in aree dove le
disponibilità sono cospicue e la domanda energetica è in forte crescita (Cina, India,
Indonesia, Sud-Africa). Esso costituisce, d’altro canto, un’alternativa che, in assenza di
opportuni accorgimenti tecnologici, rischia di compromettere ancora di più l’ambiente,
essendo, a parità di resa energetica, la fonte che produce più anidride carbonica (CO
2
), il
più importante dei gas ad effetto serra.
È ormai generale il consenso scientifico sull’evidenza dei cambiamenti climatici e
sulle sue cause. In particolare, con il nuovo rapporto “Climate Change 2007”,
l’autorevole Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)
1
, nel confermare le
indicazioni generali già presenti nel precedente rapporto del 2001, fa salire dal 66% al
90% la stima dell’incidenza del fattore antropico sull’innalzamento della concentrazione
di gas serra in atmosfera. Secondo questo rapporto, intervenire per contrastare le cause
dei cambiamenti climatici è un impegno da assumere soprattutto nei confronti delle
generazioni future, considerando che le emissioni di CO
2
oggi prodotte resteranno per
circa 100 anni nell’atmosfera. Alcuni effetti dei cambiamenti climatici in corso sono già
visibili e riguardano l’aumento della temperatura media del pianeta, l’incremento della
frequenza di eventi estremi, l’accelerazione della crescita del livello del mare, nonché
fenomeni di desertificazione e riduzione o modificazione della biodiversità, con effetti
anche sul settore agricolo.
1
L'IPCC è stato costituito nel 1988 dalle Nazioni Unite come organo scientifico di supporto con il
compito di valutare - e presentare agli organi decisori - lo stato delle conoscenze scientifiche, tecniche e
socioeconomiche su cause e conseguenze dei cambiamenti climatici.
3Trovare un equilibrio fra le esigenze sopra esposte obbliga a realizzare una vera e
propria transizione verso un sistema energetico sostenibile da un punto di vista sociale,
economico ed ambientale. Occorre passare da un sistema attuale, basato su fonti
d’energia inquinanti, esauribili per natura, perché legate a risorse limitate e
geopoliticamente mal distribuite, ad uno nel quale l’energia è ricavata da processi e
risorse che la leghino a fonti rinnovabili e pulite, non inquinanti ed abbondanti, che non
si esauriscano o possano essere ripristinate grazie a processi naturali. Le fonti che
soddisfano tali requisiti sono molte: solare, eolica, idrica, geotermica, da biomasse.
La transizione da fonti fossili a fonti rinnovabili finora è stata ritardata non solo da
fattori economici, ma anche dal carattere stagionale ed intermittente della fonte. Per
superare questo limite occorre sviluppare sistemi di accumulo che permettano di
trasformare l’energia prodotta in vettori energetici, come per esempio l’idrogeno,
utilizzabili nei vari settori in tempi differiti rispetto al momento della produzione. Le
tecnologie relative alla produzione e all’uso dell’idrogeno sono, infatti, la via più
promettente per affrontare il problema.
L’idrogeno non è, quindi, una fonte primaria di energia, ma un “vettore
energetico”, ovvero un mezzo di accumulo e di trasporto dell’energia. Esso si propone
come combustibile alternativo a quelli fossili, puntando a sostituirli nel loro utilizzo
finale, ma non come fonte primaria di energia, poiché non esiste in natura alcun
giacimento di idrogeno, pur essendo l’elemento chimico più abbondante in natura. Esso
dovrà, pertanto, essere prodotto mediante un processo di conversione energetica.
L’idrogeno rappresenta una componente chiave di un sistema energetico
sostenibile perché:
x può essere prodotto dai combustibili fossili, previa conversione degli stessi e
separazione del diossido di carbonio (CO
2
); quindi, può essere considerato come
il modo più pulito di utilizzo di tali combustibili;
4x può essere prodotto da altre fonti (rinnovabili, nucleare), senza emissioni di
CO
2
;
x non genera né CO
2
né altri inquinanti durante il suo utilizzo, coprendo
applicazioni che vanno dai trasporti alla generazione elettrica.
Tuttavia, lo strumento principale, il cui sviluppo condizionerà pesantemente la
reale affermazione dell’idrogeno come vettore energetico pulito, è senza dubbio la cella
a combustibile, un sistema elettrochimico che permette la trasformazione diretta
dell’energia chimica contenuta nel gas in energia elettrica, senza altre emissioni
dannose e con rendimenti energetici elevatissimi.
Lo sviluppo come vettore energetico richiede, però, la predisposizione anche di
una vasta gamma di infrastrutture integrate, se non altro per rendere l’impiego
economico ed affidabile in tutte le varie fasi della catena tecnologica (produzione,
confinamento dell’anidride carbonica generata nel processo, trasporto, accumulo, usi
finali). La tecnologia ci offre gli strumenti per realizzare questa transizione.
Tutto ciò, ovviamente, costituisce una grande sfida per i prossimi anni, che,
tuttavia, non potrà che avere benefiche ricadute, in termini economici e occupazionali,
immediatamente nel comparto della ricerca e sviluppo e, a seguire, sull’intera industria
manifatturiera di ogni Paese.
5Capitolo 1
Panorama energetico
Premessa
Il quadro energetico internazionale è caratterizzato da una forte crescita economica
in gran parte del mondo. L’incremento della domanda di materie prime dovuta alla
crescita delle attività economiche produce un aumento generale dei prezzi; ciò è
particolarmente vero per i mercati energetici. I risultati più evidenti di questa situazione
si registrano nel significativo incremento dei prezzi del petrolio, ma l’andamento dei
prezzi del gas naturale e del carbone riflette analoghe tendenze al rialzo.
Le problematiche legate alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici
permangono, soprattutto per quanto riguarda petrolio e gas naturale, a causa sia del
perdurare di conflitti in alcune zone geopoliticamente strategiche (Iraq e Medio Oriente
in genere, ma anche Nigeria, Sudan), sia di eventi catastrofici come gli uragani tropicali
nel Golfo del Messico. Infatti, l’odierno sistema di approvvigionamento comporta la
minaccia di un grave ed irreversibile danno ambientale, fra cui il cambiamento
climatico mondiale (IEA, 2006 (b)) (ENEA, 2006).
1.1. Il quadro internazionale
Il fabbisogno energetico mondiale mostra un trend in continua crescita. Come
riportato nella tabella 1.1, le previsioni del World Energy Outlook 2006 (WEO 2006)
6dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA)
1
stimano nel periodo 2003-2030 una
crescita media annua del 2%, passando da 10.517 Mtep dell’anno 2003 a 18.040 Mtep
del 2030. L’aumento della domanda d’energia primaria, quindi, sarà pari a due terzi di
quella attuale. Più del 70% di tale incremento proverrà dai Pesi emergenti asiatici, come
la Cina (che da sola conterà per il 30%) e l’India, e dai Paesi in via di sviluppo. Quasi la
metà dell’aumento del consumo di energia primaria sarà impiegato nella generazione di
energia elettrica e un quinto sarà assorbito dal settore dei trasporti, dove la
motorizzazione dovrebbe continuare a crescere e dove il petrolio dovrebbe rimanere il
principale combustibile (95% del totale).
I combustibili fossili soddisferanno l’86% della domanda globale di energia. La
domanda di petrolio aumenterà di circa 1,4% l’anno, nonostante il previsto aumento del
prezzo, passando da 4.052 Mtep del 2003 a 5.977 Mtep del 2030, incidendo per il 33%
su quella globale
2
. Anche nel lungo periodo il petrolio sembra, dunque, destinato a
rimanere la fonte primaria più importante, seppur con una lieve flessione (Dunn, 2002)
(IEA, 2006 (a)) (IEA, 2006 (b)).
Tabella 1.1. Trend della domanda mondiale di energia primaria per fonte (Mtep)
(Fonte: Elaborazione personale su dati IEA, 2006 (a))
1
Il World Energy Outlook (WEO) è il rapporto dell’IEA che presenta previsioni su domanda e offerta di
energia, prezzi, scambi ed emissioni di CO
2
. Le proiezioni derivano da uno Scenario di Riferimento che
tiene conto soltanto delle politiche e misure governative attuali. L’IEA è stata creata dai Paesi
industrializzati dopo la prima crisi petrolifera del 1973 (IEA, 2002) (Silvestrini, 2006).
2
Nello Scenario di Riferimento il prezzo del petrolio è tra 47 e 59 $ al barile (IEA, 2006 (a)).
Fonti di energia
Petrolio
Gas naturale
Carbone
Nucleare
Idro e altre fonti
rinnovabili
Totale
1990
3.402
1.880
2.235
510
657
8.682
2003
4.052
2.477
2.510
662
817
10.517
2015
4.977
3.495
3.610
775
1.227
14.085
2030
5.977
4.747
4.887
867
1.560
18.040
Aumento
medio annuo
2003-2030%
1,4
2,4
2,5
1,0
2,4
2,0
7Diversamente dalle proiezioni del WEO 2005, per il carbone si prevede il più
grande incremento della domanda in termini assoluti, passando da 2.510 Mtep del 2003
a 4.877 Mtep del 2030, con un incremento medio annuo del 2,5%, principalmente per la
produzione di energia elettrica. Cina ed India assorbiranno circa i quattro quinti della
domanda aggiuntiva di carbone, che, quindi, continuerà ad essere il secondo
combustibile primario più importante con una percentuale che, all’interno della
domanda mondiale, aumenterà al 27% (IEA, 2006 (a)) (IEA, 2006 (b)).
A causa dei prezzi elevati, per la prima volta da quando l’IEA pubblica il WEO
(dal 1990), l’incremento della domanda di gas naturale è previsto ad un tasso meno
rapido rispetto a quello della domanda di carbone, rendendo quest’ultimo più
competitivo, specialmente per la produzione di energia elettrica. Per il gas naturale si
prevede un incremento della domanda del 2,4% l’anno, passando da 2.477 Mtep del
2003 a 4.747 del 2030, e la sua incidenza sulla domanda mondiale d’energia sarà del
26%. Il 52% di tale incremento sarà assorbito dal settore industriale, sebbene il gas
naturale sia considerato una risorsa importante anche nel settore dell’energia elettrica,
soprattutto per la generazione nelle nuove centrali (IEA, 2006 (a)).
L’incremento dei prezzi dei combustibili fossili rilancia l’interesse verso l’energia
nucleare, il cui incremento annuo si prevede di circa l’1%, passando da 662 Mtep del
2003 a 876 Mtep del 2030, incidendo del 5% sulla domanda globale. Tuttavia, tale
incremento è inferiore a quelli delle altre fonti, perciò l’energia nucleare inciderà di
meno nel mix energetico globale al 2030.
Anche le fonti rinnovabili saranno più competitive per la produzione di energia
elettrica. La domanda di idroelettricità e altre fonti rinnovabili aumenterà del 2,4%
l’anno (approssimativamente lo stesso incremento che si prevede per gas naturale e
carbone), passando da 817 Mtep del 2003 a 1.560 Mtep del 2030, e l’incidenza sulla
domanda globale sarà del 9%.
839%
24%
23%
6%
8%
petrolio
carbone
metano
nucleare
idro e altre
33%
27%
26%
5%
9%
Riassumendo, come si può notare anche nella figura 1.1, nello scenario al 2030 la
quota di petrolio passerà al 33% (rispetto al 39% del 2003), a vantaggio di un aumento
delle quote di carbone al 27% e di gas naturale al 26% (che nel 2003 incidevano
rispettivamente del 24% e del 23%). Aumenta, seppure lievemente, anche l’incidenza
delle fonti rinnovabili (dall’8% del 2003 al 9% del 2030), mentre diminuisce la quota
del nucleare dal 6% al 5%. Il mix dei consumi fossili, quindi, non subirebbe grandi
variazioni. Questo scenario è, per molti versi, preoccupante, e dal punto di vista
ambientale sarebbe comunque decisamente insostenibile. Inoltre, come già detto, la
possibilità di nuove tensioni geopolitiche o di gravi interruzioni degli
approvvigionamenti potrebbero portare ad un aumento dei prezzi ancora maggiore delle
aspettative.
Nell’immediato futuro, quindi, la questione principale sarà quella di gestire
razionalmente le fonti esistenti al fine di soddisfare la crescente domanda energetica,
variamente determinata da vicende economiche, politiche ed ambientali.
2003
2030
Figura 1.1. Confronto della composizione percentuale della domanda mondiale di
energia primaria per fonte fra l’anno 2003 e l’anno 2030
(Fonte: IEA, 2006 (a))
9Tabella 1.2. Consumi d’energia primaria per area geografica (Mtep)
1970 1980 1990 2000 2003 2004 2005
‘04/’05
Incrementi
%
1970/2005
Incrementi
%
2005
Quote
%
Nord
America
1841,0 2190,4 2316,7 2737,6 2741,8 2799,9 2801,3 0,3 52,2 26,6
America
centrale e
meridionale
144,7 247,3 321,1 450,4 458,3 481,2 501,4 4,5 246,5 4,75
Europa 2144,1 2835,1 3205,5 2828,8 2905,4 2960,6 2984,0 1,1 39,2 28,3
Medio
Oriente
73,7 136,3 261,7 402,9 464,0 491,7 510,2 4,0 592,3 4,8
Africa 73,7 141,5 222,9 275,8 298,0 311,7 316,5 1,8 329,4 3,0
Asia 739,0 1159,0 1792,4 2589,5 2964,8 3245,9 3423,7 5,8 363,3 32,5
MONDO 5016,1 6628,6 8120,3 9285,0 9832,2 10291,0 10537,1 2,7 110,1 100
Unione
Europea
(25)
1233,2 1470,4 1558,5 1654,8 1697,5 1719,1 1715,1 * 39,1 16,3
OCSE 3480,0 4133,0 4586,6 5359,3 5421,8 5523,5 5542,4 0,6 59,3 52,6
Ex-Unione
Sovietica
776,6 1150,8 1424,4 941,3 974,4 999,7 1014,3 1,7 30,6 9,6
* <0,05
(Fonte: BP, 2006)
I consumi mondiali d’energia primaria nel 2005 sono cresciuti del 2,7% rispetto
all’anno precedente. Questo dato medio, come si può notare nella tabella 1.2, è il
prodotto di dinamiche differenti fra le varie regioni del mondo. La crescita dei consumi
energetici nei Paesi asiatici incide per circa il 70% su quella mondiale (più della metà di
tale quota è dovuta alla Cina), trascinando l’attività economica ed i consumi energetici
di altre aree del mondo come l’America Latina ed il Medio Oriente, da dove
provengono gran parte delle risorse primarie. Nei principali Paesi industrializzati,
invece, l’aumento dei consumi energetici è stato più contenuto, a causa della minore
espansione dell’economia e dell’effetto dell’incremento dei prezzi energetici (BP, 2006)
(ENEA, 2006).
10
Petrolio Gas naturale Energia nucleare Idroelettricità Carbone
36%
24,5%
27,8%
11,3%
Dal 1970 al 2005 l’incremento dei consumi mondiali d’energia primaria è stato del
110,1%, e i Paesi del Medio Oriente sono quelli che hanno registrato il maggior
incremento (592,3%). La figura 1.2 mette in rilievo il trend dei consumi energetici
mondiali dal 1980 al 2005, ma soprattutto mette in evidenza come il fabbisogno
energetico mondiale sia fortemente dipendente dai combustibili fossili: circa il 36,4%
dei consumi mondiali d’energia primaria è rappresentato dal petrolio, il 27,8% dal
carbone e il 24,5% dal gas naturale; il restante 11,3% è più o meno equamente
distribuito tra energia nucleare ed idroelettrica
3
(BP, 2006).
Sino ad ora il progresso della tecnologia e periodi sufficientemente lunghi di
prezzi del petrolio sostenuti hanno giocato a favore di un ampliamento delle risorse
economicamente utilizzabili, e presumibilmente questi fattori resteranno in gioco negli
3
I dati riguardanti le altre fonti rinnovabili (solare, eolica, geotermica, ecc.) non sono inclusi nelle
statistiche BP. Fonti IEA stimavano nel 2003 un consumo di tali fonti pari al 2,7% del totale dell’energia
primaria.
Figura 1.2. Consumi d’energia primaria per fonti
(Fonte: BP, 2006)
Consumi mondiali
Mtep
11
anni a venire. Sicuramente le riserve “convenzionali” si vanno rapidamente esaurendo, e
da tempo si parla dell’imminenza del culmine della produzione di petrolio
convenzionale: in realtà i pronostici su quando ciò avverrà, secondo fonti come il
Department of Energy (DOE) degli Stati Uniti d’America, variano tra il 2016 (con le
ipotesi più realistiche) e il 2037 (Silvestrini, 2005) (ENEA, 2006). Infatti, la durata
prevista delle attuali riserve, come evidenziato in tabella 1.3, supera di poco i 40 anni, la
minore tra i combustibili fossili. Peraltro questo dato è puramente indicativo, se si
considerano gli incrementi di consumi di energia previsti per il futuro. E’ chiaro che un
contributo crescente al soddisfacimento della domanda verrà dal petrolio “non
convenzionale”, già considerato competitivo da molti analisti ai prezzi attuali, ma è
anche vero che tale petrolio ha costi d’estrazione più elevati di quello in produzione nei
giacimenti convenzionali.
Tabella 1.3. Riserve mondiali di petrolio (Gt)
* R/P (Riserve/Produzione) è il rapporto tra riserve al termine dell’anno 2005 e la produzione dell’anno
stesso. Esso fornisce la durata in anni di tali riserve, se il livello di produzione rimanesse invariato
(Fonte: BP, 2006)
Quello che è più dubbio in questo momento è la materiale accessibilità di molte di
queste risorse a causa di problemi di natura geopolitica. Come si può vedere nella
tabella 1.3, oltre il 61,9% delle riserve accertate è concentrato in Medio Oriente (seguito
40,6100% 163,6156,7140,299Mondo
13,83,4%5,46,47,15,3Asia e Pacifico
31,89,5%15,213,58,38Africa
81,061,9% 101,29990,454,3Medio Oriente
22,011,7%19,214,51113,6Europa e Eurasia
40,78,6%14,814,610,84,6America centrale e meridionale
11,95,50%7,88,812,513Nord America
%
Rapport
o R/P*2005200319931983Riserve accertate
12
dall’Europa e Eurasia con l’ 11,7%, e dall’Africa con il 9,5%), un’area del mondo che al
momento è teatro di gravi conflitti, ed è in mano a compagnie petrolifere nazionali che
possono fare un uso “politico” delle risorse (come è già accaduto in passato). Nel lungo
termine tutti i Paesi consumatori di petrolio vedranno accrescersi ulteriormente la
propria dipendenza da quelle aree. Il petrolio, tuttavia, è destinato ad avere ancora un
ruolo di rilievo nell’economia energetica dei Paesi industrializzati, anche se si prevede
un uso più razionale di tale fonte negli anni a venire.
Il consumo di carbone nel mondo aumenta soprattutto sotto l’impulso della
crescita dei consumi cinesi, a cui è dovuto l’80% dell’incremento totale dei consumi di
tale fonte nel 2005 rispetto all’anno precedente. Tale crescita conferma ciò che oramai
appare come un’inversione di tendenza rispetto quella della seconda metà degli anni
’90, in cui il consumo di carbone diminuiva.
L’utilizzo prevalente del carbone è legato alla generazione d’energia elettrica; in
alcuni Paesi è diffuso l’uso del carbone nel settore industriale (soprattutto siderurgico),
mentre in Cina è forte anche la domanda proveniente dal settore residenziale per il
riscaldamento degli ambienti.
La necessità di una maggiore diversificazione delle fonti d’approvvigionamento e
la ricerca di fonti energetiche meno costose hanno favorito questo ritorno al carbone
anche in Paesi piuttosto attenti ai problemi ambientali, come il Giappone.
Nel mondo le riserve di carbone economicamente utilizzabili sono cinque volte
maggiori di quelle del petrolio e, rispetto a quest’ultimo e al gas naturale, risultano
distribuite in maniera molto più omogenea in tutte le aree geografiche. Come
evidenziato nella tabella 1.4, le riserve di carbone sono maggiormente concentrate nei
Paesi di Europa ed Eurasia, in Asia e Pacifico e negli Stati Uniti d’America, con una
durata stimata di poco superiore ai 150 anni (BP, 2006) (ENEA, 2006).