Una volta formatasi, l’adenosina può uscire dalla cellula attraverso la membrana
cellulare per diffusione facilitata, cioè utilizzando una proteina di trasporto,
coinvolta in un processo bidirezionale dipendente dalla concentrazione. Questo
trasporto è inibito dalla dinitrobenziltioinosina e dal dipiridamolo.
L’adenosina extracellulare deriva dall’ATP rilasciato per esocitosi o attraverso un
trasportatore specifico di membrana. L'ATP viene poi inattivato nello spazio
extracellulare ad ADP, AMP ed adenosina grazie all’intervento di ectoenzimi
(Dunwiddie et al., 1997; Shrier et al., 2001). La defosforilazione dell’adenosina da
parte della ecto-5’-nucleosidasi sembra essere un passaggio limitante: usando un
inibitore di questo enzima su striato di ratto, questo diminuisce i livelli normali di
adenosina (Delaney & Geiger, 1998).
La formazione di adenosina intracellulare è importante quanto la sua formazione
dalla rottura dell’ATP extracellulare.
L’inattivazione dell’adenosina può avvenire prevalentemente attraverso tre vie:
1- la deaminazione ad inosina attraverso una adenosina deaminasi, la cui
affinità per l’adenosina è di 20-100 μM; questo processo può avvenire sia
all’interno che all’esterno della cellula grazie all’endo- e all’eso-adenosina
deaminasi;
2- la fosforilazione catalizzata da una adenosina-chinasi, la cui affinità è di 0.2-
2 μM; questo processo avviene dopo la ricaptazione dell’adenosina
all’interno della cellula grazie ad un trasportatore nucleosidico;
3- una reazione con L-omocisteina grazie ad una idrolisi che porta alla
formazione di S-adenosilomocisteina.
Un meccanismo efficiente di ricaptazione è importante nell’inattivazione
dell’adenosina, essendo tutti gli enzimi responsabili del catabolismo localizzati a
livello citoplasmatico e la sua rilevanza è sottolineata dal fatto che forti inibitori del
trasporto nucleosidico come la dinitrobenziltioinosina, il dipiridamolo e la
papaverina potenziano le funzioni dell’adenosina sull’attività motoria, nocicettiva,
ipnotica, convulsivante e neuronale (Bruns et al., 1991).
L’adenosina ricaptata viene poi fosforilata ad AMP grazie ad una adenosina-chinasi
intracellulare, che consente il riciclo del pool cellulare di purine.
5
Grazie alla microdialisi sono state determinate le concentrazioni fisiologiche di
adenosina, che sono di 30-300 nM, sufficienti per attivare i recettori A
1
e A
2A
(Fredholm et al., 2001a). I livelli di adenosina sono significativamente più alti
durante lo stato di veglia che nel sonno ed aumentano fino a centinaia di volte
come risultato di uno stress ossidativo (Rudolphi et al., 1992). Infatti in queste
condizioni, a causa dell’incrementato utilizzo dell’ATP intracellulare, si ha anche
un notevole aumento della produzione di adenosina che attraversa lo spazio
extracellulare per semplice diffusione. In condizioni ischemiche, cioè in mancanza
di ossigeno, invece la concentrazione può aumentare da un minimo di 10 fino ad
oltre 1000 volte. In condizioni di emergenza, il rilascio di purine avviene da
qualunque tipo cellulare danneggiato dall’insulto ischemico/ipossico come ad
esempio da cellule endoteliali, da globuli rossi e da piastrine. Si può ipotizzare
l’esistenza di un meccanismo di difesa che permette l’attivazione contemporanea di
più processi necessari per il ripristino della funzionalità cellulare e di una normale
omeostasi dell’ossigeno.
N
N
N
N
NH
2
H
H
OH
OH
O
HO
Figura 1 - Adenosina
6
RECETTORI ADENOSINICI
L’adenosina extracellulare è in grado di modulare la funzionalità cellulare
esercitando il suo effetto in seguito al legame e all’attivazione di specifici recettori
di membrana.
I recettori adenosinici appartengono alla famiglia dei recettori purinergici, suddivisi
in due classi denominate P
1
e P
2
in base alla maggiore selettività e al diverso ordine
di potenza dei nucleotidi/nucleosidi purinici (Ralevic & Burnstock, 1998). L’ordine
di potenza per i P
1
è: Adenosina > AMP > ADP > ATP, mentre per i P
2
è: ATP >
ADP > AMP > Adenosina. I recettori P
1
comprendono i recettori dell’adenosina. I
P
2
sono più sensibili all’ATP e ai nucleotidi correlati e sono suddivisi
prevalentemente in P
2X
(recettori canale) e in P
2Y
(recettori accoppiati a proteine G)
(Burnstock, 2006).
A tutt’oggi sono stati identificati e caratterizzati farmacologicamente quattro diversi
recettori dell’adenosina, tutti presenti a livello della membrana e accoppiati a
proteine G e secondo la nomenclatura IUPHAR vengono distinti in quattro sottotipi
denominati A
1
, A
2A
, A
2B
e A
3
(Fredholm et al., 2000; 2001a; 2003a) (Fig. 2).
I recettori adenosinici sono stati clonati in numerosi tessuti derivati sia da specie
animali che dall’uomo (Fredholm et al., 2001b) e sono stati identificati attraverso
una serie di dati ottenuti da studi molecolari, biochimici e farmacologici.
Tutti i recettori dell’adenosina sono associati alle proteine G, che sono elementi
essenziali in molti sistemi di trasmissione del segnale attraverso la modulazione di
specifiche attività enzimatiche. Le proteine G sono associate alla superficie
citoplasmatica della membrana e sono eterotrimeri composti da tre subunità distinte
in α, β e γ. La subunità α è quella che lega il GTP, che ha attività GTPasica
intrinseca e che quindi idrolizza il GTP a GDP.
I recettori accoppiati alle proteine G hanno una struttura putativa formata da 7 α-
eliche anfipatiche transmembrana; ciascuna è costituita da circa 21-28 amminoacidi
idrofobici. L’estremità N-terminale è posizionata a livello extracellulare e presenta i
siti di glicosilazione, importanti nella formazione del legame farmaco-recettore.
7
L’estremità C-terminale si trova sul lato citoplasmatico e presenta i siti di
fosforilazione, coinvolti nel disaccoppiamento del recettore con la proteina G.
L’analisi della struttura ha riferito l’importanza dei ponti disolfuro per la
conformazione recettoriale (Jacobson et al., 1993). Il ruolo della N-glicosilazione
che avviene sul secondo anello extracellulare non è ben chiaro, anche se potrebbe
indurre la stabilizzazione della conformazione della proteina e la protezione da varie
proteasi. La glicosilazione, secondo le attuali evidenze, non ha influenza sul
“binding” dei ligandi (Piersen et al., 1994).
L’attivazione del meccanismo di trasduzione del segnale intracellulare è mediata
dall’interazione del segmento intacellulare del recettore con specifiche proteine G. I
residui localizzati entro le regioni transmembrana sono cruciali per il “binding ” dei
ligandi. Il sito di legame con la proteina G è formato dalla III ansa intracellulare in
combinazione con il territorio carbossiterminale, e questo legame avviene quando
l’agonista si lega al recettore e lo attiva.
I recettori adenosinici presentano una diversa affinità per gli agonisti endogeni, una
diversa specificità farmacologica e un diverso modo di trasdurre il segnale. I
recettori A
1
e A
2A
sono ad alta affinità, in quanto attivati da concentrazioni
nanomolari di adenosina, mentre i recettori A
2B
e A
3
sono a bassa affinità perché
attivati da concentrazioni micromolari di adenosina (Klinger et al., 2002).
Sono stati inoltre evidenziati nella corteccia cerebrale dei siti di legame di tipo non
recettoriale detti “adenotin binding sites” (Schwabe et al., 1993), presenti anche
nelle piastrine (Varani et al., 1996) e nella placenta umana (Hutchison et al., 1990).
Questi siti fanno parte di una proteina di 98 kDa che ha omologia con le proteine da
stress (termica, metabolica, da infezione virale) e che impedisce la caratterizzazione
diretta dei recettori A
2A
periferici mediante misure di “binding” recettoriale
(Hutchison et al., 1990).
8
RECETTORI A
1
I recettori A
1
sono stati purificati diverse specie, tra cui uomo, ratto, bovino,
coniglio, sono stati clonati, sequenziati, espressi e sono risultati essere caratterizzati
da massa molecolare di 32 KDa, formati da 326 aa (Libert et al., 1992) ed il gene
del recettore umano (ADORA1) è stato localizzato nel cromosoma 1q32.1.
Questo sottotipo recettoriale presenta uno o due siti di glicosilazione sul secondo
dominio extracellulare, un sito potenziale per l’acetilazione degli acidi grassi sulla
coda carbossilica, alcuni siti di fosforilazione e un “cluster” di residui di Serina e
Treonina sulla porzione C-terminale (Linden et al., 1991).
Questi recettori sono accoppiati a proteine G
0
e G
i
e mediano l’inibizione
dell’adenilato ciclasi, l’aumento della conduttanza al potassio e la riduzione della
conduttanza al calcio (Freissmuth et al., 1991; Munshi et al.,1991). La subunità α
svolge un ruolo importante nell’attivazione dei canali per il potassio, mentre il
dimero βγ ha come azione principale l’inibizione dell’adenilato ciclasi.
I recettori A
1
hanno un’ampia distribuzione sia a livello centrale che periferico
(Dhalla et al., 2003; Schindler et al., 2005). Nel sistema nervoso centrale sono
presenti ad alte concentrazioni nella corteccia, nel cervelletto, nelle zone dendritiche
dell’ippocampo, nel genitacolo mediale e nello strato superficiale del collicolo
superiore (Rebola et al., 2003). A concentrazioni inferiori sono stati trovati nello
strato granulare cerebellare, nel nucleo septale laterale, nei corpi mammillari, nel
nucleo accumbens, nel caudato putamen, nella sotanza nigra e in alcuni nuclei
talamici. A livello periferico sono localizzati in cuore, polmoni, stomaco, fegato,
milza, vaso deferente, testicoli, tessuto adiposo bianco, vescica e neutrofili
(Gottlieb, 2001; Spicuzza et al., 2006).
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