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nuova architettura moderna, anche nel rispetto delle volumetrie preesi-
stenti.
Il presente lavoro si articola in sei capitoli, attraverso i quali si è cercato
di dimostrare che nel Centro Storico di Trani è in atto un processo di
Gentrification. Il primo capitolo nasce dalla consapevolezza che l’evolu-
zione dell’assetto urbano non può essere stata influenzata solo da pro-
cessi spontanei, portandoci ad indagare i recenti fenomeni di urbanizza-
zione e controurbanizzazione che ancora oggi interessano i paesi del-
l’Occidente industrializzato. Utilizzando modelli particolari si è riuscito
a spiegare gli aspetti più rilevanti dei complessi fenomeni di trasforma-
zione delle reti urbane.
Con i capitoli successivi si è passati ad analizzare la realtà del centro sto-
rico di Trani in modo da evidenziare la diretta connessione con la tratta-
zione teorica. In modo particolare nel secondo capitolo sono state esami-
nate le caratteristiche generali della città: gli aspetti storici, ambienta-
li, antropici ed economici, focalizzando l’attenzione sulle variabili che
fanno parte del suo tessuto economico-sociale.
Nel capitolo terzo è stata invece descritta la metodologia seguita nel cor-
so dell’indagine, mettendo in risalto le fonti dei diversi dati utilizzati e le
relative classificazioni.
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Nei capitoli successivi è stata evidenziata la crescita del borgo antico in
tutti i suoi aspetti quindi al centro storico concepito come integralità, a-
nalizzandone sia gli aspetti quantitativi e qualitativi della popolazione
residente, ma anche l’elaborazione di piani di restauro (risanamento con-
servativo) estesi all’intera porzione urbana costituente il centro storico;
Infatti, il centro storico di Trani, come in altre realtà del Nord-Barese, è
stato sottoposto a norme generalizzate di salvaguardia che prima ancora
di un’accentuazione della tendenza al degrado, ha legittimato le con-
sistenti trasformazioni d’uso.
Nonostante la grande produzione di dibattiti, documenti, piani orientati
dall’idea di un recupero teso a salvaguardare l’utenza e le attività più
deboli insediate, gli interventi realizzati dalla Pubblica Amministrazione
risultano in genere in molti centri storici in numero limitato assumendo
di fatto un carattere emblematico (Gambino, 1984).
Ma, poiché il semplice dato demografico non permette di cogliere tutti
gli aspetti significativi della trasformazione territoriale in atto, è stato ne-
cessario affrontare nel quinto capitolo il delicato problema del recupero
edilizio dei numerosi palazzi del centro storico, che ha rifiutato su tale
piano di ogni criterio di ripristino e di aggiunta stilistica, di rifacimento
mimetico, di demolizione di edifici a carattere monumentale.
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Successivamente, si è proceduto ad analizzare anche lo sviluppo econo-
mico in atto nel centro storico ormai da alcuni anni, facendo riferimento
alle licenze commerciali dell’ultimo ventennio.
Il sesto ed ultimo capitolo invece è quello che sintetizza e commenta
più di ogni altro il processo di Gentrification in atto a Trani da alcuni
anni, poiché non solo ne afferma l’esistenza, ma analizza in pro-
fondità la psicologia dei residenti oggetto di tale fenomeno.
Tale lavoro si è avvalso dell’utilizzo di grafici, tabelle e carte tematiche
che con un linguaggio più immediato hanno presentato le trasformazio-
ni avvenute nel centro storico nell’ultimo ventennio.
Questo lavoro di ricerca non sarebbe stato possibile senza il contributo
di diverse persone.
Anzitutto devo ringraziare il Signor Di Ruvo, Capo Sezione degli Uffici
Demografici, che mi ha dato la possibilità di effettuare le indagini sulla
popolazione e sulle famiglie residenti nel centro storico, ma anche l’aiu-
to preziosissimo degli impiegati del su citato ufficio demografico che mi
hanno fornito dei consigli circa lo spoglio manuale delle singole schede
di famiglia.
Desidero inoltre esprimere la mia gratitudine alla Direzione
della Ripartizione Tecnica per la disponibilità e la collaborazio-
ne offertami, infine, e non per questo meno importante ai collaborato-
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ri dell’ufficio commercio in particolare la Sig. Di Filippo, per avermi
rilasciato i dati relativi alle licenze commerciali relative agli ultimi
trenta anni.
Rigranzio anticipatamente tutto il dipartimento di Geografia, dai
Dirigenti, ai Professori, i ricercatori fino ai segretari per la disponibilità
e la gentilezza offertami.
E in ultimo, un ringraziamento particolare va a tutta la mia famiglia per
il sostegno e l’aiuto offertomi durante la stesura di tale lavoro.
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CAPITOLO I
TEORIA DELLA GENTRIFICATION
1.1 Introduzione
Dall’antichità fino al XVII sec., la città era assimilabile ad un mero in-
sieme funzionale di edifici, spazi pubblici e popolazione ben distinto
dal resto del territorio. Il suo ruolo principale era quello di “luogo di
mercato” a cui si affiancava in alcuni casi quella di nodo politico-ammi-
nistrativo (Rinella, 1998).
Con l’avvento della Rivoluzione Industriale il sistema economico-socia-
le è destinato a modificarsi profondamente: si passa da un modello dif-
fuso ad uno concentrato, diventando sempre più chiara la distinzione tra
semplici villaggi (agglomerati di popolazione agricola), “le città merca-
to al mero servizio della campagna circostante e quelle che potremmo
definire “località centrali di rango elevato”, caratterizzate dalla coesi-
stenza di più funzioni (residenziali, produttive, commerciali, ammini-
stative). Alla luce di questi rapidi mutamenti, non stupisce che la città
del XX sec. sia un’entità fluida e complessa, vero e proprio “luogo geo-
metrico dei possibili” (Reynaud 1984, pag.146) in cui “con maggiore e-
videnza che altrove si proiettano e si creano le condizioni della crescita
economica generale” (Tinacci Mossello 1990, pag. 162); si tratta di uno
spazio eterogeneo, non solo fortemente condizionato dall’esterno (con-
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correnza interurbana e/o interregionale), ma anche modellato da molte-
plici forze interne: ad esempio, diventa sempre più rilevante e più rapido
il processo di ristrutturazione fisica, il quale si “manifesta in una cre-
scente mobilità localizzativa delle diverse attività produttive e delle resi-
denze all’interno delle singole aree urbane e, quindi, in un accelerato
cambiamento della specializzazione funzionale dei singoli quartieri al-
l’interno della città” (Cappellin 1989, pag. 7).
Di primo acchito, non è, infatti, semplice dare una definizione di città:
“non è cosa da poco e ci sono molte probabilità di sbagliarsi”
(Perec 1989, pag. 73), ma in prima approssimazione, possiamo definire
una città in base al criterio della concentrazione intesa come:
a) concentrazione di edifici (es.: rapporto tra l’edificato e la superficie
territoriale;
b) concentrazione demografica (es.: abitanti residenti per Kmq o per et-
taro;
c) concentrazione di attività economiche (es.: rapporto tra funzioni ter-
ziarie e totale delle funzioni presenti.
Facendo riferimento, invece alla “teoria delle tre città” del sociologo
Beguinot (1989), è possibile considerare la città come una entità for-
mata da tre sottoinsiemi o, da tre punti di vista differenti:
1) città “di pietra” (sottoinsieme fisico), intesa come la più alta es-
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pressione della capacità della collettività di configurare e orga-
nizzare lo spazio in funzione delle diverse esigenze che si sono
presentate nel tempo; privilegiando, quindi, gli aspetti mor-
fologici, ossia la forma della città, vista come insieme di
contenitori delle attività e di canali delle comunicazioni;
2) città “di relazione” (sottoinsieme funzionale), luogo in cui si
concentrano molteplici funzioni ed in cui l’intensità dei flussi
(di merci, capitali, persone e informazioni) può assumere valori
elevatissimi;
3) città “dell’uomo” (sottoinsieme psico-percettivo), luogo “vis-
suto” dal gruppo umano; considerando non più la città in se’,
ma piuttosto intende mettere in luce il rapporto tra la città e i
suoi fruitori (abitanti, lavoratori, studenti, turisti ecc.).
Il contributo che ha dato Jean Gottmann, geografo francese, allo studio
della città e allo studio dell’organizzazione del territorio da parte delle
comunità umane, ha una impostazione contemporaneamente storica e
geografica, poiché, la Storia e la Geografia, rappresentano l’analisi di
tempo e spazio che sono le due categorie fondamentali che tendiamo a
dare per scontate, poiché tendiamo a misurare ogni cosa in termini di
spazio e tempo ( Gottmann, 2002).
Per questo, oggi, per capire “l’urbanizzazione contemporanea” può es-
sere utile pensare a Platone, ad Aristotele e studiare gli insediamenti di
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altre epoche e di altri luoghi; proprio per avere un confronto con quelli
che sono i problemi che gli esseri umani hanno cercato di risolvere attra-
verso la costruzione di città che tendiamo a dare per scontate, dato che
venendo al mondo esse già pre-esistevano.
1.2 L’urbanizzazione
All’inizio dell’Ottocento, quando la popolazione mondiale aveva rag-
giunto il miliardo, il 90% delle persone viveva dispersa in campagna, e
solo dopo un secolo la città era diventata realtà.
Infatti, a partire dalla metà del XIX secolo in tutti i paesi economica-
mente evoluti si era verificato un rapido aumento della popolazione ur-
bana considerando tale tendenza come, la conseguenza della Rivoluzio-
ne Industriale che segna il passaggio da un modello di organizzazione
territoriale “diffuso” ad uno “concentrato”, in cui le città, diventate veri
e propri catalizzatori di popolazione e industrie, si ampliano inghiotten-
do antichi villaggi e protendendosi verso la campagna.
Le cause che alimentano l’urbanizzazione possono essere suddivise in
due gruppi principali:
1. Forze che spingono la popolazione all’abbandono delle campagne:
I processi di meccanizzazione, riducono le necessità occupazionali
dell’agricoltura portando la popolazione giovane ad emigrare in
cerca di lavoro nel settore secondario e terziario.
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Questo spostamento, comporta un peggioramento della ragione di
scambio dell’attività primaria, in quanto, con l’aumento del benessere
economico si verifica una diminuzione della percentuale dei redditi
destinata all’acquisto di generi alimentari e l’aumento dei consumi di
altri beni, il che comporta un abbassamento dei prezzi dei prodotti
agricoli.
2. Fattori che attraggono la popolazione dalle campagne verso le città:
- le economie di agglomerazione: nelle città gli elevati valori
delle densità e la limitatezza delle distanze consentono di ac-
celebrare la circolazione di merci, capitali, persone e informa-
zioni giungendo valori di soglia e portata di beni e servizi di
rango elevato in un ambito territoriale ristretto.
- le esternalità positive: nelle città gli ‘effetti di vicinanza’, faci-
litano la vita di imprese, grazie alla presenza di una vasta gam-
di specializzazioni di servizi, di banche, di altre imprese con
cui esistono legami, sia, come pure dei singoli, migliorandone
la qualità della vita (Reynaud 1984).
- i fattori psico-sociali: la città è vista dagli abitanti delle campa-
gne come sede di modernità e di progresso, e propone loro un
modello di vita più attraente e maggiori opportunità di forma-
zione e di ascesa sociale.
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La definizione demografica di “urbanizzazione”, se applicata ai periodi
preindustriali, appare pressoché ineccepibile. Esiste, in effetti, una frat-
tura netta nei ruoli e nei modi di vita delle città e delle campagne.
L’urbanizzazione, infatti pur verificandosi ancora per meccanismi auto-
propulsivi su alcuni territori, a volte, a causa del notevole aumento del
reddito pro-capite e dei surplus propri degli agglomerati urbani, si rea-
lizza per esportazione e diffusione dei loro generi di vita.
I surplus industriali portano a maturazione procedimenti di creazione o
di potenziamento di altri centri che, in misura più o meno rapida, si av-
viano ad assumere caratteristiche urbane.
Pertanto lo schema odierno di urbanizzazione non è più quello della città
che influenza i borghi vicini e che svuota il contado, ma deve prevedere
anche forze che agiscono in senso inverso, e che danno luogo, alle città-
regioni che nascono soprattutto per effetto dello sviluppo tecnologico.
Per misurare come e con quale velocità, questo processo si realizzi, oc-
corre fare riferimento a caratteristiche sociali e a strutture complesse,
proprie dei punti di concentrazione della popolazione, che siano misura-
bili, e che esprimano un concetto di urbanizzazione come “caratteristica
intrinseca della società totale” (Vitali , 1983).
Lo studioso Wirth ha definito la città come “un’insediamento relativa-
mente vasto, denso e permanente di individui socialmente eterogenei” ed
ha dato luogo ad uno studio dell’ “urbanizzazione come modo di vita”.
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Vitali ha ritenuto di dover ricorrere al metodo statistico, per sua natura
adatto a sintetizzare oggettivamente i multiformi aspetti della realtà
urbana (Vitali, 1983).
Per ogni singola unità territoriale considerata (il Comune), si è ritenuto
di potere caratterizzare il modo di vita rurale o urbano basandosi sulla
diversa intensità o presenza delle seguenti caratteristiche:
a) attività extragricole;
b) terziarietà;
c) grado di istruzione;
d) stato delle abitazioni;
e) densità;
f) concentrazione della popolazione.
L’urbanizzazione sempre più ampia e diffusa si accompagna ad un altro
fenomeno rilevante: quello dell’aumento demografico delle città.
Il gigantismo urbano è la conseguenza di tre ordini di condizioni presenti
nei diversi Paesi:
1) le caratteristiche demografiche complessive;
2) il livello di sviluppo economico;
3) l’antichità di popolamento della civiltà urbana.
Oltre alla compagine demografica, si accresce anche la dimensione fisica
delle città.
L’ “esplosione urbana” su scala topografica è la conseguenza del mi-
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glioramento del sistema di trasporto, il quale ha consentito di separare
spazialmente diverse attività (residenziali, produttive, commerciali),
e quindi,di realizzare la specializzazione delle singole aree urbane, zone
di concentrazione e di diffusione, luoghi di inclusione e di esclusione.
Nel tempo la parola “città” è divenuta sempre meno adeguata per defi-
nire le molteplici realtà territoriali che la crescita urbana ha originato, ed
altri termini sono stati coniati per rappresentarla: conurbazione,
agglomerazione, megalopoli, area metropolitana, sistema urbano.
(Rinella, 1998).
La Conurbazione è lo spazio urbano pressoché continuo, che risulta dal-
la fusione di più centri cresciuti contemporaneamente fino a diventare
un’unica “ città estesa”; gli esempi tipici sono legati alla prima industria-
lizzazione (Midlands, Ruhr, ecc.).
L’Agglomerazione è il risultato della crescita a macchia d’olio dello
spazio edificato intorno ad un nucleo formato generalmente da una città
storica, che spesso ingloba insediamenti rurali minori circostanti
(corona).
L’Area metropolitana è un’area che comprende una o più agglomerazio-
ni (o conurbazioni), collegate insieme da relazioni funzionali, con una
popolazione non inferiore alle 200.000 unità e una densità superiore agli
800 ab/Kmq.
Il Sistema Urbano propone un concetto simile a quello di area
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Metropolitana però, a differenza di quest’ultimo, prescinde dai limiti
di dimensioni topografiche e di densità demografica, e considera solo i
rapporti di pendolarità per lavoro che legano tra loro un centro principa-
le con quelli minori vicini. All’interno del sistema urbano è possibile
distinguere un “cuore”e una “corona” circostante.
La Megalopoli indica un insieme formato da diversi grandi sistemi
urbani vicini, collegati fra loro da relazioni particolarmente intense.
Le città di una megalopoli sono unite da una fittissima rete di vie di co-
municazione costituita da autostrade, aeroporti, metropolitane, ferrovie.
Il termine “megalopoli” venne coniato da Gottmann (1961) per descrive-
re il sistema metropolitano del Nord-Est degli USA tra Boston e
Washington.
1.3 La controurbanizzazione
Se la crescita esponenziale dell’urbanizzazione fin qui delineata è ancor
oggi valida per i Paesi in via di sviluppo, nei Paesi sviluppati a partire
dagli anni Settanta sembra verificarsi un’inversione di tendenza alla cre-
scita indiscriminata delle città.
All’inizio degli anni Settanta, infatti, il geografo Berry (1976), esami-
nando i dati demografici relativi alle città degli Stati Uniti, osservò una
inversione di tendenza nella distribuzione geografica dei tassi di crescita
della popolazione: le aree non metropolitane crescevano più rapidamente
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delle grandi città. Negli anni successivi la stessa tendenza fu riscontrata
anche nei paesi dell’Europa occidentale industrializzata.
La reazione immediata tra i geografi fu di coniare un nuovo termine per
descrivere il recente fenomeno: controurbanizzazione.
Del declino metropolitano sono state date tre distinte interpretazioni
(Tinacci Mossello, 1990).
Una prima interpretazione evidenzia la novità del fenomeno e la sua
qualità di rottura rispetto alla dinamica storica dell’urbanizzazione,
novità che consiste, secondo la definizione di Berry (1976), in
“un processo di decontrazione della popolazione urbana che implica il
passaggio da uno stato di maggior concentrazione ad uno stato di minor
concentrazione avente come sua caratteristica fondamentale la diminu-
zione della dimensione e la diminuzione della densità”. Si assiste così al-
la crescita più ampia delle aree urbane minori rispetto a quelle più grandi
e più importanti nella gerarchia dei sistemi di città, al declino delle aree
metropolitane maggiori, al parallelo decentramento delle attività indu-
striali dalle aree tradizionali della crescita ad aree periferiche, alla rivalo-
rizzazione di aree rurali e marginali.
Dal punto di vista analitico, la controurbanizzazione è definita da
Fielding (1982) come rapporto di proporzionalità inversa tra i saldi mi-
gratori e la dimensione della città (ossia il tasso di incremento migratorio
è tanto più elevato quanto più piccola è la città ). Minori, infatti, sono le