Nella Relazione governativa
3
per i reati societari era precisato che
alla base della delega vi era la pressante necessità di un’incisiva
razionalizzazione del sistema penale societario, che, in sede di attuazione, si
è tradotta, tra l'altro, nella riduzione del numero complessivo di reati e
contemporaneamente nell’individuazione di nuove figure criminis.
Soprattutto il c.d. “falso in bilancio” ha subito profonde modificazioni
perché è stato addirittura configurato come ipotesi contravvenzionale di
falsità in comunicazioni sociali in genere (art. 2621 c.c.), mentre l’altro
reato di false comunicazioni sociali è perseguibile a querela di parte, qualora
la condotta illecita venga realizzata nell'ambito di società quotate in borsa
(art. 2622, comma secondo c.c.).
In questa sede occorre rilevare che l'art.4 del decreto legislativo, che
ha riformulato il diritto penale societario, ha sostituito anche il n.1 del
comma 2 dell’art. 223 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. Legge
fallimentare), disponendo che rispondono di bancarotta fraudolenta
societaria gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di
società dichiarate fallite, quando “1. Hanno cagionato, o concorso a
cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuni dei fatti previsti
dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 3632, 2633 e 2634 del
codice civile”, secondo il dettato che ora emerge a seguito dell'inserimento
della nuova proposizione normativa nel tessuto del succitato articolo, che
risulta quindi modificato solo su questo punto. Con tale innesto è stata
dunque modificata parzialmente la disciplina della c.d. bancarotta societaria
o impropria
4
, per la quale, il legislatore ha utilizzato, come in precedenza, la
c.d. tecnica del rinvio, anche se il tessuto normativo di appoggio risulta, a
seguito dell'intervenuta riforma, quasi completamente mutato e,
sicuramente, anche con un'incidenza diversa.
5
3
V. i punti 1 e 1.1 riportati in Guida al diritto, n.1 del 27 aprile 2002, pag.28.
4
MUSCO, op. cit. e MANGIONE, La bancarotta fallimentare impropria, in A.A.V.V., I
nuovi reati societari:diritto e processo, Padova, 2002, pag.609 e seg..
5
BRICCHETTI, Bancarotta impropria: a rischio i fatti del passato, in Guida al diritto,
n.16, 2002, pag.83 e seg..
3
Rimane invece ferma l'altra ipotesi di cui al n.2 del comma secondo
dell’art. 223 l. fall. per la quale, sempre con la precisazione soggettiva
contenuta nel comma 1, sono puniti con la pena stabilita dall’art.216
“bancarotta fraudolenta” gli stessi soggetti, quali preposti (o controllori)
delle società dichiarate fallite, che “hanno cagionato con dolo o per effetto
di operazioni dolose il fallimento delle società”.
La riforma, pur peculiarmente sensibile, che ha accolto almeno in
parte le critiche che ampia dottrina
6
aveva rivolto alla formulazione
previgente, è peraltro destinata a durare poco tempo: come noto è ormai alle
porte un'ampia riforma del diritto penale fallimentare e, a quanto è dato
prevedere, la futura disciplina non conterrà una disposizione assimilabile a
quella di nuovo conio, ed anzi parrebbe che sul punto venga adottata una
norma non dissimile da quella abrogata proprio dal citato art.4. Il che induce
a sconsolate considerazioni circa la visione sistematica del legislatore.
Il tratto saliente, che profondamente muta la fisionomia della norma
rispetto l'assetto previgente, consiste nel collegamento causale fra la
commissione dei fatti costitutivi dei reati societari e il dissesto, che diviene
così l'evento del reato.
Questo collegamento causale, che trasforma il delitto da reato di
pericolo
7
in reato di danno, facendo così venire meno l'anticipazione della
tutela penale, caratterizza più nettamente la fattispecie sul versante del
disvalore, posto che il più grave trattamento sanzionatorio trova la sua
ragione d'essere proprio nella connessione eziologica con l'evento.
8
Ugualmente condizionata, come la previgente, dalla dichiarazione di
fallimento (variamente interpretata da dottrina e giurisprudenza ora come
condizione obiettiva di punibilità, ora come elemento costitutivo del reato,
ora come circostanza aggravante), la nuova incriminazione meglio seleziona
i reati societari, la cui realizzazione integra l'estremo di fattispecie. A tacere
6
In questo senso si veda per tutti PEDRAZZI, Reati commessi dal fallito, in Commentario
Sciaoja-Branca, Bologna, 1995, pag.304.
7
PEDRAZZI, op. cit.
8
LANZI, La nuova bancarotta fraudolenta per precedente reato societario, in Dir.pratica
soc., 2002, pag.20.
4
d’ogni altra considerazione, la valenza causale rispetto al dissesto, ora
impressa dalla norma vigente alla commissione dei fatti previsti nelle
disposizioni richiamate, ha imposto al legislatore di individuare soltanto
quelle fattispecie che, almeno in astratto, configurano condotte idonee ad
incidere sulla consistenza patrimoniale della società: soltanto partendo da un
modello di condotta almeno in astratto idonea a cagionare l'evento tipico, è,
infatti, possibile verificare nel singolo caso concreto l'eventuale sussistenza
di un nesso di causalità tra la condotta tipizzata dal legislatore e l'evento. Si
è in presenza di un reato di evento a forma vincolata, nel senso che ad
integrare il paradigma legale occorre, fra l'altro, non soltanto il verificarsi
dell'evento, ma anche che l'evento stesso sia stato determinato
esclusivamente attraverso una delle condotte tassativamente descritte (nel
caso: alternativamente una di quelle designate dai reati richiamati).
A tale proposito va richiamato quanto detto nella relazione governativa a
giustificazione dell'attuale rinvio alle norme societarie: viene precisato che
sono state previste come ipotesi base i reati societari dolosi, che, pur con
diversa oggettività giuridica, siano armonicamente riconducibili nella
tipicità della figura della bancarotta fraudolenta in ragione di una parziale
omogeneità d'offesa.
9
Come si evince dalla norma, i reati richiamati sono quelli di cui
all’art. 2621 c.c. (False comunicazioni sociali), all’art.2622 c.c. (False
comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori), art.2626 c.c.
(indebita restituzione dei conferimenti), all’art.2627 c.c. (Illegale
ripartizione degli utili e delle riserve), art.2628 c.c. (Illecite operazioni sulle
azioni o quote sociali o della società controllante), all’art.2629 c.c.
(Operazioni in pregiudizio dei creditori), all’art.2632 c.c. (Formazione
fittizia di capitale), all’art.2633 c.c. (Indebita ripartizione dei beni sociali da
parte dei liquidatori) ed infine all’art. 2634 c.c. (Infedeltà patrimoniale).
9
CADOPPI, op. cit..
5
Il nuovo richiamo è fatto, come avveniva prima, non ai “reati”
societari previsti dalle rispettive norme indicate, ma ai “fatti”
10
, di cui alle
norme che il legislatore indica richiamando i singoli articoli. È da notare che
tra i fatti previsti sono compresi quelli che nella nuova formulazione sono
puniti come ipotesi contravvenzionali e precisamente quello di cui all’art.
2621 c.c. e quello di cui all’art. 2627 c.c.; sono compresi anche fatti che
sono puniti a querela come quello di cui all’art. 2622 c.c., quello di cui
all’art. 2629 c.c., quello di cui all’art. 2633 c.c. e quelli di cui ai commi 1 e
2 dell’art. 2634 stesso codice. Il richiamo, in ogni modo, rimane sempre
valido in entrambe le ipotesi, idoneo, com’è, ad individuare l'elemento
oggettivo della fattispecie di bancarotta societaria in funzione della quale è
posto.
Nessun dubbio che il delitto in questione rientri nella categoria dei
reati propri, essendo il novero dei soggetti attivi predeterminati per legge.
Soltanto apparente la discrasia fra l'elenco delle figure soggettive
qualificate, che compare nel primo comma dell’art.223 l. fall. e come tale
richiamato dal secondo comma, e le enumerazioni dei soggetti propri, che
figurano nelle fattispecie dei reati societari, alle quali il medesimo secondo
comma dell’art.223 l. fall. rinvia
11
: in realtà il catalogo del primo comma
dell'articolo in esame costituisce l'esaustivo elenco dei possibili soggetti
propri contemplati nelle singole figure di incriminazione richiamate, che
pertanto ben possono prevedere un più limitato ambito soggettivo senza che
ciò possa importare l'estensione dell'art. 223 a soggetti diversi da quelli
tipicamente indicati nelle specifiche incriminazioni via via richiamate. I
reati societari entrano nell'orbita della bancarotta proprio in forza di questo
rinvio e del collegamento causale con il dissesto, ma non perciò smarriscono
la loro identità, né sul versante oggettivo né su quello psicologico.
12
10
Già così sotto la vigenza della precedente formulazione normativa, l’opinione di LA
MONICA, I reati fallimentari, Milano, 1995, pag.479.
11
BRICCHETTI, op. cit..
12
PEDRAZZI, op. cit..
6
Su questi punti si avrà comunque modo di ritornare nel seguito di
questa trattazione.
Nel passaggio dalla previgente incriminazione a quella attuale va
tuttavia smarrita una componente non marginale della ragione della tutela
che il legislatore del 1942 aveva colto: la scelta, pur discutibile sul versante
della individuazione dei reati societari, portava con sé una tutela
specialmente avanzata dei creditori, in quanto implicava la trasformazione
nel più grave reato fallimentare dell'illecito societario.
13
Siamo al cospetto di
beni giuridici rispetto ai quali l'intervento della sanzione penale soltanto
dopo la loro effettiva lesione appare tardivo, in quanto l'effetto deterrente
della comminatoria non sembra sufficiente a far rispettare il divieto (in
proposito è da tenere conto della circostanza che in tali situazioni la
distruzione del bene protetto può determinare in capo al soggetto passivo
danni di portata esponenziale). E questa componente appare peculiarmente
significativa nel c.d. diritto penale dell'economia, almeno in quelle
fattispecie nelle quali la serialità della condotta punibile, ovvero la specifica
insidiosità rispetto alla persona offesa mal si conciliano con un intervento
postumo della sanzione penale.
Aspetto particolarmente interessante, che verrà successivamente
preso in considerazione, è quello del “dilemma continuità-discontinuità
normativa”
14
che ha riguardato a seguito della riforma del “diritto penale
societario” la fattispecie di “bancarotta societaria” insieme anche a quella di
“false comunicazioni sociali”. Infatti sul punto si è pronunciata la Corte di
cassazione a Sezioni Unite, investita dalla Sezione V penale. L'ordinanza di
rimessione si incentra prevalentemente sugli effetti legati alla sostituzione
della disposizione fallimentare, non anche di quella societaria, preso atto,
rispetto a quest'ultima, dell'univocità di posizioni registratesi presso la
13
PEDRAZZI, op. cit..
14
L’espressione è efficacemente utilizzata da ALESSANDRI, Il ruolo del danno
patrimoniale nei nuovi reati societari, in Le Società, 2002, pag.798.
7
giurisprudenza di legittimità.
15
La Suprema Corte ha ritenuto opportuno
estendere il thema decidendum anche alle false comunicazioni sociali.
Questa scelta pare condivisibile, in primis, per il rapporto strutturale che
lega l’art.223 comma 2 n.1 l.fall., e l’art.2621 c.c., e che spiega la ricorrente
contestazione congiunta di tali figure di reato agli imputati coinvolti; ma è
ancora più apprezzabile dove si pensi che “nell'ambito delle pronunce che si
sono espresse in favore dell'abolizione, si coglie l'univoco riconoscimento
che una volta abolito il precedente reato di bancarotta impropria, può
residuare il meno grave reato di false comunicazioni sociali”.
Rinviando l'analisi della sentenza in oggetto ad un momento
successivo, si deve notare come “la successione di leggi penali nel tempo”
abbia coinvolto l'interprete in più di un'occasione negli ultimi anni. Si tratta
dunque di un profilo che, come una spia, “segnala lo zeitgeist
dell'ordinamento penale”
16
e che, salvo improbabili mutamenti di rotta degli
indirizzi legislativi, interesserà da vicino operatori e studiosi del diritto
penale ancora per svariati decenni. Peraltro i dubbi relativi alle disposizioni
da applicare ai casi concreti potrebbero agevolmente risolversi, qualora il
testo normativo innovatore fosse accompagnato da una disciplina a carattere
transitorio.
17
Tuttavia, per trascuratezza o per eccessiva fretta nella
redazione delle leggi, ovvero forse per consolidata abitudine, il nostro
legislatore sembra non curarsi delle implicazioni che un novum normativo
porta con sé.
In effetti, un accenno al diritto transitorio è rinvenibile all’art.5 d.lgs.
n.61 del 2002, dove si afferma che “per i reati perseguibili a querela ai
sensi del presente decreto legislativo, commessi prima della data di entrata
in vigore dello stesso, il termine per la proposizione della querela decorre
15
Cass., Sez. V, 3 giugno 2002 con nota di TORRENTI, in Riv.Pen., 2002, pag.770 e Cass.,
Sez. I, 24 settembre 2002, MAZZEI, in Cass.Pen., 2003, pag.73 e seg..
16
ROMANO, Irretroattività della legge penale, in Riv. dir. e proc. pen., 2002, pag.1248 e
seg..
17
Dal punto di vista concettuale è opportuno distinguere il diritto transitorio da quello
intertemporale, sebbene spesso si ricorra indistintamente ad entrambe le locuzioni in
riferimento alla generale tematica della successione delle leggi penali nel tempo. Mentre il
diritto intertemporale è quell’insieme di norme che tende ad individuare, tra più
disposizioni in sequenza cronologica, quella da applicare al caso concreto, il diritto
transitorio, invece, regola il passaggio da una normativa ad un’altra; così, e per ulteriori
approfondimenti, MAZZA, La norma processuale nel tempo, Milano, 1999, pag.94 e seg..
8
dalla data predetta”. Purtroppo, però, la previsione di una sola norma di
coordinamento, per di più di carattere processuale, non è di grande aiuto ai
fini della risoluzione dei problemi di diritto intertemporale. Il suo ambito di
operatività è circoscritto a quei fatti per cui adesso è stata introdotta la
procedibilità a querela. Taluno
18
, infatti, ha definito “ambiguo” questo
atteggiamento rinunciatario del legislatore, soprattutto se si tiene conto di
quanto asserito dall’on. Pecorella nella sua relazione di presentazione del
disegno di legge n. 1137 proprio sui riflessi di diritto intertemporale legati
alla riforma. Inoltre, il profondo rispetto del principio di sufficiente
determinatezza e precisione dell'illecito, in conformità alle indicazioni della
legge delega, perde di rilievo nel momento in cui la mancata previsione di
un regime transitorio da vita a difficoltà applicative dovute alla dubbia
persistenza della rilevanza penale di un dato fatto. Tutto ci si poteva
attendere, tranne incertezza, da una riforma all'insegna della certezza del
diritto.
19
18
ALESSANDRI, Il ruolo del danno patrimoniale, op. cit., pag.798.
19
ALESSANDRI, op. cit..
9