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Colin, con le sue poesie quasi “moderne” che non hanno rispetto della
metrica, perché non scritte per essere recitate, ma cantate.
Esempio unico quello di Guiot, col suo doppio stravolgimento
del codice della fin’amor con la sua canzone di crociata: la voce
recitante è affidata sorprendentemente alla dama e annullando uno dei
requisiti dell’amore cortese il desiderio non appagato e capovolgendo
il topos dell’amor de lonh, perché non è il poeta che prova la
malinconia della sua terra, ma è la dama che soffre per il suo amante
lontano. Si è scelto quindi, nel tratteggiare l’evoluzione e il
cambiamento del concetto della fin’amors, un autore poco noto ma
originale: Guillaume Le Vinier, per il quale Amor non è più un valor
assoluto, e si contrappone a Simon d’Authie, nella cui poesia i valori
della fin’amor sono tali da spingerlo ad accettare anche la morte
La raccolta si chiude con un omaggio all’ignoto autore della
Bele Doette, struggente chanson de toile o d’histoire o de dame di un
amore infelice che spinge la protagonista alla rinuncia e alla penitenza
per la morte del suo Sire.
***
Il periodo storico che abbiamo preso in considerazione è quello
compreso tra l’ultimo trentennio del XII e il primo del XIII secolo,
ossia la fine di quella che è stata definita anarchia feudale.
Tra la seconda metà del X secolo e la prima dell’ XI mentre in
Fiandra c’è la frantumazione del potere, la Champagne raggiunge il
massimo della espansione con una coesione interna che le consente di
annettere altri territori, con un tessuto di corti ricche e sebbene
frantumate, sono avulse allo sfaldamento del potere.. In un panorama
politico in cui l’istituzione regale è in crisi sono proprio le piccole
corti a presentare le condizioni ambientali e culturali più favorevoli
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per lo sviluppo dell’attività lirica e letteraria. Le Fiandre e la
Champagne diventano le zone più ricche d’Europa, grazie al grande
sviluppo delle attività economiche che segue i nuovi dissodamenti, i
miglioramenti delle tecniche agricole e il sistema delle fiere.
L’aumento della produttività e della ricchezza consente al principe,
grazie alla leva erariale, assumere funzionari stipendiati, e legati a lui
da un forte vincolo di fedeltà.,. È anche attraverso di loro che il
principe stabilizza ulteriormente il proprio potere, frenando
l’emancipazione delle abbazie, appropriandosi del diritto di conio e
favorendo lo sviluppo di fiere e mercati.
Così come stava succedendo nel sud della Francia, in Provenza,
anche nel Nord si affermano diverse corti, che fioriscono
ulteriormente nel relativo periodo di pace che Luigi VII garantisce nel
regno di Francia, ponendosi come titolare dell’ordine e responsabile
davanti a Dio e ai principi della pace nei suoi territori . Lo spirito
bellico che cede il posto alle attività intellettuali, le corti fioriscono
economicamente e politicamente: è su questo sfondo che si innesta
anche nella Francia del Nord l’esperienza lirica. E’ chiaro che in
questa ottica la influenza della cultura trobadorica si riduce ad essere
solo una delle variabili da considerare nella questione dell’origini
della lirica oitanica. Certamente l’apporto provenzale fu responsabile
dell’impulso iniziale, come si può dedurre dalle due canzoni di
Chrètien, ma a posteriori gli elementi autoctoni consentono la
creazione di nuove esperienze intellettuali.
Inoltre, è necessario valutare l’assoluto disinteresse della
monarchia per l’attività letteraria con il suo esclusivo interesse del
progetto del potere: se per certi aspetti la corte stimola la creazione
letteraria, per altri si limita a sostenere la cultura del rinnovamento
teologico, scolastico ed ecclesiastico, favorendo il superamento dei
canoni estetici romanici. I monasteri e le cattedrali sono i punti di
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irradiazione del nuovo pensiero, del pensiero della monarchia, della
storiografia ufficiale, attraverso i chierici formatisi nelle scuole delle
cattedrali a stretto contatto con gli eventi politici, e saranno gli stesi
che entreranno quali funzionari della burocrazia e della
amministrazione, nelle corti disseminate in terra di Francia, in quella
reale ma anche in quelle dei grandi e fiorenti principi territoriali, che
risultano investiti anche loro dal flusso vivo delle nuove esperienze.
Nei palazzi del potere laico, i poeti e gli ecclesiastici convivono
strettamente e l’attività lirica viene ad essere anche in territorio d’oil
non solo passatempo e svago, ma anche un elemento insostituibile di
riflessione filosofica e politica, tanto che molti principi, come ad
esempio Thibaut de Navarre, scrivono poesie di notevole pregio,
analogamente a quanto era già successo al Sud, in area occitana.
Nel canzoniere lirico in lingua oitanica, un posto di tutto
interesse hanno molti nobili signori delle corti Blois e di Champagne
che costituirono i centri di maggiore attività letteraria e di riflessione
poetica,. Sarebbe però sbagliato fare della lirica oitanica un
appannaggio esclusivo dei nobili. I poeti provengono da ogni rango
sociale all’epoca potesse produrre cultura anche scritta: possidenti,
magistrati, “borghesi”e non mancano i poeti di strada, girovaghi che
cercano ospitalità e aiuto nei castelli dei ricchi signori.
Così come era nata nella Champagne in piena crescita, la poesia
lirica segue lo sviluppo economico della Francia e si sposta nel XII
secolo verso le regioni e i capoluoghi che maggiormente godettero
della nascita della prima industria e del fiorire dei commerci, dove la
ricca borghesia cerca di innalzare il proprio status anche mediante la
pratica dell’attività letteraria. L’Artois e la Piccardia sono quindi i
centri di questa seconda fioritura, anche se perde necessariamente il
primitivo carattere più propriamente cortese indirizzandosi verso i
generi più borghesi e intellettualizzanti come il jeux-parties.
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***
Il dibattito non ancora risolto sulle origini della lirica oitanica,
non può iniziare se non si presentano i principali protagonisti:
Eleonora d’Acquitania,, nipote del primo trovatore Guglielmo IX,
andata in sposa al re francese Luigi VII, e Enrico II Plantageneto. Le
figlie Aelis de Blois e Maria di Champagne ospitarono nelle loro corti
i protagonisti delle maggiori produzioni letterarie. Ma per quanto
illustre e importante, il lignaggio aquitano, non assorbe in sé l’intera
vicenda della traslatio: è pienamente accertato l’impulso dato
all’irraggiamento dei modelli trobadorici da diverse corti oltre a quelle
di Champagne, in particolare la corte di Filippo d’Alsazia, quella di
Baldovino V Hainaut e altre minori dell’area piccarda. Esemplare è la
lunga permanenza di Chrètien presso la corte di Champagne e della
Fiandra, indizio del loro pari prestigio e del comune clima culturale.
Lejeune, umanista belga sosteneva che il centro di divulgazione
della lirica francese fosse nella Champagne (1958), mentre Bezzola 10
anni dopo aveva notato che i trovieri della prima generazione furono
fiammingo-artesiani e piccardi. Il centro a suo parere era la corte di
Alsazia, o quella di Baldovino V in Fiandra – spostamento del dentro
verso Est. Un altro filologo, anglosassone Benton conferma la
possibilità della Champagne come centro: in questa corte ci sarebbe
l’influenza di culture omogenee orientate in senso teologico e
filosofico.
Si deve perciò attenuare l’importanza della Champagne senza
ribaltare il discorso in favore della Fiandra, pur avendo Maria di
Champagne molti poeti nella sua corte non esiste un registro
L’annosa questione delle origini della lirica francese pone,
sinteticamente, tre sottoquestioni principali:
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1) la lirica del XII e XIII secolo è una poesia d’origine
dotta o popolare, o entrambe?
2) nella Francia d’oil, la lirica è poesia indigena o imitata
dal provenzale?
3) la lirica è effusione ingenua e personale dei sentimenti
del poeta o risponde a luoghi comuni e formule
canoniche?
In stretto collegamento con gli ideali romantici è la tesi a favore
di una origine popolare, testimoniata dalle prime raccolte a stampa di
canzoni folkloriche del ’800, come il canzoniere italiano e l’esempio
“vivente” dei cantastorie dell’Europa Centrale. In Francia, d’Avençon
riteneva necessario combattere il pregiudizio nel folklore del Sturm
und Drang, e dei Volkslieder che si opponevano alla poesia della
natura. Per i romantici tedeschi i poeti primitivi erano Omero, i
Nibelunghi, la Bibbia, Shakespeare, Ossian e li opponevano ai poeti
professionisti. La Naturepoesie era opposta alla Kunstpoeise, ma
l’unica arte originale genuina era la popolare che è creazione collettiva
inconscia e incoronazione dello spirito comune.
La seconda questione è ugualmente complessa: La lirica
francese è imitazione di quella provenzale o nasce nel Nord?
Jeanroy , alla fine del secolo XIX confuta le tesi romantiche in
voga fino ad allora, pur non svincolandosi pienamente, nega le origini
popolari della poesia della Francia settentrionale e imposta la teoria
per la lirica d’oil che conosciamo sarebbe quella rimasta dopo che la
poesia “straniera” del Sud aveva rimpiazzato l’antica poesia indigena,
di origine popolare.
Secondo queste teorie la poesia era popolare : perché
composta da letterati rimasti in intima unione con il popolo e quindi
prodotti non dal popolo ma per il popolo. Il divorzio tra le due poesie
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sarebbe attribuito a fattori sociali: la società era diventata più raffinata;
era iniziata una differenziazione in classi sconosciuta fino al XII
secolo che aveva portato ad una frammentazione del corpo culturale
presente fino ad allora, omogeneo e collettivo, e alla nascita di un
registro diverso per ogni classe sociale.
La stessa nascita e diffusione del romanzo cortese pare confermare
questa tesi: pare rivolgersi esclusivamente ai cavalieri. Jeanroy divide
la produzione letteraria francese in poesia popolare poesia soggettiva
(trovatori e trouvères) che esprime sentimenti personali, poesia colta
di superstruttura, e di poesia oggettiva o popolare, che è poesia
narrativa e di avventure.
Sulle teorie romantiche che danno valore estetico solo alle opere
originali si innesta il paradosso delle origini: nel tentativo
ossessionante di trovare le sorgenti della poesia – che non possono che
essere popolari - si finisce per classificare come popolari testi
evidentemente artificiosi. In realtà è impossibile e forse addirittura
inutile trovare una soluzione a questo dilemma. I dati che arrivano
dalla filologia, ci indicano che si verificava una situazione di scambio
tra popolo ed élite, una osmosi tra villaggio e palazzo che non erano
per nulla separati ma anzi in stretta relazione.I chierici, ad esempio,
potevano provenire da tutti gli strati sociali: non solo preti ma ma
studenti o preti “spretati”, per tanto girovaghi e sostenuti dalla
borghesia per la quale scrivevano i testi elogiativi e criticavano
aspramente l’apparato ecclesiasstico.
Quelle di “colto” e “popolare” sono in realtà categorie
empiriche che non spiegano l’origine della lirica e la cui divisione non
è documentabile a livello dei testi. Alcuni autori della scuola formale
(Zumthor, Bec) hanno introdotto quindi la nuova nozione: di registro
che indica il “tocco”, l’“ispirazione” di un testo. Non implica più
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l’ordine genetico, ma stilistico: il popolo imita l’élite e questa copia il
popolare: è come se l’arte alta torni alle origini (sono arti
pseudopopolari).
Rispetto alle domande che ci ponevamo all’inizio resta da
capire se il lirismo fosse spontaneo o dettato da luoghi comuni. I
romantici sostenevano che la spontaneità fosse un valore estetico
fondamentale che esprimeva l’originalità e il temperamento
dell’autore.
Quello che per l’estetica romantica e moderna era impensabile,
il ricorso a moduli fissi e “luoghi comuni” è, nella poetica medievale,
il fondamento dell’ arte. La poesia è un “gioco del luogo comune”,non
è una effusione sentimentale o confessionale ma un utilizzo di clichè,
parole chiave, un vocabolario limitato e sintagmi fissi che fanno parte
di un universo coeso e unilinguista. Eppure è attraverso questi
elementi che il pubblico partecipa alla performance del poeta, perché
gia conosce il meccanismo e sa reagire e completare gli stimoli del
testo.
Così come è sbagliato accusare la poesia medievale di scarsa
originalità, altrettanto sbagliato è attendersi degli elementi soggettivi e
personali del poeta
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Continuiamo a seguire lo sviluppo economico della Francia: col
fiorire dei commerci nel Nord della Francia e in Fiandra, la ricca
borghesia si interessa anch’essa ad attività letterarie, e il gusto della
poesia diventa uno status symbol, al punto che borghesi, avulsi dalle
corti e attivi nelle vicende politiche delle loro città, in particolare
Arras, dove il modello aristocratico si irrigidisce nella produzione di
questioni e dibattiti in versi (jeux-partis e dèbat). Nascono le
associazioni cittadine e confraternite. i PUYS, dove si confrontano i
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diversi testi. E la ricca borghesia ama porsi sia nel ruolo di mecenati
sia come creatori di opere di non secondaria importanza.
Da quanto detto fin ora si potrebbe tratteggiare il seguente
itinerario topografico della lirica romanza: area Arabo-Andalusa,
stilemi che giungono in Provenza, il fiorire della lirica trobadorica e il
passaggio dal Sud al Nord grazie alla contiguità geografica e
all’incontro di poeti francesi con poeti provenzali dai quali assorbono
temi e tecnica poetica.
Sebbene non esistano dubbi che i touvères attingono dai
trovatori gli schemi essenziali, temi e tecniche, essi si caratterizzano
per l’originalità della lingua e il profondo desiderio di sottrarsi dal
provenzale, mediante creazioni linguistiche e il vocabolario poetico
che gli è proprio. All’unità di lingua provenzale, il Nord oppone la
diversità dei dialetti, piccardo, franciano, anglo-normanno o
champenoise, che porterà alla creazione di un vocabolario autonomo e
di una lingua poetica, dove si gioca con la dolcezza delle rime
femminili..
I topos di maggior uso sono la bellezza della dama(sempre
bionda!), incarnato fresco e labbra vermiglio, l’anima più bella del
corpo, sguardo fiero attraverso cui avviene l’innamoramento; la
primavera .
La stessa fin’amor, tutto sommato, l’amor cortese di cui sono
imbevute le liriche, l’unica ragione – a quanto pare – per cui queste
poesie sono state scritte, non è altro che un topos. Si può tentare un
incompleta definizione della fin’amor,come il complesso di teorie di
amore raffinato e cortese, ma non ancora angelico. E’ un amore di
grandi desideri e grande pazienza rivolto a una Dama e non una
fanciulla, nella speranza di ottenere una reale ricompensa. Il “contratto
d’amore “ segue la falsa riga del “contratto feudale” tra il vassallo e il
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suo signore, ma i servizi sono relativi ai sentimenti, ai sensi. E’ un
discorso dialettico, alimentato de prese di posizione, polemiche,
allusioni, ammiccamenti. E’ una invenzione aristocratica e laica che
gravita attorno all’esclusiva cerchia della corte e propone un codice di
comportamento sociale che include valori etici e morali della società
feudale e raffinare al fuoco del desiderio amoroso aspirazioni e
conflitti del ceto aristocratico che ha al suo interno la tensione fra la
grande nobiltà e i cavalieri senza feudo viene da questi imbrigliata ed
elaborata in un codice di comportamento che, privilegiando la nobiltà
d’animo e il valor individuale, scorge nel servizio d’amore lo strenuo,
delicato esercizio attraverso cui sancire la propria eccellenza e
legittimare le aspirazioni d’ascesa sociale. Con la fin’amor la piccola
nobiltà impone all’intera aristocrazia un codice ideale che sublima la
reale frustrazione e sudditanza presentando la sottomissione, distanza
dall’oggetto d’amore, il differimento del piacere erotico come frutto di
una precisa scelta finalizzata a dimostrare il proprio valore intrinseco.
Esercizio psicologico e mondano che sprigiona le più riposte valenze
nello stile delle canzoni. La lirica dei trovieri, è poesia di una èlite per
l’èlite stessa che vive nel limitato spazio imposto dal rituale e
raggiunge la propria perfezione artistica quando con un gioco
combinatorio di un numero ridotto di clichès tematici e formali il
poeta stabilisce un rapporto di completa intesa con il pubblico cortese,
l’unico in grado di apprezzare la mimesi di una passione, quella
cortese “che si serve dell’ostacolo per farne un’etica, una gioia più
raffinata, un’estasi. Non più interessata a tematiche sociologiche, si
concentra sulla tematica amorosa e la canzone si fa morbida, fluente
per sciogliersi nell’incantatori teoria di dolore e gioia speranza e
sconforto, poesia sommamente aristocratica, “farsi le cose difficili e
poi stendervi sopra l’illusione della facilità”.
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I vincoli della tradizione ovvero il rituale mondano impedisce
che la passione trabocchi in sfogo e confessione e si irrigidiscono in
modelli di comportamento cortese, secondo l’atteggiamento proprio
degli imitatori novelli o trascinati da uno snobismo aristocratico, e l’io
lirico della canzone, il soggetto, ha esistenza solo grammaticale e la
canzone esaurisce i proprio significato nel cantare se stessa, ovvero
l’oggetto del grand chant cortois.
Il sentimento di inadeguatezza nei confronti della Dama di rango
superiore, la speranza che nutre il canto è dal canto nutrita, la
polemica contro i falsi amanti e le donne che al valore preferiscono
ricchezza e potere, e d’altra parte gli atteggiamenti provocatori e
sfrontati dei grandi signori (Guglielmo IX, per esempio) sembrano
connettersi a motivazioni d’ordine sociologico.
Protagonista assoluto di questo amore cortese è Chretien de
Troyes il quale elabora il codice della fin’amor prendendo alcuni dei
contenuti occitanici e con la sua forte personalità stravolge quanto
esistente come si vedrà più avanti. La lirica francese rispetto a quella
occitanica è caratterizzata da una interiorizzazione della norma
erotica, che diventa strumento di autoconoscenza che rimane chiusa
nei termini di introspezione individuale. Il rapporto tra richiesta
d’Amore e il rifiuto non si identifica più nella sanzione positiva del
contesto sociale, ma da invece la stura a una costellazione di idee che
sono espressione di un quadro culturale e ideologico che si riflette su
se stesso. Lo svantaggio del provenzale va a vantaggio della sua classe
sociale, ma per il francese lo svantaggio rimane: la Dame è ancora
meno reale di quella francese, si va accentuando il valore simbolico
che diventa un pretesto, uno strumento per un processo ideologico che
ha il suo inizio e la sua fine nello stesso amante: è l’uomo che fa della
Dama un pretesto in un discorso.
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Riferimenti anche in lingua d’oil di Amore come rapporto tra
avventura e contesto sociale è affrontato da Chrètien non nella lirica
ma nel romanzo, in quanto più complesso. Tutti i suoi romanzi hanno
lo schema simile: alienazione da un codice collettivo e successiva
reintegrazione. La rinuncia a ragione non comporta il tema della follia
ma piuttosto quello della saggezza (vedi Yvain). Più che la dama in
questo processo importa AMORE,invece nel Sud si contrappone
DONNA-UOMO e nel Nord DONNA-UOMO-AMORE, come una
sorta di “triangolo “ lirico. Quel processo di adesione all’amore
cortese è qui fatto compiuto.
Per quanto che riguarda gli autori sono stati presi in
considerazione i più rappresentativi di ogni genere: vi è il poeta fulcro
della lirica oitanica, Chrètien, con le sue due canzoni; il sovrano, il
gran nobile, il piccolo nobile, il borghese e il giullare.
I temi delle liriche presentate sono molto ricorrenti, ma
interessanti per l’uso di tecniche metriche.
Moltissime di queste liriche hanno notazioni musicali, fatto
questo che giustificherebbe e spiegherebbe l’assonanza e la metrica
atipica in quanto erano canzoni da cantare.
Ho operato questa selezione per dare un’idea abbastanza
compiuta delle prime liriche in lingua d’oil. I caratteristici “generi
lirici” sono rappresentati dagli anonimi (pastourelle, chanson de
toile), reverdies, debat, chanson de croisade, chanson d’histoire e
descord).