INTRODUZIONE
2
rassegna cinque dei piø importanti ed influenti contributi alla lettura del fenomeno, ad opera sia
di istituzioni che di singoli studiosi.
Il terzo capitolo si apre presentando gli ultimi sviluppi nel dibattito istituzionale
sull informalit . ¨ nel 2002, nel corso della novan tesima Conferenza Internazionale organizzata
dall Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), che il lavoro informale viene messo in
relazione al piø ampio tema del lavoro dignitoso (Decent Work), traguardo principale
nell agenda dell Organizzazione. Ancora piø importa nte, in quell occasione Ł data al fenomeno
dell informalit una nuova cornice teorica, che si estende dal solo punto di vista delle
caratteristiche dell impresa a quello della natura delle relazioni lavorative. Informali non sono
piø considerati solamente coloro che lavorano in un impresa di tipo informale, ma anche coloro
che, salariati o autonomi, svolgono attivit inform ali indipendentemente dalla collocazione, e
quindi anche al di fuori di un impresa informale. ¨ interessante rilevare come, negli anni, le
tappe del modellamento del concetto ufficiale di informalit tendano all inclusione di quanta piø
casistica possibile, ambendo a non tralasciare alcuna delle numerose variet di lavoro informale
che si presentano nella realt delle cose.
Un tale avanzamento teorico, tuttavia, non ha ancora incontrato una modalit di
misurazione capace di stare al passo. Se per conoscere l economia informale Ł piø che mai
necessaria una sua quantificazione, le lacune presenti nelle modalit di stima esistenti sono tali
da non renderle pienamente affidabili e rappresentative. Gli ultimi paragrafi del capitolo terzo
fanno un elenco delle diverse tecniche adottate e dei rispettivi punti di debolezza, denunciano i
problemi di comparabilit tra le indagini esistenti ed infine citano i risultati di due importanti
tentativi di stima dell informalit in varie zone d el mondo.
Il quarto capitolo identifica le cause e gli effetti dell informalit piø citati in letteratura. Le
cause sono sia legate a dinamiche storiche e sociali (ad esempio, il fenomeno di inurbamento
squilibrato e massiccio o l avvento della globalizzazione), sia dovute a problemi di eccessiva
burocratizzazione e tassazione dell attivit di imp resa. Nel considerare gli effetti, poi, si spazia
da un punto di vista piø benevolo, che attribuisce all informalit un ruolo di stabilizzazione
sociale, in quanto veicolo di sussistenza per milioni di individui altrimenti disoccupati, ad un
altro molto piø severo, che valuta l incidenza dell economia informale, per definizione
scarsamente produttiva, sulla crescita di un paese, sul sistema politico-decisionale e sulla salute
e qualit dell ambiente economico in cui operare.
Il quinto capitolo raccoglie ed approfondisce una serie di segni particolari del fenomeno
informale. Il primo attributo che tradizionalmente gli si assegna Ł quello relativo
all eterogeneit , per cui ho cercato di chiarire le categorie occupazionali tipiche, con un occhio
particolare ad alcune considerazioni legate alle differenze di genere. In secondo luogo, ho
INTRODUZIONE
3
affrontato il problema della natura prociclica o anticiclica attribuita all economia informale
rispetto all andamento macroeconomico del contesto in cui Ł inserita; quindi, sono passata
all analisi delle condizioni lavorative sperimentate dagli occupati informali. Un altro aspetto
rilevante con cui si trova a fare i conti il lavoratore informale Ł costituito dalla scarsa (o nulla)
possibilit di accedere ad una serie di istituzioni formali, come il sistema creditizio, scolastico e
della titolarit di beni immobili. Ho trovato appro priato un accenno anche agli scambi che
intercorrono tra il mondo informale e quello formale, sottolineando, in particolare, come ormai
l ambiente scientifico abbia accolto la teoria del continuum, considerando cioŁ le attivit
economiche non come rigidamente ripartite tra completamente formali e completamente
informali, quanto piuttosto come distribuite lungo diversi gradi di intensit dell osservanza di
leggi e regolamenti. Il capitolo conclude con alcune valutazioni circa il rapporto tra povert ed
economia informale e citando infine alcuni casi in cui l informalit ha costituito un fattore
critico di successo per alcune circoscritte aree geografiche.
La prima parte della tesi termina gettando uno sguardo all informalit presente in
America Latina ed in particolare in Perœ. Il sesto capitolo anzitutto identifica alcuni fattori
peculiari della realt latino americana che hanno f avorito l insorgenza e l enorme espansione
dell economia informale; in secondo luogo, approfondisce le caratteristiche locali del fenomeno,
culminando con l ipotesi di alcuni studiosi che sostengono esso costituisca un vincolo
strutturale ad una maggiore crescita economica dell area.
Infine, il settimo capitolo si riferisce unicamente al contesto peruviano. Per prima cosa, d
conto dei passaggi cruciali della produzione legislativa recente in cui si Ł tentato di far fronte al
diffusissimo problema dell informalit . Quindi, rip orta i risultati di un recente studio della
Banca Mondiale che, per contro, raccoglie tutti i problemi aperti che un economia informale
tanto estesa lascia sul campo.
La seconda parte della tesi ha lo scopo di delineare le caratteristiche dei lavoratori
informali e i rapporti fra educazione, informalit e reddito a partire dall analisi dei dati forniti da
due indagini sulle famiglie, condotte nella seconda met del 2005 in tre distretti di Lima Nord e
a Lima Metropolitana. Si tratta di una ricerca che ho avuto l opportunit di svolgere in
collaborazione con il GRADE, Group of Research and Analysis on Development, del
Dipartimento di Economia dell Universit di Trento.
Il primo capitolo precisa gli obiettivi specifici dello studio e definisce le modalit che
utilizziamo nel classificare un individuo come informale. Data la completezza delle
informazioni a nostra disposizione, siamo stati in grado di approcciare l informalit da tre
diverse angolature:
INTRODUZIONE
4
Indice di informalit legale (legal): l inesistenza di un contratto valido in caso di lavoro
dipendente o l inesistenza della registrazione della propria attivit (RUC) in caso di lavoro
indipendente o di imprenditori.
Indice di informalit sociale (social): l assenza di un assicurazione sociale, come la c opertura
sanitaria.
Indice di informalit pensionistica ( retirement): l assenza di uno schema di pensionamento e
del versamento dei relativi contributi.
Il secondo capitolo presenta i dati, che sono ripartiti in due indagini sui nuclei familiari,
una condotta a livello nazionale (anche se per i nostri scopi considereremo la sola Lima
Metropolitana), l altra ad un livello estremamente circoscritto, esteso a soli tre distretti della
parte nord della capitale peruviana, di insediamento relativamente recente e con accentuate
caratteristiche di povert . Nel seguito del capitol o, sono illustrate le variabili che abbiamo
utilizzato e creato per rispondere meglio alle nostre esigenze di analisi e sono spiegati i
principali problemi e le incongruenze incontrati nel corso della costruzione di queste stesse
variabili.
Il terzo capitolo ha lo scopo di far conoscere piø da vicino la realt demografica e gli
aspetti essenziali del mercato del lavoro dei tre distretti considerati, spesso comparandoli con
quelli relativi all intera area metropolitana.
Il quarto ed ultimo capitolo si dedica interamente all informalit , cos come essa si
presenta nei tre distretti e a Lima Metropolitana. Dopo aver illustrato le sue dimensioni per
ciascuno degli indici sopra citati, passo a descrivere alcune delle caratteristiche individuali e di
contesto familiare dell individuo informale emerse dall analisi descrittiva, come ad esempio
l esperienza lavorativa, il grado di istruzione dei genitori, la presenza di lavoratori formali nello
stesso nucleo familiare. Il paragrafo successivo riguarda due dimensioni del profilo
dell individuo informale molto rilevanti: la sua occupazione (dalla qualit del lavoro alle
categorie occupazionali piø diffuse) e la sua retribuzione paragonata a quella del lavoratore
formale. L ultimo paragrafo, infine, si occupa del livello educativo dell individuo, attributo che
analizziamo sia dal punto di vista puramente descrittivo (in relazione alla qualit lavorativa, al
tipo di occupazione e all informalit ), sia attrave rso alcuni modelli (OLS e treatment-effects)
che studiano le relazioni fra livello educativo, condizione di informalit ed effetti sul livello
retributivo.
Le conclusioni contengono alcune riflessioni sullo studio affrontato e sui risultati riferiti a
Lima, che delineano alle volte sintomi di forte dualismo tra i lavoratori informali ed informali
(ad esempio in materia di retribuzioni), alle volte segni di inattesa continuit (come nel numero
INTRODUZIONE
5
di anni di studio o nella durata del lavoro che si svolge). Si avanzano, infine, alcuni
suggerimenti per possibili azioni di politica dirette al contenimento dell informalit .
PARTE I
7
PARTE I
L ECONOMIA INFORMALE: UNO SGUARDO COMPLESSIVO
Capitolo 1.
LA GENESI: DALLE PRIME TEORIE SUL MERCATO DEL LAVORO AL
RICONOSCIMENTO UFFICIALE
Quando si parla di informalit , uno dei pochi punti che non susciti accesi confronti
accademici riguarda le sue origini. La genesi del concetto Ł fatta convenzionalmente risalire al
1972, anno in cui si svolse in Kenya una missione voluta dall International Labour Organization
(ILO), agenzia delle Nazioni Unite che si occupa delle condizioni di lavoro nelle diverse
economie, con particolare attenzione ai paesi meno sviluppati. La missione del 1972 era inserita
in un piø vasto programma dell agenzia dedicato ad alcune nazioni del Terzo Mondo ed
indirizzato ai loro governanti, alle organizzazioni internazionali e a ricercatori e studiosi.
Attraverso l osservazione diretta delle dinamiche locali, la missione aveva lo scopo di fornire
un analisi fedele del panorama lavorativo, corredata da una serie di linee guida per formulare
coerenti strategie di intervento. ¨ nel rapporto fi nale sulla missione keniota che il termine
settore informale viene coniato e trova una prima definizione.
Questo importante riconoscimento non nasce dal nulla. Le radici di quello che sarebbe
divenuto il concetto di informalit affondano negli anni cinquanta e sessanta, quando l economia
dello sviluppo iniziava a muovere i suoi primi passi. La sorpresa per il pronto ristabilirsi di
un Europa stremata dalla guerra e per l affermarsi della produzione di massa in tutto l Occidente
aveva diffuso nel mondo scientifico un certo ottimismo. Gli studiosi si erano persuasi che un
simile sforzo di ricostruzione economica sarebbe stato replicabile anche nei paesi emergenti del
Terzo Mondo, che stavano mano a mano affrancandosi dal dominio coloniale. La stessa ricetta
di sviluppo, un mix di politiche macroeconomiche, supporto finanziario esterno da parte di
neonati organismi internazionali e solerte attivit pianificatrice, andava applicata indistintamente
a diversi contesti nazionali. Sistemi economici poveri ed arcaici sarebbero stati convertiti in
economie dinamiche e moderne. Nel corso di questa trasformazione il cosiddetto settore
tradizionale, fatto di piccole attivit di commerci o e produzione e di una serie di lavoretti
PARTE I
8
casuali, sarebbe stato assorbito dall economia formale, scomparendo. Particolare energia venne
rivolta alla formazione di una forza lavoro qualificata.1
Nel frattempo, sul piano della ricerca teorica, erano stati formulati i primi modelli
economici sul funzionamento del mercato del lavoro nei paesi piø arretrati. La pietra angolare
venne posta nel 1954 da W. Arthur Lewis, premio Nobel per l economia nel 1979 per la sua
ricerca pionieristica sull economia dello sviluppo. Nel suo famoso articolo, Lewis d il via ad
un filone di studi che prender il nome di teoria dualistica poichØ si rif all ipotesi base per cui
in un paese povero sono presenti due settori nettamente distinti: l uno industriale, identificato
con la porzione moderna, urbana e capitalistica della societ , l altro agricolo, ovvero
tradizionale, rurale e di sussistenza. In particolare, il settore tradizionale Ł caratterizzato da un
considerevole sottoimpiego e da un livello molto basso di redditi e di risparmi, il settore
moderno invece Ł descritto come tecnologicamente avanzato e con un alta propensione agli
investimenti. Il modello suggerisce una soluzione ai gravi problemi di sottosviluppo di alcuni
paesi indicando come via da imboccare quella della creazione di meccanismi tipici di
un economia avanzata: gli individui dovrebbero essere messi in grado di guadagnare salari di
entit sufficiente per poter consumare, rimpolpando una scarsa domanda interna, mentre le
imprese potrebbero approfittare di una manodopera a prezzi assolutamente vantaggiosi per
creare profitti da reinvestire in formazione di capitale. Il risultato netto auspicato da Lewis Ł
quello di una crescita macroeconomica sostenibile.
Secondo il modello, inizialmente il settore tradizionale occupa la stragrande maggioranza
della popolazione mentre il settore moderno Ł di dimensioni molto ridotte. Lewis muove dalla
constatazione che la produttivit marginale del lav oro nel settore tradizionale Ł prossima allo
zero e quindi il prodotto totale non muta in caso di una diminuzione dell offerta di lavoro
presente nel contesto rurale. Inoltre, il salario percepito da un lavoratore nella citt Ł maggiore
del reddito di un individuo che lavora in campagna.2 Queste due circostanze portano
l economista ad ipotizzare la presenza di un offert a di lavoro nascosta e potenzialmente
illimitata situata nelle campagne, ma pronta a spostarsi in citt dove il salario Ł superiore a
quello agricolo di sussistenza.3 I migranti infatti, trasferendosi nelle zone urbane, da una parte
1
L ILO aveva due dipartimenti appositi, il Vocational Training e il Management Development, che
avevano ciascuno raccolto un insieme di progetti per la costruzione istituzionale in vari paesi in v ia di
sviluppo.
2
There is usually a gap of 30 per cent or more bet ween capitalist wages and subsistence earnings .
Lewis (1954) p.7.
3
In realt tra le fonti di questa illimitata offer ta di lavoro Lewis non include solamente gli indiv idui
provenienti da contesti rurali, ma pure persone che vivono in citt , come lavoratori casuali, lavorato ri
domestici, piccoli commercianti, mogli e figlie non occupate. Inoltre, un ulteriore source of labour for
expanding industries is the increase in the population resulting from the excess of births over deaths.
PARTE I
9
guadagnano di piø e dall altra, in virtø della bassissima produttivit marginale del lavoro rurale,
non penalizzano con la propria assenza lo standard di vita della famiglia d origine. Le industrie
urbane, dal canto loro, attraggono lavoro addizionale senza l indesiderabile conseguenza di far
lievitare i salari. Il profitto ottenuto grazie ad una maggiore disponibilit di forza lavoro ad un
prezzo invariato, viene reinvestito dalle aziende nella creazione di nuovo capitale. Questo nuovo
capitale fa crescere l industria, che dunque avr b isogno di piø lavoratori, che procureranno
volumi di output ancora maggiori. L output sar ven duto agevolmente in una societ in cui
individui pagati con un salario piø alto di quello di sussistenza riescono a diventare consumatori
di beni. Questo circolo virtuoso (creazione di occupazione a seguito di formazione di capitale a
fronte di un livello di salari immutato) continuer fino a che il surplus di lavoro si esaurisce. A
quel punto, si innescheranno i tradizionali meccanismi che regolano il funzionamento di un
qualsiasi mercato, ovvero in concomitanza di una crescita della domanda di lavoro da parte
delle imprese i salari cominceranno ad aumentare.
In uno scenario la Lewis si raggiunge un equili brio per cui disoccupazione urbana e
rurale sono praticamente inesistenti in quanto i lavoratori si distribuiscono in modo equilibrato
tra i due settori. Inoltre, la discrepanza tra salario delle citt e guadagno delle campagne Ł
riassorbita. Alla fine del processo di trasformazione strutturale, sia i salari che i profitti vengono
determinati dalla produttivit marginale del lavoro ed il sistema duale, che contrappone settore
tradizionale a settore moderno, si converte in un economia piø omogenea. Il modello di Lewis Ł
intrinsecamente dinamico in quanto con il passare del tempo la capacit di investimento e
accumulazione di capitale propria delle imprese urbane innesca la crescita economica del settore
moderno dell economia. La ricetta di sviluppo di un paese povero prescrive dunque come prima
mossa di trasferire lavoro nel settore moderno, dove riesce ad essere piø produttivo.
Nonostante sia considerato il piø influente singolo contributo all affermazione
dell economia dello sviluppo come disciplina accademica4, il modello di Lewis Ł andato
incontro nel corso degli anni ad una serie di critiche. Riporto di seguito le piø significative:
- l idea che la produttivit marginale del lavoro nel le aree rurali sia quasi nulla potrebbe
verificarsi in alcuni periodi dell anno, tuttavia durante le stagioni della semina o della
raccolta il bisogno di manodopera nelle campagne Ł tutt altro che irrilevante;
- Ł discutibile l assunto di una domanda di lavoro crescente da parte del settore
industriale. Il miglioramento tecnologico pu porta re ad una minore necessit di forza
lavoro oppure una crisi dell industria pu far prec ipitare la domanda di lavoro;
Lewis (1954) p.3. questa abbondanza del fattore p roduttivo lavoro che rende il modello di Lewis
classico , in contrasto con il modello neoclassic o in cui il lavoro Ł invece una risorsa scarsa. Fields
(2004) p.727.
4
Kirkpatrick, Barrientos (2004).