la linea artistica che ha contraddistinto il Teatro delle Moline in oltre 30 anni di
produzione e programmazione.
Il lavoro qui presentato può schematicamente essere suddiviso in due parti
ciascuna delle quali ha, nell’intenzione di chi scrive, funzione complementare. Si
delinea nella prima parte il contesto politico e culturale all’interno del quale le due
aziende hanno operato nel passato recente, valutando gli interventi degli enti
pubblici e gli elementi specifici del territorio su cui gravitano. Precisiamo
comunque che non ci interessa tanto fornire uno studio analitico di questi aspetti
quanto presentare tutti gli elementi che hanno avuto conseguenze dirette o
indirette sulla decisione e sull’attuazione dell’integrazione. Si intende quindi fornire
gli strumenti per valutare più approfonditamente gli elementi specifici che verranno
analizzati nella seconda parte del lavoro stesso.
La firma dell’atto di compravendita rappresenta per le due imprese coinvolte il
cardine attraverso il quale si concretizza un processo decisionale passato
attraverso una fase di valutazione iniziata alcuni mesi prima e dal quale prende il
via il processo ri-organizzativo interno. Nello stesso modo anche questo lavoro
intende analizzare dapprima le motivazioni, senza dubbio complesse e di natura
diversa, che hanno supportano la decisione delle due società di procedere
all’accordo e cosa sia avvenuto dopo la firma della cessione.
L’acquisizione di una struttura complessa e avviata quale è stata quella di TNE
da parte di NS, anche in considerazione delle caratteristiche profondamente
differenti delle due imprese, ha imposto una riorganizzazione interna. Un nuovo
spazio da gestire, l’introduzione di nuove figure professionali, l’accorpamento o la
frammentazione dei compiti affidati al personale sono solo alcuni degli ambiti di
intervento che nel processo devono essere valutati e organizzati. Verranno qui
considerati i settori nei quali è stato ed è necessario operare i cambiamenti più
significativi. Ci soffermeremo in particolare su quattro aree: aspetti economici e
giuridici, organizzativi, tecnico-logistici e comunicativi. Le considerazioni, al fine di
una valutazione oggettiva, tenteranno di mantenere il duplice punto di vista
dell’azienda acquisita e di quella acquisitrice focalizzando l’attenzione su quanto
l’integrazione abbia modificato la struttura interna di ciascuna.
Durante la stesura ci è parso indispensabile avere un approccio
multidisciplicare all’argomento facendo riferimento a ricerche e studi giuridico-
amministrativi, economici, di organizzazione aziendale e gestione del personale
6
senza tralasciare elementi di marketing e i riferimenti a norme e regolamenti ma
ricordando sempre la specificità e la prevalenza dell’aspetto artistico. Ricorrono
anche in questo caso considerazioni di ordine generale e applicate al caso
particolare.
La concentrazione di organi di produzione teatrali è da più parti vista con favore
e senza dubbio apporta benefici economici, razionalizzando i costi di gestione a
favore di un più cospicuo investimento nella produzione di spettacoli e nelle attività
promosse da un’azienda che gestisce spazi teatrali. A fronte però della ricerca di
un più florido assetto economico, ci pare sia stato perso un mediatore culturale
forte di trent’anni di attività. Se questa scomparsa non produce cambiamenti
consistenti al numero delle rappresentazioni (parametro comunque non
trascurabile) e quindi l’offerta in termini quantitativi non diminuisce, probabilmente
però determina la perdita di una realtà che, attraverso un approccio distintivo
all’attività teatrale, rendeva a livello qualitativo l’offerta culturale della città più
diversificata. L’integrazione di strutture che hanno caratteristiche differenti e
complementari può essere una strada proficua per mantenere anche all’interno di
un’unica impresa elementi caratteristici ed istanze artistiche differenti. Altro scopo
del lavoro è quindi quello di dare elementi oggettivi per valutare se e in quale
modo questa possibilità sia stata perseguita ed eventualmente raggiunta. Pur
considerando che il processo di fusione di due imprese è attività lunga e
complessa che richiede un tempo maggiore di quello che intercorre tra l’atto di
fusione e la stesura del nostro elaborato, sembra possibile iniziare qui una
valutazione di quali siano i processi positivi messi in atto e quali finalità invece
dovrebbero ancora essere perseguite.
7
PREMESSA
1
La scelta dell’argomento di questo elaborato è stata fortemente motivata dalla mia
personale esperienza. Alcuni anni fa infatti ho iniziato il mio percorso lavorativo al
Teatro delle Moline sotto la gestione di TNE. Alla formazione universitaria posso
riconoscere la validità di un percorso e di un approccio multidisciplinare ma in
particolare all’esperienza alle Moline devo la maggior parte delle conoscenze
specifiche e delle competenze pratiche acquisite nel campo dell’organizzazione
teatrale e, più in generale, del teatro. Lungo tutto il lavoro di stesura ho pertanto
cercato di evitare un approccio emotivo all’argomento evitando possibili letture non
oggettive delle scelte artistiche e organizzative e attenendomi il più possibile a fatti
concreti e elementi verificabili.
La mia presenza al TNE nel periodo precedente e durante le fasi di preparazione
e formalizzazione dell’accordo di fusione mi ha permesso quindi un punto di
osservazione particolarmente favorevole per raccogliere informazioni e spunti di
approfondimento che altre tecniche di indagine avrebbero probabilmente
tralasciato o difficilmente recuperato. In seguito alla fusione, il rinnovato impegno
al Teatro delle Moline anche sotto la gestione di NS mi ha messo in condizione di
assistere e vivere in prima persona molti degli aspetti operativi della
riorganizzazione interna.
A causa dell’esiguità di testi che trattano l’argomento delle fusioni teatrali e della
totale assenza di pubblicazioni in merito al caso in esame, gran parte della
documentazione di cui ho tenuto conto per la stesura dei capitoli riferibili
all’integrazione tra TNE e NS, consiste nei materiali di lavoro direttamente forniti
dalle aziende. Questi ultimi sono stati comunque integrati da pubblicazioni che,
pur non riferendosi direttamente agli organismi teatrali, trattano della fusione tra
imprese.
1
Contrariamente alla prassi consolidata e alla restante parte della stesura verrà utilizzata in questa breve
premessa la prima persona singolare. Per il contenuto della premessa infatti risulta inutilmente complicato
l’utilizzo della forma impersonale.
8
1. CONTESTO ECONOMICO E NORMATIVO
2
1.1. CRITERI E MODALITA’ DELLE SOVVENZIONI STATALI
Lo Stato italiano promuove e sostiene lo spettacolo dal vivo riconoscendogli un
ruolo centrale nell’evoluzione sociale della collettività, nella crescita civile
dell’individuo e nell’integrazione culturale. Lo spettacolo è un bene di utilità
sociale, pertanto considerato Servizio Pubblico, non solo per l’aspetto economico
ed occupazionale, ma anche perché incoraggia il processo di costruzione di
identità e di valorizzazione del patrimonio culturale. L’erogazione di finanziamenti
che viene riconosciuta a questo come ad altri servizi pubblici, è motivata dal fatto
che una gestione interamente privata delle attività di spettacolo non assicurerebbe
la valenza didattica e culturale e al fine di preservare i prodotti che il mercato
trascurerebbe se fosse affidato solo a logiche di profitto,
“in un settore tecnologicamente non progressivo destinato a
scomparire in quanto inevitabilmente destinato ad una lievitazione
dei costi.”
3
In Italia, sebbene si tenti da qualche decennio di produrre un intervento normativo
organico capace di garantire stabilità alle risorse e imparzialità nelle ripartizioni,
non è ancora stato raggiunto un quadro preciso e definitivo che regoli e garantisca
le attività del settore.
A questo punto si tenta comunque di dare un sunto delle varie e successive
modifiche che la normativa in materia di spettacolo dal vivo ha subito. La
necessità di una legislazione organica è ancor più necessaria alla luce delle novità
2
Al fine di dare una visione del contesto nel quale si inserisce la fusione tra TNE e NS (dicembre 2005) e a
fronte della non disponibilità (al momento della stesura di questo elaborato) di dati completi aggiornati al
2006, presentiamo la situazione del sistema teatrale italiano e bolognese sulla base dei dati consuntivi del
2005. Le informazioni riportate fanno riferimento alle rilevazioni e relative elaborazioni riportate in Attività
di monitoraggio – Rapporto 2005, a cura dell’Osservatorio Regionale dello Spettacolo dell’Emilia Romagna,
Bologna, 2006 e Relazione sull’utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo – Anno 2005, a cura
dell’Osservatorio dello Spettacolo del Ministero dei Beni e della Attività Culturali, Roma, 2006.
3
A. Besana, Economia della cultura, LED Edizioni, Milano, 2002.
9
introdotte dalle modifiche
4
al titolo V della Costituzione che ha conferito un ruolo
nuovo alle Regioni e alle autonomie locali.
Nel dopoguerra, dopo il periodo penalizzante del regime fascista, il teatro
italiano è attraversato da un fermento che culmina con l’apertura dei teatri stabili (il
Piccolo a Milano,1947; lo stabile di Genova, 1951; e quello di Torino, 1955).
“Radicati nei rispettivi territori, sostenuti dal danaro pubblico
proveniente dagli enti locali (comuni e più tardi province e
regioni) sono guidati da intellettuali che credono fermamente
nel valore sociale e politico dell’attività teatrale. Gli stabili
divengono al contempo un esempio di organizzazione e
programmazione culturale di lungo respiro e luoghi dove il
teatro di regia trova la sua cittadinanza […]. Il proposito di
ampliamento del pubblico, […] l’impegno a scegliere un
repertorio di qualità, […] l’assunzione di personale qualificato e
stabile […] sono stati i grandi obiettivi previsti ma non sempre
raggiunti dai teatri stabili.”
5
Già alla metà degli anni sessanta però la formula del teatro stabile inizia a subire
delle critiche: viene contestata l’inadeguatezza a recepire e promuovere il
rinnovamento artistico in atto. La protesta si concretizza nel Manifesto di Ivrea
6
del
1966 e nella Contestazione del 1968, in cui i lavoratori dello spettacolo (gli attori in
particolare) si scagliano contro l’eccessivo potere dei registi e la burocratizzazione
dei teatri stabili.
“L’effetto concreto (di queste forme di contestazione, ndr) sarà
infatti la creazione di nuovi modelli: anche nuovi stabili e,
soprattutto, compagnie autogestite.”
7
Negli anni settanta, grazie al rinnovamento culturale del paese e del teatro e
all’attenzione delle amministrazioni locali, il numero degli organismi attivi, delle
rappresentazioni e degli spettatori subisce, in un decennio, una crescita senza
4
Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 – “Modifiche al Titolo V della parte seconda della
Costituzione”.
5
Lamberto Trezzini – Paola Bignami, Politica & Pratica dello spettacolo, Bonomia University Press,
Bologna, 2007, pp. 47-48.
6
Il Manifesto, pubblicato sulla rivista “Sipario” n. 247 novembre 1966, è un documento molto noto firmato
da un gruppo di scrittori, critici, registi, scenografi, musicisti, attori e tecnici in preparazione ad un convegno
che si sarebbe tenuto a breve (1967) a Ivrea (TO) contro il degrado del teatro italiano dal punto di vista
politico, organizzativo e dei linguaggi.
7
Mimma Gallina, Organizzare teatro, FrancoAngeli, Milano, 2007, p. 74.
10
precedenti. Nello stesso periodo alcune regioni, forti dell’attuazione del sistema
delle autonomie locali, danno vita a circuiti di distribuzione regionale: inizia il
periodo del decentramento teatrale.
“La situazione alla fine degli anni settanta (nelle linee generali
non molto diversa da quella attuale) è drasticamente mutata
(rispetto a quella predente al secondo conflitto mondiale, ndr)
[…]
* Nelle grandi città, ai teatri stabili pubblici si sono affiancati
organismi di natura e con finalità diverse, sostenuti anche
dagli enti locali.
* In provincia si sono moltiplicati i teatri e le iniziative comunali,
in alcuni casi organizzati in circuiti, le regioni intervengono a
favore del teatro in diverse forme, sono nati gli stabili
regionali.
* La crescita esponenziale dell’attività ha rimesso in moto
anche il teatro privato, impresariale, capocomicale.
* La ricerca e il teatro ragazzi sono parte vitale e riconosciuta
del sistema.
* L’Ente Teatrale Italiano è stato riformato in funzione
promozionale e di coordinamento del sistema distributivo.”
8
Nel quadro di sostanziale crescita degli anni settanta, pur con crisi e rinnovamenti,
le risorse da destinare a questo comparto sono definite su base annuale e di
provvedimenti aleatori (leggi finanziarie, quote dal “fondo RAI”), che non
garantiscono stabilità e possibilità di programmazione.
La precarietà di questo modello di finanziamento viene modificata dalla Legge
30 aprile 1985, n. 163 – “Nuova disciplina degli interventi di Stato a favore dello
spettacolo” – con la quale viene istituito il FUS (fondo unico per lo spettacolo) che
tenta di sistematizzare gli interventi e tracciare le linee strategiche delle politiche
pubbliche su base triennale. La legge prevede che entro tre anni dalla sua
emanazione si proceda ad una legislazione organica del settore. La scadenza
però non è rispettata e le politiche economiche a sostegno del teatro si basano
ancora oggi sul FUS, alla gestione del quale sono state operate negli anni
8
M. Gallina, ivi, p. 78.
11
modifiche non sostanziali. I criteri, che stabiliscono tipologie e requisiti richiesti e in
base ai quali avvengono le ripartizioni, sono stabiliti attraverso circolari emanate
annualmente dal Ministero. Le circolari, a differenza dei Regolamenti che sono
norme giuridiche, sono provvedimenti amministrativi e hanno di fatto
rappresentato lo strumento attraverso il quale è stato governato il teatro negli
ultimi venti anni. In quanto strumenti estremamente flessibili sono stati utilizzati sia
per fotografare la situazione momentanea del comparto sia per tentare di
indirizzarlo talvolta con soluzioni di particolare arretratezza, altre volte di
innovazione.
Dalla sua istituzione il FUS è la base finanziaria dell’intervento dello Stato che,
attraverso una ripartizione percentuale che è variata negli anni, viene distribuita ai
vari settori dello spettacolo
9
.
“La quantificazione del fondo conferma un divario sostanziale con
gli altri paesi europei e i criteri di ripartizione fra musica e teatro
cristallizzano ulteriormente un equilibrio (anzi uno squilibrio) storico.
Una scelta a favore delle Fondazioni Liriche
10
(nel 1985 assorbono
il 42% dei fondi, nel 2005 il 47,8%) trova fondamento nelle
specificità, nei costi del teatro dell’Opera e nella dimensione
occupazionale del settore ma non ha riscontro nei risultati: il teatro
di prosa ha totalizzato nel 2005 95.997 rappresentazioni contro le
2.760 della lirica e 14.974.366 spettatori contro 1.942.834.”
11
A seguito dell’abrogazione (avvenuta con il referendum del 1993) del Ministero
del Turismo e dello Spettacolo, nel 1998, nell’ambito di un più vasto processo di
rinnovamento istituzionale avviato con la Legge 59/97 (legge Bassanini), viene
emanato il D. Lgs. 20 Ottobre 1998, n. 368 che istituisce il Ministero per i Beni e le
Attività Culturali. Al nuovo Ministero vengono affidate le competenze in materia di
spettacolo e il controllo del Dipartimento dello Spettacolo che fino ad allora era
stato alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo un periodo
governato, come si è detto, dalle circolari ministeriali annuali nel 1999 viene
emanata la Legge n. 513 con la quale vengono assegnati per la prima volta
9
Il FUS finanzia le fondazioni liriche, le attività musicali, di danza, teatrali di prosa, cinematografiche,
circensi e dello spettacolo viaggiante, l’osservatorio dello spettacolo, un fondo integrativo del Ministro e le
spese di funzionamento di comitati e commissioni preposte alla sua ripartizione.
10
Gli Enti lirici sono stati obbligati, con D. Lgs. n. 367 del 29 giugno 1996, a trasformare la propria forma
giuridica in fondazioni di diritto privato.
11
M. Gallina, ivi, pp. 35-36.
12
finanziamenti attraverso un regolamento di progettazione triennale. Ciò da un lato
comporta l’obbligo di pianificare le attività relativamente ad un periodo di tempo
più esteso, dall’altro garantisce una più ampia stabilità finanziaria. Infine il D. M. 27
febbraio 2003 introduce alcune modifiche significative ai requisiti necessari per
l’accesso ai finanziamenti del FUS tra cui la riduzione delle condizioni minime
necessarie, la riduzione dell’importanza della valutazione quantitativa (legata cioè
ai costi dell’attività) a favore di quella qualitativa del progetto, la semplificazione
burocratica per l’accesso ai finanziamenti, l’avvio dei progetti di residenza
concordati con le Regioni. Per la prosa gli stanziamenti previsti sono rivolti a
diverse tipologie di attività: i teatri stabili, le imprese di produzione, l’esercizio, i
teatri municipali, le rassegne e i festival, la promozione, il teatro di figura, l’attività
estera e i progetti speciali.
Dal punto di vista prettamente economico il FUS ha subito fasi altalenanti:
* Dal 1985 al 1990 un aumento progressivo delle risorse.
* Dal 1991 al 1997 andamento altalenante con un picco negativo
nell’ultimo anno del periodo.
* Dal 1998 al 2001 una crescita progressiva (da 900 a 1023 miliardi di lire).
* Dal 2002 al 2006 il Fondo è calato progressivamente (da 513 a 427
milioni di euro).
Il rapporto tra FUS e Pil nel biennio 2003/2004 è diminuito del 56,5%
12
Gli
stanziamenti complessivi nel 2005 sono diminuiti di circa 35 milioni di euro rispetto
all’anno precedente (-7,1%). Sebbene si possa ritenere che la spesa pubblica si
sia nel tempo trasferita dal livello centrale a quello locale è in ogni caso rilevabile il
forte disimpegno da parte dell’amministrazione centrale. Per quanto riguarda il
fondo destinato alle attività teatrali nel 2005 lo stanziamento è di 76.379.700
euro
13
, diminuito del 3,6% rispetto al 2004, ripartito tra i teatri stabili pubblici
(23,1%), privati (14,9%) e d’innovazione (11,4%), le attività teatrali di produzione
(25%), la distribuzione (6,6%), l’esercizio (2%), la promozione (0,9%), le rassegne
e festival (1,2%), il teatro di figura (0,7%). Il numero dei soggetti
complessivamente finanziati è diminuito del 5,5% circa, passando da 476 a 441.
12
Fonte: Relazione al Parlamento sul FUS anni 1985-2004 – dati ISTAT/SVIM.
13
Da questa cifra sono esclusi i finanziamenti erogati a: progetti speciali, tournèe estere, istituzioni di
rilevanza nazionale.
13
Va inoltre segnalato che i ritardi (anche di molti mesi) con i quali vengono trasferiti
i contributi alle imprese che ne sono risultate beneficiarie rappresentano un
ulteriore aggravio dei costi.
A parziale copertura dei tagli operati, è stata creata e finanziata (con 150 milioni
di euro per il triennio 2006/2009) una società per azioni denominata ARCUS
14
(aperta all’ingresso di eventuali soci privati), che ha come compito lo sviluppo
dell’arte, della cultura e dello spettacolo. Un’altra forma di sostegno al settore è
rappresentato dalla detassazione, seppure con una soglia massima, delle
erogazione liberali di imprese e singoli cittadini in favore di imprese o progetti
culturali.
Tuttavia la situazione del finanziamento pubblico al settore è caratterizzata da
una costante diminuzione delle risorse disponibili, anche in relazione alla
situazione economica del paese, contro un aumento del numero dei soggetti, degli
spazi attivi e delle iniziative per il pubblico.
14
La società, costituita con la legge 16 ottobre 2003 n. 291, ha compiti di promozione e sostegno finanziario,
tecnico, economico ed organizzativo per la realizzazione di interventi e progetti di recupero di beni artistici e
architettonici nonché di attività culturali e di spettacolo.
14
1.2. L’INTERVENTO DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA PER LO
SPETTACOLO
Le imprese che operano sul territorio regionale nel settore dello spettacolo dal
vivo sono in numero consistente e sono caratterizzate da una buona varietà di
soggetti, modelli organizzativi e progettualità artistica. Al pari di poche
15
altre
regioni italiane l’Emilia Romagna mostra un territorio intessuto da istituzioni di
spettacolo. Le rilevazioni effettuate nel corso degli ultimi anni dall’Osservatorio
Regionale dello Spettacolo hanno sistematicamente riscontrato che il sistema
accresce la propria vitalità rendendola una regione di punta nel panorama
nazionale per la produzione culturale. Inoltre il grado di imprenditorialità e di
innovazione gestionale conferisce alle imprese responsabilità e autonomia sul
piano finanziario ben al di sopra della media italiana. Il settore è caratterizzato da
elementi di continuità e stabilità, ma si mostra al tempo stesso attento alle
innovazioni tecniche, gestionali e all’ingresso di nuovi operatori. Nel 2005
16
sono
275 i soggetti (-2,8% rispetto al 2004) che svolgono attività di spettacolo in
regione: 102 per il settore musicale, 112 per il teatro di prosa, 21 per la danza e il
balletto e 40 tra agenzie di spettacolo e attività interdisciplinari. Le attività musicali
e teatrali sono i settori trainanti, rispettivamente con il 37% e il 41% dell’intero
comparto. In rapporto alla diffusione nazionale dell’arte coreutica è rilevante il
numero (21 compagnie) delle imprese e istituzioni che svolgono attività di danza e
balletto (circa 8%). Il quadro comprende infine gli organismi che svolgono attività
interdisciplinari e le agenzie di spettacolo che registrano rispetto al 2004 un
notevole incremento (+ 33% rispetto al 2004) anche alla luce delle nuove
tendenze creative, orientate alla contaminazione artistica di tecniche e linguaggi
espressivi.
L’analisi dell’assetto organizzativo delle imprese mostra come la maggioranza
dei soggetti scelga la forma giuridica di associazione culturale senza fini di lucro,
che permette una maggiore flessibilità nella progettualità e nella gestione
amministrativa. E’ significativa la presenza di soggetti con forma giuridica di
società (di persone o di capitali) o cooperativa, che insieme rappresentano il 20%
15
Ad esempio la Toscana.
16
Si fa ancora riferimento a Attività di monitoraggio – Rapporto 2005, op. cit.
15
del totale. Queste imprese fondano il nucleo della propria attività su risorse interne
conciliando in questo modo solidità strutturale e flessibilità. Al gruppo
appartengono anche TNE e NS che sono in regione due delle cooperative di
produzione attive da più tempo. Le altre forme di impresa (ditte individuali e altro)
e le istituzioni di natura pubblica sono circa il 2%. In linea con le tendenze
nazionali, un’alternativa in crescita, soprattutto nel settore delle attività musicali, è
rappresentata dalle fondazioni, tipologia di impresa che dovrebbe favorire
finanziamenti privati.
La cultura imprenditoriale e sociale dell’Emilia Romagna, maturata dal secondo
dopoguerra attraverso precise scelte politiche, favorisce il modello della piccola e
media impresa non solo nell’ambito dello spettacolo. L’efficacia degli interventi
pubblici regionali e locali, la lunga tradizione, le capacità creative e innovative
sono gli elementi che hanno sostenuto e contribuito allo sviluppo economico del
territorio e del settore. Lo spettacolo quindi si dimostra come uno dei comparti di
punta della regione per il quale i finanziamenti si configurano come investimenti
che attraggono risorse umane e produttive a livello nazionale.
La Regione Emilia Romagna finanzia i teatri e le compagnie di produzione che
operano nel territorio attraverso la legge regionale n. 13 "Norme in materia di
spettacolo", emanata nel 1999 e tutt’ora valida. La legge regionale recepisce il
regolamento ministeriale emanato con decreto n. 470 del 1999 che introduce
nuove regole di rapporto fra le imprese teatrali e la cosa pubblica. Prevede lo
sviluppo delle attività su piani triennali e prevede una sinergia economica tra
Regione e Province, affidando alle ultime un ruolo non più marginale nella
gestione del sistema teatrale.
L'andamento recente delle risorse finanziarie a sostegno dello spettacolo dal
vivo nel suo complesso
17
si presenta soddisfacente. A fronte di una flessione del
sostegno statale, quello regionale è cresciuto rispetto al 2003 del 3,8%,
attestandosi su una cifra vicina ai 5,8 milioni di euro e si inserisce in un quadro di
sostanziale stabilità delle risorse provinciali e di un contenuto calo di quelle
comunali. Tuttavia la legge 13/99 non esaurisce gli interventi operati
dall’amministrazione regionale, esistono infatti
17
Il dato tiene conto dei finanziamenti regionali erogati a: enti partecipati (ATER, Fondazione Toscanini,
ERT Fondazione, Fondazione nazionale della danza), teatri convenzionati, altri soggetti (in base alla legge
13/99 e agli accordi con le Province).
16
“numerose occasioni istituzionali di intervento previste per favorire
l’impresa tout court e in particolare l’impresa culturale. Questa
griglia particolarmente accogliente e ben disposta verso le imprese
culturali ha tuttavia bisogno che queste ultime sappiano rapportarsi
con essa nella maniera più adeguata, per poterne sfruttare ogni
possibilità, magari rilanciando e scovando nei meandri di leggi,
regolamenti, bandi di concorso e provvedimenti vari, nuove forme di
collaborazione, tanto più che l’alta densità di imprese culturali che
insistono sul medesimo territorio obbliga le amministrazioni a
compiere delle scelte e quindi a selezionare realmente le tante
domande che arrivano.”
18
L’importanza della scena bolognese e la consistenza del numero delle imprese
che nella provincia operano, soprattutto nel settore della produzione, viene
confermata dall’analisi dei dati riguardanti i soggetti della provincia di Bologna che
hanno ricevuto finanziamenti per il triennio 2006/2008 dove circa un terzo dei
finanziamenti erogati dalla Regione Emilia Romagna è stato assorbito dalle realtà
bolognesi a conferma della grande vitalità dell’area e dell’alto livello qualitativo
dell’offerta.
A fronte di un'offerta composita ed eterogenea di spettacolo e di una domanda
vivace e tendenzialmente in crescita, l'Emilia Romagna è la regione che in Italia
vanta la maggior densità di sedi di spettacolo con attività continuativa
19
per
popolazione residente (4,8 sale ogni 100.000 abitanti). Considerato che i dati
aggregati nascondono talvolta delle diversità distributive e che non si vuole dare
ad ogni costo una visione idilliaca, si sottolinea che esistono anche province con
numero di sale, spettatori e imprese teatrali al di sotto della media: è il caso di
Piacenza o quello di Ferrara.
L’amministrazione regionale è da diversi anni attiva nella promozione dello
spettacolo dal vivo, sia con azioni gestite direttamente sia attraverso la
partecipazione economica in enti che, a fronte di cospicui finanziamenti e attività
18
Stefano Casi (a cura di), Nuovo Teatro in Italia. Esempi di organizzazione, dispense del corso di
Organizzazione ed economia dello spettacolo, Università di Bologna, A.A. 2002/2003, p. 4. Stefano Casi è
codirettore di “Teatri di Vita” e ricercatore presso il DAMS dell’Università di Bologna.
19
Il dato considera sale teatrali, teatri storici, auditorium, spazi all'aperto, centri polifunzionali, cinema-
teatro.
17