Dicevo prima che il momento del passaggio dalle medie superiori all' università è un momento cruciale nella vita
degli studenti, probabilmente collegato in modo molto stretto al famigerato fenomeno dell' abbandono degli studi.
Ho usato la parola probabilmente perchè l' esistenza di questo legame è proprio ciò di cui cercheremo di accertarci
in questa ricerca.
Il problema del precoce abbandono degli studi universitari è molto sentito negli ambienti accademici, sono stati
effettuati numerosi studi e ricerche, sono stati scritti diversi libri anche se, fino ad ora, poco o nulla di veramente
concreto si è fatto per arginare tale fenomeno.
Una ricerca a cui farò spesso riferimento è quella di Accascina, Berneschi, Bornoroni, Della Rocca intitolata
"Problemi di raccordo in Matematica nel passaggio dalla scuola secondaria superiore all' Università" e datata
ottobre 1995. [Accascina e altri, 1995]
Il resoconto di questa ricerca e` stato raccolto in 5 fascicoli, il primo dei quali è dedicato ad una panoramica sulle
ricerche affini. Riassumendo sinteticamente i dati presentati ci facciamo l' idea che di tutti gli immatricolati nelle
università italiane solo circa il 20% riesce a laurearsi in tempi relativamente brevi (non piu` di otto anni) mentre un
30% ha già abbandonato gli studi dopo il primo anno e un altro 30% lascia nel corso degli anni successivi; degli
immatricolati iniziali solo il 33,5% si laurea e i dati non variano di molto al variare della facoltà.
Le cause ipotizzate di questo fenomeno, che fra l' altro caratterizza in modo particolare le università italiane
rispetto a quelle straniere, sono diverse e con molte sfaccettature; provo ad elencarle (riferendomi sempre ai
fascicoli di Accascina e altri):
La matematica entra solo marginalmente in queste considerazioni, a parte il punto in cui
ci si pone il problema dei prerequisiti (che comunque è un aspetto che può riguardare anche altre materie).
In effetti la ricerca di Accascina e altri è imperniata, seppur non totalmente, sulla questione dei prerequisiti, nel
contesto delle aspettative dei docenti. L' esito della ricerca è interessante non tanto perchè si è scoperto che gli
studenti provenienti dallo scientifico hanno più dimestichezza con la matematica dei loro colleghi con altre
provenienze, ma in particolare perchè ci si è resi conto che i docenti universitari hanno, in generale, aspettative
esagerate. Il discorso per ò si ferma lì: non sappiamo niente sulle carriere universitarie degli studenti sottoposti al
test.
La questione dei prerequisiti è fra l' altro fonte di notevoli discussioni. In genere si fa riferimento al "Syllabus",
ossia un elenco delle conoscenze fondamentali di matematica necessarie ad uno studente che affronta una facoltà
scientifica.
Tale documento, elaborato dall' Unione Matematica Italiana e pubblicato sulla rivista Archimede numero 1 e 2 del
1980 [Villani, 1980], vuole essere un punto di riferimento sia per gli studenti che per gli insegnanti, ma anche uno
stimolo (diciamo pure un pungolo) per l' ambiente scolastico e universitario. Pure noi terremo presente la prima
versione del Syllabus come un riferimento fondamentale ma non staremo a discuterne i contenuti (anche perchè è
attualmente in corso una rielaborazione dello stesso) e poi il nostro discorso non sar à completamente incentrato sui
prerequisiti.
Eravamo partiti discorrendo di studenti capaci e meritevoli e siamo finiti a parlare di prerequisiti. Anche su questo
tema le idee (e i pregiudizi) sono molteplici e non tutti considerano importante la capacità di sopperire in qualche
modo ad una fragile base di prerequisiti. A me sembra che molti docenti e anche molti studenti, abbiano una
concezione statica dell' apprendimento: i bravi saranno sempre bravi e i somari saranno sempre somari , qualunque
cosa gli uni e gli altri dicano e/o facciano. Fra l'altro la parola apprendimento è una parola usata abbastanza poco a
livello popolare: si usa di più la parola intelligenza, dando forse persino la sensazione che lo studio sia in fin dei
conti inutile per chi non è dotato. Tale discorso ci porta lontano: entrano in ballo questioni etiche, sociali, politiche,
persino ideologiche, per ò quello che ci interessa più di ogni altra cosa adesso è stabilire (assiomaticamente) che
l'apprendimento è qualcosa di dinamico, e che tutti possono apprendere tutto. La necessità di questo atto di fede mi
sembra evidente: senza di esso non avrebbe senso parlare di didattica. Per evitare che a questo assioma qualcuno mi
opponga l'esempio che un cieco non può imparare a guidare un autocarro, diciamo subito che con tutti io intendo
tutti quelli che non sono affetti da problemi patologici riconosciuti dalle leggi italiane. E poi, con opportuni
accorgimenti, chissà che non si riesca anche a far guidare gli autocarri ai ciechi.
l Qualcuno si iscrive solo perchè non ha ancora deciso il proprio futuro: sono quelli che vengono definiti, un po'
spregiativamente, studenti in parcheggio .
l Qualcuno studia e lavora contemporaneamente: ad un certo punto le esigenze del lavoro diventano
preponderanti.
l Qualcuno ha effettivamente delle difficoltà di base, ovvero insufficienti prerequisiti. (Si pensa in particolare agli
studenti provenienti dagli istituti tecnici mentre parallelalmente si osserva che gli studenti provenienti dal classico,
riescono maggiormente a sopperire alle loro fragili basi. È chiaro che il discorso è, a questo punto, già spostato
sulle facoltà scientifiche, ovvero su quelle facoltà dove bisogna sostenere almeno un esame di matematica.
Cercheremo di approfondire questo punto.)
l Qualcuno si iscrive senza un' accurata riflessione preventiva, senza informarsi adeguatamente un po' per
indolenza e un po' per un' effettiva mancanza di informazione e di strutture di orientamento.
Tornando al nostro discorso quello che intendo dire è che uno studente può anche iniziare a seguire un corso con
insufficienti prerequisiti ma potrebbe avere la capacità di acquisirli durante la preparazione dell' esame e alla fine
ottenere lo stesso merito di un suo collega che sapeva già tutto fin dall' inizio.
In questo contesto alla parola capacità attribuiamo un valore più esteso di quello che in genere le viene attribuito:
non solo comprendere, ricordare ed esporre ma anche volere, faticare e lottare.
I prerequisiti sono dunque importanti ma il fatto di possedere una scarsa base di prerequisiti è un problema
rimediabile.
Il rimedio è studiare.
Studiare: un altro punto cruciale. Quasi sempre si sa cosa studiare, quasi mai si sa come studiare. E` risaputo che
all' università si studia di più e diversamente che alle medie superiori e un tale cambiamento può essere un notevole
disagio per le matricole.
Non saper studiare può essere molto più di un problema: può essere il problema.
Tanto per cominciare questo verbo per quanto sia usatissimo ha in sè qualcosa di misterioso. Probabilmente alla
parola studiare molte persone associano l' immagine di un giovane che legge un libro, ma studiare è molto di più
che leggere un libro.
Cerchiamo sul dizionario, prendiamo il Devoto-Oli [Devoto, Oli, 1995] e vediamo cosa dice:
Non ne sappiamo molto di più. Tanto per cominciare il dizionario, per spiegare il significato di studiare utilizza
altri due termini, metodicamente e apprendimento su cui potremmo spendere fiumi di parole. Comunque una cosa
la possiamo notare: tutte le accezioni riportate hanno in qualche modo a che fare con lo studiare di una matricola:
l 1. apprendere con metodo
l 2. ricercare e indagare
l 2 bis.preparare e progettare
l 3. osservare
l 3 bis. controllarsi
l 4. affrettare
Ammetto che il punto 4 è inserito un po' forzatamente, ma in fin dei conti quando il tempo passa e l' appello si
avvicina non occorre forse affrettarsi ?
Nel libro di Paola Plessi "Insegnare a studiare" [Plessi, 1996] c' è una definizione della parola studiare che forse ci
può essere più utile:
La stessa autrice poi cerca di approfondire la questione del significato di lavoro intellettuale e riconosce nell'
attività dello studio cinque tappe fondamentali:
l 1) conoscere
l 2) comprendere
l 3) elaborare
l 4) memorizzare
l 5) utilizzare la conoscenza
studiare ‹ stu dià re › v. tr. (studio, ecc.) 1. Applicarsi metodicamente all' apprendimento di una o più discipline: s.
legge; assol., sia a proposito di corsi regolari d' istruzione (non ha la possibilità per far s. il figlio), sia dell'
applicazione che lo
studio richiede (chi studia sarà promosso); talvolta con riferimento a esercizi singoli, nell' ambito di un tirocinio
scolastico o professionale: s. (a memoria) un sonetto; s. un nuovo concerto . 2. Fare oggetto di meditazione
speculativa o di ricerca e indagine scientifica: s. l' animo umano; s. le malattie tropicali § Preparare, progettare: s.
un piano economico; fam. escogitare: s. il modo di vincere le corse 3. Osservare attentamente: s. le mosse dell'
avversario§ Sorvegliare, controllare il proprio comportamento, spesso con un' idea di ricercatezza, di affettazione:
s. i gesti, le parole; medio intr.: studiarsi di, cercare, sforzarsi: mi studierò di esser breve; poet., anche intr. (aus.
avere): O mio tenero verso, Di chi parlando vai, Che studi esser più terso E polito che mai ? (Parini) 4. arc.
Stimolare, sollecitare, affrettare: uscito fuori Lapaccio, studia il fante che selli le bestie (Sacchetti); s. il passo,
andar più in fretta. [Denom. da studio].
"La prima definizione di studio potrebbe essere: lavoro intellettuale sistematico, consapevole, eteroguidato e
autoguidato, che richiede un investimento di energie mentali per il raggiungimento di un obiettivo di
apprendimento di cui si deve rendere conto."
Poi ci dà una definizione più funzionale:
Qui potremmo cominciare a fare elucubrazioni sulla parola apprendimento ma ad un certo punto bisogna avere
anche il coraggio di fermarsi e di tornare nel seminato.
Prima di perderci in questa digressione sullo studio parlavamo di prerequisiti. Notiamo che nelle cinque tappe
fondamentali dello studio ma anche nelle definizioni riportate sopra non c' è alcun riferimento ai prerequisiti. Non
dobbiamo stupirci di questo: è ovvio che il punto 1) conoscere delle tappe dello studio sottointenda il fatto che chi
trasmette l' informazione parli in un linguaggio comprensibile a chi lo recepisce.
Quindi, necessariamente, chi trasmette il messaggio (in parole povere l' insegnante che sta spiegando), dovrà
parlare la lingua -madre del suo interlocutore (o comunque una lingua nota ad entrambi) e utilizzare i famigerati
prerequisiti. Occorre una base di nozioni in comune, un luogo di incontro, un ideale cavo telefonico attraverso il
quale trasmettere le informazioni.
Non è poi questa una grande scoperta ma la ricerca di Accascina e altri dimostra inequivocabilmente che, per
quanto riguarda la matematica nel passaggio dalle medie superiori all' università, la questione è tutt' altro che
banale.
Il discorso di Accascina e altri, e del Syllabus in generale, è stato però limitato alle conoscenze. Il test d' ingresso
proposto intende verificare se queste conoscenze siano o no presenti al momento del test e senza la garanzia che
l'eventuale errore sia dovuto ad effettive lacune e non, magari, ad altri fattori, come la scarsa riflessione o la scarsa
motivazione nel fornire le risposte; e ammesso che si tratti davvero di lacune non siamo in grado di dire se sono da
attribuire ad una mancanza dell'insegnante liceale che non ha saputo fare il suo lavoro, oppure ad una mancanza
dello studente che ha dimenticato o che a suo tempo saltò qualche lezione o chissà cos'altro ancora. Figuriamoci poi
se siamo in grado di sapere se queste lacune, ammesso e non concesso che ci siano, resteranno lì immobili per tutto
l'anno accademico oppure verranno annullate al momento in cui lo studente sentirà il bisogno di aggiornarsi.
Per farla breve, il test d'ingresso, cos ì come è stato inteso fino ad oggi, non ci dice niente della capacità del singolo
studente di superare gli ostacoli dovuti ad una insufficiente preparazione preuniversitaria. Dunque è la capacità
dello studente ciò che a noi interessa ancora di più dei prerequisiti (che comunque non sono certo un argomento da
trascurare); il nostro problema è per ò ben lungi dall'essere risolto dato che le cose si fanno complicate già nel
cercare di definire la capacità.
Una cosa è certa: se fossimo sicuri che solo i capaci superano gli esami e solo gli incapaci abbandonano gli studi
non perderemmo tanto tempo in queste ricerche. Il dubbio che serpeggia e che pochi hanno il coraggio di
esplicitare è davvero atroce: quanta intelligenza perdiamo nel salto del fossato? nel delicato passaggio dalle medie
all' università ? Siamo davvero in grado di riconoscere la capacità in ogni sua forma ? Ma più in particolare: cosa c'
è di tanto difficile nella matematica universitaria ?
Abbiamo detto che occorre un linguaggio comune per docente e allievo: stessa lingua e adeguati prerequisiti. Le
due cose sono fortemente legate tra loro perchè la matematica ha un suo linguaggio, un suo gergo che si discosta
dal parlar comune per il suo assoluto rigore: questo può essere, paradossalmente, fonte di equivoci. Faccio un
esempio: con le parole quasi ovunque in analisi intendiamo un concetto ben preciso: per quasi ogni x significa per
definizione per tutte le x eccetto quelle contenute in insiemi di misura nulla . C' è quindi un significato
rigorosamente stabilito da una definizione e da concetti e definizioni precedenti.
Ma se noi utilizziamo le stesse parole in un ambito non matematico il significato del nostro discorso è nettamente
diverso. La frase "c' erano alberi quasi ovunque" ci fa immaginare una scena ma quel quasi le conferisce un'
imprecisione: nulla sappiamo sulle zone privi di alberi.
In generale c' è secondo me una vera e propria dicotomia tra il parlar comune e il parlar matematico, dicotomia che
può risultare fastidiosa allo studente e non solo a lui.
René Thom, nel 1972 [Thom, 1972], confrontò il linguaggio ordinario con quello geometrico e algebrico, secondo
questo schema:
"Lo studio e` strumento di apprendimento".
Linguaggio ordinario Linguaggio geometrico Linguaggio algebrico
La classe di equivalenza definita da una
parola (un concetto) non si può
ordinariamente formalizzare (è spesso di
natura topologica...)
L' oggetto definito da una parola, una
figura geometrica, è formalizzabile (cioè
è suscettibile di descrizione, in poche
parole, come funzione degli "enti"
elementari, ossia i punti).
L' equivalenza è definita dal
gruppo euclideo, un gruppo
di dimensione finita.
La classe di equivalenza è
definita dall'
identificazione di un
simbolo scritto con se
stesso: quindi è
formalizzabile.
Ciononostante il significato delle parole è
Il significato di una parola è chiaro,
perchè coincide con l' intuizione spaziale
Il "significato" di un
simbolo algebrico si
Senza entrare troppo nei dettagli, penso che sia chiaro quanto voglio dire: esistono delle differenze formali e
sostanziali tra il linguaggio matematico, o meglio di un matematico, e il linguaggio abituale, per esempio di uno
studente che non riconosce tale differenza.
Insomma, per ricapitolare: abbiamo cominciato col parlare di merito e capacità per poi tirare in ballo il concetto di
studiare, la questione dei prerequisiti, i problemi di comunicazione come punti cruciali dell'apprendimento in
generale ma anche del salto dalle medie superiori all'università in particolare.
Secondo me non è ancora tutto: c' è anche un fattore emotivo, o se preferite affettivo; un fattore dovuto alla volontà
e agli stimoli dello studente; un fattore dovuto alla velocità e al ritmo di adattamento e di studio di routine. Sono
tutte questioni distinte ma collegate in modo tale da rendere abbastanza difficile e complessa la loro analisi.
Ma soprattutto c' è un processo mentale che entra in azione nel momento dell' apprendimento della matematica
come di altre materie e che condiziona pesantemente il possibile successo o insuccesso di chi affronta l' esame. Un
processo mentale che dovrà tenere conto del momento di arrivo della conoscenza, con l'uso indispensabile di
requisiti, siano essi prerequisiti dell' argomento da studiare o semplici basi linguistiche, della sua elaborazione
all'interno della mente dello studente e della sua successiva comunicazione al mondo esterno.
DESCRIZIONE DEL CONTENUTO
Nei successivi capitoli cercheremo di mettere ordine a tutte queste tematiche enunciate, un po' come venivano, fino
ad ora.
In particolare nel primo capitolo cercheremo di dare un quadro sintetico della percezione del problema del
passaggio dalle medie superiori all'università nei vari ambiti sociali e istituzionali.
Poi cercheremo di approfondire l'analisi del momento critico del passaggio affrontando separatamente i diversi
stadi dell' attività dello studiare matematica: questa sarà la materia del secondo capitolo.
Nei capitoli successivi descriverò la mia ricerca: allo scopo di indagare sulle tematiche già esposte, ho progettato
un test piuttosto articolato che poi è stato somministrato ad un campione di 110 studenti presenti ad una lezione di
matematica per il corso di laurea in Biologia. Il test, la cui impostazione generale è esposta nel terzo capitolo, è
diviso in tre sezioni principali: un generico questionario sull'atteggiamento e sulle procedure adottate per lo studio
della matematica, i cui risultati verranno esposti nel quarto capitolo, un tradizionale test d'ingresso costituito da
quesiti su argomenti della matematica delle medie superiori (risultati globali nel quinto capitolo), un test originale
che si propone di indagare sui processi mentali utilizzati dai ragazzi nel momento di studiare (risultati globali nel
sesto capitolo).
Successivamente ho integrato i risultati del test con alcune mie osservazioni sul campo, sia alle lezioni del corso
(settimo capitolo) che alle prove d'esame (ottavo capitolo). Tale osservazioni si sono sviluppate nell'ambito di un
intero anno accademico, dalle lezioni fino all'ultimo appello utile. Nel nono capitolo ho infine riportato alcuni
interessanti esempi individuali di studenti che hanno ottenuto successo o insuccesso nel tentativo di superare
l'esame di matematica. Nel decimo capitolo ho tratto le mie conclusioni.
chiaro. della figura corrispondente. istituisce con difficoltà o è
inesistente.
La sintassi è povera. (Ci sono pochi tipi di
frasi nucleari in grammatica, e la
sistemazione delle frasi, l' una in seno all'
altra come subordinate, cessa rapidamente:
tutt'al più ci sono tre o quattro stadi
possibili di subordinazione.)
La sintassi è ricca, perchè descrive tutte
le rispettive posizioni spaziali delle figure
e i loro spostamenti. (Tuttavia è espressa
verbalmente da un ristretto numero di
concetti, come l' incidenza, le cui
combinazioni sono illimitate).
La sintassi, che è il modo
in cui si possono
combinare possibili
operazioni, è ricca perchè
in fondo è illimitata.
L' INSUCCESSO IN MATEMATICA AL PRIMO ANNO DI UNIVERSITÀ:
UN'INDAGINE SPERIMENTALE
Capitolo 1 - UN PROBLEMA SENTITO
l Le preoccupazioni del ministero
l Qualche dato
LE PREOCCUPAZIONI DEL MINISTERO
Come primo punto di riferimento prendiamo un documento ministeriale abbastanza recente (5/3/97): si tratta di una
relazione messa a punto da un gruppo di lavoro allestito dal Ministero della Pubblica Istruzione (che da ora in poi
chiameremo MPI come da usanza) con lo scopo di studiare la questione degli accessi all' Università e le relative
problematiche [MPI,1997].
Il Gruppo era formato da rappresentanti di MPI, MURST (Ministero dell' Università e della Ricerca Scientifica e
Tecnologica), Conferenza dei Rettori, studenti, sindacati confederali. "Si vuole affrontare in particolare la fase di
passaggio dello studente dalla scuola secondaria superiore all' Università". Gli obiettivi che il Gruppo si pone sono
elencati in 6 punti, che potremmo sintetizzare cos ì:
I punti che a noi interessano sono più che altro a), c) e d) anche se sul b) entra in ballo quel discorso sui capaci e
meritevoli già accennato nell' introduzione: per stabilire chi siano tali studenti occorre anche un criterio per
riconoscerne il merito e le capacità. Perciò anche il punto b) fa parte, seppure parzialmente, nei nostri interessi.
Ovviamente il Gruppo non entra nel merito di questioni didattiche limitandosi a dare delle direttive di carattere
organizzativo ed economico.
Nel paragrafo dedicato ai "principi per le politiche dell' accesso agli studi universitari" tornano le questioni del
merito e dell' orientamento intese come diritti dello studente: il diritto al riconoscimento dei propri meriti ed il
diritto ad orientarsi ed essere orientato.
Poi si arriva ad elencare gli impegni per riformare gli accessi all' istruzione universitaria: ci sono molti punti e
sottopunti, alcuni dei quali poco hanno a che fare con la didattica e tanto meno con la matematica; ci sono per ò
diverse questioni interessanti.
Innanzi tutto si intende far adottare alle università dei "corsi di insegnamento / ambientamento per aree disciplinari,
con prova finale che valuti l' attitudine dello studente a proseguire il corso.....". In pratica dei pre-corsi con un pre-
esame. In caso di fallimento lo studente potrebbe comunque frequentare un corso integrativo: su cosa fare in questi
corsi la questione è ancora aperta, o meglio, in fase di studio. Nel caso della matematica e corsi di laurea ad alto
contenuto matematico una strada secondo me percorribile potrebbe essere quella di prendere il Syllabus come
programma di riferimento e organizzare un corso; per gli altri corsi di laurea potremmo invece semplicemente
limitarci a riassumere i prerequisiti ritenuti necessari, che poi, stringi stringi, si limitano al saper leggere e scrivere
(che non è poco). Di fatto finiremmo col creare un esame in più i cui prerequisiti sarebbero di fatto le conoscenze
acquisite con la licenza media.
Ma torniamo al documento ministeriale: un altro impegno è quello dell' "adozione delle pre-iscrizioni all'
università, da effettuare nell' ultimo anno della scuola secondaria superiore...". Lo scopo è quello di "rendere
efficace l' attività di orientamento nelle scuole...." e altre questioni più che altro organizzative.
Questo permetterebbe per esempio la creazione di corsi supplementari di matematica per studenti che intendano
iscriversi a facoltà ad alto contenuto matematico. Un progetto interessante che però deve fare i conti con l'impegno
non indifferente che gli studenti rivolgono alla preparazione dell'esame di maturità. Oltretutto non è chiaro quanto
debbano essere vincolanti tali pre-iscrizioni.
In effetti al punto successivo si annuncia l' impegno a definire "un progetto comune tra MPI e MURST di attività di
orientamento formativo nella scuola e particolarmente negli anni precedenti all' ultimo...". Insomma, riassumendo,
per i primi quattro anni si cerca di illustrare agli studenti la possibile gamma di scelta per il proseguimento degli
studi , non mancando di informare anche sulle realistiche prospettive di lavoro, e all' inizio dell' ultimo anno si
a) aumentare la qualità della didattica, della ricerca e dei titoli;
b) combattere la selezione sociale;
c) aumentare la consapevolezza degli studenti nelle loro scelte;
d) contrastare il fenomeno degli abbandoni;
e) ampliare l' accesso all' istruzione superiore post-secondaria;
f) stimolare la concorrenza tra atenei.
chiede loro una pre -iscrizione all' università.
Sappiamo bene che la matematica entra più o meno in tutti i corsi di laurea non squisitamente umanistici (e per
certi versi anche in quelli) e, paradossalmente, esiste il concreto rischio che proprio per questo motivo una materia
cos ì onnipresente ma quasi mai veramente protagonista, finisca con l' essere esclusa da un' attività di orientamento.
D'altra parte non appare facile, a prima vista, illustrare i prodigi dell' analisi a chi deve ancora imparare a
sviluppare un binomio al quadrato. L' orientamento cos ì come viene inteso in questo documento può per ò donare
qualche motivazione in più al corso tradizionale di matematica, come un aggancio tra l' argomento attualmente
studiato e l'impiego futuro e possibile che potrebbe essere di duplice utilità: un approccio didatticamente
favorevole, in quanto comprende esempi di applicazioni concrete (un po' come quando, alle lezioni della scuola
media inferiore, per spiegare la somma vettoriale si richiama l'immagine del battello fluviale trainato da due
trattori sulle due rive), unito ad un pezzettino di orientamento perchè si spiega in quale contesto si applica quella
conoscenza matematica.
Parallelamente il Gruppo enuncia anche l' impegno alla creazione di "corsi brevi di orientamento/ambientamento"
anche da parte delle università, in pratica l' ufficializzazione di quei precorsi che sporadicamente le università
organizzano.
Abbiamo a disposizione anche il rapporto finale del gruppo di lavoro su "Autonomia didattica e innovazione dei
corsi di studio a livello universitario e post -universitario" riunitosi per l'ultima volta il 3 ottobre 1997. Il
documento, a tutti noto come "Documento Martinotti" [MURST, 1997] è molto interessante e innovativo anche se
gli aspetti che riguardono espressamente il nostro discorso (accesso, abbandoni, raccordo liceo-università) sono
quasi sempre marginali. Il documento è rigorosamente strutturato in una presentazione, una filosofia di intervento,
un'esposizione di principi generali e infine delle proposte. Già nell' ambito della filosofia di intervento leggiamo
alcune cose interessanti: per esempio a proposito del'evoluzione dell'università italiana negli ultimi decenni dice:
"Si è trattato della trasformazione da un sistema tradizionale di piccole dimensioni basato sulla comunità dei
docenti e su un corpo studentesco molto omogeneo in termini di classe sociale, a un sistema ampio e socialmente
diversificato, anche se molto lontano dall'idea di accesso universale, che è stato investito dei problemi della
mobilità sociale e della preparazione di una classe dirigente, ma senza aver acquisito gli strumenti istituzionali per
risolverli." Considerato che il gruppo di lavoro è composto in larga maggioranza da docenti universitari da queste
parole traspare, oltre alla constatazione che il paese di campagna è diventato una metropoli, il palese disagio
nell'affrontare una situazione nuova. O forse è più giusto dire che l'università, pur trasformandosi nel corso del
tempo ma mancando di un piano evolutivo non riesce a tenere il passo dell' evoluzione sociale: insomma,
comunque vogliamo porre la questione, un disagio proprio a livello di sistema universitario c' è. Il gruppo entra poi
nei dettagli per criticare alcuni aspetti "perversi" in particolare, fra le altre cose si parla di un' "applicazione
inordinata del principio della libert à degli accessi che ha portato a squilibri macroscopici tra le dimensioni degli
atenei anche nella medesima città. E nel crescente divario tra curricolo tabellare e realtà del percorso di studi di
grandi masse di studenti con la formazione di una figura anomala come è il fuori corso". Questo ci interessa:
accesso e abbandoni. Le proposte del gruppo saranno tanto innovative da cancellare il problema più che risolverlo
(se i fuori corso da ora in poi li chiamiamo studenti a tempo parziale ecco che non ci sono più i fuori corso,
semplice no ?), ma tali proposte potranno essere l'argomento di altri studi. Quello che interessa dire adesso è che il
problema della disomogeneità delle matricole e della presenza dei fuori corso è una questione avvertita ai livelli più
alti.
QUALCHE DATO
La questione dell' Università italiana che laurea troppo pochi iscritti è discussa già da diverso tempo.
L'interpretazione dei dati numerici è sempre molto difficile ma può comunque aiutarci nel fare qualche valutazione.
anno accademico iscritti all' università matricole laureati
1985 / 1986 1.107.633 241.250 75.810
1986 / 1987 1.085.367 246.942 77.869
1987 / 1988 1.123.871 258.837 80.974
1988 / 1989 1.223.250 280.271 87.714
1989 / 1990 1.248.458 292.289 89.481
1990 / 1991 1.333.554 312.814 90.669
1991 / 1992 1.472.887 336.601 90.113
1992 / 1993 1.526.528 344.087 89.876
1993 / 1994 1.572.006 353.944 94.814
Fonte: ISTAT (annuari statistici)
Abbiamo a disposizione dei dati che riguardano l'Università di Pisa, con in più il dato degli iscritti fuori corso:
Fonte: Ufficio Statistico del Rettorato di Pisa; (*) fino a dicembre 1998
Il dato dei fuori corso è ancora più indicativo del numero di laureati. Si possono addirittura individuare dei veri e
propri anni neri come il 1993 e il 1996 con un aumento consistente di iscritti fuori corso.
Insomma, nell'università italiana, attualmente si iscrivono in molti, ma si laureano in pochi. Valutare gli abbandoni
è piuttosto complicato dato che la durata dei corsi di laurea non è uniforme e che esistono studenti che rimangono
iscritti per molti anni fuori corso.
Ma non occorrono calcoli e grafici per capire già da questi dati che il fenomeno dell'abbandono esiste ed è anche
piuttosto consistente.
Ci si può chiedere se esistano corsi di laurea in cui il fenomeno dell' abbandono sia più evidente che in altre. In
particolare ci chiediamo se la presenza di uno o più esami di matematica possa in qualche modo influire
sull'insuccesso degli studenti. In effetti lo studio puramente statistico dà una risposta negativa a questa domanda.
Come esempio vediamo una tabella che riporta i cosiddetti tassi di laurea per facoltà e coorti di immatricolati
[Romano, 1996].
Tassi di laurea per facoltà e coorti di immatricolati - M.F. Romano, Studenti dell'Ateneo: analisi delle
carriere
1994 / 1995 1.602.962 335.530 103.750
1995 / 1996 1.617.620 320.867 108.065
1996 / 1997 1.694.441 337.229 123.284
anno accademico matricole iscritti in c. iscritti f.c. laureati
1985 / 1986 6.533 20.620 9.615 2.001
1986 / 1987 6.531 20.807 9.855 1.943
1987 / 1988 6.445 21.294 8.036 1.943
1988 / 1989 6.748 22.013 7.336 2.097
1989 / 1990 7.296 23.851 6.522 2.195
1990 / 1991 7.504 25.588 7.343 1.851
1991 / 1992 8.931 27.565 8.379 2.395
1992 / 1993 7.052 28.834 9.181 2.314
1993 / 1994 8.741 31.130 13.046 2.684
1994 / 1995 8.341 29.387 15.311 2.591
1995 / 1996 8.077 30.360 16.563 2.860
1996 / 1997 7.318 26.084 20.566 3.057
1997 / 1998 6.949 31.882 18.344 2.089 (*)
coorti 70-74
Economia 11,8
S.Politiche 13,2
Giurisprud. 17,5
Agraria 24,0
Lingue 24,8
Ingegneria 34,3
Ateneo 36,0
S.M.F.N. 38,7
Farmacia 42,9
Veterinaria 49,3
coorti 75-79
S.Politiche 10,3
Economia 17,2
Giurisprud. 21,2
Lingue 22,6
Agraria 28,1
Ingegneria 32,8
Ateneo 32,6
Lett. Fil. 38,5
S.M.F.N. 38,8
Veterinaria 40,2
coorti 80-82
S.Politiche 15,3
Economia 27,7
Agraria 28,0
Giurisprud. 28,6
Lingue 29,6
Ingegneria 33,0
Ateneo 35,5
Veterinaria 37,1
Lett.Fil. 40,5
S.M.F.N. 43,2
L'esame di questi dati, per quanto interessante, non ci aiuta. Questa tabella è solo un esempio, potremmo farne
altre, disegnare grafici e torte con le fette percentuali, calcolare dei valori medi ma alla fine arriveremo sempre a
dedurre che in fin dei conti gli esami matematici non influiscono granchè sugli insuccessi universitari. Ma il
contatto quotidiano con gli studenti-persone ci spinge ad approfondire la nostra ricerca e a dare una lettura più
attenta alle risposte degli studenti-numeri . Già nello stesso studio di M.Francesca Romano, da cui abbiamo tratto la
tabella riportata sopra, c' è un tentativo di distinguere gli studenti secondo la loro storia, chiamando in causa il voto
di maturità e la regolarità degli studi pre-universitari ma solo per scoprire che i liceali con un voto di maturità più
alto di 48 e una carriera liceale regolare, in media, ci mettono meno degli altri a laurearsi.
Come esempio di questo tentativo riportiamo la successiva tabella: come si può vedere gli studenti sono stati divisi
in liceali e non liceali, in regolari (mai ripetuto un anno delle medie superiori) e non regolari (che hanno ripetuto
almeno un anno delle medie superiori), e infine a seconda del loro voto di maturità: basso (36-39), medio (40-47),
alto (48-60).
Il dato riportato per ciascun gruppo è il tempo in anni che occorre mediamente per laurearsi ad un individuo medio
appartenente al gruppo preso in considerazione.
Tempo medio per conseguire la laurea, per coorte di immatricolazione, tipo e voto di maturità e regolarità
degli studi - M.F. Romano, Studenti dell'Ateneo: analisi delle carriere
Ciò che è interessante notare in questi dati è come sia aumentata, nel corso del tempo, la durata degli studi per tutte
le categorie esaminate. Purtroppo questo tipo di informazioni ci dice poco su questioni più specificatamente
matematiche: la carriera universitaria in generale e tanto più il voto di maturità contengono numerosi aspetti che
con la matematica non hanno niente a che fare.
Vediamo allora di concentrare la nostra osservazione sull' esame di matematica: abbiamo a disposizione dei dati
che si riferiscono alla facoltà di scienze di Pisa, la colonna dei successi indica coloro che hanno superato l'esame di
Istituzioni di matematiche regolarmente (cioè entro l'anno accademico).
Lett.Fil. 51,5
Medicina 63,6
Farmacia 42,4
Medicina 53,7
Medicina 52,5
Farmacia 54,4
LICEALI
regolari
coorti v.m. 36-39 v.m. 40-47 v.m. 48-60
70-74 6,6 6,4 6,1
75-79 7,3 6,9 6,5
80-82 7,6 7,2 6,8
non regolari
coorti v.m. 36-39 v.m. 40-47 v.m. 48-60
70-74 6,8 6,5 6,3
75-79 7,6 7,5 7,1
80-82 7,8 7,6 7,5
NON LICEALI
regolari
coorti v.m. 36-39 v.m. 40-47 v.m. 48-60
70-74 6,8 6,5 6,5
75-79 7,5 7,1 6,9
80-82 7,9 7,6 7,0
non regolari
coorti v.m. 36-39 v.m. 40-47 v.m.48-60
70-74 6,7 6,5 6,5
75-79 7,2 7,2 7,4
80-82 8,1 7,7 7,6
Corso di laurea iscritti 94/95 successi % successi
Chimica 75 33 44%
Chimica Industriale 30 6 20%
Fonte: Ufficio Statistico del Rettorato
Questo dimostra che c' è un disagio anche riguardo all'esame di matematica. A giudicare dai dati visti fino a questo
punto si tratta di uno dei tanti motivi di disagio dell' università italiana. Pur consapevoli del fatto che i nostri dati
siano solo una parte di un contesto più grande, viene comunque naturale porsi una domanda: ma è davvero così
difficile l'esame di matematica in questi corsi di laurea a basso contenuto matematico ? e perchè è tanto difficile,
ammesso che lo sia ? che sia proprio questo esame a mettere in difficoltà e a scoraggiare gli studenti e a spingerli
all' abbandono o comunque a laurearsi in tempi lunghi ?
Ma adesso basta con le domande: è giunto il momento di cercare delle risposte.
INDICE
l pagina iniziale
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l CAPITOLO 2: SAPERE E SAPER STUDIARE
l CAPITOLO 3: LA NOSTRA INDAGINE
l CAPITOLO 4: IL QUESTIONARIO
l CAPITOLO 5: IL TEST D' INGRESSO
l CAPITOLO 6: UN ALTRO TEST
l CAPITOLO 7: LE LEZIONI
l CAPITOLO 8: GLI ESAMI
l CAPITOLO 9: SUCCESSI E INSUCCESSI
l CAPITOLO 10: CONCLUSIONI
l ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI
l BIBLIOGRAFIA
Scienze Naturali 86 12 13,9%
Scienze Biologiche 385 72 18,7%
Scienze Geologiche 92 20 21,7%
Totale 668 143 21,4%
L' INSUCCESSO IN MATEMATICA AL PRIMO ANNO DI UNIVERSITÀ:
UN'INDAGINE SPERIMENTALE
Capitolo 2 - SAPERE E SAPER STUDIARE
l La ricerca sulle conoscenze di base
l Le conoscenze di base: le principali indiziate
l Saper studiare
l La preparazione dell' esame di matematica
l La pianificazione
l Affrontare la valutazione: la prova scritta
l Affrontare la valutazione: la prova orale
l Conclusione (provvisoria)
LA RICERCA SULLE CONOSCENZE DI BASE
Una volta accertato che un disagio universitario esiste cerchiamo di affrontarlo, formulando ipotesi di
interpretazione e magari cercando anche possibili provvedimenti. Facile a dirsi. Come abbiamo già accennato in
precedenza, i gruppi di lavoro ministeriali intendono dare una risposta strutturale, riorganizzando la scuola e
l'università, incentivando attività di orientamento. Anche il Documento Martinotti [MURST, 1997] mette fra i sette
aspetti su cui intervenire l' orientamento. Pure qui si danno dei principi generali e delle linee guida di carattere
strutturale, non si entra, e non si doveva entrare in questa sede, nel dettaglio delle singole materie e discipline. È
evidente che i problemi dell'università vengono percepiti globalmente anche perchè i numeri presi in
considerazione parlano chiaro: il fenomeno degli abbandoni è generalizzato e omogeneo, non sembra esistere una
particolare materia più difficile delle altre. La statistica in generale, e non limitatamente agli esempi qui riportati, ci
dà risposte insoddisfacenti. Lo studente-numero può essere solo bravo se si laurea e non bravo se non si laurea
entro il limite imposto nello studio. Non c' è, o almeno non affiora, una risposta veramente didattica a questo
problema: una risposta cioè veramente pertinente all'insegnamento delle varie discipline. Ad un fenomeno globale
(ritardi e abbandoni) si dà una risposta globale (orientamento e riordino strutturale); dando quasi l'impressione che
il malfunzionamento universitario sia semplicemente causato dagli studenti incapaci di scegliere, incapaci di
crescere, incapaci di studiare, incapaci di frequentare l'università. In questa sede cercheremo invece di prendere
una strada diversa. Facciamo una scelta dettata dalla nostra (presunta) competenza e focalizziamo la nostra
attenzione sulla matematica e soprattutto sui suoi aspetti didattici: ci chiediamo semplicemente quali siano le
possibili cause del fallimento universitario negli esami di matematica. La matematica (universitaria e non) ha una
prerogativa: più di ogni altra materia presuppone una serie di conoscenze di base e il possederle o meno, è facile
immaginarlo senza fare indagini, test ed esperimenti, influenza almeno in parte il rendimento di uno studente.
Un'analisi indirizzata sul tema delle conoscenze di base è una strada già percorsa in passato ma che ha dato risultati
in parte scontati e in parte insoddisfacenti. In particolare negli ultimi anni si sono tentati dei test come quello di
Accascina e altri già citato in precedenza [Accascina e altri, 1995]. Limitando i nostri discorsi al campo che ci
compete, e cioè alla matematica, possiamo fare alcune considerazioni che poi stanno alla base di una qualunque
indagine sulle conoscenze di base. Innanzitutto dobbiamo tenere presente che, attualmente, l'accesso all'università è
quasi libero, nel senso che occorre un qualsiasi diploma di maturità per accedere agli studi universitari (a parte
poche eccezioni): questa situazione, a prescindere dalle questioni etiche che si pongono ogni volta che si intenda
porre dei limiti all'accesso nelle università, crea comunque delle oggettive problematiche come per esempio il fatto
che a seguire un corso di matematica per un primo anno di università arrivino studenti con svariate provenienze
scolastiche e, conseguentemente, con diverse conoscenze di base in ambito matematico. Questo stato delle cose fu
uno dei motivi per cui l' Unione Matematica Italiana elaborò nel 1980 il cosiddetto Syllabus, cioè un documento in
cui venivano riassunte le conoscenze di base necessarie per affrontare lo studio della matematica universitaria.
Vinicio Villani, presentando il Syllabus sulla rivista Archimede [Villani, 1980] scrive esplicitamente: "....i docenti
universitari constatano una forte disomogeneità e uno scadimento di anno in anno più pronunciato nel livello di
preparazione degli allievi provenienti dalle scuole secondarie; questi a lora volta lamentano la mancanza di raccordi
tra preparazione scolastica secondaria e corsi universitari; in concreto ne deriva una fortissima percentuale di
insuccessi agli esami, soprattutto al primo e secondo anno di Università, con conseguenti cambiamenti di facoltà,
abbandoni degli studi, anni di fuori-corso, situazioni personali di insoddisfazione, frustrazione e tensione." Quindi
l'elaborazione del Syllabus si muoveva in questa direzione e sul Syllabus si bas ò anche la ricerca di Accascina e
altri che nel 1995 elaborarono un test d'ingresso da somministrare ad un gruppo campione di matricole. Il test
consisteva in una serie di quesiti, una piccola parte dei quali a risposta aperta, cioè senza un ventaglio di risposte
in cui poter scegliere quella ritenuta giusta. Fu utilizzato anche un campione di docenti universitari e uno di docenti
di scuola secondaria con l'intento di quantificare le aspettative di chi la matematica l'aveva insegnata e di chi si
accingeva ad insegnarla e confrontarle con i risultati effettivi del gruppo di studenti. L'obiettivo primario dichiarato
dai ricercatori era proprio quello di "....misurare in termini quantitativi e confrontare tra loro la preparazione
presunta, ovvero quella che la scuola reputa di aver impartito, la preparazione attesa, cioè quella che i docenti
universitari attribuiscono ai loro studenti all' inizio dei corsi e la preparazione reale: quella effettivamente posseduta
dagli studenti....". I risultati confermarono che gli studenti provenienti dallo scientifico avevano più conoscenze di
base degli altri, ma comunque inferiori alle aspettative dei docenti, e che le aspettative dei docenti universitari
erano più pessimistiche dei colleghi delle scuole secondarie. Inoltre gli studenti provenienti dallo scientifico,
secondo l'interpretazione di Accascina e altri, sembrano essere considerati dai docenti universitari, non si sa quanto
consapevolmente, gli studenti-tipo. In effetti gli studenti provenienti dallo scientifico sono quasi sempre poco più
della metà nei corsi di laurea, ma non molto più della metà, ed in tal modo una grossa fetta di studenti, quelli non
provenienti dallo scientifico, sono oggettivamente danneggiati in partenza. Riportiamo due tabelle che riassumono
alcuni risultati di Accascina e altri:
Media su tutte le trenta domande della percentuale di risposte esatte ipotizzate dai docenti di Scuola
Secondaria Superiore e dai docenti universitari.
Media su tutte le trenta domande, della percentuale di risposte esatte date dagli studenti.
*Matematica Forte: le scuole con programma di matematica più approfondito, Istituti Tecnici Industriali, Istituti
Tecnici Commerciali con indirizzo programmatori;
**Matematica Debole: le scuole con un programma di matematica ridotto, Istituti Tecnici vari, Magistrali, ecc.
Interessante anche un'interpretazione di Accascina e altri dopo aver osservati i dati divisi per argomenti: "....I temi
su cui è maggiore la differenza tra previsioni dei docenti e realtà sono geometria analitica, geometria euclidea del
piano e trigonometria. La differenza è minore per il tema di algebra (in cui la preparazione degli studenti è più
approfondita, data la nota passione della scuola italiana per i calcoli algebrici) e per la geometria dello spazio e le
funzioni esponenziali e logaritmiche, in cui i docenti hanno prudentemente stimato percentuali non alte."
Successivamente tale ricerca è stata criticata da Pier Luigi Ferrari in un articolo intitolato "La preparazione in
matematica degli studenti all'inizio dell' università" [Ferrari, 1998]. Pur restando ancorato al tema dei requisiti
Ferrari espone alcuni suoi dubbi sul metodo di ricerca adottato e riguardo alle interpretazioni di Accascina e altri ne
offre diverse che si discostano dalla questione dei requisiti e del mancato raccordo tra scuole secondarie e
università. Dopo aver controanalizzato alcune singole domande e i relativi risultati del test di Accascina e altri,
Ferrari scrive: "...emerge che la difficoltà degli studenti è più sull'organizzazione di una strategia e sul controllo
semantico dei procedimenti impiegati che sui contenuti specifici...........Difficoltà ancora maggiori si registrano
quando gli studenti devono scegliere gli strumenti con i quali affrontare i problemi........." Il discorso dunque si
allarga: entrano in gioco fattori non trascurati ma, in un certo senso dati per scontati: anche prima di tutte queste
ricerche era noto a tutti come lo studente medio della scuola secondaria preferisca situazioni in cui sia chiaro quale
algoritmo deve usare piuttosto che situazioni in cui debba riflettere su ciò che sa e su ciò che può dedurre e in che
modo. Ma Ferrari tocca anche altri temi come la conoscenza e la padronanza della propria lingua madre, fattori
extraculturali come la motivazione e il clima in aula al momento del test e il conseguente impegno degli studenti, la
struttura dei problemi proposti e i linguaggi impiegati. In conclusione, secondo Ferrari, "...bisogna resistere alla
tentazione di dipingere un quadro a tinte fosche..." dato che i modi di insegnare la matematica non sono cambiati
quanto i modi di vivere dei ragazzi e che bisognerebbe cercare di utilizzare di più le risorse didattiche di
informatica e telematica; "...le difficoltà riguardano più le capacità di risolvere i problemi che i contenuti
specifici......fin dalla scuola elementare gli studenti sono abituati a vedere i problemi in funzione delle tecniche e
Docenti di Liceo Scientifico 77
Docenti di Liceo Classico 55
Docenti di Matematica Forte * 65
Docenti di Matematica Debole ** 45
Media docenti di tutte le scuole 65
Docenti universitari 58
Studenti di Liceo Scientifico 57
Studenti di Liceo Classico 41
Studenti di Matematica Forte * 45
Studenti di Matematica Debole ** 41
Tutti gli studenti 50
non viceversa..."; "...Altre difficoltà riguardano la comprensione dei testi di tipo matematico (libri, appunti,
spiegazioni, persino i testi dei problemi)......." e queste difficoltà contengono anche quelle di tipo logico. Quello
delle conoscenze di base è un tema caratteristico della didattica della matematica. In effetti possono esserci anche
corsi di altre materie, scientifiche o umanistiche, che presuppongano qualche conoscenza ma difficilmente tali
presupposti potranno essere altrettanto determinanti sulla comprensione e sullo studio da parte dei ragazzi rispetto a
quanto avviene nei corsi di matematica: probabilmente è proprio questa peculiarità che ne rende difficile lo studio
in un ambito, come può essere il corso di laurea in biologia, nel quale tutti gli altri corsi sono nettamente diversi.
Facciamo un esempio: un biologo, così come un fisico, così come un chimico, dovrà studiare determinati fenomeni
naturali. I fenomeni naturali non seguono regole prestabilite, non rispondono a definizioni a priori, sono
semplicemente cose che avvengono in un determinato modo: lo scienziato ne prende nota, li descrive, dà dei nomi;
lo studente legge i libri scritti dallo scienziato, nei laboratori verifica (se possibile) di persona quanto è stato scritto,
impara i nomi. Poi cambia l'ora, inizia la lezione di matematica e non ci sono più i fenomeni, non ci sono più i
laboratori. A volte non ci sono più neanche i libri, o comunque su un libro non c'è mai scritto tutto perchè
l'antipatico assistente riuscirà sempre ad inventare un esercizio che sui libri e sugli appunti non c'è. E poi i
professori nominano in continuazione cose del liceo, ma chi se le ricorda più ? e allora bisogna rispolverare il libro
del liceo ma l ì ci sono solo le cose facili, dove sono le cose difficili ? e chi il liceo non l'ha fatto cerca di rimediare
in qualche modo. Oppure si rimanda nel tempo, al secondo, al terzo anno, sempre che il piano di studi lo permetta.
Per il momento ci si dedica ai fenomeni: sono solo cose che avvengono, già osservate da secoli, non cose come la
matematica, cos ì lontana dalla realtà. I famigerati (pre)requisiti, intesi sia come nozioni di base dalle quali partire
per sviluppare la teoria del corso, sia anche come percezione delle peculiarità della matematica (in parole povere il
possedere una certa dimestichezza con la matematica) sono un aspetto più che importante, fondamentale,
indispensabile. Cos ì, nel momento in cui si cerca di spiegare il fenomeno dei fallimenti universitari, limitandoci
agli esami di matematica del primo anno, non possiamo fare a meno di occuparci dei prerequisiti o conoscenze di
base o come le vogliamo chiamare.
LE CONOSCENZE DI BASE: LE PRINCIPALI INDIZIATE
Nessun corso di matematica universitaria parte da zero, il docente assume come già note una serie di conoscenze
ma la questione sul cosa si debba dare per scontato e cosa no è ancora oggi fonte di dibattiti e di articoli. Dal 1969
l'accesso a qualunque università è aperto a chiunque abbia conseguito il diploma di maturità e tale apertura, per
quanto giusta e democratica, da subito causò un cambiamento di prospettiva che mise a disagio l'ambiente
universitario. La questione, pur non avendo oggettivamente molto risalto nell'ambiente universitario in generale e,
limitandoci alla matematica, nell'ambiente matematico in generale, è stata comunque oggetto di alcune ricerche e/o
iniziative di vario genere che qui proviamo ad elencare. 1980 L' Unione Matenatica Italiana, in collaborazione con
la CIIM (Commissione Italiana per l'Insegnamento della Matematica) pubblica il Syllabus, compendio di
conoscenze fondamentali per l'approccio alla matematica universitaria. [Villani, 1980]
1984
Accascina e Dapueto indagano su alcuni corsi di laurea a carattere scientifico nelle sedi di Pisa e Genova, negli
anni accademici 82/83 e 83/84; ad un totale di 1283 studenti viene somministrato un test di 8 domande a risposta
aperta basate sul Syllabus. Una volta stabiliti i criteri per giudicare esatte le risposte in modo tale da ottenere dei
parametri ritenuti significativi (in parole povere i ricercatori hanno perdonato qualche imperfezione), la media delle
risposte esatte risulta piuttosto bassa, come si vede dalla seguente tabella:
Però non viene notata una grossa differenza, comunque presente, suddividendo gli studenti secondo le varie
provenienze scolastiche:
Corso di laurea (a.a. 82/83 e 83/84) Media delle risposte esatte su 8 domande
Fisica 5,9
Ingegneria 4,8
Matematica e Informatica 4,7
Geologia e Biologia 3,1
Totale 4,6
Gruppi di provenienza scolastica Media delle risposte esatte su 8 domande
Liceo Scientifico 5,0
Liceo Classico 4,2
I.T.I. 4,5
Altre 3,7
Si notano carenze di logica spicciola e nella conoscenza della lingua italiana, che causano fraintendimenti nella
comprensione delle domande, oltre alle scontate lacune nelle conoscenze di base; si nota anche una certa
autoselezione nella scelta del corso di laurea: per affermare questo si osserva che i fisici rispondono meglio dei
biologi. [Accascina, Dapueto, 1984]
1988
Si effettua un bizzarro confronto: un test proposto in un concorso dell' ENEL e rivolto a laureati in Ingegneria
Elettronica, Informatica, Matematica e Fisica, viene somministrato anche a delle matricole dei corrispondenti corsi
di laurea. Si scopre in questo modo che la preparazione preuniversitaria dei laureati appare, se possibile, ancora
peggiore di quella delle matricole. I ricercatori hanno avuto a disposizione il testo e i risultati della prova scritta di
tre concorsi dell' ENEL effettuati nel 1980 e nel 1987. Il lavoro è stato però basato quasi esclusivamente sui primi
due concorsi, quelli del 1980 e si critica più che altro il testo delle domande, obbiettivamente imprecise da un punto
di vista strettamente matematico. D'altra parte le stesse domande che prestano il fianco a critiche specialistiche di
"matematici dalla mente contorta" (parole degli stessi autori) sono anche ritenute troppo facili per gli altri (ma non
poi così facili, visti i risultati). Il concorso ENEL del 1980 prevedeva 40 domande (di cui 30 di matematica, 4 di
informatica, 6 di fisica) a risposta chiusa, con la scelta fra 5 possibilità, 3 ore di tempo per rispondere e una
valutazione concepita per non favorire nè penalizzare le risposte casuali (+1 alle risposte esatte, -0,25 a quelle
sbagliate, 0 alle risposte in bianco). I risultati dei 275 partecipanti al concorso, laureati in matematica, informatica,
fisica, ingegneria elettronica sono stati confrontati con quelli di 246 matricole di Fisica a Pisa, negli anni
accademici 85/86 e 86/87. Con questi risultati:
Media dei punteggi su tutte le domande
Media dei punteggi sulle 36 domande pre-universitarie (normalizzata a 40)
Sembra quasi che le matricole provenienti dallo scientifico siano più brave dei neo-laureati (in 9 domande le
matricole superano i laureati). D'altra parte gli stessi autori fanno presente il diverso contesto in cui il test è stato
proposto: durante il concorso Enel c'era ovviamente molta più sorveglianza da parte degli esaminatori e molto
meno spirito di collaborazione fra i candidati rispetto alla naturale tendenza all' aiuto reciproco fra le matricole.
Tutto quanto si può leggere su un articolo di Accascina e Villani pubblicato su Archimede. [Accascina, Villani,
1988]
1992
Si effettua una ricerca sulle matricole del Politecnico di Torino; la ricerca rienta nell' ambito di un progetto di
syllabus per lo studio dell' ingegneria. Anche in questo caso ci si pone il problema (e stavolta addirittura a livello
europeo) di stabilire una base di conoscenze comuni per gli aspiranti ingegneri. Il riferimento principale non è il
Syllabus italiano ma un Level Zero Core Curriculum elaborato dal SEFI - MWG. Gli studenti presi in esame sono
quelli interessati ad entrare al Politecnico di Torino nel 1991 e nel 1992 (circa 3200 studenti per ogni anno). Il test
somministrato si compone di ben 100 quesiti divisi in argomenti (20 quesiti strettamente matematici a cui
rispondere in 35 minuti), con un tempo assegnato a ciascun argomento per un totale di 2 ore e mezzo. Anche in
questo caso le risposte sbagliate venivano punite con un -0,25. Nell' articolo che citiamo vengono presi in
considerazione solo i 20 quesiti matematici anche se forse noi avremmo potuto trovare interessante anche il
resoconto sui 30 quesiti di logica e sui 20 quesiti di comprensione del testo. Comunque anche fra i 20 requisiti
strettamente matematici 4 riguardavano la comprensione dei problemi, ovvero quesiti che richiedevano una
particolare attenzione alla richiesta e un po' di aritmetica elementare per la risposta. Gli autori, attraverso
considerazioni statistiche di cui omettiamo i dettagli, danno un indice di conoscenza ed anche uno di confidenza
relativamente agli argomenti su cui i quesiti matematici erano imperniati (in breve l'indice di confidenza è legato
alla scelta fra rispondere o no ad un determinato quesito). Cos ì facendo si scopre un' evidente relazione fra la
conoscenza e la confidenza per tutti gli argomenti tranne che per la comprensione dei problemi: in quest'ultimo
caso il basso indice di confidenza contrasta con un alto indice di conoscenza. La geometria analitica e la
comprensione dei problemi sono i campi in cui gli studenti sembrano possedere le migliori conoscenze, i campi più
ardui risultano invece essere quello delle funzioni esponenziali e logaritmiche, e quello del calcolo combinatorio e
della probabilità. [Boieri, Tabacco, 1995]
Totale 4,6
candidati ENEL tutte le matricole matricole provenienti dallo scientifico
24,91 23,01 25,08
candidati ENEL tutte le matricole matricole provenienti dallo scientifico
25,91 24,83 27,09
1993
Si effettua una ricerca che oltre alla questione dei prerequisiti si interessa anche di altri aspetti come l'
atteggiamento dei ragazzi nei confronti della matematica e la loro autovalutazione in merito alle conoscenze fin lì
acquisite. Si evidenzia una scarsa dimestichezza con la notazione scientifica, nella quale Scienze Politiche, come
anche in altri quesiti, batte Matematica e Fisica ! Fra le conclusioni si sottolinea come la notazione simbolica crei
problemi, come pure la gestione delle percentuali e poi si osservano anche scarsa familiarità col valore assoluto,
antipatia per questioni che non richiedono l'uso di formule note, troppi errori nella geometria analitica. Il campione
di studenti è composto da 235 matricole di Scienze Politiche e 93 di Matematica e Fisica dell' Università di
Perugia, nell' anno accademico 1991/92. Sul fronte delle conoscenze gli svolgimenti globali dei ragazzi sono stati
valutati in centesimi e sono state prese in considerazione quattro fasce: bassa (0-29), medio -bassa (30-49), medio-
alta (50-69), alta (70-100). Vediamo il confronto dei risultati a seconda del corso di laurea (il numero degli studenti
per ciascun gruppo è espresso in percentuale):
Abbiamo anche la possibilità di fare un confronto tra le varie provenienze:
Riguardo all'ultima parte dedicata alle questioni dell' atteggiamento nei confronti della matematica occorre dire che
il 20% dei ragazzi non ha risposto, probabilmente per mancanza di tempo (era questa l'ultima parte del
questionario). Sull' utilità della matematica per la vita quotidiana e/o professionale hanno risposto in modo
nettamente negativo solo il 18% degli studenti; solo il 25% non ritiene la matematica divertente ma ben il 65% è
insoddisfatto della propria preparazione e l' 83% critica l'insegnamento ricevuto alle medie superiori. [Brunelli,
Pannone, 1993]
1994
Si effettua un test su diversi corsi di laurea delle facoltà di Scienze e di Ingegneria. Lo scopo è sempre quello di
individuare una base di conoscenze comuni a tutte le matricole. I 25 quesiti proposti sono di quattro tipi: - domande
di tipo logico: sulla capacità critica di fronte al linguaggio comune; sulla capacità di eseguire semplici ragionamenti
logici; - domande critico-elementari: sui termini del linguaggio matematico; - domande di base: sulle elementari
tecniche di calcolo; - domande geometriche: sull' intuizione geometrica e sui grafici di funzioni elementari. I 780
studenti dei corsi di laurea di Matematica, Fisica, Biologia, Geologia, Chimica, Farmacia, Scienze Naturali,
Ingegneria Elettronica, Ingegneria Meccanica, Ingegneria Civile di Parma hanno avuto 45 minuti a disposizione per
rispondere (ma alcuni hanno consegnato in 30 minuti). Esaminando i risultati le ricercatrici osservano una
"...generale difficoltà a ragionare slegandosi da schemi mentali e da nozioni già acquisite....Le domande di tipo
logico sono senz'altro quelle andate peggio...Le percentuali più alte di risposte corrette si sono avute
(fortunatamente) alle domande di base...Generalmente corrette sono state le risposte alle (semplici) domande di
geometria...nessuno, tra le quasi 800 matricole sentite, ha risposto correttamente a tutte le domande del nostro test."
Fra l'altro si sostiene che la matematica universitaria in fin dei conti non necessita di prerequisiti dato che i docenti
in genere ripartono da zero e fra le difficoltà rilevate c'è proprio quella di svincolarsi dalle conoscenze già
acquisite ! [Rinaldi, Michelotti, 1994] Nello stesso periodo si effettua un test leggermente diverso, somministrato
non all'inizio dell'anno accademico ma dopo tre mesi dall'inizio delle lezioni col proposito di scorporare i meno
motivati. Il campione preso in considerazione è il gruppo di studenti presenti alle lezioni di Statistica 1 di
Economia a Roma "La Sapienza". In questa ricerca non si notano grosse differenze tra le diverse provenienze
scolastiche e neanche differenziando a seconda del voto di maturità ! Nelle tabelle riportiamo le percentuali di
risposte corrette a seconda delle fasce di voto di diploma e a seconda della provenienza:
Percentuali di risposte corrette a seconda delle fasce di voto di diploma
corso di laurea 0 - 29 30 - 49 50 - 69 70 - 100
matematica e fisica 1,0 14,0 31,2 53,8
scienze politiche 6,8 33,2 46,8 13,2
TOTALE 5,2 27,7 42,4 24,7
provenienza 0 - 29 30 - 49 50 - 69 70 - 100
Liceo Scientifico 3,5 8,7 45,2 42,6
Liceo Classico 8,9 35,6 33,3 22,2
I.T.C. 1,4 24,3 57,2 17,1
Liceo Linguistico 5,0 65,0 20,0 10,0
Magistrale 0,0 69,2 30,8 0,0
Professionale 25,0 50,0 25,0 0,0
TOTALE 5,2 27,7 42,4 24,7